Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14737 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14737 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17910 -2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 2593/2023 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO della LOMBARDIA, depositata il 29.8.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/5/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 245/2022 emessa dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Pavia, in rigetto del ricorso proposto avverso intimazione di pagamento e sottese cartelle esattoriali.
Agenzia delle entrate riscossione resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 2946 c.c. e dell’art. 2948 c.c. avendo la Corte di giustizia tributaria di secondo grado erroneamente ritenuto applicabile la prescrizione decennale a tutti i diritti da pagare periodicamente ad anno o in termini più brevi ex art. 2948, comma 4, c.c., tra cui i crediti erariali.
1.2. La doglianza va disattesa nei termini di seguito illustrati.
1.3. Secondo consolidata interpretazione di questa Corte (cfr. Cass. nn. 16713/2016, 24322/2014, 22977/2010, 2941/2007), il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 2948, n. 4, c.c. «per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», bensì all’ordinario
termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi.
1.4. Da queste pronunce di diritto si ricava la conclusione che i crediti di imposta sono soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., a meno che la legge disponga diversamente (come, ad esempio, l’art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995, per i contributi previdenziali) e salvo l’ actio judicati .
1.5. La prescrizione del credito, ancorché oggetto di cartella di pagamento notificata, segue dunque la disciplina sostanziale prevista per quel credito, salvo che si sia in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Cass., Sez. U., n. 23397/2016 cit.), disciplina che è in via generale quella della prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c. ove la legge non disponga diversamente (cfr. Cass. 10547/2019), come per i tributi erariali (Cass. n. 32308/2019), a differenza dei canoni acq ua (cfr. Cass. n. 3966/2018) e dei tributi locali, come l’ICI (cfr. Cass. n. 26013/2014 e n. 24679/2011) o la tassa sui rifiuti, per i quali vige il termine di prescrizione quinquennale.
1.6. La sentenza impugnata, laddove afferma che i crediti scaturenti dalle cartelle esattoriali, relative a mancato pagamento di imposte erariali, sono sottoposti a prescrizione decennale, si è dunque attenuta ai suddetti principi.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 139 ss. c.p.c. e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia omesso di dichiarare la nullità della notifica delle cartelle esattoriali per omessa prova dell ‘ invio della raccomandata informativa.
2.2. I Giudici d’appello hanno affermato quanto segue: ‘Sulla notifica delle cartelle esattoriali indicate nell’atto di intimazione si osserva che il
motivo è generico e non scardina la prova contraria già fornita dall’agenzia della riscossione con allegazione delle relate di notifica ».
2.3. Il motivo è quindi inammissibile perché viene prospettato, sotto l’improprio profilo della violazione delle norme sopra indicate, un vizio della motivazione della sentenza della CTR, in quanto dall’esame del motivo non emerge l’effettiva deduzione di una violazione di legge o di un errore di sussunzione in cui sarebbe incorso il Giudice di appello.
2.4. La ricorrente, invero, intende in realtà censurare la motivazione in base alla quale il Giudice ha accertato che i documenti prodotti erano inidonei a dimostrare la rituale notifica delle cartelle esattoriali, sottese all’intimazione di pagamento impugnata.
2.5. Viene, quindi, lamentato un difetto di motivazione finalizzato ad ottenere da questa Corte una «diversa» valutazione delle risultanze processuali (valutazione che, invece, è riservata al Giudice di merito), censura che risulterebbe anche inammissibile poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348ter , comma 5, c.p.c., rispetto alla quale non sono stati indicati profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. nn. 26774/2016, 5528/2014).
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell ‘ art. 91 c.c. per avere la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado posto a carico della contribuente le spese del secondo grado, confermando anche la condanna alle spese di lite in primo grado, e lamenta che, trattandosi di debiti prescritti, le spese di lite avrebbero dovuto essere poste a carico dell ‘ Amministrazione finanziaria per aver agito su titoli palesemente prescritti.
3.2. Il rigetto dei primi due motivi di ricorso, con la conferma delle pretese avanzate dall’Erario nei confronti della ricorrente, soccombente, determina di conseguenza il rigetto del terzo motivo.
Il ricorso va dunque integralmente respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in relazione al valore della controversia (pari ad Euro 64.886,88, importo riferito alle cartelle impugnate; cfr. pag. 2 ricorso).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.880,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art.13, comma 1quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità