Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16597 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16597 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
Oggetto: II.DD. – IVA – riscossione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15238/2024 R.G. proposto da COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da sé stesso (PEC: EMAIL, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 51/6/2024, depositata il 3.1.2024 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del l’8 dal consigliere NOME COGNOME.
aprile 2025
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 51/6/2024, depositata il 3.1.2024, veniva rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 3486/31/2021 avente ad oggetto la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria notificatagli dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione e relativa al pagamento di tredici cartelle esattoriali sottostanti.
Il giudice di prime cure in via pregiudiziale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione per una parte di cartelle non aventi materia tributaria, dichiarava inammissibile il ricorso per altre cartelle di pagamento nel rispetto del principio del ne bis idem e, per il resto, rigettava il ricorso. La decisione veniva confermata dal giudice d’appello.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente deducendo quattro motivi, che illustra con memoria ex art.380-bis.1. cod. proc. civ., cui replica l’Agenzia dell’Entrate -Riscossione con controricorso.
Considerato che:
Preliminarmente, l’agente della riscossione rende noto che la cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA limitatamente al ruolo 252683 del 2014, è stata annullata ex art. 1 comma 222 e seguenti della Legge n. 197 del 29/12/2022, a stralcio dei crediti fino ad euro 1.000 per ruoli affidati in riscossione agli agenti della riscossione dal 1.01.2000 al 31.12.2015. Nella memoria illustrativa il contribuente non ha nulla osservato a riguardo.
Sempre in via preliminare, va dato atto delle eccezioni sollevate in controricorso di inammissibilità di motivi per difetto di specificità e di autosufficienza, scrutinabili unitamente alle singole censure.
Con il primo motivo di ricorso il contribuente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., poiché il giudice d’appello ha rigettato l’appello sulla base di questioni ed eccezioni rilevabili d’ufficio , nonché la violazione delle regole del giusto processo con riferimento al ricorso da parte dell’agente della riscossione ad avvocato del libero foro.
Secondo il ricorrente, in assenza di un provvedimento organizzativo generale unitamente ad una delibera specifica, recante i criteri legittimanti il ricorso ad avvocati privati, e di una specifica e motivata deliberazione dell’ente ad indicare le ragioni per cui non si sia fatto ricorso all’assistenza tecnica dell’Avvocatura dello Stato, il ricorso ad avvocato del libero foro sarebbeve invalido.
3. Il motivo è infondato.
Va premesso che questione diversa dall’avvalimento da parte dell’avvocato del libero foro nei gradi di merito è quella regolata dalla sentenza Cass. n.33413/2023, invocata in ricorso, che afferisce alla difesa tecnica dell’agente della riscossione avanti alla Corte di cassazione e alle peculiarità della procura speciale ad litem per questo grado di giudizio. La Corte chiarisce al proposito che «nel caso in esame, alcun riferimento è contenuto nel ricorso o nella procura speciale ad litem alle ragioni della necessità di una deroga rispetto al patrocinio autorizzato in via esclusiva all’Avvocatura erariale a difendere l’Agenzia Entrate Riscossione nelle liti avanti la Corte di cassazione civile, né tanto meno è fatta indicazione di una delibera assunta dagli organi dell’ente pubblico, neppure richiamata soltanto con menzione dei dati identificativi».
Al contrario, con riferimento all’impugnazione della statuizione del giudice d’appello di legittimità del ricorso all’avvocato del libero foro nei gradi di merito, la Corte di cassazione, a partire dalla sentenza a Sez. U., n. 30008 del 19/11/2019, poi sempre confermata ad es. da Cass. Sez. 6-1, ordinanza n. 16314 del 10/06/2021, afferma che ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, può ben avvalersi in primo luogo dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici. In secondo luogo, può avvalersi di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità.
Quest’ultimo è il caso occorso nella fattispecie, e la censura non coglie nel segno ipotizzando come necessari adempimenti che la legge non prevede.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2934 e 2946 cod. civ., d.P.R. n.131/1986, d.P.R. n.602/1973, d.lgs. n.546/92, da parte della sentenza di appello con riferimento alla statuizione circa la prescrizione dei crediti portati dalle cartelle, erroneamente ritenuta decennale anziché quinquennale.
Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
5.1. Premesso che solo nelle fattispecie impositive previste dalla legge, come per i tributi locali, sono soggette alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ., configurandosi alla stregua di un’obbligazione periodica o di durata e non rientrando nel novero delle prestazioni unitarie, per le quali rileva una pluralità di termini successivi per un adempimento che strutturalmente rimane eseguibile anche uno actu , con correlata applicabilità dell’ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ. (cfr. Cass. 13683/2020; Cass. 2941/2007), il motivo non indica neppure la tipologia e natura dei crediti in questione in relazione alle singole cartelle impugnate, derivandone l’inammissibilità per difetto di speciifità.
5.2. Inoltre, non v’è dubbio circa il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. (Cass. n.11800 del 2018). Tuttavia, la stessa sentenza delle Sezioni Unite, n. 23397/2016, invocata in ricorso, non afferma che a tutti i crediti oggetto di riscossione dev’essere applicato il termine di prescrizione quinquennale, bensì il termine di prescrizione eventualmente previsto dalle specifiche norme.
In mancanza di tale espressa previsione di un termine di prescrizione breve, trova applicazione il termine di prescrizione ordinario, che è decennale. La Corte (cfr. ad es., Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12740 del 26/06/2020; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32308 del 11/12/2019), in termini del tutto condivisibili, ha affermato che in tema di IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto all’imposta di registro, l’espresso disposto di cui all’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986 e, quanto alle altre imposte dirette, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità in vía generale dell’art. 2946 cod. civ.. Ha escluso quindi che possa applicarsi l’estinzione per decorso del termine quinquennale prevista dall’art. 2948, comma 1, n. 4, cod. civ. «per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti, bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi.
La terza censura, ai fini dell’ art.360, comma 1, n.3, cod. proc. civ., invoca il principio del divieto del ne bis in idem , che sarebbe stato violato dal giudice d’appello , per non aver tenuto conto di due precedenti sentenze rese dalla CTR, la n. 5295/2021 e n. 5344/2022 le quali hanno interessato alcune delle cartelle di pagamento sottese alla comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria impugnata con il ricorso introduttivo del presente processo.
Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza. La censura è generica e tardivamente in memoria il ricorrente cerca di fornire particolari più specifici circa il contenuto dal motivo che, peraltro, individua anche il paradigma processuale di doglianza non corretto. E’ inoltre infondata per più ragioni: in primo luogo, la sentenza rende noto che il giudice ha già dichiarato
l’inammissibilità del ricorso in ordine alle cartelle di pagamento interessate circoscrivendo il thema decidendum alle sole cartelle non interessate dai predetti giudizi. In secondo luogo, il contrasto di giudicati è alla radice escluso dal fatto che la citata sentenza n. 5295/2021 è stata impugnata da ll’agente della riscossione e il ricorso r.g. 12638/2022 è chiamato per la decisione alla presente adunanza camerale. Parimenti, la sentenza n. 5344/2022, che comunque ha annullato il solo atto di pignoramento, senza statuire alcunché in ordine alla validità ed efficacia delle cartelle di pagamento sottese, è stata cassata con rinvio dalla Corte con l’ordinanza n.16698/2024.
Dalla reiezione delle prime tre censure consegue anche l’infondatezza della quarta, con cui, in relazione all’ art.360, comma 1, n.5, cod. proc. civ., a torto il contribuente ritiene che sia inesistente la pretesa tributaria, e che sia così risarcibile il danno subito dal contribuente, ex art. 96 cod. proc. civ. poiché l’agente della riscossione non ha posto in essere alcun comportamento inescusabilmente negligente nel procedere alla riscossione dei crediti, come attesta l’esito del presente processo.
8. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in favore della controricorrente in euro 4.300 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.