Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32256 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32256 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12965/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliata in FIRENZE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che le rappresenta e difende;
-controricorrenti- nonché contro
RAGIONE_SOCIALE FIRENZE , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende; -controricorrente- nonché contro
RAGIONE_SOCIALE DI FIRENZE
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. FIRENZE n. 382/2022 depositata il 08/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
NOME COGNOME ha impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Firenze l’intimazione di pagamento emessa dall’Agenzia delle entrate Riscossione in relazione a svariate iscrizioni a ruolo, eccependo l’intervenuta prescrizion e.
La CTP di Firenze ha dichiarato il difetto di giurisdizione sui carichi non tributari e ha rigettato il ricorso in relazione ai tributi perché era stata dimostrata la notifica di atti interruttivi che impedivano il decorso della prescrizione.
La contribuente ha proposto appello, deducendo la prescrizione quinquennale dei crediti e non quella decennale, e la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Toscana, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il gravame, osservando che i crediti erariali erano soggetti a prescrizione decennale e che vi era stata la notifica di atti interruttivi.
La contribuente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza fondato su tre motivi.
Hanno resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle entrate Riscossione e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA) di Firenze.
Sono rimasti intimati il Comune di Firenze, il Comune di Signa e la RAGIONE_SOCIALE
In data 25.1.2024 è stata depositata proposta di definizione accelerata dal ricorso, comunicata il 27.1.2024, e con istanza
depositata il 3.3.3024 il difensore della contribuente, munito di nuova procura, ha chiesto la decisione.
8. La contribuente ha anche depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, a) in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c., violazione degli artt. 2948 n. 4 c.c. e 20, comma 3 del d. lgs. n. 472/1997, « prescrizione 5 anni »; b) in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 2697, comma 1 c. c. e 115 c.p.c. « mancanza delle prime notifiche »; c) in relazione all’ art.360, comma 1, n. 5) c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. « corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ».
1.1. Osserva la ricorrente che è « fondata e sostenibile » la tesi della prescrizione quinquennale per tutti i crediti tributari, espressamente prevista per sanzioni e interessi nonché per i tributi locali; inoltre, mancava la prova della notifiche di tutte le cartelle, genericamente verificata dalla sentenza di primo grado, né si era proceduto alla puntuale verifica delle notifiche in appello, come richiesto dalla ricorrente.
Con il secondo motivo si deduce, violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c., per violazione degli artt. 2948, comma 1, n. 4 c.c. e 20, comma 3 del d. lgs. n. 472/1997 perché per la riscossione di sanzioni e interessi il termine di prescrizione è di cinque anni.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’ art.360, comma 1, n.3 (e n.5) c.p.c. violazione degli artt. 91, comma 1, 277, 359, 281 bis, c.p.c., « Spese legali, omesso esame fatto decisivo, omessa pronuncia, art.112 cpc -art 37 cpc », laddove la CTR aveva confermato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore degli Enti (INPS e INAIL) nei confronti dei quali si era pronunciato il difetto di giurisdizione; si trattava di provvedimento abnorme anche considerato che nel successivo giudizio davanti al giudice del lavoro erano state accolte le ragioni della ricorrente.
4. Con riguardo a tali motivi di ricorso è stata formulata la seguente proposta di definizione anticipata (PDA): « Primo motivo e secondo motivo: suscettibili di trattazione congiunta in quanto strettamente connessi tra di loro, gli stessi sono inammissibili. Le censura sono difettose quanto a specificità e localizzazione: a fronte dell’accertamento in fatto operato dalla CTR secondo la quale ‘nel caso specifico, invero, come affermato dalla Commissione Tributaria di prime cure, trattarsi di tributi erariali per la cui natura la Suprema Corte…’ era onere di parte ricorrente trascrivere o riprodurre a questa Corte le cartelle impugnata, al fine di consentire di verificare se in esse fossero richieste o meno somme a titolo di interessi o sanzioni, per le quali trova applicazione la prescrizione quinquennale. In ogni caso, i motivi risultano comunque -anche a ritenerli scrutinabili -del tutto infondati, poiché per giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7486 del 08/03/2022) in caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria relativa alle sanzioni ed agli interessi è quello quinquennale, così come previsto, rispettivamente, per le sanzioni, dall’art. 20, comma 3, del d. Lgs. n. 472 del 1997 e, per gli interessi, dall’art. 2948, comma 1, n. 4, c.c. A differenza delle sanzioni relative a violazioni tributarie, che si nutrono di una disciplina speciale in ambito tributario, la prescrizione degli interessi che accedono a obbligazioni tributarie invece è regolata -secondo la giurisprudenza largamente prevalente di questa Corte – da una norma di diritto comune quale l’art. 2948, n. 4, cod. civ., secondo cui l’obbligazione relativa agli interessi riveste natura autonoma rispetto al debito principale e soggiace al generalizzato termine di prescrizione quinquennale fissato dalla suddetta disposizione (Cass., Sez. VI, 14 settembre 2022, n. 27055; Cass., Sez. VI, 28 aprile 2022, n. 13258; Cass.,
Sez. VI, 8 marzo 2022, n. 7486; Cass., Sez. VI, 24 gennaio 2022, n. 1980; Cass., Sez. V, 3 ottobre 2021, n. 31283; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2020, n. 22351; Cass., Sez. V, 10 luglio 2020, n. 20955; Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30901; Cass., Sez. VI, 25 luglio 2014, n. 17020; Cass., Sez. V, 14 marzo 2007, n. 5954; in termini analoghi Cass., Sez. II , 27 novembre 2009, n. 25047; Cass., Sez. III, 21 marzo 2013, n. 7127). Ne deriva che quanto ai tributi, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 c.c., non potendosi applicarsi l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. ‘per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi’, in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (Cass. Sez. 6 5, ordinanza n. 12740 del 26/06/2020; Cass. Sez. 5, ordinanza n. 24278 del 03/11/2020; Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 33266 del 17/12/2019; Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 32308 del 11/12/2019; Cass. Sez. 5, sentenza n. 2941 del 09/02/2007). Con riguardo poi all’ulteriore profilo di censura, relativo alla mancata verifica delle date di notifica quanto alle singole cartelle, che parte ricorrente denuncia non esser stata correttamente e completamente eseguita, il motivo costituisce doglianza di merito, non ammessa di fronte a questa Corte; alla luce della decisione in ordine ai motivi che precedono, il terzo motivo risulta privo di interesse poiché l’accoglimento non potrebbe comportare la cassazione della sentenza impugnata, rimanendo a supporto della decisione del giudice di appello la statuizione sulla mancata estinzione della pretesa azionata con gli atti impugnati. Propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod.
