Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18485 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18485 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
Oggetto: sospensione prescrizione -art.1 commi 618 e 623 l.147/2013 -efficacia automatica
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8606/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAILordineavvocatiromaEMAILorg);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE in persona del
presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1390/7/2018, depositata il 13.9.2018 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 9 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1390/7/2018 depositata il 13.9.2018 veniva accolto l’ appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino n. 909/6/2017 che aveva accolto il ricorso introduttivo avente ad oggetto l’ intimazione di pagamento notificata in data 18.2.2016 alla società RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE e le cinque cartelle di pagamento sottese. Evocato in giudizio, l’agente della riscossione non si costituiva.
Gli atti riprendevano ad imposizione nei confronti della società II.DD., IVA, sanzioni e interessi relative ai periodi d’imposta 2000, 2001, 2002, 2003 e 2005.
Il giudice di prime cure riteneva che ai crediti portati dalle cartelle andasse applicato il termine di prescrizione quinquennale e accoglieva il ricorso introduttivo. Il giudice d’appello, accertata la regolare notificazione delle cartelle, dichiarava l’operatività della prescrizione decennale nella fattispecie e confermava le riprese oggetto delle cartelle.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente deducendo quattro motivi, cui replicano l’Agenzia dell’Entrate e l’agente della riscossione con un unico controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo la società ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2948, comma primo, n. 4, e 2946 del codice civile, dolendosi per l’accertamento della CTR che ha fatto applicazione del termine ordinario di prescrizione con riferimento ai crediti erariali, senza tener conto del fatto che le cartelle di pagamento sottese all’intimazione di pagamento sono state emesse dall’agente della riscossione in via automatica, ossia senza essere precedute da un atto avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate (v. p.4 ricorso).
1.2 La ricorrente, richiamando giurisprudenza di questa Corte, non contesta in sede di legittimità la ritualità della notifica delle cartelle di pagamento sottese all’intimazione ormai definitive, ma sostiene che la prescrizione ordinaria decennale è riferibile a titoli di accertamento -condanna (amministrativi o giudiziali) divenuti definitivi (inclusi gli avvisi di accertamento dell’ente impositore) e non già invece alle cartelle esattive emesse sulla base di automatismi periodici’ ; pertanto, rileverebbe la natura del credito e la sua periodicità e non la definitività dei crediti erariali per omessa impugnazione delle cartelle.
2. Il motivo è infondato.
2.1. Deve rammentarsi, in linea generale, che il carattere automatico o formale della valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi, sulla base delle evidenze reddittuali della contribuente che emergono per ogni anno d’imposta, essendo ogni debito d’imposta autonomo rispetto al precedente, non è idoneo a mutare l’obbligazione tributaria per imposte erariali in prestazioni periodiche, le quali sono al contrario sorrette dal carattere della prevedibilità.
In particolare, in tema di riscossione mediante ruolo, questa Corte ha avuto modo di precisare che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza
dalla possibilità di proporre impugnazione, non produce la cd. conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ., restando irrilevante sia il subentro dell’Agenzia delle entrate quale nuovo concessionario (AdER), sia la previsione dell’art. 20, comma 6, d.lgs. n. 112 del 1999 sul termine decennale per la riscossione. Infatti (cfr. Cass. sentenza n. 11814 del 18/06/2020), va tenuto conto che: trattasi di termine fissato in relazione alla disciplina ordinaria del procedimento di riscossione; quella di prescrizione è eccezione in senso stretto sicché non è rilevabile d’ufficio l’effetto estintivo della prescrizione breve; un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 20 cit. impone di riferire detto termine al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili e non a quello per azionare il credito.
