Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3359 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3359 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
IRPEF IVA ILOR AVVISO INTIMAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20027/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOMENOME rappresentato e dife so dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO,
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, quale successore di RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 87/2019 depositata il 07/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. NOME COGNOME ricorre nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe . Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello del contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Mantova che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso avverso due avvisi di intimazione e precisamente: A) n. 0620149005777370 relativo all’irpef dovuta per l’anno di imposta 1996 in ragione della cartella di pagamento n.06420020021281007503 B) n. 06420049005777572 relativo all’Iva ed all’Ilor dovuta per l’anno di imposta 1997 , in ragione della cartella di pagamento n.06420040021725042.
2. La C.t.r., per quanto ancora di rilievo, affermava che gli avvisi di intimazione erano stati regolarmente notificati; che i medesimi erano stati preceduti da cartelle di pagamento anch’esse regolarmente notificate , l’una a mezzo deposito presso lo Casa Comunale e l’altra a mani del contribuente; che, non occorreva che le cartelle, regolarmente notificate fossero allegate all’intimazione ; che non era maturata alcuna decadenza/prescrizione non essendo decorso il termine decennale. Aggiungeva che in ordine alla preventiva escussione della società debitrice, poiché quest’ultima risultava cancellata dal 25 gennaio 2012, non poteva essere destinataria di alcuna azione esecutiva.
Considerato che:
1. Il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2948 e 2953, quarto comma, cod. civ. e dell’art. 26, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
Il ricorrente con l’unico motivo muove tre separate censure.
1.1. Con la prima (A.1), censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che non fosse maturata la prescrizione quinquennale. Rileva che, anche a ritenere valide le notifiche della cartelle di pagamento -aventi ad oggetto in un caso l’I rpef relativa al 1996 e nell’altro caso l’Iva e l’I lor relativa al 1997 -tra la notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle e le notifiche RAGIONE_SOCIALE intimazioni di pagamento, seguite dopo oltre nove anni, era spirato il termine quinquennale di prescrizione. Deduce, per un verso, che la scadenza del termine per opporsi alla cartella di pagamento produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito e non la c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale e, per altro verso, che alla fattispecie deve applicarsi il termine quinquennale stante la natura periodica dell’obbligazione ex art. 2948 n. 4 cod. civ.
1.2. Con la seconda (A.2.), censura la sentenza impugnata per aver ritenuto regolarmente notificate le cartelle prodromiche agli avvisi di intimazione e, di conseguenza, per non aver rilevato la prescrizione, anche ove ritenuta decennale.
Più precisamente, con riferimento alla cartella sub A), evidenzia che la società di riscossione non aveva esibito il referto della notifica affermando di non esserne più in possesso per essere decorso il termine quinquennale di cui all’art. 26, quarto comma, d.P.R. n. 602 del 1973, sebbene detta disposizione non costituisse esimente alla prova della notifica; che, per di più, la controparte aveva allegato copia della relata di notifica di altra cartella -n. NUMERO_CARTA -con uguale matrice e numerazione, che assumeva emessa per il medesimo credito e che risultava notificata il 17 febbraio 2004, e non il 2 febbraio 2005 come indicato nell’intimazione di pagamento; che, in ogni caso, nella copia della relata non era leggibile il nome del
contribuente e mancava pure copia della comunicazione di avvenuto deposito c.d. c.a.d.
Con riferimento all’a intimazione sub B) evidenzia che la relata di notifica della cartella prodromica era stata depositata solo in appello; che tuttavia, aveva proposto innanzi alla autorità penale querela di falso della sottoscrizione a proprio nome ivi apposta.
De duce, per l’effetto, oltre all’ irritualità del deposito in appello, l’inidoneità della relata a provare la regolare notifica, stante la querela di falso.
1.3. Con la terza (A.3), censura la sentenza impugnata per non essersi pronunciata sull’eccezione di decadenza dei termini di formazione del ruolo.
Deduce che sulla questione entrambe le sentenze di merito non si sono pronunciate con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Reitera, in ogni caso, la dedotta violazione di legge evidenziando che la notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle sarebbe dovuta avvenire entro il quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione e, quindi, entro e non oltre il 31 dicembre del 2001 per la prima cartella ed il 31 dicembre 2003 per la seconda cartella; che, invece, il ruolo era stato formato solo nel 2004.
