Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2058 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2058 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 31319/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata ex lege in ROMAINDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del VENETO n. 655/2021 depositata il 05/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori delle parti presenti
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 655/01/2021, depositata in data 5 maggio 2021 e non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’ impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’ invito di pagamento emesso dalla società RAGIONE_SOCIALE (società subentrata ad RAGIONE_SOCIALE nella gestione del servizio di raccolta e RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del Comune di RAGIONE_SOCIALE) per il versamento della tassa sui RAGIONE_SOCIALE (TARI) per l’ anno 2017, in relazione alle aree portuali detenute dalla predetta società autorizzata a svolgere l’attività portuale nel Porto di RAGIONE_SOCIALE (VE), Terminal Val da Rio.
I giudici di appello, in linea con quanto già ritenuto dai primi giudici, rilevavano che, nel caso in esame, trattavasi di atto impugnabile, contrariamente a quanto assunto dalla società RAGIONE_SOCIALE, ma che, tuttavia, erano fondate le eccezioni formulate dalla società contribuente in ordine alla carenza di potere impositivo del comune di RAGIONE_SOCIALE in ragione della costituzione dell’ RAGIONE_SOCIALE, alla mancata effettuazione del servizio di racc olta da parte del comune (tant’ è che la società RAGIONE_SOCIALE non aveva alcuna autorizzazione ad entrare in quella zona portuale) ed alla circostanza che la RAGIONE_SOCIALE non produceva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE bensì esclusivamente RAGIONE_SOCIALE speciali.
Avverso la suindicata sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a otto motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
3.1. La RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società RAGIONE_SOCIALE denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 84/1994, come modificato dal d.lgs. n. 186/2016, non avendo i giudici di appello considerato che la formale istituzione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva comportato la sua automatica ed immediata operatività, con conseguente permanere, nelle more, della potestà impositiva del comune e, conseguentemente, della ricorrente.
Osserva che i giudici territoriali avevano omesso di valutare che, secondo quanto risultava dagli atti, per lo meno sino al novembre 2019, sussisteva, quanto alla raccolta dei RAGIONE_SOCIALE, la competenza del comune di RAGIONE_SOCIALE non essendo, sino a tale data, certo e delimitato l’ ambito di competenza dell’ RAGIONE_SOCIALE e, dunque, l’ operatività della normativa speciale implicante il trasferimento della potestà impositiva in esame.
Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in relazione agli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. sotto il profilo di motivazione apparente, incoerente, contraddittoria ed ‘inintelligibile’ avendo i giudici di appello solo apoditticamente affermato che ‘la zona territoriale nel quale viene esercitata l’ attività della portualità’ sarebbe stata ‘perimetrata dalla cinta Doganale’, sì da concludere con certezza che non si rendeva necessaria alcuna delimitazione territoriale delle aree di competenza della neo istituita RAGIONE_SOCIALE funzionalmente indispensabile all’ operatività di quest’ ultima.
Con il terzo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 1, comma 642, della l. n 147/2013 con riferimento alla mera “suscettibilità” delle aree a produrre RAGIONE_SOCIALE come condizione necessaria e sufficiente a realizzare il presupposto dell’imposizione, assumendo che, erroneamente, i giudici di appello avevano escluso la debenza del tributo non valutando che l’ RAGIONE_SOCIALE non poteva avere competenza sulle aree occupate da RAGIONE_SOCIALE prima che queste le venissero assegnate, fermo restando che quest’ ultima aveva contravvenuto all’ onere a suo carico di presentare una dichiarazione ai fini di eventuali esenzioni e/o riduzioni.
Con il quarto motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza in relazione agli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. sotto il profilo di motivazione apparente, incoerente, contraddittoria ed ‘inintelligibile’ avendo i giudici di appello solo apoditticamente affermato che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe prodotto documentazione idonea a dimostrare che la stessa produceva esclusivamente RAGIONE_SOCIALE speciali come le altre aziende del porto.
Con il quinto motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art.112 cod. proc. civ. per avere i giudici di appello violato la regola della corrispondenza fra chiesto e pronunziato non avendo esaminato l’ eccezione volta alla conferm a della pretesa tributaria in ragione dell’ assenza di dichiarazione con la quale la società contribuente avrebbe dovuto rappresentare a parte ricorrente eventuali esclusioni o riduzioni del tributo.
Con il sesto motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. 546/1996 per non avere la Commissione Territoriale Regionale rilevato l’ inammissibilità dell’ appello della RAGIONE_SOCIALE la quale,
con le censure proposte in sede di gravame, aveva ampliato il tema decidendum proponendo questioni nuove relative all’ asserito difetto del potere impositivo del comune di RAGIONE_SOCIALE in quanto, nel giudizio di primo grado, non aveva fatto riferimento alla presunta competenza dell’ RAGIONE_SOCIALE invocando una causa di esclusione del pagamento.
