Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7408 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7408 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20443/2022 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE (EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 300/2022 depositata il 03/02/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito della notificazione dell’atto di pignoramento presso terzi ex art. 72 bis d.P.R. n. 602 del 1973, notificato al sig. NOME COGNOMEdebitore) e a Unicredit s.p.a. (terzo pignorato) per la somma di Euro 229.694,26, in conseguenza del mancato pagamento di due cartelle esattoriali, dell’avviso di addebito e di cinque avvisi di accertamento, il contribuente ha proposto ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che ha dichiarato inammissibile il ricorso, con sentenza n. 572/10/2021.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ( hinc: CTR) ha confermato la sentenza del giudice di primo grado, rigettando l’appello proposto dal contribuente.
In sintesi, la CTR ha evidenziato che, nonostante il difetto di giurisdizione dichiarato dal giudice di primo grado in relazione ai contributi INPS, il contribuente aveva chiesto anche l’annullamento della cartella relativa a questi ultimi crediti. Ha quindi ritenuto che dovesse essere confermata la decisione del giudice di prime cure.
3.1. Ha poi rilevato che la prescrizione è interrotta da qualsiasi richiesta di pagamento che giunga al debitore, mediante un atto idoneo, consistente nell’esplicitazione di una pretesa, cioè una richiesta scritta di adempimento, tale da manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo , con l’effetto di costituirlo in mora. A tal fine ha richiamato la notificazione dell’atto di intimazione del
01/10/2019 (con riferimento a cinque avvisi di accertamento e a una cartella di pagamento), rilevando che da tale data dovesse decorrere un nuovo termine prescrizionale.
3.2. La CTR ha, quindi, evidenziato che i crediti di imposta sono, in via generale, soggetti alla prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c., salvo che la legge non disponga diversamente, mentre la prescrizione quinquennale trova applicazione per le sanzioni, ai sensi dell’art. 20 d.lgs. n. 472 del 1997, così come per gli interessi in ragione di quanto previsto dall’art. 2948, n. 4, c.c.
3.3. Nel caso in esame le cartelle sono state tutte notificate e non sono state a suo tempo impugnate, con la conseguenza che sono diventate definitive. L’agente della riscossione ha, poi, interrotto i termini di prescrizione, prima della loro scadenza. Sono, infatti, presenti agli atti le ricevute delle notifiche degli atti consegnati al custode, che la parte non conoscerebbe. Sul punto nessuna prova viene fornita dalla parte (ad es. dall’amministratore che attesti l’assenza del custode o la sua sostituzi one). Infine, con riferimento alle due cartelle esattoriali notificate a mano in data 04/06/2018 e 25/01/2019, il disconoscimento della sottoscrizione non è stato seguito da nessuna istanza di verificazione o dall’avvenuta presentazione della querela di falso, con la conseguenza che deve ritenersi raggiunta la prova della consegna al portiere delle due notifiche.
Contro la sentenza della CTR il sig. COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
L’agente della riscossione ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
Con il primo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. Ad avviso del
ricorrente la CTR ha aderito alle argomentazioni rese dalla controparte, in violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 d. att. c.p.c., secondo i quali la mancanza o estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza, quando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo. La sentenza si limita, infatti, a rilevare, senza esaustiva giustificazione, la legittimità della notifica degli atti prodromici. Rileva, quindi, a pag. 5 del ricorso: « le uniche sedicenti notifiche degli atti pregressi del 4 giugno 2018 e 25 gennaio 2019, anche ove si possa ritenerne valida prova i documenti n. 4 e 5 – invece del tutto nulle – riguarderebbe solo le cartelle n. NUMERO_CARTA per € 39,17 e NUMERO_CARTA per € 369,62 . Tutte le altre cartelle non risultano essere mai state notificate, né è prodotta alcuna copia, neppure in appello. Quanto all’avviso di intimazione, neppure adeguatamente motivato, non risultava né validamente notificato né comunque incidente sull’impugnabilità della pretesa. »
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. relativamente agli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 d. att. c.p.c.
2.1. Per l’ipotesi in cui non fosse ritenuto corretto l’inquadramento nella fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente evoca anche il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. , rilevando che le norme poste a fondamento del motivo di ricorso impongono all’organo giudicante di esplicitare in modo preciso e coerente le argomentazioni poste a sostegno della statuizione, in modo da rendere evidente l’iter logico -giuridico seguito. Tale requisito non sussiste nel caso in esame, in ragione del carattere eccessivamente stringato e apodittico delle argomentazioni adottate dalla CTR.
