LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prelevamenti non giustificati: come si calcolano i costi

Un consulente tributario subiva un accertamento fiscale basato su movimentazioni bancarie. La Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente considerato i prelevamenti come costi da detrarre dai versamenti (ricavi). La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha cassato la sentenza. Sulla base di una recente pronuncia della Corte Costituzionale, ha stabilito che anche i prelevamenti non giustificati sono presunti ricavi, ma ha affermato il diritto del contribuente a dedurre una quota percentuale di costi, anche in via presuntiva, per garantire una tassazione sul reddito netto e non lordo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Prelevamenti non giustificati: ricavi, non costi, ma con deduzione

L’analisi dei conti correnti bancari è uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale riguardante i prelevamenti non giustificati effettuati da un imprenditore, allineandosi a un’importante sentenza della Corte Costituzionale. La Suprema Corte stabilisce che tali prelievi sono presunti ricavi, ma il contribuente ha sempre il diritto di vedersi riconosciuta una deduzione per i costi relativi, anche in via forfettaria. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda prende le mosse da una verifica fiscale a carico di un consulente tributario per l’anno d’imposta 2007. Dalle indagini bancarie emergevano versamenti non giustificati per circa 121.000 euro e prelevamenti non giustificati per circa 84.500 euro. L’Agenzia delle Entrate aveva determinato un maggior reddito imponibile sommando i due importi.

Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento e, in secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) gli dava parzialmente ragione. Secondo la CTR, il reddito non poteva derivare dalla semplice somma di versamenti e prelevamenti. I giudici di merito avevano stabilito che i versamenti andavano considerati ricavi, mentre i prelevamenti dovevano essere considerati costi da detrarre, incaricando l’Ufficio di ricalcolare il reddito per differenza. L’Amministrazione Finanziaria, insoddisfatta, ricorreva per la cassazione della sentenza.

La Decisione della Cassazione sui prelevamenti non giustificati

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando completamente la decisione della CTR. Il punto centrale della controversia ruota attorno all’interpretazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, che disciplina gli accertamenti basati sulle movimentazioni bancarie.

La Suprema Corte ha richiamato una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 10/2023), che ha affrontato la legittimità costituzionale della presunzione che qualifica i prelevamenti non giustificati come ricavi per l’imprenditore. In quell’occasione, la Consulta ha ritenuto la norma non incostituzionale, a patto che sia interpretata in modo da salvaguardare il principio della capacità contributiva (art. 53 della Costituzione).

Di conseguenza, la Cassazione ha affermato un principio di diritto cruciale: a fronte della presunzione legale che i prelevamenti non giustificati siano ricavi occulti, l’imprenditore può sempre eccepire e provare l’incidenza percentuale dei costi relativi, che devono essere detratti dall’ammontare dei prelievi stessi.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di tassare il reddito netto e non quello lordo. Considerare i prelievi come ricavi senza ammettere in deduzione i costi correlati porterebbe a una tassazione sproporzionata e in violazione del principio di capacità contributiva. La CTR aveva errato nel qualificare automaticamente i prelevamenti come costi da contrapporre ai versamenti-ricavi. La presunzione legale, infatti, opera in modo diverso: sia i versamenti che i prelevamenti non giustificati sono considerati maggiori ricavi.

Tuttavia, per evitare una tassazione iniqua, al contribuente deve essere sempre data la possibilità di superare tale presunzione, dimostrando che quei prelievi sono serviti per pagare costi inerenti all’attività. Anzi, la Cassazione, sulla scia della Corte Costituzionale, va oltre: anche in un accertamento induttivo, spetta al giudice di merito quantificare i costi sostenuti, se necessario anche in via presuntiva, facendo riferimento a medie di settore o tramite una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). In pratica, si supera la precedente giurisprudenza che poneva un onere probatorio molto rigido a carico del contribuente per la deduzione di costi specifici.

Per quanto riguarda l’IVA, la Corte ha confermato che la presunzione sui prelievi non si applica, rendendoli irrilevanti ai fini del calcolo dell’imposta sul valore aggiunto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per imprenditori e professionisti. L’approccio della Cassazione, in linea con la Corte Costituzionale, segna un punto di equilibrio tra le esigenze dell’erario e i diritti del contribuente. Se da un lato viene confermata la presunzione di ricavo per i prelevamenti non giustificati, dall’altro viene sancito in modo chiaro il diritto alla deduzione dei costi inerenti, anche se non documentati analiticamente. Per il contribuente, ciò significa che, in sede di contenzioso, non basta contestare la presunzione, ma è fondamentale articolare una difesa volta a dimostrare, anche in via presuntiva, l’incidenza dei costi sulla propria attività. La sentenza, cassando con rinvio, impone al giudice di merito di effettuare questa valutazione, garantendo una determinazione del reddito più aderente alla realtà economica dell’impresa.

I prelevamenti non giustificati da un conto aziendale possono essere considerati automaticamente dei costi?
No. La Corte di Cassazione, seguendo l’orientamento della Corte Costituzionale, ha chiarito che i prelevamenti non giustificati sono legalmente presunti come ricavi non dichiarati, al pari dei versamenti non giustificati. Non possono quindi essere trattati come costi da detrarre dai ricavi.

Se i prelevamenti sono considerati ricavi, il contribuente può dedurre qualche costo?
Sì. La decisione stabilisce che il contribuente-imprenditore ha il diritto di eccepire e dimostrare l'”incidenza percentuale dei costi relativi”, che devono essere detratti dall’importo dei prelievi contestati. Questa deduzione può essere determinata anche in via presuntiva, garantendo così che la tassazione avvenga sul reddito netto e non su quello lordo.

I prelevamenti non giustificati sono rilevanti per il calcolo dell’IVA?
No. La Corte ha confermato che la presunzione legale che qualifica i prelevamenti come ricavi ai fini delle imposte dirette non è applicabile all’IVA. Pertanto, tali operazioni sono irrilevanti per la determinazione della base imponibile IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati