Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6302 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6302 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26767/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (C.F. n. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso il proprio domicilio digitale PEC
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Oggetto: tributi prescrizione -crediti erariali
nonché nei confronti di
-intimato -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, Sezione staccata di Lecce, n. 955/22/21, depositata in data 16 marzo 2021
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La contribuente NOME COGNOME ha impugnato -come risulta dalla sentenza impugnata – due intimazioni di pagamento, notificate in data 8 luglio 2014 e 29 gennaio 2016, e le cartelle ad esse sottese, relative a tributi erariali e a diritti camerali, notificate tra il 2004 e il 2007, deducendo l’omessa notifica degli atti presupposti, nonché vizi propri degli atti impugnati e la prescrizione dei crediti.
La CTP di Brindisi ha dichiarato il difetto di giurisdizione per i crediti non tributari e ha accolto per il resto il ricorso, ritenendo assoggettati a prescrizione quinquennale i tributi erariali.
La CTR della Puglia, Sezione staccata di Lecce, con sentenza qui impugnata, ha annullato le cartelle relativamente ai diritti camerali e, nel resto, ha accolto l’appello dell’Agente della Riscossione . Ha ritenuto il giudice di appello, per quanto qui ancora rileva, che ai tributi erariali si applica la prescrizione decennale e che, nella specie, si deve fare applicazione della sospensione di cui all’art. 1, comma 623, l. 27 dicembre 2013, n. 147.
Propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Agente della riscossione .
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione e falsa applicazione dell’art.
2948 e dell’art. 2946 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto prescritti i crediti di cui alle cartelle di pagamento non annullate; deduce che, non essendovi atti interruttivi, « deve ritenersi maturata la prescrizione quinquennale ». In via gradata si deduce che sarebbe maturata anche la prescrizione decennale, essendo la notifica del primo atto impositivo avvenuta in data 16 aprile 2004 e la seconda intervenuta in data 8 luglio 2014, peraltro irritualmente.
2. Il ricorso è infondato nella parte in cui deduce che i crediti erariali si prescrivono in cinque anni, essendo i tributi erariali -per costante giurisprudenza di questa Corte – assoggettati a prescrizione ordinaria (Cass., Sez. V, 8 gennaio 2024, n. 568; Cass., Sez. V, 25 gennaio 2023, n. 2359; Cass., Sez. VI, 16 dicembre 2020, n. 28846; Cass., Sez. V, 27 novembre 2020, n. 27188; Cass., Sez. V, 3 novembre 2020, n. 24278). E’ la stessa sentenza delle Sezioni Unite citata da parte ricorrente (Cass., Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397), anche in memoria (pag. 3), che afferma il principio secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, si limita a produrre l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito; diversamente, tale evento non incide, né modifica il termine di prescrizione del credito oggetto della cartella, termine che in caso di tributi erariali rimane quello prescrizionale ordinario (adde, ex multis : Cass., Sez. VI, 17 dicembre 2019, n. 33266; Cass., Sez. VI, 11 dicembre 2019, n. 32308; Cass., Sez. V, 9 febbraio 2007, n. 2941).
3. Il ricorso è inammissibile nella parte in cui deduce che sarebbe, in ogni caso maturata la prescrizione decennale in quanto -in disparte l’inammissibilità della deduzione per mancato rispetto del principio di specificità, non essendo state trascritte le relate di notificazione degli atti indicati dal ricorrente -il ricorso mira a riformulare l’accertamento in fatto operato dal giudice di appello. Il giudice di appello, difatti, ha
accertato che le cartelle sono state notificate tra il mese di aprile 2004 e di marzo 2007 e ha tenuto conto del periodo di sospensione di cui all’art. 1, comma 623, l. n. 147/2013 (« i termini erano sospesi dal 1° gennaio al 15 giugno 2014 ») in relazione alla intimazione di pagamento notificata l’8 luglio 2014, come accertato dal giudice di appello.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato, posto che il giudice dell’impugnazione dare atto della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore del contributo unificato anche quando esso non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venire meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato), potendo invece esimersi dal rendere detta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass., Sez. U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 28 febbraio 2024