Preliminarmente, deve rilevarsi che l’RAGIONE_SOCIALE ha dato atto che la cartella n.NUMERO_CARTA è stata annullata ex lege in virtù del disposto di cui all’art. 4, comma 1, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 il quale dispone che «i
».
2.1. La circostanza trova riscontro nella cartella allegata al ricorso in primo grado, in atti, dalla quale risulta un carico fiscale di euro 890,38.
2.2. Questa Corte ha chiarito che il limite di valore si riferisce ai debiti di importo residuo comprensivi di sorte capitale, interessi e sanzioni, risultanti dai singoli carichi, mentre non si tiene conto degli interessi di mora e dell’aggio della riscossione (Cass. 13/12/2023, n. 34841, Cass. 21/03/2023, n. 8090, Cass. 20/03/2023, n. 7989). Si è chiarito, inoltre, che l’annullamento ai sensi dell’art. 4, comma 1, del citato d.l. opera automaticamente, ipso iure , in presenza dei presupposti di legge e, con riferimento ai debiti litigiosi, determina l’estinzione del processo per cessata materia del contendere, senza che assuma rilievo la mancata adozione del provvedimento di sgravio, trattandosi di atto dovuto, meramente dichiarativo, previsto solo per consentire i necessari adempimenti tecnici e contabili nell’ambito dei rapporti tra agenti di riscossione ed enti impositori (Cass. 07/06/2019 n. 15471).
2.3. Con riferimento alla intimazione di pagamento n. 0620149005777370 relativa alla cartella di pagamento n.NUMERO_CARTA deve dichiararsi cessata la materia del contendere per la sopravvenuta carenza di interesse del contribuente.
Le censure, pertanto, vanno esaminate solo con riferimento all’intimazione di pagamento sub B)
3.1. La prima censura è infondata.
3.1.1. Le Sezioni Unite della hanno stabilito che la scadenza del termineper proporre opposizione a cartella di pagamento pur
determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass. Sez. U. 17/11/2016, n. 23397).
Da questo principio si evince che la mancata impugnazione della cartella non comporta la conversione del termine breve di prescrizione (se previsto) in quello ordinario decennale, ricorrendo piuttosto questa conversione ex lege soltanto nel differente caso in cui la definitività della pretesa discenda, non dalla mancata impugnazione della cartella (definitività amministrativa), bensì dal sopravvenire di un accertamento giudiziale passato in giudicato, in applicazione della regola di cui all ‘art. 2952 cod. c iv. (definitività giurisdizionale).
A parte questa fattispecie, il termine di prescrizione resta dunque quello proprio di ciascun tributo secondo la rispettiva legge di imposta ovvero, in mancanza, secondo la natura ad esso attribuibile.
3.1.2. Venendo ai tributi erariali, questa Corte ha chiarito, pronunciandosi in tema Irpef, Iva, Irap ed imposta di registro, che il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto all’imposta di registro, l’espresso disposto di cui all’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986 e, quanto alle altre imposte, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 cod. civ.; ha escluso, invece, che possa applicarsi l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948, comma 1, n. 4, cod. civ. «per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», in quanto l’obbligazione tributaria, pur
consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti, bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi. (Cass. 26/06/2020, n. 12740).
Stesse considerazioni valgono per l’Ilor la cui disciplina non contiene la previsione di un termine di prescrizione inferiore a quello decennale (Cass. 07/04/2021, n. 9282).
3.2. La seconda censura è in parte infondata in parte inammissibile. Il contribuente, con riferimento alla intimazione di pagamento sub B) si duole del fatto che la C.t.r. abbia ritenuto validamente notificata la cartella di pagamento prodromica, per la quale risultava la notifica a mani, sebbene la relata di notifica fosse stata prodotta solo in appello e sebbene in sede penale avesse proposto querela di falso avverso la sottoscrizione apparentemente apposta.