Con il settimo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. 546/1996 per non avere la Commissione Territoriale Regionale rilevato l’ inammissibilità della domanda nuova proposta non tempestivamente formulata in primo grado relativa alla richiesta di esclusione e non già di mera riduzione della tassazione in ragione della tipologia di RAGIONE_SOCIALE prodotta.
Con l’ ottavo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 per non avere i giudici territoriali considerato che l’ invito di pagamento in questione non costituiva atto impositivo autonomamente impugnabile.
8.1. Parte ricorrente ha, infine, precisato di reiterare in questa sede tutti i motivi dell’ appello incidentale ritenuti assorbiti dai giudici di appello.
Il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate. 10. Per ragioni di ordine logico appare opportuno esaminare, preliminarmente, l’ ottavo motivo in forza del quale parte ricorrente ha reiterato l’ eccezione di inammissibilità dell’ originario ricorso, trattandosi di impugnazione avverso un atto asseritamente non impugnabile.
10.1. Tale motivo non coglie nel segno.
Invero la motivazione si appalesa corretta in diritto nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto ammissibile l’ impugnazione dell’ atto de quo in linea con i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, infatti, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 28 dicembre 2001, n. 448.
E’ stata, in particolare, riconosciuta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, esplicitando concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinata, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: sorge, infatti, in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva (e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico) ( ex plurimis : Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2012, n. n. 17010; Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2014, n. 3773; Cass., Sez. 6^-5, 9 maggio 2017, n. 11397; Cass., Sez. 5^, 8 maggio 2019, n. 12150; Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29501; Cass., Sez. 5^, 15
novembre 2021, n. 34177; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2022, n. 3347; Cass., Sez. 5^, 8 aprile 2022, n. 11481).
Ne discende che il contribuente ha la facoltà, non l’onere, d’impugnazione di atti diversi da quelli specificamente indicati nel citato art. 19 il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento. Ciò implica che la mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (ossia la cristallizzazione) di questa pretesa, che può essere successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dallo stesso art. 19.
Appare opportuno richiaRAGIONE_SOCIALE in questa sede i principi affermati da Cass. 11481/2022 che, in fattispecie analoga, ha avuto modo di chiarire come questa Corte ha ribadito quanto già espresso (sentenza n. 17526/2007) e quanto affermato dalla Consulta (sentenza n. 238/2009), ossia che gli atti con cui il gestore del servizio RAGIONE_SOCIALE richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale, anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata pubblicistica. Ne consegue che, avendo natura di atti impositivi, anche le fatture TIA debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di questi provvedimenti e possono essere impugnate davanti alle commissioni tributarie nonostante non siano espressamente ricomprese tra l’elenco degli atti opponibili (nel senso che la relativa impugnazione costituisce per il contribuente una facoltà, e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo -Cass. n. 16100/2011, n. 5966/2015).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono deve ritenersi che, in modo del tutto condivisibile, i giudici di appello hanno ritenuto
trattarsi di atto impugnabile apparendo, del resto, significativa la circostanza, evidenziata da parte della società controricorrente, secondo la quale a pag. 6) dell’avviso è contenuta l’indicazione per cui ‘avverso al presente atto è ammesso il ricorso…. avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE, nelle forme e con le modalità indicate dagli artt. 18,19,20,21,22 del D.Lgs. 546/1992..’, con ciò confermandosi inequivocabilmente la evidente impugnabilità dell’atto.
11. Sempre per ragioni di ordine logico vanno, quindi, esaminati il sesto ed il settimo motivo proposti dalla ricorrente occorrendo precisare che non coglie nel segno la preliminare censura relativa la asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. 546/1996 per non avere la Commissione Territoriale Regionale rilevato l’ inammissibilità dell’ appello della RAGIONE_SOCIALE la quale, con le censure proposte, avrebbe ampliato il tema decidendum proponendo questioni nuove.
Va premesso che, sin dal giudizio di primo grado, era stato introdotto il tema del difetto del potere impositivo comunale sulle aree portuali di RAGIONE_SOCIALE.
Come rilevato dalla stessa parte ricorrente (v. f. 4), peraltro, il giudice di primo grado ha rigettato le contestazioni relative all’ an debeatur formulate dalla società ricorrente in ragione della mancata istituzione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sicchè con l’ atto di appello non vi è stata alcuna modifica del thema decidendum nel processo, atteso che la domanda di annullamento dell’ atto per illegittimità della pretesa impositiva in quanto emessa da una autorità priva di potere ricomprendeva, in generale, il tema della non debenza del tributo per non essere il comune legittimato a chiedere la TARI in ragione della natura del bene e dalla luce della normativa richiamata istitutiva della RAGIONE_SOCIALE.
