Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12509 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12509 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
Oggetto: prescrizione cartella di pagamento tributi e sanzioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35252/2018 proposto da COGNOME rappresentato e difeso in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (PEC: )
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del direttore pro tempore (PEC:
)
–
resistente
–
e contro
Camera di Commercio di Napoli in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata –
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE in persona del direttore pro tempore
-intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 4426/26/18 depositata in data 10/05/2018;
Rilevato che:
–NOME NOME impugnava svariate cartelle di pagamento notificategli eccependo l’intervenuta prescrizione delle pretese da esse manifestate per effetto del decorso del termine quinquennale; la CTP accoglieva il ricorso;
-appellava l’Ufficio finanziario; il riscossore si costituiva nel giudizio di appello;
-con la sentenza impugnata la CTR ha dichiarato il difetto di propria giurisdizione quanto alla cartella n. 071/2003/0182609835/000 quanto al ruolo n. 2003/7891 e alla cartella n. 071/2004/0015087706/000 quanto al ruolo n. 2004/136; ha accolto l’appello nel resto;
-ricorre a questa Corte il contribuente con atto affidato a tre motivi di doglianza;
-l’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione in vista della Pubblica udienza;
-le altre parti sono rimaste intimate nel presente giudizio di Legittimità;
Considerato che:
-il primo motivo censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 57 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4 , per avere la CTR violato il divieto di c.d. ‘nova’ in appello esaminando l’eccezione di interruzione della prescrizione sollevata per la prima volta dall’Agenzia delle Entrate con l’atto di appello e non eccepita in primo grado;
-il motivo è infondato;
-va in primo luogo ricordato che questa Corte afferma costantemente, nella propria consolidata e costante
Cons. Est. NOME COGNOME
giurisprudenza, che (si vedano in argomento Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24214 del 29/11/2016; conf. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23261 del 23/10/2020) in tema di contenzioso tributario, ai sensi dell’art. 57, comma 2, del d. Lgs. n. 542 del 1996, sono precluse in appello esclusivamente le eccezioni nuove, dalle quali deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione, sicché, a fronte dell’eccezione di decadenza e prescrizione sollevata dal contribuente, l’allegazione dell’interruzione della prescrizione da parte dell’Amministrazione finanziaria, provata mediante l’allegazione di documentazione, rappresenta una mera difesa o un’eccezione in senso improprio, pienamente ammissibile anche in appello in quanto mera contestazione delle censure mosse all’atto impugnato con il ricorso, senza introduzione di alcun elemento nuovo d’indagine;
-con riguardo specificamente alla prescrizione, è poi del tutto pacifico nella giurisprudenza anche risalente di questa Corte (Cass. Sez. Un., sentenza n. 15661 del 27/07/2005) che nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identifichino o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico si suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale);
-ne deriva che l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di
elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l’interruzione della prescrizione;
-il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto applicabile all’IVA, al contributo per servizio sanitario nazionale, all’imposta di registro e ai diritti camerali annuali oggetto delle cartelle per cui è processo il termine di prescrizione decennale e non quello quinquennale;
-anche tale motivo è infondato;
-va premesso che la questione posta con il motivo in esame riguarda unicamente le cartelle con i num. finali 9835 per iva e 7706 per registro, in quanto la cartella con num. finale n. 6000 di cui si tratta nel ricorso non risulta esser stata oggetto del presente giudizio;
-la questione concernente la prescrizione di tributi, sanzioni e interessi richiesti con cartelle di pagamento è stata affrontata funditus da questa Corte in svariate pronunce (per tutte, si veda Cass. n. 2095 del 24/01/2023, le cui motivazioni possono essere in questa sede integralmente riproposte). Quanto ai tributi, con riferimento all’imposta di registro (in argomento Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15619 del 09/07/2014 ma anche Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11555 del 11/05/2018) si è chiarito che qualora l’avviso di liquidazione sia notificato entro il termine di tre anni di cui all’art. 76, comma 2, del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, (c.d. Testo unico dell’imposta di registro o TUR) l’adempimento di tale onere da parte dell’Agenzia delle entrate comporta la legittimità della cartella di pagamento
emessa successivamente al termine decadenziale predetto; risulta, in tal modo, rispettato, il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 78 del medesimo TUR;
-ancora, in tema di tributi, questa Corte costantemente afferma che i diversi tributi soggiacciono al termine ordinario decennale di prescrizione, se la legge non prevede termini prescrizionali differenti; con riferimento alle imposte Irpef, Ires, Irap e Iva, il diritto alla riscossione dei tributi erariali, in mancanza di un’espressa disposizione di legge in senso contrario, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (così Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 3827/2024 del 5/12/2023; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11555 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 32308 del 11/12/2019; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10547 del 15/04/2019; Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 12740 del 26/06/2020; Cass. Sez. Un., Sentenza n. 8500 del 25/03/2021; Cass. n. 20638/2021; Cass. sez. 6-5, n. 8713 del 2022; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1692/2024). Le stesse Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che ‘una volta divenuto definitivo l’atto di accertamento per mancata impugnazione nel termine di decadenza, la pretesa tributaria resta soggetta, in fase di riscossione, al termine di prescrizione propria del tributo’ (in questo senso anche i principii enunciati da Cass. Sez. Un., Sentenza n. 23397 del 17/11/2016);
-in conclusione, la prescrizione applicabile ai suindicati tributi è decennale;
-inoltre, nel presente caso parte ricorrente non trascrive né riproduce le cartelle di pagamento, dalle quali sole questa Corte potrebbe rilevate la sussistenza di pretese per sanzioni;
-il motivo va quindi rigettato quanto alle pretese per tributi, poiché infondato alla luce dei principi enunciati dalla costante giurisprudenza sopra richiamata, ai quali la sentenza di merito si è adeguata, rispettandoli;
-il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2938 e 2946 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto non maturato il termine di prescrizione decennale per le cartelle n. NUMERO_CARTA per iva e n. NUMERO_CARTA per imposta di registro;
-il motivo, che riguarda unicamente due delle impugnate cartelle, è all’evidenza comunque infondato;
-il giudice di secondo grado ha accertato in fatto che ‘… ha fatto seguito una regolare interruzione del decorso dello stesso mediante atto di intervento depositato in atti effettuato in data 16.11.11 nell’ambito della procedura esecutiva ai danni del contribuente…’ (sentenza impugnata, penultimo periodo della motivazione); con tale affermazione la pronuncia di merito ha dato atto dell’effettiva interruzione del termine di prescrizione che pertanto ad oggi -in quanto interrotto – non è maturato, non producendosi quindi l’effetto estintivo delle pretese per cui è giudizio;
-in conclusione, quindi, il ricorso va complessivamente rigettato;
-non vi è luogo a pronuncia in ordine alle spese di lite, non avendo l’Amministrazione finanziaria svolto difese e in difetto di formale costituzione degli altri soggetti rimasti intimati;
p.q.m.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2025.