Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12828 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12828 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 32781/2018, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 1673/2018 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 13 aprile 2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Varese l’intimazione di pagamento notificatagli da Equitalia Nord (in seguito Agenzia delle Entrate – Riscossione) il 22 marzo 2016 e le relative cartelle di pagamento, deducendo, fra l’altro, l’intervenuta prescrizione del credito portato da alcune cartelle e la nullità dell’int imazione per mancata indicazione delle modalità di calcolo degli interessi.
Il giudice adìto accolse l’impugnazione limitatamente ad una cartella, in relazione alla quale ritenne che fosse intervenuta la prescrizione.
La sentenza fu oggetto di appello principale del contribuente e di appello incidentale dell’agente per la riscossione.
La sentenza indicata in epigrafe ha accolto parzialmente il solo appello principale, dichiarando fondata la censura attinente alla mancata indicazione delle modalità di calcolo degli interessi nell’intimazione di pagamento, che ha ritenuto contraria all’obbligo di motivazione di cui all’art. 7 della l. n. 212/2000; ha invece dichiarato inammissibile l’appello erariale, in quanto articolato in violazione dell’art. 53 del d.P.R. n. 546/1992.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Agenzia delle Entrate -Riscossione (d’innanzi : ‘ADER’) sulla base di tre motivi.
Il contribuente, nonostante rituale notifica, è rimasto intimato.
Considerato che:
Con il primo motivo, deducendo violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992 e nullità della sentenza, la ricorrente si duole del fatto che la C.T.R. abbia ritenuto inammissibile il suo appello per violazione del l’art. 53 del d.P.R. n. 546/1992 ; al riguardo, riproduce integralmente l’atto introduttivo del gravame e sottolinea che, in ogni caso, non viola il precetto di specificità dei motivi la riproposizione in sede di appello delle richieste già prospettate ai giudici di primo grado.
Con il secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., ADER critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha implicitamente ritenuto prescritta una delle cartelle donde ha tratto origine l’intimazione di pagamento.
Richiama, in proposito, il contrario orientamento di questa Corte, che si attesta nel senso dell’applicabilità de l termine di prescrizione ordinario.
Infine, con il terzo motivo, la ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza d’appello nella parte in cui ha annullato l’intimazione di pagamento per omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi, trattandosi di indicazione che non rientra nel contenuto minimo della cartella o nel novero degli atti che devono essere indicati nell’estratto di ruolo.
I primi due motivi vanno scrutinati congiuntamente in quanto connessi.
4.1. Occorre, infatti, rilevare che, in punto ai motivi d’appello articolati da ADER, la sentenza impugnata ha così statuito: « La mera riproposizione delle eccezioni e doglianze già rese nel primo grado di giudizio, ad esclusione di quelle riferite al calcolo degli interessi, vanno rigettate perché violative del disposto dell’art. 53 D.P.R. 546/92 e perché le stesse hanno già formato oggetto d’esame da parte dei primi giudici che con esaustive ed analitiche motivazioni, le hanno rigettate,
e le cui conclusioni si condividono e si richiamano per relazione » (pag. 3 sentenza d’appello).
Pertanto, in ordine ai motivi di gravame articolati da ADER, i giudici d’appello hanno esposto due autonome rationes decidendi , ritenendoli per un verso inammissibili per contrasto con l’art. 53 del d.P.R. n. 546/1992 e, per altro verso, infondati per le stesse ragioni addotte dai primi giudici, alle quali essi si sono riportati.
Di tale complessiva statuizione deve necessariamente tenersi conto nello scrutinio dei motivi, poiché la prima censura incide sulla sola declaratoria di inammissibilità del gravame; essa, dunque, non scalfisce la pronuncia di infondatezza, se non per la parte in cui articola il secondo motivo, che concerne il termine di prescrizione.
Questa sola parte del secondo motivo va dunque scrutinata, in quanto, per il resto, la ritenuta infondatezza, da sola sufficiente a supportare il rigetto dei due motivi di gravame, non è stata in questa sede validamente incisa.
4.2. La censura della ricorrente è fondata per quanto di ragione.
Il contribuente aveva sostenuto che, per una delle cartelle prodromiche all’intimazione (e, segnatamente, quella portante il n. 117/2010/00348339/18/000), fosse decorso il termine di prescrizione, avuto riguardo al fatto che la cartella era stata notificata nel 2010, la notifica della successiva intimazione era avvenuta il 22 marzo 2016 (senza atti interruttivi nel frattempo) e che si applicava il termine di prescrizione quinquennale.
