Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12338 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12338 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16497-2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del responsabile del Contenzioso Esattoriale, dott.ssa NOME COGNOME giusta delega per notar De Luca di Roma, rep. n. 41709 racc. 23531, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL) ed elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME ;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Generale pro
Oggetto: TRIBUTI prescrizione
tempore , rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO (pec: EMAIL);
– ricorrente incidentale –
e contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAILpec.it) ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME COGNOME (EMAIL;
– controricorrente –
nonché contro
REGIONE UMBRIA e CAMERA DI COMMERCIO RAGIONE_SOCIALE AGRICOLTURA di Perugia .
– intimate –
avverso la sentenza n. 111/02/2017 della Commissione tributaria regionale del l’UMBRIA , depositata in data 23/03/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9 aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di una intimazione di pagamento emessa sulla scorta di 53 cartelle di pagamento notificate a NOME COGNOME tra il 2010 ed il 2014, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) dell’Umbria, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, dichiarava l’intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti erariali portati dalle cartelle dal n. 1 al n. 40 dell’elenco contenuto nella memoria della contribuente del 10/02/2017, limitatamente ai crediti reclamati dall’Agenzia delle entrate, dalla Regione e dalla
Camera di Commercio. In relazione alle cartelle dal n. 41 al n. 53 del citato elenco sosteneva che non era decorso il termine quinquennale di prescrizione, sempre riferito ai crediti dei predetti enti, con conseguente rigetto sul punto dell’appello della contribuente .
Avverso tale statuizione l’agente della riscossione propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui replica la contribuente mentre l’Agenzia delle entrate deposita controricorso «in adesione» a quello della ricorrente, da considerarsi – essendo stato peraltro notificato tempestivamente, nel rispetto del termine di cui all’art. 371 cod. proc. civ. – ricorso successivo, quindi incidentale, con cui l’Agenzia delle entrate chiede , nel corpo dell’atto, l’accoglimento dei motivi di ricorso proposti dalla ricorrente principale, anche se conclude erroneamente in senso contrario.
La ricorrente e la controricorrente COGNOME hanno depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo mezzo di cassazione la ricorrente deduce, la «Erroneità e/o illegittimità della sentenza in ordine all’accertamento del termine prescrizionale applicabile ai crediti azionati nelle cartelle di pagamento notificate da Equitalia S.p.A. nella sua qualità di Agente per il servizio di riscossione dei tributi e degli oneri previdenziali. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., in relazione all’art. 360. n. 3), c.p.c.: la sentenza contro cui si ricorre è viziata nella parte in cui ha applicato ai crediti di carattere tributario il termine breve prescrizionale in luogo di quello ordinario decennale ex art. 2946 c.c., pacificamente applicabile ai crediti di carattere tributario trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore su ruoli degli enti impositori Agenzia delle Entrate, Regione e Camera di Commercio».
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di cui si dirà.
Va premesso che, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente COGNOME, il motivo di ricorso in esame è ammissibile perché la censura prospettata è perfettamente aderente, come si dirà di seguito, al consolidato orientamento di questa Corte in materia di termine prescrizionale dei crediti erariali, al quale, invece, sono i giudici di appello a non essersi conformati. Inoltre, il motivo in esame è correttamente parametrato sulla statuizione d’appello , enucleando una precisa violazione di legge, coerentemente ragguagliata al corretto paradigma censorio, senza introdurre questioni nuove, che la controricorrente ha individuato nella « natura di titolo esecutivo del ruolo (e non della cartella) del termine di prescrizione del rapporto obbligatorio sottostante, al richiamo all’art. 20 l. 112/1999 nonché sulla gestione del recupero da parte del Concessionario », che, peraltro, non incidono in alcun modo sulle ragioni di accoglimento del motivo.
Ciò posto, nel precisare preliminarmente che l’impugnazione attiene esclusivamente all’annullamento disposto dalla CTR delle cartelle di pagamento che vanno dal n. 1 al n. 40 dell’elenco contenuto nella memoria della contribuente del 10/02/2017, limitatamente ai crediti reclamati dall’Agenzia de lle entrate, dalla Regione Umbria e dalla Camera di Commercio, non avendo la contribuente proposto appello incidentale avverso la statuizione a lei sfavorevole sulle restanti cartelle di pagamento, osserva il Collegio che la statuizione impugnata si pone in evidente contrasto con il principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 23397 del 2016 (seguita da numerose pronunce delle Sezioni semplici, tra cui Cass. n. 9906, n. 11800 e n. 12200 del 2018, Cass. n. 33213/2023, n. 8297/2020, n. 16232/2020, n. 25716/2020, n. 4385/2025), secondo cui «Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di
riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo».