2.2. Nel caso di specie si tratta comunque di crediti per imposte erariali e, quindi, la prescrizione è decennale. La CTR, ritenuta non corretta la lettura della sentenza di questa Corte n. 23397/2016 operata dal giudice di prime cure, il quale aveva accolto il ricorso della contribuente in ordine all’eccepita prescrizione quinquennale sul presupposto che il termine decennale trovasse applicazione solamente in pretese tributarie derivanti da una sentenza e non per i recuperi fiscali espressi dalle cartelle estranee al processo, ha correttamente ribadito la legittimità del termine di prescrizione ordinario decennale con riferimento ai tributi. Il giudice ha accertato che i crediti erariali sono divenuti esecutivi per omessa impugnazione delle cartelle e ha osservato a pag. 5 della sentenza che «la Corte di Cassazione, con la propria decisione, ha voluto differenziare, nell’individuare nella prescrizione delle cartelle, quelle relative a una obbligazione periodica (es: i tributi locali) che rientrano nelle previsioni dell’art. 2948 n. 4 cc (ovviamente non derivanti da un titolo giudiziale divenuto definitivo), da quelle riguardanti obbligazioni tributarie autonome, ovvero relative a presupposti che devono essere valutati nel tempo indipendentemente da quanto avvenuto nei periodi di imposta pre-
cedenti. Pertanto, in presenza di cartelle relative a tributi non periodici, divenuti definitivi per varie ragioni, di deve applicare il termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2496 cc e all’art. 78 d.P.R. 131/1986 (per tutte la n. 13418/2016 della Corte di Cassazione)».
Con il secondo motivo la ricorrente censura, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 472/1997 in ordine alla prescrizione quinquennale delle sanzioni portate dalle cartelle di pagamento.
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia, nonché censura, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2948, comma 1, n. 4 cod. civ., in merito alla prescrizione quinquennale degli interessi di mora.
I due motivi di ricorso, possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e sono fondati.
5.1. Deve anzitutto rilevarsi che le prospettazioni della ricorrente soddisfano i requisiti di specificità del ricorso e di tempestività della proposizione delle censure.
Infatti, alle pagg.6 e 7 del ricorso per Cassazione la società riporta che nel ricorso introduttivo, oltre alla prescrizione dell’intera pretesa oggetto delle cartelle impugnate, ha richiesto in via subordinata che il giudice di primo grado dichiarasse sia la prescrizione delle sanzioni sia quella relativa agli interessi (doc. 2 Fascicoletto, pp. 6 e 7) e, dichiarati assorbiti dal giudice di prime cure, i relativi motivi sono stati riproposti in sede d’appello sia in ordine alle sanzioni (doc. 5 Fascicoletto p. 6 ss.) sia riguardo agli interessi (doc. 5 Fascicoletto p. 7 ss.).
Del resto, tali prospettazioni sono suffragate dal contenuto della pronuncia impugnata, nella quale è stato specificato che «ricorreva tempestivamente la contribuente avverso il provvedimento di intimazione sollevando le seguenti eccezioni ( … ) 4) Prescrizione delle sanzioni e degli interessi» (cfr. p. 3 della sentenza) e ove, anche, si legge che «In opposizione all’impugnazione ( … ) in ogni caso sostiene che alle sanzioni e agli interessi debba applicarsi il termine quinquennale (motivi 1 e 2 dell’atto delle controdeduzioni)» ( ibidem , p. 4).
5.2. L’art. 20 del d.lgs. n. 472/1997 prevede che il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni. In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, questa Corte ha chiarito il significato di tale disciplina, nel senso che il d.lgs. n. 472 del 1997, nel prevedere un procedimento unitario d’irrogazione delle sanzioni, destinato a valere, in generale, per tutti i tributi, ha nettamente distinto il termine di decadenza, entro il quale deve essere contestata la violazione ed irrogata la sanzione (art. 20, comma 1), dal termine di prescrizione del diritto alla riscossione consolidato in un provvedimento non impugnato (art. 20, comma 3), così mutuando l’impostazione del sistema penale, nel quale è ben chiara la distinzione tra termini di prescrizione del reato di cui all’art. 157 c.p. e termini di prescrizione delle pene previsti dall’art. 172 c.p. (cfr. Cass. sentenza n. 19180 del 14/06/2022).
