Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32881 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32881 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ha emesso la seguente ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 22234/2023 proposto da:
Agenzia delle Entrate RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente e ricorrente in via incidentale –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della PUGLIA, n. 1885/2023, depositata in data 20 giugno 2023, non notificata; udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 25 settembre 2024, dal Consigliere NOME COGNOME udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale; e l’Avv. principale
uditi per le Agenzie controricorrenti l’Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso e del ricorso incidentale;
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale ha accolto parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto l’avviso di intimazione pagamento notificata il 12 ottobre 2015 e le presupposte cartelle di pagamento relative ad Irap ed Iva, anni di imposta 2001, 2002 e 2006.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno affermato che:
-) l’avviso di intimazione oggetto di impugnazione era relativo a tre cartelle di pagamento, mai impugnate dalla società contribuente, pur se ritualmente notificate;
-) tuttavia, con riferimento alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata in data 09 giugno 2010, doveva
dichiararsi interrotta la prescrizione in ragione del fatto che l’avviso di intimazione era stato notificato in data 29 luglio 2013, mentre, per le altre due cartelle prodromiche era maturata la prescrizione in quanto per la cartella di pagamento n. 10620050024980512, notificata il 27 agosto 2005, vi era stata la notifica di avviso di intimazione n. 10620129047933478 in data 14 novembre 2012, mentre per la cartella di pagamento n. 1062006000019061950, notificata in data 11 agosto 2006, vi era stata la notifica di n. 2 avvisi di intimazione e, precisamente il n. 10620129005991387 e il n. 10620139025233777, rispettivamente in data 26 giugno 2012 e in data 29 luglio 2013;
-) di conseguenza, nel caso in esame la prescrizione era quinquennale, e, pertanto, risultava non prescritto esclusivamente il credito portato dalla cartella di pagamento n. 10620100007700918000, notificata il 9 giugno 2010, il cui avviso di intimazione era stato notificato in data 29 luglio 2013.
L ‘Agenzia delle Entrate Riscossione ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione e l’Agenzia delle Entrate hanno depositato un’unica memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso principale deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la vi olazione dell’art. 132 cod. proc. civ., motivazione omessa o meramente apparente sull’applicazione del termine di prescrizione quinquennale a crediti IRAP e IVA. La sentenza di appello era nulla perché mancava la motivazione sul perché aveva applicato il termine di prescrizione quinquennale e
non quello decennale, come ampiamente argomentato dall’agente della riscossione. Se anche era valida la motivazione che faceva un mero rinvio alla sentenza di primo grado, la motivazione era comunque meramente apparente, perché anche la sentenza di primo grado era priva di motivazione, essendosi limitata a fare riferimento a una sentenza di legittimità inerente a una questione diversa da quella oggetto di discussione (Cass., Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397). 2. Il secondo motivo del ricorso principale deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., perché il giudice di appello aveva applicato il termine di prescrizione quinquennale a crediti IRAP e IVA, anziché il termine ordinario decennale. In mancanza di una norma speciale che applicava un termine diverso, i crediti IRAP e IVA restavano assoggettati all’ordinario termine decennale, con la conseguenza che i crediti IRAP e IVA portati dalle cartelle di pagamento non erano prescritti, perché non era decorso il decennio tra la notifica delle cartelle di pagamento e la notifica delle successive intimazioni di pagamento.
Il terzo motivo del ricorso principale deduce, in subordine e nel caso di rigetto del secondo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2943, 2945 cod. civ., con riferimento all’art. 19, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, perché comunque non era decorso neanche il termine di prescrizione quinquennale tra l’intimazione di pagamento impugnata e le precedenti intimazioni di pagamento, che avevano cristallizzato la pretesa tributaria perché mai impugnate dal contribuente. Ed infatti l’intimazione di pagamento oggetto del presente processo era stata notificata il 12 ottobre 2015, dunque entro il quinquennio dalle precedenti intimazioni definitive, del 2012 e del 2013.
Il primo motivo del ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., l’omesso esame del motivo di appello con cui l’Agenzia delle
entrate aveva censurato, a pag. 5 dell’atto di appello, la sentenza di primo grado per avere applicato il termine di prescrizione quinquennale ai crediti erariali.