4.1. Secondo il citato orientamento giurisprudenziale, quindi, la mancata impugnazione degli atti impositivi/esecutivi rende irretrattabili i crediti d’imposta, senza incidere sul relativo termine prescrizionale, che è quello ordinario decennale salvo che non sia per essi espressamente previsto ex lege un termine inferiore; ne consegue che nel caso di specie la CTR ha erroneamente interpretato tale principio ritenendo soggetti a prescrizione quinquennale tutti i crediti erariali, il cui termine prescrizionale è chiaramente decennale, ad eccezione delle sanzioni e degli interessi che, invece, si prescrivono in cinque anni (Cass. n. 12740 del 2020, in motivazione; Cass. n. 7486 del 2022, non massimata). Quinquennale è anche il credito camerale posto che «L’applicazione del termine di prescrizione quinquennale al credito derivante dal diritto camerale ex art. 18 della l. n. 580 del 1993 trova conferma nella disposizione
specifica contenuta nell’art. 10 del d.m. n. 54 del 2005, che al comma 2 prevede analogo termine in materia di sanzioni dovute per omesso versamento dei diritti camerali, venendo in rilievo il principio di unitarietà del termine entro il quale far valere tanto l’obbligazione principale tributaria quanto quella accessoria relativa alle sanzioni». (Cass. n. 22897/2022).
Pertanto, il motivo va accolto con riferimento ai crediti erariali, mentre va rigettato con riferimento alle sanzioni e agli interessi su tali crediti e ai crediti per diritti camerali vantati dalla CCIAA di Perugia.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla intervenuta definitività delle cartelle di pagamento in quanto, pur regolarmente notificate, non sono state impugnate dalla contribuente, con conseguente decennalità della prescrizione dei crediti in esse incorporati.
6.1. Dalle argomentazioni svolte nel motivo in esame, in cui la ricorrente afferma che la CTR « ha errato non essendosi in alcun modo pronunciata in parte motiva sulle argomentazioni afferenti all’atto interruttivo » e che « non ha preso posizioni specie in merito all’esito della notificazione delle cartelle esattoriali e della conseguente mancata opposizione nei termini prescritti », deve ritenersi che con il mezzo di cassazione in esame la parte ricorrente abbia voluto denunciare un vizio di omessa pronuncia.
6.2. Orbene, il motivo in esame, anche a voler prescindere dal rilievo che è assorbito dall’accoglimento del primo motivo, è comunque inammissibile per diverse concorrenti ragioni. Innanzitutto, perché quella dell’ insufficiente e contraddittoria motivazione è vizio della sentenza impugnata non più denunciabile in base alla vigente formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., salvo che non si tramuti nella mancanza assoluta di motivazione,
nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che sono vizi nella specie neppure dedotti e comunque insussistenti. E’, i noltre, inammissibile per la contraddittorietà intrinseca tra la deduzione, nella rubrica, di una insufficiente motivazione della sentenza impugnata e la deduzione, nel corpo dell’atto, del vizio di omessa pronuncia (arg. da Cass. n. 27551/2024, secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto»). Infine, il motivo è inammissibile anche nella deduzione del vizio di omessa pronuncia alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, «nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge» (Cass, Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013, Rv. 627268 -01; conf. Cass., Sez. 2,
ordinanza n. 10862 del 07/05/2018, Rv. 648018 -01). Ed è questo il caso di specie, in cui nel ricorso nessun riferimento si rinviene alla nullità della sentenza d’appello in conseguenza della dedotta omissione.
In sintesi, in accoglimento del primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione, rigettato il secondo, la sentenza va cassata e la causa rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado de ll’Umbria , che, in diversa composizione, provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso principale e del ricorso incidentale, nei termini di cui in motivazione, rigetta il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado de ll’Umbria , in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2025