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in caso di notifica di cartella di pagamento avente ad oggetto crediti per sanzioni e non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale debba essere fatta valere l’obbligazione tributaria relativa alle sanzioni e agli interessi è quello quinquennale, così come previsto, rispettivamente, per le sanzioni, dall’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass., Sez. 6-5, 8 marzo 2022, n. 7486; Cass., Sez. 6-5, Cass., Sez. 5, 22 luglio 2011, n. 16099), decorrendo la prescrizione dall’iscrizione a ruolo del credito, ossia dall’emissione dell’atto di irrogazione della (allora) soprattassa
(Cass., Sez. 5, 7 novembre 2011, n. 20600). Tale principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 17 novembre 2016, n. 23397, secondo cui le sanzioni -come alcuni tributi non erariali -hanno prescrizione quinquennale e possono, al più, beneficiare dell’effetto dell’allungamento delle prescrizioni brevi in forza dell’ actio iudicati a termini dell’art. 2953 cod. civ.. Il principio è radicato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. ad es. Cass., Sez. 5, 2 ottobre 2000, n. 12989 e giurisprudenza ivi citata), che ha ritenuto esaustiva la disciplina prescrizionale di diritto speciale prevista dall’art. 20 d. lgs. n. 472/1997, stante il carattere speciale dell’illecito tributario.
La disciplina speciale della prescrizione in materia di sanzioni tributarie è stata da questa Corte ritenuta conforme al sistema e alle norme di contabilità pubblica, ove si è osservato che la disciplina speciale rispetto a quella di diritto comune trova «fondamento nei vincoli di competenza del bilancio della Stato, in forza dei quali l’amministrazione finanziaria deve potere, almeno per grandi linee, programmare e prevedere per ciascun anno il gettito fiscale ed i tempi della riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse di uomini e mezzi (bilancio di previsione)» (Cass., Sez. U., 10 dicembre 2009, n. 25790; conf. Cass., Sez. 5, 9 agosto 2016, n. 16730). Di converso, come osservato in dottrina, la generalizzata durata quinquennale obbedisce anche a esigenze di certezza e di tutela del contribuente, in ordine ai tempi di irrogazione della sanzione stessa.
5.3. Anche riguardo agli interessi relativi alle obbligazioni tributarie questa Corte (da ultimo cfr. Cass. Sentenza n. 2095 del 24/01/2023) ha avuto modo più volte di osservare che il rapporto di accessorietà che lega i primi a queste ultime emerge unicamente nel momento genetico, atteso che, una volta sorta, l’obbligazione di interessi acquista una propria autonomia in virtù della sua progressiva maturazione, uniformandosi, pertanto, quanto alla prescrizione, al termine quinquennale previsto, in via generale, dall’art. 2948, n. 4, cod. civ.,
che prescinde sia dalla tipologia degli interessi sia dalla natura dell’obbligazione principale.
5.4 Non vi sono ragioni per discostarsi da tale interpretazione giurisprudenziale, ed è pertanto erronea l’affermazione del giudice di seconde cure per la quale non sarebbe possibile «suddividere la pretesa attribuendo a ciascuna voce un termine prescrizionale diverso, riguardando la somma complessiva quanto determinato in base a specifiche disposizioni» (cfr. p. 6 della sentenza impugnata).
Con il quarto e ultimo motivo di ricorso la ricorrente prospetta, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 1 della Legge n. 147/2013 commi 618, 620 e 623 per avere la CTR rigettato l’eccezione di prescrizione decennale relativamente alla cartella di pagamento n. 110 2004 01619525610000 per euro 52.011,65 sul presupposto che l’ art. 1, comma 623, della Legge n. 157/2013 ha interrotto i termini prescrizionali per consentire ai contribuenti di avvalersi della definizione agevolata delle cause pendenti.
6.1. In buona sostanza, la ricorrente in questa sede si lamenta del fatto che la CTR abbia ritenuto che la «sospensione sarebbe indiscriminatamente applicabile a tutti i crediti tributari affidati in riscossione prima del 31/12/2013» (cfr. p. 10 del ricorso) mentre la norma in questione andrebbe letta in correlazione con i precedenti commi 618-620 dello stesso articolato e con la possibilità di definizione agevolata delle pendenze ivi prevista (pagamento spontaneo senza interessi) e quindi sarebbe applicabile solo alle pretese creditorie che si sarebbero potute prescrivere nel periodo in cui è stata sospesa la riscossione.
