Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10624 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10624 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
Preavv. NOME
Amm. IRPEF
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14587/2016 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliata ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO Roma.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) AGENTE DELLA RAGIONE_SOCIALE CALTANISSETTA, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA -SEZIONE DISTACCATA DI CALTANISSETTA n. 1438/2016, depositata in data 11 aprile 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con ricorso proposto il 15 luglio 2011, dinanzi la C.t.p. di Caltanissetta, NOME COGNOME impugnava la comunicazione di
preavviso di fermo amministrativo su un motoscooter Vespa Piaggio 125, tg. TARGA_VEICOLO, e su un’autovettura Alfa Romeo 156, tg. CG 384 TS, unici due beni mobili registrati di sua proprietà, notificatale dalla RAGIONE_SOCIALE.p.A. il 25 maggio 2011, recante il n. NUMERO_DOCUMENTO.
Detta comunicazione di preavviso di fermo indicava un importo a debito della contribuente per complessivi € 3.286,92, in virtù di un totale di n. 11 cartelle di pagamento; si costituiva anche l’Agente, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Caltanissetta, con sentenza n. 86/01/2013, accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente, confermando la legittimità del preavviso in relazione a tre cartelle.
Contro tale parte della sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche l’Agente, chiedendo il rigetto dell’appello di parte.
Con sentenza n. 1438/21/2016, depositata in data 11 aprile 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame della contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi e l’Agente della riscossione ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza sotto il profilo dell’omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione di un credito azionato. Violazione art. 112 cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha mancato di pronunciarsi, così come la C.t.p. precedentemente, sull’eccezione di prescrizione della cartella n. NUMERO_DOCUMENTO, notificata il 15
maggio 2001, che espone un importo a debito di € 252,31 per Irpef 1994.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Motivazione apparente» la contribuente lamenta l’omesso esame di un un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto assorbita, dall’esame delle ‘questioni principali’ decise in primo grado, l’eccezione di prescrizione sollevata in merito alla cartella n. NUMERO_CARTA, rendendo sentenza nulla priva di reale motivazione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: omessa applicazione dell’art. 2946 cod. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha dichiarato la prescrizione della cartella n. NUMERO_CARTA, notificata il 15 maggio 2001, nonostante il preavviso di fermo, primo atto interruttivo della prescrizione, risultasse notificato il 25 maggio 2011, quando era decorso il termine decennale di prescrizione.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Ulteriore violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.: omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di prova del credito azionato» la contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha pronunciato sull’eccezione di mancata prova, da parte dell’Agente, della avvenuta notifica delle altre due cartelle di pagamento.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. in riferimento all’art. 140 cod. proc. civ. Insussistenza della prova della notifica di una cartella costituente credito presupposto» la contribuente
lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto validamente perfezionata la notifica per la cartella n. NUMERO_CARTA sebbene l’ente erariale si fosse limitato a produrre una mera fotocopia dell’estratto di notifica eseguita ex art. 140 cod. proc. civ., contenente solo il numero della cartella di pagamento, senza dare prova di avere eseguito tutti gli adempimenti esecutivi previsti dalla norma del codice di rito sopra citata.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: ulteriore violazione dell’art. 2697 cod. civ. per mancata prova del credito (omessa produzione delle cartelle di pagamento e delle relate di notifica). Mancata applicazione dell’art. 26, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602» la contribuente ribadisce le censure di cui al precedente motivo, sotto il profilo dell’omesso assolvimento degli oneri di notifica incombenti sul Concessionario della riscossione.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. in riferimento all’art. 86 d.P.R. n. 602/1973. Violazione degli art. 3 e 97 Cost.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto legittimo il fermo amministrativo di ben due beni mobili registrati per un presunto debito di € 878,69, senza che il Concessionario della riscossione avesse intrapreso alcuna previa azione esecutiva e senza che il medesimo avesse curato di documentare dinanzi al giudice di merito la sussistenza del credito azionato tramite deposito delle matrici e/o copie delle cartelle di pagamento e/o delle relate di notifica e/o delle ricevute postali di spedizioni e consegna, assumendo tout court di vantare un siffatto credito sulla base di meri fogli estratti dal sistema informatico.
