Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20691 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20691 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 22/07/2025
Misure Cautelari Tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6740/2023 R.G. proposto da COGNOME NOME (CCCGPP55A24F904X), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate-Riscossione (13756881002), in persona del Direttore p.t. , e Agenzia delle Entrate (06363391001) in persona del Direttore p.t ., rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_TELEFONO; EMAIL;
-controricorrenti –
e
Regione Veneto, Camera di commercio di Venezia;
-intimate – avverso la sentenza n. 1062/2022, depositata il 15 settembre 2022, della Commissione tributaria regionale del Veneto;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28 maggio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 1062/2022, depositata il 15 settembre 2022, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME, così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un preavviso di iscrizione ipotecaria fondato su presupposte cartelle di pagamento.
1.1 -A fondamento del decisum , e per quel che qui rileva, il giudice del gravame ha ritenuto che:
la contestazione di non conformità agli originali delle copie prodotte risultava formulata «in maniera preventiva e generica» così che rimaneva inconcludente ai fini perseguiti;
-andavano condivise le analitiche deduzioni svolte dall’ Agenzia delle Entrate-Riscossione in ordine alla notifica degli atti presupposti (cartelle di pagamento ed avvisi di intimazione) e, del resto, le stesse richieste di rateizzazione «a prescindere dal loro valore di riconoscimento del debito, costituiscono sicuramente indice di conoscenza della sussistenza del debito»;
andava, pertanto, disattesa l’eccezione di prescrizione dei crediti erariali e camerali « valendo l’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c. (cfr. Cass. Sentenza n. 4283 del 23.2.2010 e ord. N. 23162/20 nonché n. 10549/19 quanto all’eguale termine di prescrizione per gli accessori del tributo).»;
del pari non si era perfezionata prescrizione per la tassa automobilistica in quanto «il relativo avviso di accertamento è stato notificato il 23.12.2013, nel rispetto del termine triennale di prescrizione, successivamente interrotto nel 2017.»;
quanto al credito IVA -risultando che « nell’anno 2012 la parte non ha utilizzato il credito Iva dell’anno 2007, ma un credito relativo
all’anno 2011, come risulta dal prospetto dei versamenti effettuati con modello F24.» – doveva considerarsi che il diritto al rimborso si era estinto, per prescrizione decennale, sin dal 31 luglio 2018 (a fronte di eccedenza di imposta esposta nella dichiarazione Iva relativa all’anno 2007).
– COGNOME NOME ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria.
L’ Agenzia delle Entrate , e l’ Agenzia delle Entrate-Riscossione, resistono con controricorso.
La Regione Veneto, e la Camera di commercio di Venezia, non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2697 e 2719 cod. civ., ed al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, deducendo il ricorrente che -gravando su controparte l’one della prova di quanto posto a fondamento della pretesa riscossiva -aveva «disconosciuto espressamente la conformità delle copie fotostatiche dimesse dalle controparti … la contestazione … precisa e puntuale», per di più il disconoscimento esteso alle «firme in quanto non intellegibili e ad esso riconducibili».
-Il motivo -che pur prospetta profili di inammissibilità -è manifestamente destituito di fondamento.
2.1 – Come anticipato, il giudice del gravame ha inequivocamente riferito l’oggetto del disconoscimento che, per l’appunto, andava disatteso -ad atti propri dell’agente della riscossione (« come sopra analiticamente illustrato in sede di costituzione da Agenzia Entrate Riscossione»).
Sicchè non è dato, innanzitutto, comprendere a quale atto la parte abbia inteso riferirsi rilevando che avevano formato oggetto di disconoscimento anche le «firme in quanto non intellegibili e ad esso riconducibili».
2.2 Per di più, la specificità della contestazione è (solo) autoproclamata né, pertanto, viene messo in discussione -con specifica e pertinente censura involgente il contenuto dell’atto di parte che (in tesi) recava il ridetto disconoscimento -il rilievo del giudice del gravame quanto alla ricorrenza di una contestazione formulata «in maniera preventiva e generica».
Rilievo, questo, che -come ben rilevato dal giudice del gravame -si innesta su principi di diritto reiteratamente ribaditi dalla Corte, essendosi affermato, da un lato, che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, «quali “impugno e contesto” ovvero “contesto tutta la documentazione perchè inammissibile ed irrilevante”, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale» (v., ex plurimis , Cass., 20 giugno 2019, n. 16557; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27633; Cass., 13 dicembre 2017, n. 29993; Cass., 3 aprile 2014, 7775); e , dall’altro, che la stessa contestazione di parte (che neghi la conformità in discorso) «non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa» in quanto detta contestazione «non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.» (v., anche qui ex plurimis , Cass., 18 gennaio 2022, n. 1324; Cass., 8 giugno 2018, n. 14950; Cass., 21 novembre 2011, n. 24456; Cass., 21 aprile 2010, n. 9439; Cass., 4 marzo 2004, n. 4395; Cass., 16
ottobre 2001, n. 12598; Cass., 12 maggio 2000, n. 6090; Cass., 5 febbraio 1996, n. 940).