11.1. Le censure di cui al sesto ed al settimo motivo si appalesano, dunque, infondate alla stregua del seguente principio di diritto: « Nel
giudizio tributario è configurabile una domanda nuova, inammissibile in appello, allorché il contribuente introduca una diversa “causa petendi” deducendo un differente tema di indagine e di decisione che alteri l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, mentre ove il contribuente abbia, comunque, del tutto contestato in primo grado l’ ‘an debeatur’, lo stesso è legittimato a sollevare nel giudizio di gravame una diversa prospettazione giuridica del medesimo petitum afferente la non debenza del tributo ».
12. Osserva, quindi, il Collegio che la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che l’area detenuta dalla controricorrente all’interno del porto di RAGIONE_SOCIALE non era soggetta al potere impositivo del comune in quanto, ai sensi delle disposizioni richiamate, il servizio di raccolta di RAGIONE_SOCIALE nella predetta area portuale risultava all’ epoca dei fatti attribuito all’RAGIONE_SOCIALE portuale, con espressa esclusione della competenza del comune e per esso del soggetto preposto al relativo servizio, che, pertanto, non poteva legittimamente pretendere il pagamento della relativa tassa.
12.1. Ai fini della disamina della questione in esame – riguardante come detto il pagamento TARI anno 2017 – appare necessario richiaRAGIONE_SOCIALE la normativa di riferimento – vigente ratione temporis -ed, in particolare:
– il , che dichiara “esclusi dalla tassa i locali e le aree scoperte per i quali non sussiste l’obbligo dell’ordinario conferimento dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE interni ed equiparati in regime di privativa comunale per effetto di norme legislative o regolamentari, di ordinanze in materia sanitaria, ambientale o di protezione civile ovvero di accordi internazionali riguardanti organi di Stati esteri”; – il , che, nel disciplinare le competenze dei comuni in materia di RAGIONE_SOCIALE, dichiara che: “Sono fatte salve le disposizioni di cui alla
,
e
relativi
decreti
attuativi”;
– la lett. c), che istituisce le RAGIONE_SOCIALE portuali in determinati porti con il compito, tra l’altro, di “affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti ne’ strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all’art. 16, individuati con D.M. Trasporti e della Navigazione”; – il D.M. Trasporti e della Navigazione 14 novembre 1994, che all’art. 1 precisa che “i servizi di interesse generale nei porti, di cui alla
, lett. c), da fornire a titolo oneroso all’utenza portuale” vanno identificati, tra l’altro, nei “Servizi di pulizia e raccolta dei RAGIONE_SOCIALE“, i quali comprendono le seguenti attività: “Pulizia, raccolta dei RAGIONE_SOCIALE e sversamento a discarica relativa agli spazi, ai locali e alle infrastrutture comuni e presso i soggetti terzi (concessionari, utenti, imprese portuali, navi). Derattizzazione, disinfestazione e simili. Gestione della rete fognaria. Pulizia e disinquinamento degli specchi d’acqua portuali”;
– il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, recante la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le RAGIONE_SOCIALE portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, sostituite dalle RAGIONE_SOCIALE, enti pubblici non economici di rilevanza nazionale a ordinamento speciale, dotati di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria, decreto che, all’ allegato A) individua l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
12.2. Dall’esame della menzionata normativa emerge univocamente che l’attività di gestione dei RAGIONE_SOCIALE nell’ambito dell’area portuale – da intendersi come spazio territoriale in cui svolge i suoi compiti la singola RAGIONE_SOCIALE portuale – rientra nella competenza di quest’ultima la quale, per legge, è tenuta ad attivare il relativo servizio di raccolta e trasporto dei RAGIONE_SOCIALE fino alla discarica. Ne deriva, per esclusione, che la relativa attività sfugge alla competenza in materia dei comuni, che, invece, normalmente agiscono in questo ambito in regime di
privativa, i quali sono di conseguenza privi anche di ogni potere impositivo, atteso che, essendo quella dei RAGIONE_SOCIALE una tassa, esso non può evidentemente configurarsi in favore di un soggetto diverso da quello che espleta il servizio.
