Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5147 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5147 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9655/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
Contro
NOME;
-intimato-
Oggetto: tributi
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Veneto, Venezia-Mestre, n. 1547/19/15 pronunciata il 22 settembre 2015 e depositata 13 ottobre 2015, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
Il contribuente, consulente tributario, era soggetto ad una verifica fiscale l’anno d’imposta 2007 per il tramite di indagini bancarie, da cui erano emersi versamenti non giustificati per euro 120.899,72 e prelevamenti non giustificati per euro 84.529,54, con un maggior reddito imponibile accertato per euro 205.429,26, quale valore dato dalla somma dei due suindicati importi. Non avendo saputo fornire giustificazioni per dette movimentazioni bancarie, il contribuente era attinto da un avviso di accertamento che veniva tempestivamente impugnato avanti al giudice di prossimità, che rigettava il gravame.
Il contribuente promuoveva così ricorso in appello, che veniva parzialmente accolto dalla CTR. Segnatamente, il Collegio di riforma riteneva che, a termini degli artt. 32 e 52 d.P.R. n. 600/1973, il reddito d’impresa non potesse essere ottenuto dalla mera somma dei prelevamenti e dei versamenti. Affermava invero che versamenti accertati dovevano essere considerati quali ricavi e che da questi ultimi dovessero essere detratti i costi, costituiti dai prelevamenti, così da ottenere il reddito imponibile per differenza. La CTR onerava poi l’Ufficio a rideterminare il reddito d’impresa a fini Irpef, Irap e anche IVA.
Ricorre per la cassazione della sentenza l’RAGIONE_SOCIALE, che svolge due motivi di ricorso. Rimane intimato il contribuente.
CONSIDERATO
Con il primo motivo il patrono erariale denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 2697, 2727, 2728 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
1.1 In sostanza afferma l’illegittimità della sentenza, essendo rimasta incontestata la circostanza di fatto che il reddito oggetto di accertamento fosse reddito d’impresa e che a termini dell’art. 32 citato i prelevamenti possono essere qualificati solo come ricavi evasi dall’imposizione. Soggiunge inoltre che l’art. 32 in commento non pone a favore del contribuente una presunzione legale di ‘ costo ‘ .
Il motivo è fondato alla luce del recente intervento della Consulta e di cui alla sentenza n. 10/2023, anche se per una ragione parzialmente diversa da quella prospettata dalla ricorrente (e, ciò, in base al principio secondo cui «la Corte di cassazione può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto” Cass. sez. 3, n. 18775 del 28.7.2017; Cass. sez. 3, n. 17015 del 28.6.2018).» (Cfr. Cass., V, n. 20610/2023).
2.1 Segnatamente, è stato recentemente affermato che «l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 fonda una presunzione relativa circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti su conto corrente, superabile attraverso la prova, da parte del contribuente, che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché essere destinati ad incrementare i ricavi e ad acquisire maggiori utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione relativa-. La prova contraria, dunque, può essere costituita anche da presunzioni, ma queste devono essere sottoposte comunque ad
attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. n. 11102/2017) …… La Corte costituzionale, con sentenza n. 10 del 2023, si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 32, primo comma, numero 2), del 29 decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi), come modificato dal dl. 193/2016, promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Arezzo, nella parte in cui pone la presunzione per la quale i prelevamenti sul conto corrente, se non risultano dalle scritture contabili, sono considerati ricavi dell’imprenditore commerciale, salvo che ne sia indicato il beneficiario. La Corte costituzionale, dopo avere richiamato la sentenza n. 228 del 2014 – che aveva differenziato rispetto agli imprenditori la posizione dei lavoratori autonomi e dei professionisti, ritenendo solo rispetto a questi ultimi che la norma con riferimento ai prelievi fosse lesiva del principio di ragionevolezza e di capacità contributiva- e la sentenza n. 225 del 2005 -che aveva già deciso su alcune questioni afferenti alla legittimità costituzionale rispetto ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost. della presunzione di equiparazione dei prelievi ai ricavi espressa dalla norma censurata- ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità dell’art. 32 d.P.R. 600/73. 6.4. Ciò in base alla possibilità di un’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità agli evocati parametri, precisando (al punto 8 e 9) che bisogna tener conto dei costi in misura percentuale rispetto ai ricavi accertati. Ha pertanto statuito che: “la disposizione censurata in tanto si sottrae alle censure mosse, in riferimento agli evocati parametri, dalla Commissione tributaria rimettente sì che le sollevate questioni possono essere dichiarate non fondate – in quanto si
