LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prescrizione crediti fiscali: 10 anni, non 5

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6639/2024, ha chiarito importanti principi in materia di prescrizione crediti fiscali. In un caso riguardante un’intimazione di pagamento, la Corte ha stabilito che, una volta notificata e non impugnata la cartella di pagamento, il credito erariale (come l’IRPEF) si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, non in quello più breve di cinque. Inoltre, ha ribadito che la decadenza del potere impositivo è un’eccezione che deve essere sollevata dal contribuente sin dal primo grado di giudizio, non potendo essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prescrizione crediti fiscali: la Cassazione conferma il termine di 10 anni

Con la recente ordinanza n. 6639/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per contribuenti e Amministrazione Finanziaria: la prescrizione crediti fiscali. La decisione chiarisce che, una volta divenuta definitiva una cartella di pagamento, il termine per la riscossione del credito si estende a dieci anni, secondo la regola ordinaria, e non ai termini più brevi previsti per le singole imposte. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dall’impugnazione, da parte di un contribuente, di un’intimazione di pagamento relativa a crediti portati da diverse cartelle esattoriali notificate anni prima. Il contribuente lamentava principalmente l’intervenuta prescrizione dei crediti, sostenendo che fosse decorso il termine quinquennale tra la notifica delle cartelle e quella della successiva intimazione.

La Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente accolto le ragioni del contribuente, annullando alcune cartelle e dichiarando prescritti i crediti di altre. In particolare, per una cartella relativa a imposte IRPEF, i giudici di secondo grado avevano ritenuto applicabile un termine di prescrizione breve, considerato ormai decorso nonostante un atto interruttivo (un pignoramento negativo) avvenuto anni prima.

Contro questa decisione, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

La Prescrizione dei crediti fiscali secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto due dei tre motivi di ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza impugnata e fornendo chiarimenti fondamentali.

Il Termine di Prescrizione è Decennale

Il punto centrale della decisione riguarda la durata della prescrizione crediti fiscali. La Corte ha ribadito un principio consolidato, già espresso dalle Sezioni Unite nel 2016: la scadenza del termine per impugnare una cartella di pagamento non produce una “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale (ai sensi dell’art. 2953 c.c.), ma rende semplicemente il credito irretrattabile.

Tuttavia, l’azione di riscossione di tale credito, ormai definitivo, è soggetta al termine di prescrizione ordinario di dieci anni (art. 2946 c.c.), a meno che la legge non preveda un termine più breve. Per i crediti erariali come l’IRPEF, in assenza di una specifica disposizione per un termine più corto, si applica quello decennale.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto errata la decisione dei giudici d’appello che avevano considerato prescritto il credito dopo cinque anni. La notifica della cartella, divenuta definitiva, aveva stabilizzato il credito, la cui riscossione poteva essere richiesta entro dieci anni.

La Decadenza va Eccepita nel Primo Grado

Un altro motivo di ricorso accolto riguarda la decadenza dell’Amministrazione dal potere impositivo. La Corte ha osservato che la decadenza, nel processo tributario, costituisce un’eccezione in senso stretto. Questo significa che deve essere sollevata dalla parte interessata (il contribuente) fin dal primo atto difensivo e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Nel caso specifico, il contribuente aveva sollevato la questione della decadenza per la prima volta in appello. La Corte ha quindi stabilito che tale eccezione era inammissibile, in quanto tardiva, cassando anche su questo punto la sentenza regionale.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara distinzione tra diversi istituti giuridici. In primo luogo, viene ribadita la natura del termine di prescrizione per i crediti tributari portati da atti divenuti inoppugnabili. La Cassazione, richiamando le Sezioni Unite (sentenza n. 23397/2016), afferma che il principio di carattere generale è che l’azione di riscossione di un credito divenuto definitivo si prescrive nel termine ordinario di dieci anni. Questo vale per tutti i crediti, siano essi tributari, extratributari, statali o di enti locali, inclusi i contributi previdenziali.

La Corte chiarisce che l’argomentazione del contribuente, secondo cui la notifica della cartella avrebbe ridotto il termine a quinquennale, è infondata proprio alla luce di questa giurisprudenza consolidata. Il credito per IRPEF, una volta cristallizzato nella cartella non impugnata, segue il regime ordinario decennale.

In secondo luogo, riguardo alla decadenza, la Corte si allinea a un altro orientamento stabile (Ordinanza n. 24074/2018), secondo cui la decadenza dall’esercizio del potere impositivo è un’eccezione posta nell’esclusivo interesse del contribuente. Pertanto, è onere di quest’ultimo farla valere tempestivamente nel giudizio, sin dal primo grado. Non essendo un profilo rilevabile d’ufficio, la sua proposizione per la prima volta in appello la rende inammissibile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza rafforza due principi fondamentali per la gestione del contenzioso tributario:

1. Attenzione ai termini: Per i crediti erariali come l’IRPEF, una volta ricevuta una cartella di pagamento, è fondamentale sapere che, se non la si impugna, l’Amministrazione Finanziaria avrà dieci anni di tempo per avviare la riscossione forzata. Il termine breve (solitamente quinquennale) vale per l’imposta in sé, ma non per l’azione di riscossione del credito consolidato.
2. Difesa tempestiva: Qualsiasi eccezione, come la decadenza del potere impositivo, deve essere sollevata immediatamente nel ricorso introduttivo. Sollevarla in un secondo momento, come in appello, la renderà quasi certamente inammissibile, precludendo al contribuente una potenziale via di difesa.

Qual è il termine di prescrizione per un credito fiscale IRPEF dopo la notifica di una cartella di pagamento non impugnata?
Secondo la Corte di Cassazione, una volta che la cartella di pagamento non viene impugnata e il credito diventa definitivo, si applica il termine di prescrizione ordinario di dieci anni, come previsto dall’art. 2946 del codice civile.

La mancata impugnazione di una cartella di pagamento “converte” il termine di prescrizione breve in quello decennale?
No, la Corte chiarisce che non si tratta di una “conversione” ai sensi dell’art. 2953 c.c. Semplicemente, l’azione volta a riscuotere un credito divenuto irretrattabile (perché non contestato) è soggetta al termine di prescrizione ordinario di dieci anni, in assenza di una diversa previsione di legge.

La decadenza del potere impositivo dell’Amministrazione finanziaria può essere rilevata d’ufficio dal giudice?
No. La Corte ha ribadito che la decadenza del potere impositivo configura un’eccezione in senso stretto. Ciò significa che deve essere necessariamente sollevata dalla parte interessata (il contribuente) e non può essere rilevata autonomamente dal giudice. Deve essere eccepita fin dal primo grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati