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Prescrizione cartelle: 5 anni per sanzioni e interessi

Un contribuente ha contestato un’intimazione di pagamento basata su vecchie cartelle esattoriali, sostenendo l’avvenuta prescrizione di sanzioni e interessi. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la prescrizione per sanzioni e interessi legati alle cartelle di pagamento è di cinque anni, non di dieci. La Corte ha chiarito che una cartella non impugnata non si trasforma in una sentenza definitiva, pertanto non estende il termine di prescrizione a quello ordinario decennale.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prescrizione Cartelle: La Cassazione Conferma il Termine di 5 Anni per Sanzioni e Interessi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di prescrizione cartelle esattoriali: per sanzioni e interessi, il termine da rispettare è quello breve di cinque anni, non quello ordinario di dieci. Questa decisione chiarisce che la mancata impugnazione di una cartella di pagamento non la trasforma in una sentenza definitiva, con importanti conseguenze per i contribuenti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di un contribuente contro una sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte. La CTR aveva respinto il suo appello, ritenendo legittima la pretesa dell’Agenzia delle entrate-Riscossione per tributi, sanzioni e interessi relativi a un periodo compreso tra il 1998 e il 2006. Secondo i giudici di merito, le cartelle di pagamento, non essendo state impugnate tempestivamente, erano diventate definitive e i crediti in esse contenuti erano soggetti alla prescrizione decennale.

Il contribuente, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due motivi principali:
1. Errata applicazione della legge riguardo al termine di prescrizione per le sanzioni, che a suo avviso doveva essere quinquennale e non decennale.
2. Analogo errore per quanto riguarda gli interessi, anch’essi soggetti, secondo la sua tesi, alla prescrizione di cinque anni.

Il ricorrente ha precisato che l’ultima interruzione della prescrizione risaliva alla data di chiusura del suo fallimento (15.10.2012), mentre la nuova intimazione di pagamento gli era stata notificata solo il 22.09.2018, ben oltre il quinquennio.

La Decisione della Corte: la prescrizione cartelle è quinquennale

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi del ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte. I giudici hanno riaffermato l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in materia di prescrizione cartelle.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato la tesi della prescrizione decennale, fornendo motivazioni chiare e distinte per sanzioni e interessi.

Per quanto riguarda le sanzioni, i giudici hanno richiamato l’art. 20, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, che fissa in cinque anni il termine di prescrizione per il diritto alla riscossione della sanzione. La Corte ha sottolineato un punto cruciale, già chiarito dalle Sezioni Unite (sent. n. 23397/2016): la definitività della cartella per mancata impugnazione non converte il termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale. Quest’ultimo si applica solo quando il credito è sancito da una sentenza passata in giudicato, cosa che una cartella esattoriale non è.

Anche per gli interessi, la Corte ha confermato il termine quinquennale. Ha spiegato che gli interessi che accedono a obbligazioni tributarie sono regolati dall’art. 2948, n. 4, del codice civile. Essi costituiscono un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale e, come tale, soggiacciono al termine di prescrizione breve di cinque anni.

I giudici hanno inoltre criticato la sentenza della CTR per la sua genericità, in particolare per non aver considerato che, dal momento dell’ultima interruzione (chiusura del fallimento nel 2012) alla notifica dell’intimazione (2018), erano trascorsi più di cinque anni. Anche tenendo conto del breve periodo di sospensione previsto dalla legge n. 147/2013, il termine quinquennale era ormai ampiamente maturato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia per il contribuente. La distinzione tra la definitività di una cartella non opposta e una sentenza passata in giudicato è fondamentale. I contribuenti devono essere consapevoli che il diritto dell’amministrazione finanziaria di riscuotere sanzioni e interessi si estingue in cinque anni, a meno che non intervenga un atto interruttivo valido o una sentenza definitiva. Pertanto, di fronte a un’intimazione di pagamento per debiti risalenti nel tempo, è sempre opportuno verificare attentamente la data di notifica degli atti originari e calcolare i termini di prescrizione, poiché il diritto alla riscossione potrebbe essere già venuto meno.

Qual è il termine di prescrizione per le sanzioni tributarie contenute in una cartella di pagamento non impugnata?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di prescrizione per le sanzioni tributarie è di cinque anni, come previsto dall’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997. La mancata impugnazione della cartella non estende questo termine a dieci anni.

Qual è il termine di prescrizione per gli interessi su un debito tributario?
Anche per gli interessi che si aggiungono ai debiti tributari, il termine di prescrizione è quinquennale, in base all’art. 2948, n. 4, del codice civile, poiché costituiscono un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale.

Una cartella di pagamento non impugnata equivale a una sentenza passata in giudicato ai fini della prescrizione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una cartella di pagamento, anche se divenuta definitiva per mancata impugnazione, non acquista la stessa forza di una sentenza passata in giudicato. Di conseguenza, non è idonea a convertire il termine di prescrizione breve (cinque anni per sanzioni e interessi) in quello ordinario decennale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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