interpreti nel senso che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore possa sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la «incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati». …… La Corte cost., richiamato il principio secondo il quale, nell’ipotesi di accertamento induttivo “puro”, deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria, ha ribadito che l’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost., richiede che il contribuente imprenditore possa sempre articolare la prova presuntiva e, in particolare, eccepire la «incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati» affinché la presunzione in esame risulti essere compatibile, in particolare, anche con il principio di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.). E anzi, nel caso di accertamento induttivo puro, è lo stesso Ufficio ad essere onerato di determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi. Ciò comporta il superamento di quella giurisprudenza costante, in materia di prova contraria incombente al contribuente per vincere la presunzione relativa di cui al citato art. 32 d.P.R. 600/73, espressa da Cass. n, 15161/20 (nonché da molte altre pronunce, tra le quali, Cass. n. 16896/14; Cass. n. 14675/06), secondo cui è onere del contribuente dimostrare la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, fondata su concreti elementi di prova (Cass. n. 15161/2020), avvicinando il riconoscimento della detrazione dei costi, in relazione ai prelevamenti non giustificati, al regime forfettario proprio dell’induttivo puro (v. già Corte cost. n. 225/2005)» (Cfr. Cass., V, n. 6824/2023).
2.2 Su tali premesse, questa Corte ha poi enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di accertamenti bancari di cui all’art. 32 d.P.R. 602/1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire la incidenza percentuale dei costi relativi che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati». Ove detti costi non siano stati riconosciuti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, va demandato al giudice di merito l’accertamento del quantum dei costi sostenuti per la produzione del reddito, in ragione del parametro individuato nel par. 8 della sent. della Corte cost. n. 10/2023, quantificandoli in via presuntiva, anche con riferimento alle “medie” elaborate dall’amministrazione RAGIONE_SOCIALE per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di CTU» (Cfr. Cass. T, n. 6824/2023).
2.3 La CTR non fatto buon governo dei suddetti principi in punto di costi sicché il motivo va accolto.
Con la seconda doglianza il patrono erariale prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 20, 19 e 21 d.P.R. n. 633/1972 in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
3.1 In sostanza deduce l’illegittimità della sentenza nella parte in cui la CTR ha onerato l’Ufficio di rideterminare l’imponibile IVA alla luce della riqualificazione prelevamenti/versamenti quali costi/ricavi, tenuto conto che i primi sono irrilevanti ai fin i dell’imponibile IVA.
Il motivo è fondato, ancora nei termini di cui in prosieguo.
4.1 È stato invero affermato che «per quanto riguarda, poi, la quantificazione RAGIONE_SOCIALE operazioni imponibili ai fini dell’IVA, occorre rilevare che la CTR ha correttamente escluso tutte le operazioni di prelievo dai conti correnti bancari, in quanto la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 è applicabile anche alla normativa IVA (Cass. 29.10.2020, n. 23912),
per cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non potendo in questo caso fare ricorso alla invocata presunzione, avrebbe dovuto provare che detti prelievi fossero stati utilizzati dal professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi, e tale prova non poteva essere certamente fornita dal tipo di attività (amministratore di condominio) in concreto esercitata dal contribuente; -la asserita discrasia tra il maggior reddito determinato ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette (quantific ato dall’Ufficio in € 478.954,17) e l’ammontare del maggior imponibile ai fini dell’IVA (stabilito dalla CTR in € 2.602.047,16) dipende dai diversi criteri previsti per la determinazione RAGIONE_SOCIALE rispettive basi imponibili, posto che, per le imposte dirette, l’Ufficio, procedendo in sede di accertamento induttivo c.d. puro, ha dovuto detrarre dall’importo complessivo dei versamenti non giustificati la somma dei prelievi, considerandoli come costi; – occorre rammentare in proposito che ‘In tema di accertamento induttivo c.d. puro, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deve ricostruire il reddito del contribuente tenendo conto anche RAGIONE_SOCIALE componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinate induttivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto’ (ex multis, Cass. 23.10.2018, n. 26748)» (Cfr Cass., V. n. 24402/2022).
5. Conclusivamente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado perché rinnovi il suo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto, Venezia-Mestre, in diversa composizione, cui demanda di
provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024