I primi due motivi possono essere esaminati insieme e sono infondati: secondo questa Corte, infatti, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., 03/03/2022, n. 7090).
Nel caso in esame è chiaramente individuabile il percorso motivazionale della sentenza impugnata, come risulta da quanto riportato in premessa, al punto 3.
4 . Con il terzo motivo è stato denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
4.1. La parte ricorrente illustra il motivo di ricorso, secondo quanto di seguito riportato: « Nella sentenza impugnata, il Giudice di seconde cure, ritenendo valida la notifica delle cartelle/avvisi, ha portato la Commissione Regionale ad emettere una sentenza a esclusivo favore dell’Agenzia, circostanza questa, che non si sarebbe verificata, qualora fossero state analizzate con più attenzione le produzioni di parte resistente, che, come ripetuto, non ha dato minimamente prova della correttezza del suo operato in fase
notificatoria, con l’ovvia conseguenza dell’illegittimità dell’atto per il quale queste risultano titolo. »
4.2. Il motivo è inammissibile, prima ancora che per il difetto del requisito di specificità – posto che il fatto decisivo non oggetto di esame da parte del giudice posto a fondamento del motivo di ricorso ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. è da intendere come il fatto in senso storico-naturalistico -perché vi è una doppia conforme favorevole all’agente della riscossione (art. 348 ter, comma 3, c.p.c., applicabile ratione temporis ). Tanto più che a pag. 2 del controricorso l’agente della riscossione trascrive una parte della sentenza del giudice di primo grado, dove emerge che, anche in tale giudizio, sono state verificate le notificazioni eseguite nei confronti del contribuente.
Con il quarto motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 2946 e ss. c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
5.1. Il ricorrente ha così argomentato il motivo di ricorso: « Invero, da un lato – come indicato – la notifica non risulta né valida né effettiva, dall’altro Codesta corte ha già chairito e sancito la violazione degli art. 2953 e 2948 c.c., nonché dell’art. 20 d.lgs. n. 472/1997, per essere stata ritenuta decennale e non quinquennale la prescrizione dei tributi erariali e delle sanzioni collegate, sulla scorta di quanto indicato dalle Sezioni Unite, applicando il principio di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. , ‘conversione” del termine di prescrizione breve
eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi a entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie ovvero di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (cfr. Cass. S.U. n. 23397/2016; Cass. VI -5, n. 33797/2019). »
5.2. Il motivo è inammissibile in relazione alla censura svolta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., sia perché non è indicato il fatto decisivo, inteso in senso storico naturalistico di cui sarebbe stato omesso l’esame (Cass., 26/01/2022, n. 2268), sia perché la parte ricorrente è risultata soccombente in entrambi i gradi del giudizio di merito.
5.3. Con riferimento alla prescrizione (su cui si incentra la censura relativa alla violazione di legge), in via preliminare, occorre rilevare che nel caso di specie non vengono in rilievo profili relativi ai crediti previdenziali (per i quali vale il termine di prescrizione quinquennale di cui a Cass., Sez. U, n. 23397 del 2016), dal momento che il difetto di giurisdizione dichiarato dal giudice di prime cure e confermato dalla CTR nella sentenza impugnata non è stato oggetto di autonomo motivo di ricorso.
Esaurita tale premessa, occorre evidenziare che la sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo
la quale per l’IRPEF (cui fa riferimento, unitamente alle addizionali l’incipit della sentenza impugnata) , in mancanza di un’espressa previsione, si applica l’art. 2946 c.c. e non la prescrizione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948, comma 1, n. 4, c.c. « per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi» , in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (Cass., 26/06/2020, n. 12740; v. anche Cass., 17/12/2019, n. 33266; Cass., 12/11/2010, n. 22977; Cass., 09/02/2007, n. 2941).
Diversamente, con riferimento alle sanzioni, a fronte della disposizione speciale contenuta nell’art. 20, comma 3, d.lgs. n. 472 del 1997, non viene in rilievo la regola generale dell’art. 2946 c.c. (Cass., 24/01/2023, n. 2044). Di conseguenza, in caso di notifica di cartella esattoriale avente ad oggetto crediti per sanzioni non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale va fatta valere l’obbligazione tributaria per sanzioni è quello quinquennale, così come previsto dall’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass., 08/03/2022, n. 7486). La sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte in punto di prescrizione, con la conseguenza che anche il motivo di censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. deve ritenersi infondato.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/02/2025.