proc. civ. Si comunichi ai difensori delle parti. Roma, il 25/01/2024 ».
Questa Corte ritiene che il ricorso debba essere respinto, confermando la motivazione della PDA alla quale, anche alla luce della memoria depositata da controparte, può aggiungersi quanto segue.
Quanto al primo motivo sub a) e al secondo motivo, come osservato dal Consigliere delegato, l’esposizione difetta di specificità e autosufficienza perché non riporta il contenuto delle cartelle né localizza la loro posizione all’intern o del fascicolo (Cass. n. 28184 del 2020); pertanto, non si è in grado di decidere sulla base della sola lettura del ricorso, senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa (Cass. n. 7186 del 2022; Cass. n. 6769 del 2022).
6.1. Tale vizio non può essere sanato con la memoria depositata successivamente alla proposta di definizione accelerata, sia perché quest’atto ha una mera funzione illustrativa e argomentativa dei motivi – che, quindi, devono essere già perfettamente confezionati (Cass. n. 8949 del 2023) – sia perché si verrebbe a snaturare il giudizio di cassazione svolto attraverso le forme di cui all’art. 380 bis c.p.c.
6.2. Le censure neppure specificano come la prescrizione quinquennale, in luogo di quella decennale, determinerebbe, nonostante gli atti interruttivi accertati, la prescrizione dei crediti, ciò che costituiva il vero e proprio thema decidendum; r estano, quindi, astratte le affermazioni in diritto che, oltretutto, presentano profili di infondatezza. Invero, « in base all’art. 2946 cod. civ. la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente » e la definitività della cartella di pagamento per mancata impugnazione non altera i termini di prescrizione del credito previsti dalla normativa sostanziale (Cass. sez. un. n. 23397 del 2016); così, il diritto alla riscossione dei tributi erariali
(IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale (Cass. n. 32308 del 2019; Cass. n. 33266 del 2019; Cass. n. 12740 del 2020).
6.3. Quanto alle altre questioni al primo motivo, riguardo alla mancanza di « prova di tutte le notifiche delle prime cartelle » e alla mancata puntuale verifica delle singole notifiche, va rilevata ancora una volta la carenza di specificità ed autosufficienza delle doglianze, ciò che rileva, in particolare, con riguardo alla censura ex art. 112 c.p.c. che richiede, per autosufficienza, la puntuale riproposizione in ricorso della domanda proposta (Cass. n. 28072 del 2021); non emerge, invero, la contestazione della notifica delle cartelle, oltre alla prescrizione, come motivo di impugnazione e vi è, quindi, un profilo di novità delle questioni che, come già osservato in PDA, riguardano comunque il merito dell’accertamento .
Passando al terzo motivo, la doglianza è inammissibile. A quanto osservato in PDA va aggiunto che non risulta la proposizione della questione tra i motivi d’appello. Questo aspetto non è affrontato dal ricorso né soccorre la sentenza impugnata: la CTR riferisce soltanto sinteticamente di un gravame « sulla condanna alle spese », decisa nel senso del rigetto alla stregua del generale criterio della soccombenza (« Corretta è altresì, chiaramente, la disposizione della condanna della contribuente ricorrente al pagamento delle spese di lite di primo grado, alla luce del principio di soccombenza »).
La definizione del giudizio in conformità alla proposta ex art. 380bis c.p.c. comporta l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., come testualmente previsto dal citato art. 380-bis ultimo comma c.p.c., che « mira a configurare uno strumento di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi
di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare, secondo una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato (d.lgs. n. 149 del 2022), un’ipotesi di abuso del diritto di difesa. Richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., l’art. 380 -bis cod. proc. civ. codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato, una ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente che trovi poi conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilità aggravata» (Cass. sez. un., n. 36069 del 2023).
8.1. Va peraltro esclusa una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, dovendo l’applicazione in concreto delle predette sanzioni rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie: nell’ipotesi in esame non si rinvengono ragioni (stante la complessiva ‘tenuta’ della PDA) per discostarsi dalla suddetta previsione legale.
Sulla scorta di quanto esposto la ricorrente soccombente va condannata al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese di lite liquidate come in dispositivo ed altresì della ulteriore somma di euro 1.000,00 per ciascuna controricorrente (valutata equitativamente, tenuto conto anche dell’oggetto della domanda), nonché al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.500,00.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente in solido al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, a favore dell ‘ Agenzi a delle entrate e dell’Agenzia delle entrate
Riscossione, e in euro 5.800,00 a favore della Camera di commercio oltre al 15% spese generali, euro 200,00 per esborsi e ulteriori accessori di legge;
visto l’art. 380 bis ult. comma c.p.c., condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 a favore di ciascuna controricorrente, ai sensi dell’art. 96 comma 3, c.p.c., e al pagamento della somma di euro 1.500,00 a favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96 comma 4, c.p.c.;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 02/07/2024.