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Prescrizione crediti erariali: 10 anni, non 5

Un contribuente si oppone a intimazioni di pagamento sostenendo la prescrizione quinquennale dei crediti erariali. La Cassazione chiarisce che la prescrizione dei crediti erariali come Irpef e Iva è decennale, non quinquennale, in quanto non sono prestazioni periodiche. La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia di Riscossione, annullando la sentenza d’appello che aveva erroneamente applicato il termine breve.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prescrizione Crediti Erariali: La Cassazione Conferma il Termine Decennale

Comprendere la prescrizione dei crediti erariali è fondamentale per ogni contribuente. Stabilire se un debito con il Fisco sia ancora esigibile o se sia estinto per il decorso del tempo può fare una differenza sostanziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 1692 del 16 gennaio 2024, interviene con chiarezza su questo tema, ribadendo un principio chiave: per tributi come Irpef, Irap e Iva, il termine di prescrizione è quello ordinario di dieci anni, e non quello breve di cinque.

Il Contesto: Dalla Cartella all’Intimazione di Pagamento

Il caso ha origine dall’opposizione di una contribuente a due intimazioni di pagamento notificatele dall’Agenzia delle entrate-Riscossione nel giugno 2018. Tali intimazioni si basavano su diverse cartelle esattoriali precedenti. La contribuente sosteneva la nullità delle cartelle per mancata notifica e, soprattutto, l’avvenuta prescrizione dei crediti.

L’ultimo atto interruttivo della prescrizione risaliva al gennaio 2009. Le commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano dato ragione alla contribuente, applicando il termine di prescrizione quinquennale e dichiarando, di conseguenza, estinti i debiti. L’Agenzia della Riscossione, ritenendo errata l’applicazione del termine breve, ha portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La questione sulla prescrizione dei crediti erariali

Il cuore della controversia legale era stabilire quale fosse il corretto termine di prescrizione da applicare ai crediti per imposte dirette (Irpef) e indirette (Iva, Irap). L’Agenzia della Riscossione sosteneva che, in assenza di una specifica disposizione di legge che preveda un termine più breve, dovesse applicarsi il termine ordinario decennale previsto dall’art. 2946 del Codice Civile. Le corti di merito, invece, avevano optato per il termine quinquennale, tipico delle prestazioni periodiche.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello. I giudici hanno chiarito due punti fondamentali:

1. Natura dei Tributi Erariali: La Corte ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui i crediti erariali come Irpef, Ires, Irap e Iva non possono essere considerati ‘prestazioni periodiche’ ai sensi dell’art. 2948, n. 4 c.c. Sebbene il pagamento avvenga con cadenza annuale, il presupposto impositivo è legato a una valutazione autonoma per ogni singolo anno d’imposta. Non si tratta di una prestazione che si ripete in modo omogeneo nel tempo, ma di obbligazioni che nascono anno per anno in base a presupposti specifici e non collegati. Pertanto, non si applica la prescrizione breve di cinque anni.

2. Il Termine Ordinario: In assenza di una norma speciale che disponga diversamente, il diritto alla riscossione dei tributi erariali si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, come stabilito dall’art. 2946 c.c. La Corte ha citato numerosa giurisprudenza a supporto di questa tesi, consolidando un principio di certezza del diritto a favore dell’erario.

È stato inoltre precisato che la mancata impugnazione di una cartella di pagamento non ‘converte’ il termine di prescrizione in quello decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c. (la cosiddetta actio iudicati). Questo effetto si produce solo in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella esattoriale rimane un atto amministrativo. Tuttavia, nel caso specifico, il punto non era la ‘conversione’, ma l’individuazione del termine di prescrizione originario del credito, che per le imposte in questione è, appunto, decennale.

Conclusioni

Questa ordinanza è di grande importanza pratica. Conferma che per i principali tributi statali (Irpef, Iva, Irap, Ires), l’Amministrazione Finanziaria ha dieci anni di tempo per riscuotere le somme dovute, a partire dall’ultimo atto interruttivo. I contribuenti devono quindi essere consapevoli che il semplice decorso di cinque anni non è sufficiente a estinguere il debito. La sentenza impugnata è stata annullata perché, avendo erroneamente applicato il termine quinquennale, aveva dichiarato prescritto un credito che, secondo il corretto termine decennale (dal 2009 al 2018), era ancora pienamente esigibile.

Qual è il termine di prescrizione per i crediti erariali come Irpef e Iva?
Secondo la Corte di Cassazione, in mancanza di una diversa disposizione di legge, il diritto alla riscossione di tributi come Irpef, Ires, Irap e Iva si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, come previsto dall’art. 2946 del Codice Civile.

Una cartella di pagamento non impugnata trasforma la prescrizione da breve a decennale?
No. La Corte chiarisce che una cartella di pagamento, anche se non impugnata, è un atto amministrativo e non acquista efficacia di giudicato. Pertanto, non produce la ‘conversione’ del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, effetto che si verifica solo in presenza di un titolo giudiziale definitivo.

Perché i tributi come Irpef e Iva non sono considerati ‘prestazioni periodiche’ con prescrizione di cinque anni?
Perché, sebbene vengano pagati annualmente, la loro sussistenza e il loro ammontare devono essere valutati in relazione a ciascun singolo anno d’imposta. Non si tratta di una prestazione continuativa e omogenea nel tempo, ma di obbligazioni autonome che sorgono di anno in anno in base a presupposti specifici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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