Di tale avviso è stata anche la sentenza di primo grado, richiamata dalla C.T.R., che questa Corte ha potuto esaminare in presenza della deduzione di un error in procedendo e, comunque, in quanto prodotta dalla stessa ricorrente.
La C.T.P., in particolare, pronunziando in dichiarata adesione a Cass. n. 2339/2016 ( rectius : Cass. sez. U, n. 23397/2016), ha affermato che il credito portato da una cartella di pagamento si prescrive nel termine di cinque anni.
4.3. La materia della prescrizione dei crediti erariali è stata oggetto di approdi giurisprudenziali anche recenti, il cui quadro può essere così compendiato:
i l credito erariale per la riscossione dell’imposta è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 2948, n um. 4, cod. civ. «per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi» , bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946, in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova e autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (cfr. Cass. n. 10549/2019; Cass. n. 11624/2018; Cass. n. 16713/2016. Si veda anche, in motivazione, Cass. Sez. U, n. 11676/2024);
a tale regola fanno eccezione i casi nei quali i crediti erariali sono soggetti a diverso termine di prescrizione per espressa previsione di legge (come accade, ad esempio, in materia di contributi previdenziali, giusta il disposto del l’art. 3, comma 9, della l. n. 335/1995);
-laddove il credito erariale sia portato da una cartella di pagamento non impugnata nei termini dal contribuente, si determina l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la conversione del termine di prescrizione breve -eventualmente previsto -in quello ordinario decennale, di cui all’art. 2953 c od. civ., che si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella ha natura di atto
amministrativo, privo dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (così la già menzionata Cass. sez. U, n. 23397/2016);
per gli interessi e le sanzioni correlati ai crediti erariali, invece, opera la prescrizione quinquennale, rispettivamente fondata sulla previsione di cui all’art. 2948, n um. 4, cod. civ. per gli interessi e su quella di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 472/1997 per quanto riguarda le sanzioni (cfr. in tal senso, e fra le numerose altre, Cass. n. 27055/2022);
gli interessi, infatti, «sono regolati da una norma di diritto comune secondo cui l’obbligazione relativa riveste natura autonoma rispetto al debito principale e soggiace al generalizzato termine di prescrizione quinquennale fissato dalla suddetta disposizione» (Cass. n. 5220/2024), mentre per le sanzioni si applica l’espressa previsione di legge, che ha carattere di specialità (Cass. n. 2095/2023).
4.4. Nel ritenere indistintamente prescritto, per decorrenza del termine quinquennale, il credito portato da una delle cartelle prodromiche all’intimazione , la sentenza impugnata si è discostata da tale principio.
Per un verso, infatti, essa ha fatto malgoverno del principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 23397/2016, cui pure ha dichiarato di aderire, perché in quest’ultima si è invece affermata la diversa regola secondo cui la definitività della cartella per mancata impugnazione non rende applicabile la prescrizione ordinaria propria del credito accertato con giudicato, restando fermo il termine di prescrizione originariamente previsto per il credito erariale (che nel caso di specie era quinquennale solo perché così era stabilito dalla l. n. 335/1995).
Per altro verso, poi, essa ha completamente trascurato di accertare se il credito afferisse ad imposta, interessi o sanzioni (o a tali voci cumulativamente).
In questi limiti, e solo in essi, vanno pertanto accolti i motivi in esame.
Anche il terzo motivo è fondato.
Il Collegio, in proposito, intende dare continuità al principio secondo cui l’atto fiscale, ove segua l’adozione di un altro atto che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivato – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212/2000 e dall’art. 3 della l. n. 241/1990, imponendosi una motivazione specifica solo laddove esso costituisca il primo atto riguardante la pretesa per interessi (Cass. Sez. U, n. 22281/2022).
A tanto non si è attenuta la sentenza d’appello, che si è limitata a dichiarare la nullità dell’intimazione senza svolgere accertamenti in punto alla sussistenza di adeguate indicazioni in seno all’atto presupposto.
In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al secondo motivo, per il profilo più sopra evidenziato, e al terzo motivo.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio al giudice a quo , il quale deciderà conformandosi agli indicati principii e liquidando anche le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al secondo e al terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2025.