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Prescrizione crediti erariali: quando è decennale?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16597/2025, ha rigettato il ricorso di un contribuente contro una comunicazione di iscrizione ipotecaria. La Corte ha stabilito che la prescrizione dei crediti erariali per imposte come IRPEF, IVA e IRAP è decennale e non quinquennale. Inoltre, ha confermato la legittimità dell’Agente della Riscossione di avvalersi di avvocati del libero foro per la propria difesa in giudizio, senza necessità di specifiche delibere.

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Pubblicato il 1 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prescrizione Crediti Erariali: La Cassazione Conferma il Termine Decennale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato temi cruciali in materia di riscossione, tra cui la prescrizione dei crediti erariali e la rappresentanza in giudizio dell’Agente della Riscossione. Questa decisione offre importanti chiarimenti per contribuenti e professionisti, ribadendo che per imposte come IRPEF, IVA e IRAP si applica, di norma, il termine di prescrizione ordinario di dieci anni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un contribuente avverso una comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, notificata dall’Agente della Riscossione per il mancato pagamento di tredici cartelle esattoriali. Il contribuente aveva impugnato l’atto, ma i suoi ricorsi erano stati respinti sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale.

Non soddisfatto dell’esito, il contribuente ha presentato ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità.

I Motivi del Ricorso e la Discussione sulla Prescrizione dei Crediti Erariali

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro motivi principali:
1. Violazione delle norme processuali: Sosteneva l’invalidità della difesa dell’Agente della Riscossione, rappresentato da un avvocato del libero foro anziché dall’Avvocatura dello Stato, in assenza di una specifica delibera motivata.
2. Errata applicazione della prescrizione: Affermava che i crediti portati dalle cartelle fossero soggetti alla prescrizione breve quinquennale e non a quella decennale applicata dai giudici di merito.
3. Violazione del principio del ‘ne bis in idem’: Lamentava che i giudici non avessero considerato due precedenti sentenze che, a suo dire, avevano già deciso su alcune delle cartelle oggetto della controversia.
4. Richiesta di risarcimento danni: Riteneva che la pretesa tributaria fosse inesistente e chiedeva un risarcimento per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, giudicando tutti i motivi infondati o inammissibili e condannando il contribuente al pagamento delle spese legali.

Le Motivazioni

La Corte ha analizzato nel dettaglio ogni censura, fornendo una motivazione chiara e precisa per ciascuna.

La Difesa dell’Agente della Riscossione

Sul primo punto, la Cassazione ha chiarito che, nei gradi di merito, l’Agente della Riscossione può legittimamente avvalersi di avvocati del libero foro senza bisogno di specifiche formalità o delibere. Questa facoltà è prevista dalla legge e la scelta tra patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato privato non richiede un’allegazione o una prova specifica, in quanto la sua legittimità è presunta.

La Corretta Applicazione della Prescrizione Decennale

Il punto centrale della decisione riguarda la prescrizione dei crediti erariali. La Corte ha ribadito un principio consolidato: in assenza di una diversa e specifica previsione di legge che stabilisca un termine più breve, ai crediti tributari si applica la prescrizione ordinaria decennale prevista dall’art. 2946 del codice civile.

Nello specifico, per imposte come IRPEF, IVA, IRAP e imposta di registro, il credito dello Stato si prescrive in dieci anni. La Corte ha spiegato che l’obbligazione tributaria, pur avendo cadenza annuale, ha carattere autonomo e unitario per ciascun periodo d’imposta e non può essere assimilata a una prestazione periodica (come canoni di locazione o interessi), per le quali l’art. 2948, n. 4, cod. civ. prevede la prescrizione quinquennale.

L’Infondatezza dell’Eccezione di ‘Ne Bis in Idem’

Anche la censura relativa al presunto giudicato è stata respinta. I giudici hanno evidenziato come il giudice di primo grado avesse già circoscritto l’oggetto del contendere, escludendo le cartelle già interessate da precedenti giudizi. Inoltre, una delle sentenze citate dal ricorrente era stata impugnata, mentre l’altra era stata addirittura cassata con rinvio dalla stessa Corte di Cassazione, facendo venir meno qualsiasi ipotesi di ‘giudicato’.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi nel contenzioso tributario. Primo, la flessibilità dell’Agente della Riscossione nella scelta del proprio difensore nei giudizi di merito. Secondo, e più importante, conferma che la regola generale per la prescrizione dei crediti erariali relativi alle principali imposte è il termine decennale. La prescrizione breve di cinque anni rappresenta un’eccezione, applicabile solo nei casi espressamente previsti dalla legge (come per i tributi locali) e non può essere estesa per analogia a tributi annuali che costituiscono obbligazioni autonome e non periodiche. Questa sentenza offre quindi un punto di riferimento chiaro per i contribuenti, sottolineando l’importanza di verificare la natura del tributo per determinare correttamente il relativo termine di prescrizione.

Qual è il termine di prescrizione per i crediti erariali relativi a imposte come IRPEF e IVA?
Secondo la Corte, in assenza di specifiche norme che prevedano un termine breve, per imposte come IRPEF, IVA, IRAP e imposta di registro si applica il termine di prescrizione ordinario decennale, come previsto dall’art. 2946 del codice civile.

L’Agente della Riscossione può farsi rappresentare in giudizio da un avvocato del libero foro anziché dall’Avvocatura dello Stato?
Sì, la Corte ha confermato che l’Agente della Riscossione, nei gradi di merito, può avvalersi di avvocati del libero foro senza bisogno di formalità particolari o di una specifica delibera, in quanto tale facoltà è prevista dalla legge.

Il principio del ‘ne bis in idem’ si applica se una precedente sentenza su una cartella di pagamento è stata impugnata o cassata?
No, il principio non si applica. La Corte ha escluso la violazione del ‘ne bis in idem’ perché le sentenze richiamate dal ricorrente o non erano definitive (in quanto impugnate) o erano state annullate dalla stessa Corte di Cassazione, eliminando così l’esistenza di un giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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