1.8. Con l’ottavo motivo di ricorso, cosi rubricato: «Errata applicazione dell’art. 81 cod. proc. civ. (360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha condannato la stessa alle spese, mentre quello che doveva essere un accoglimento dell’appello avrebbe poi avuto quale conseguenza la condanna alle spese in capo all’Agente.
I primi tre motivi, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione e stante l’affinità delle critiche sollevate, sono fondati.
Sulla precipua questione della prescrizione della cartella n. NUMERO_CARTA, che, in ossequio al principio di autosufficienza, la ricorrente ha dimostrato di avere proposto, sia in primo che in secondo grado, nella sentenza impugnata la disamina di essa è totalmente obliterata. Vieppiù che costituisce dato pacifico che la cartella, quale atto prodromico, era stata notificata il 15 maggio 2001 mentre il successivo atto di preavviso di fermo -da intendersi quale primo atto interruttivo -veniva notificato in data 25 maggio 2011, oltre il termine decennale.
2.1. In materia di crediti erariali la Suprema Corte a S.U. (Cass. 30/04/2024, n. 11676), si è pronunciata sulla questione relativa al termine di prescrizione richiamando due consolidati orientamenti della stessa.
Innanzitutto, la mancata impugnazione della cartella di pagamento nel termine di decadenza previsto dalla legge produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve – eventualmente previsto – in quello ordinario decennale di cui all’art. 2935 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo mentre la cartella, avente natura di atto amministrativo, è priva
dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass. S.U. 17/11/2016, n. 23397; Cass. 03/05/2019; 18/05/2018, n. 12200). Inoltre, il credito erariale per la riscossione dell’imposta a seguito di accertamento definitivo è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2948, n. 4, cod. civ. per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod. civ. in quanto la prescrizione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni non può considerarsi una prestazione periodica derivando il debito, anno per anno da una nuova e autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (Cass. 15/04/2019, n. 10549; Cass. 14/05/2018, n. 11624; Cass. 09/08/2016, n. 16713).
2.2. Si è dunque chiarito che i crediti erariali sono soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 cod. civ., a meno che la legge disponga diversamente, mentre in materia di interessi e sanzioni giurisprudenza ormai consolidata ha affermato la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ., per quanto riguarda gli interessi, e di cui all’art. 20 D. Lgs. n. 472/1997 per quanto riguarda le sanzioni.
Il quarto motivo ed il sesto motivo, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione e stante l’affinità delle critiche sollevate, sono infondati.
Costituisce giurisprudenza pacifica di questa Corte quella secondo cui in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione della CTR che non aveva
ritenuto sufficiente la avvenuta produzione, da parte dell’agente della riscossione, di copie fotostatiche delle relate di notifica contenti il riferimento “al carico di cui agli estratti di ruolo” impugnati dalla contribuente, senza considerare che, in assenza di contestazioni sulla conformità delle copie agli originali, l’estratto di ruolo – equipollente della matrice – conteneva tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria). (cfr. ex multis.: Cass. 21/07/2021, n. 20769).
3.1 . Va anche richiamato l’orientamento giurisprudenziale (Cass. 26/05/2022, n. 17011) secondo, pur in assenza di specifica argomentazione, non è configurabile un vizio di omessa pronuncia o motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata non risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.
4. Il quinto motivo è fondato.
Con esso, la ricorrente si duole che, per la cartella n. NUMERO_CARTA la C.t.r. abbia ritenuto valida la notifica, sebbene l’ente erariale si fosse limitato a produrre una mera fotocopia dell’estratto di notifica eseguita ex art. 140 cod. proc. civ., contenente solo il numero della cartella di pagamento, senza dare prova di avere eseguito tutti gli adempimenti esecutivi previsti dalla norma.
Nella sentenza impugnata, effettivamente, trattandosi pacificamente di una notifica ex art. 140 cod. proc. civ., la C.t.r. non ha valutato la questione della validità della notifica con la disamina puntuale dello svolgimento di tutte le attività ivi contemplate, limitandosi ad escludere, con una motivazione tautologica, la ricorrenza del vizio di violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ.
Il settimo motivo è inammissibile.
La complessiva censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
6 . Dall’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso discende l’assorbimento dell’ottavo motivo afferente al carico delle spese di giudizio.
In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo, il terzo motivo ed il quinto motivo di ricorso e, rigettati il quarto, sesto e settimo e, assorbito l’ottavo, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2025.