3.2.1. In tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, fa salva la facoltà RAGIONE_SOCIALE parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 cod. proc. civ. (Cass. 24/06/2021, n. 18103),
3.2.2. Quanto alla spiegata querela di falso, va in primo luogo evidenziato che lo stesso contribuente ha precisato di aver proposto la medesima in sede penale. Non risulta, invece, che sia stata proposta querela di falso in sede civile.
Questa Corte ha già chiarito che il giudizio civile di falso ed il procedimento penale di falso, pur conducendo entrambi ad un’eliminazione dell’efficacia rappresentativa del documento risultato falso, sono sostanzialmente differenti tra loro: il primo tende soltanto a dimostrare la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione; il secondo, mira anche ad identificare l’autore, al fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge. La querela di falso di cui
all’art. 221 cod. proc. civ. e la denuncia in sede penale hanno, quindi, funzioni diverse, salvo l’obbligo del giudice civile di sospendere il giudizio civile sulla querela allorché sia iniziato il procedimento penale, in relazione al disposto di cui all’art. 295 cod. proc. civ. e, considerata l’efficacia propria della sentenza penale sul giudizio civile, ai sensi dell’art. 654 cod. proc. pen. (cfr. Cass. 15/01/2014, n. 673).Da ciò si desume che solo in presenza di una querela di falso proposta in sede civile (della cui esistenza non vi è allegazione di parte), che imponga al giudice civile l’accertamento della falsità del documento contestato, è possibile ravvisare una ragione di sospensione necessaria del processo in attesa della definizione del procedimento penale di falso sul medesimo documento.
3.2.3. La C.t.r., pertanto, del tutto correttamente, in mancanza di proposizione della querela di falso in sede civile, e non risultando i presupposti per la sospensione del processo si è pronunciata nel merito della questione, ritenendo validamente eseguita la notifica avvenuta a mani del contribuente.
A ciò deve aggiungersi che nel giudizio di cassazione, la querela di falso può essere proposta limitatamente agli atti del relativo procedimento, come il ricorso o il controricorso, o ai documenti che possono essere prodotti ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., o ai soli vizi di nullità della sentenza per mancanza dei requisiti essenziali, di sostanza o di forma (Cass., 22/11/2006, n. 24856): viene dunque in rilievo la sola nullità che inficia direttamente la sentenza, e non anche la nullità che si è verificata nel processo e che solo indirettamente si riverbera sulla decisione (Cass., Sez.U., 25/07/ 2007, n. 16402). La querela di falso, per contro, non può riguardare atti e documenti che il giudice di merito abbia posto a fondamento della decisione impugnata o che siano stati prodotti nel giudizio di merito, senza essere stati impugnati per la loro asserita falsità (Cass., S.U., 31/05/2011).
Dai principi richiamati, questa Corte trae il corollario, rilevante ai fini della soluzione del caso di specie, che l’eventuale falsità degli atti del giudizio di merito, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può esser fatta valere come motivo di revocazione (Cass., 17/02/2023, n. 5058). Una volta che sia stata accertata la falsità degli atti con sentenza passata in giudicato, è la revocazione, regolata dall’art. 395, primo comma, n. 2, cod. proc. civ., il solo mezzo per rescindere la sentenza fondata su atti dichiarati falsi.
3.3. Dalla regolare notifica della cartella di pagamento discende l’inammissibilità della terza censura , con cui si assume la decadenza dal potere impositivo, atteso che il ricorrente avrebbe dovuto far valere la medesima nel termine di impugnazione della relativa cartella.
In conclusione, va dichiarata cessata la materia del contendere limitatamente alla impugnazione dell’intimazione di pagamento n. 0620149005777370 relativa alla cartella di pagamento n.NUMERO_CARTA. Per il resto il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono da liquidarsi solo con riferimento alla cartella di pagamento per la quale persiste contrasto; sussistono, invece, motivi di compensazione con riferimento all’intimazione di pagamento per la quale è cessata la materia del contendere in ragione dell’andamento del giudizio .
P.Q.M.
La Corte dichiara cessata la materia del contendere quanto alla intimazione di pagamento n. 0620149005777370 in ragione della cartella di pagamento n.NUMERO_CARTA; rigetta per il resto il ricorso; condanna il ricorrente a corrispondere all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.400,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.