Il motivo è specifico, poiché l”eccezione di prescrizione della predetta cartella è stata sollevata con il ricorso introduttivo, il cui motivo di impugnazione è stato dichiarato assorbito dal giudice di prime cure
e riproposto in sede d’appello (cfr. doc. 5 Fascicoletto p. 8 ss.), ma è infondato.
7.1. L’articolo 1, comma 618, della Legge n. 147/2013 stabilisce che «Relativamente ai carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali, agenzie fiscali, regioni, province e comuni, affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013, i debitori possono estinguere il debito con il pagamento: a) di una somma pari all’intero importo originariamente iscritto a ruolo, ovvero a quello residuo, con esclusione degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo previsti dall’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, nonché degli interessi di mora previsti dall’articolo 30 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e successive modificazioni; b) delle somme dovute a titolo di remunerazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e successive modificazioni».
Il successivo comma 623 prevede che «Per consentire il versamento delle somme dovute entro il 28 febbraio 2014 e la registrazione delle operazioni relative, la riscossione dei carichi di cui al comma 618 resta sospesa fino al 15 giugno 2014. Per il corrispondente periodo sono sospesi i termini di prescrizione».
7.2. Sul tema della estinzione agevolata dei carichi tributari iscritti a ruolo è intervenuta la Corte con una statuizione in diritto cui merita data ulteriore continuità anche nella presente fattispecie (cfr. Cass. ordinanza n. 1893 del 28/01/2020). Infatti, la sospensione della prescrizione di cui all’art. 1, comma 623, della l. n. 147 del 2013 -eccetto casi particolari come i crediti previdenziali INPS il quale non rientra tra i soggetti menzionati dal precedente comma 618 dell’art.1 cit. (Cass. n.7285/2024), in ragione della lettura testuale delle norme sopra richiamate, deve essere intesa nel senso che opera automaticamente e riguarda tutti i ruoli affidati in riscossione fino al 31 ottobre 2013, senza che assuma rilevanza la richiesta del contribuente di aderire alla definizione agevolata delle liti fiscali pendenti.
7.3. L’accertamento compiuto dalla CTR non si pone, dunque, in contrasto ma in continuità con l’interpretazione del giudice di legittimità, avendo il giudice correttamente argomentato nel senso che «Tale interruzione pertanto, nulla incidendo il fatto che la resistente si sia avvalsa della possibilità concessa (e sul punto è opportuno ricordare che fino al termine del periodo di applicabilità della suddetta norma l’Ufficio e il Concessionario non potevano procedere), ha spostato il termine di prescrizione anche per la cartella qui contestata» (cfr. p. 6 della sentenza impugnata).
Manifestamente infondata è, infine, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente nel corpo della censura sotto il profilo dell’art. 3 della Costituzione per il fatto che «si interpreterebbe una norma di favore per il contribuente (quella che prevede la definizione agevolata) in termini sfavorevoli al medesimo (che laddove valutasse, come è libero di valutare, di non aderire a tale definizione, si vedrebbe allungato il termine di prescrizione)» (cfr. p. 12 del ricorso).
Infatti, il beneficio della norma agevolativa per tutti coloro che versano nelle condizioni previste dalla legge non ha introdotto alcuna discriminazione soggettiva tra contribuenti e la previsione della sospensione dei termini di prescrizione, corrispondente al periodo per la riscossione dei carichi tributari nei confronti di tutti i contribuenti, non lede in alcun modo il dettame costituzionale e non inficia la discrezionalità del legislatore (cfr. Cass. n. 1893/2020). Ove il legislatore avesse voluto sospendere la prescrizione solo in tale ultima ipotesi lo avrebbe espressamente previsto.
In conclusione, in accoglimento dei motivi secondo e terzo del ricorso, infondati i restanti, la sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
La Corte accoglie i motivi secondo e terzo del ricorso, infondati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9.4.2025