Il secondo motivo del ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 c od. proc. civ.; motivazione omessa o meramente apparente sull’applicazione del termine di prescrizione quinquennale a crediti IRAP e IVA. Era evidente che la sentenza era del tutto mancante della motivazione sul punto del termine di prescrizione applicabile. Infatti il giudice di appello si era appiattito sulla decisione di primo grado, che aveva applicato il termine quinquennale. Tuttavia, la sentenza di appello avrebbe dovuto congruamente motivare sul punto del termine di prescrizione applicabile, oggetto di specifica contestazione da parte dell’agente della riscossione.
Il terzo motivo del ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., perché il giudice di appello aveva applicato il termine di prescrizione quinquennale a crediti IRAP e IVA, anziché il termine ordinario decennale. In mancanza di una norma speciale che applicava un termine diverso, i crediti IRAP e IVA restavano assoggettati all’ordinario termine decennale, con la conseguenza che i crediti IRAP e IVA portati dalle cartelle di pagamento non erano prescritti, perché non era decorso il decennio tra la notifica delle cartelle di pagamento e la notifica delle successive intimazioni di pagamento.
Il quarto motivo del ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2943 e 2945 cod. civ., con riferimento all’art. 19, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, perché comunque non era decorso neanche il termine di prescrizione quinquennale tra l’intimazione di pagamento impugnata e le precedenti intimazioni di pagamento, che avevano cristallizzato la pretesa tributaria perché mai impugnate dal
contribuente . Se il giudice di appello avesse correttamente valutato la sola prescrizione maturata dopo le intimazioni di pagamento definitive, non avrebbe ritenuto prescritta la pretesa tributaria, anche a voler applicare il termine quinquennale. Infatti l’intimazione di pagamento oggetto del presente processo era stata notificata il 12 ottobre 2015, dunque entro il quinquennio dalle precedenti intimazioni definitive, del 2012 e del 2013.
8. Ritiene il collegio di esaminare preliminarmente il secondo motivo del ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale, del tutto sovrapponibili ed attinenti al termine di prescrizione, in virtù del principio della ragione più liquida, principio applicabile anche in sede di legittimità qualora dalla motivazione della sentenza risulti l’evidenza di una soluzione che assorba ogni altra valutazione e induca il giudice a decidere per saltum rispetto all’ordine logico delle questioni di cui all’art. 276, comma 2, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9936; Cass., 19 aprile 2018, n. 9671; Cass., 19 aprile 2019, n. 10839; Cass., 21 dicembre 2021, n. 41019; Cass., 21 maggio 2021, n. 14039). Tale iter logico del percorso decisorio si impone a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, dovendosi ritenere preferibile una soluzione che privilegi l’impatto operativo piuttosto che quello della coerenza logico sistematica, così sostituendosi il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 cod. proc. civ. (Cass., 28 luglio 2022, n. 23615; Cass., 16 luglio 2020, n. 15185; Cass., 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., 11 maggio 2018, n. 11458).
8.1 Ciò posto, questa Corte ha più vote precisato che, in tema di IRPEF, IRAP, IVA ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto alle imposte dirette, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 cod. civ., non potendosi applicare l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948,
primo comma, n. 4, cod. civ. « per tutto ciò che deve periodicamente ad anno o in termini più brevi », in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (Cass., 29 novembre 2023, n. 33213; Cass., 22 giugno 2023, n. 17998; Cass., 20 giugno 2020, n. 12740; Cass., 17 dicembre 2019, n. 33266).
8.2 Ed invero, il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32308).
8.3 La Commissione tributaria regionale non si è, dunque, conformata ai principi in esame laddove ha ritenuto prescritti i crediti erariali Irap e Iva mediante applicazione del termine di prescrizione quinquennale in luogo di quello ordinario decennale.
I restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale devono ritenersi assorbiti.
Per le ragioni di cui sopra, devono essere accolti il secondo motivo del ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i restanti; la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i restanti; cassa la sentenza
impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di Giustizia di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 25 settembre 2024.