3. -Col secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento con riferimento all’art. 2948, n. 4, cod. civ., ed al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, comma 3, nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Si assume, in sintesi, che il giudice aveva omesso di pronunciare sull’eccezione di prescrizione (quinquennale) delle sanzioni e, ad ogni modo, aveva violato la disposizione di cui all’art. 20, cit., quanto alla riconduzione della prescrizione per le sanzioni al termine quinquennale.
-Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
4.1 -La gravata sentenza -per come si è già avuto modo di precisare -ha pianamente reso proprie le deduzioni difensive dell’agente della riscossione che, val bene (qui) ribadire, aveva dedotto, e documentato (con quella stessa documentazione oggetto del rilevato generico disconoscimento di conformità agli originali), che, alla notifica delle cartelle di pagamento, aveva fatto seguito la notifica di avvisi di intimazione («in data 29.10.2014 …. in data 30.10.2014 … in data 4.12.2017 », quest’ultima « per tutte le cartelle di pagamento») e di una comunicazione preventiva d’iscrizione ipotecaria (il 10 febbraio 2015).
Siccome, allora, l’atto (ancor qui) in contestazione (il preavviso di iscrizione ipotecaria) risultava notificato alla parte il 5 settembre 2019 (per come assume, per vero, lo stesso ricorrente), è del tutto evidente che -consolidatasi la pretesa riscossiva, quanto certamente alla (ora) eccepita prescrizione, sulla base degli avvisi di intimazione, e dello stesso preavviso di iscrizione ipotecaria, sopra citati, che non avevano formato oggetto di impugnazione (v., quanto agli atti cautelari, Cass.,
19 gennaio 2021, n. 850; Cass., 25 febbraio 2017, n. 5469; Cass., 14 maggio 2018, n. 11624 ; quanto all’avviso di intimazione v., ex plurimis , Cass., 11 marzo 2025, n. 6436) -alcuna prescrizione (nemmeno sub quinquennale) si è, nella fattispecie, perfezionata tra l’ultimo degli atti interruttivi (del 4 dicembre 2017) e la comunicazione preventiva in contestazione.
E, in siffatti termini, va corretta la motivazione della gravata sentenza laddove si è rilevato che l’ordinario termine di prescrizione decennale trovava applicazione anche per la «prescrizione per gli accessori del tributo … ».
5. -Il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione degli artt. 2946, 2948 e 2953 sull’assunto, in sintesi, che la prescrizione quinquennale deve trovare applicazione anche a riguardo dei tributi erariali.
6. -Questo motivo è manifestamente destituito di fondamento.
In disparte che, come appena rilevato, nemmeno detto termine può ritenersi decorso nella fattispecie, la giurisprudenza della Corte è univocamente orientata nell’affermazione che il credito erariale per la riscossione di IRPEF, IRAP, IVA e canone RAI si prescrive nell’ordinario termine decennale, attesa la mancata previsione di un termine più breve, in deroga a quello di cui all’art. 2946 c.c., mentre non opera l’estinzione quinquennale ex art. 2948, comma 1, n. 4, c.c., in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione annuale, ha carattere autonomo ed unitario, cosicché il singolo pagamento non è mai legato ai precedenti, ma risente di nuove ed autonome valutazioni circa la sussistenza dei presupposti impositivi (v., ex plurimis , Cass., 29 novembre 2023, n. 33213).
7. -Il quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e
falsa applicazione degli artt. 1241 e ss., e 2944, cod. civ. deducendo, in sintesi, il ricorrente che del credito IVA, di cui era titolare, aveva fatto uso per compensare «nel 2012, …. alcune somme riferite agli anni 2010, 2011 e 2012.» e che -operando detta compensazione quale causa interruttiva della prescrizione (per riconoscimento dell’altrui diritto) -i debiti e crediti coesistevano, nella fattispecie, prima del maturare della prescrizione, con conseguente loro estinzione per compensazione.
8. -Il motivo è inammissibile.
8.1 -Il giudice del gravame, come si è già rilevato, ha accertato che, nella fattispecie, si trattava di credito Iva (per eccedenza dell’ammontare detraibile) esposto nella dichiarazione (presentata in relazione al periodo di imposta 2007) e che l’utilizz o in compensazione ( nell’anno 2012 ) riguardava « un credito relativo all’anno 2011, come risulta dal prospetto dei versamenti effettuati con modello F24.».
La censura, allora, si pone in frontale contrasto con un siffatto accertamento e, in termini inammissibili, sollecita, sotto il manto della violazione di legge, un riesame di merito da parte della Corte.
Per di più la censura pretermette del tutto la considerazione del règime tributario dell’iva a credito alla cui stregua si è rilevato che, nel caso di utilizzo del credito in compensazione, trova applicazione il termine di decadenza biennale previsto dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, laddove il credito iva esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale e non anche a detto termine di decadenza in quanto l’istanza di rimborso (al ricorrere dei relativi presupposti) non integra il fatto costitutivo del diritto, ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso (v., ex plurimis , Cass., 5 dicembre 2022, n. 35717; Cass., 15 maggio 2015, n. 9941; sul dies a quo del termine di prescrizione v. il
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38bis nonché, ex plurimis , Cass., 26 giugno 2019, n. 17191; Cass., 13 aprile 2016, n. 7223).
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso proposto, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna parte ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti Agenzia delle Entrate e Agenzia delle EntrateRiscossione, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 maggio 2025.