12.3. Il superiore quadro normativo conferma, dunque, la competenza delle RAGIONE_SOCIALE portuali in totale e completa alternativa ai Comuni. In questo senso appaiono particolarmente significative le richiamate disposizioni di cui al l’ art.62, quinto comma,
che espressamente esclude dalla tassa de qua le situazioni sottratte al regime di privativa comunale, ed all’ art. 21 del
, ben posteriore al testo del 1993, che, nell’indicare le competenze dei comuni in materia, ribadisce che, comunque, sono mantenute le competenze in materia attribuite alle RAGIONE_SOCIALE portuali. A ciò si aggiunga che le norme precisano che il servizio che i suddetti enti sono chiamati a svolgere consiste, come si esprime il decreto ministeriale di attuazione, nella “pulizia, raccolta dei RAGIONE_SOCIALE e sversamento a discarica” degli stessi, cioè in una vera e propria attività di gestione dei RAGIONE_SOCIALE a fronte della quale non si vede quali residui compiti i Comuni potrebbero espletare.
12.4. Va, pervero, considerato che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’attività di gestione dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nell’ambito delle aree portuali rientra nelle competenze dell’RAGIONE_SOCIALE portuale. Ne consegue che, in relazione a tale attività, deve escludersi la competenza dei Comuni e, quindi, il potere impositivo degli stessi ai fini della TARSU.
E’ stato, pure, osservato che non può attribuirsi alcun rilievo, ai fini della sussistenza dell’obbligazione tributaria, alla circostanza che l’ente territoriale abbia svolto ‘di fatto’ il servizio, giacché il potere impositivo deve trovare la sua fonte necessariamente nella legge e non può, pertanto, rinvenirsi in ragione dello svolgimento di una mera attività di fatto da parte di soggetto a cui la legge stessa non assegna la relativa competenza funzionale ( vedi Cass., Sez. 5^, 25
settembre 2009, n. Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2009, n. 23583; Cass., Sez. 6^-5, 19 giugno 2012, n. 10104; Cass., Sez. 5^, 30 novembre 2018, n. 31058; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2021, n. 17030; Cass., Sez. 6^-5, 16 giugno 2021, n. 17092; Cass., Sez. 6^5, 15 novembre 2021, n. 34251; Cass., Sez. 6^-5, 26 gennaio 2022, n. 2242). Difatti, nell’ambito dell’area portuale, intesa come spazio territoriale nel quale svolge i suoi compiti l’RAGIONE_SOCIALE portuale, l’attività di gestione dei RAGIONE_SOCIALE appartiene alla competenza di quest’ultima, che non si limita al servizio di pulizia all’interno del porto, ma è tenuta, ai sensi dell’art. 62, comma 5, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, dell’art. 21, comma 8, del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, e dell’art. 6, comma 1, lett. c, della Legge 28 febbraio 1994 n. 84, ad attivare il relativo servizio di raccolta e trasporto dei RAGIONE_SOCIALE fino alla discarica. Ne consegue che, in relazione a detta attività, deve escludersi la competenza dei Comuni, che sono, pertanto, privi di ogni potere impositivo ai fini della TARSU, non essendo detto potere configurabile in favore di un soggetto diverso da quello che espleta il servizio (Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2009, n. 23583).
12.5. Orbene il dato normativo configura la competenza delle RAGIONE_SOCIALE portuali in totale e completa alternativa ai Comuni sicchè la questione procedurale relativa al difetto di piena ed integrale operatività in concreto dell’RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), nonostante l’avvenuta formale istituzione della medesima, non appare decisiva.
Né è possibile far derivare la condizione di operatività della legge dalla pretesa mancata conclusione del procedimento di delimitazione delle aree demaniali -come asserito da parte ricorrente – tema che esula dall’ oggetto specifico del presente giudizio.
La legge che ha istituito l’RAGIONE_SOCIALE è entrata immediatamente in vigore e non vi sono, dunque, ragioni giuridiche per sostenere un differimento dell’operatività normativa.
Sotto altro profilo non può sottacersi che, come desumibile anche dal tenore delle difese della parte ricorrente e della stessa controricorrente, il tema della asserita mancata operatività dell’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE de qua attiene a profili prettamente fattuali, non suscettibili di disamina in questa sede.
In ragione delle considerazioni di cui sopra e della ritenuta insussistenza nel caso in esame di un potere impositivo del comune e, conseguentemente della società RAGIONE_SOCIALE priva di ogni potere di imposizione ex lege , vanno disattesi tutti gli ulteriori motivi formulati dalla parte ricorrente (primo, secondo, terzo, quarto e quinto nonché, conseguentemente, gli ulteriori profili ritenuti assorbiti nel grado di appello) rimanendo irrilevante ogni questione in ordine alla natura dei RAGIONE_SOCIALE prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE ed alla asserita violazione di obblighi dichiarativi da parte della stessa ai fini TARI (obblighi non configurabili nella fattispecie in esame a fronte di una carenza assoluta di potere impositivo da parte dell’ ente territoriale derivante direttamente dalla legge).
Stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato.
14.1. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di euro 3.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari
a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data