Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22131 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22131 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 8292/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso l’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, INDIRIZZO, come da procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, n. 6180/19, depositata in data 16 luglio 2019, non notificata;
udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2024, dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il P.M., in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e, in subordine, per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ha impugnato l’atto di irrogazione di sanzioni amministrative, emesso a seguito della segnalazione di RAGIONE_SOCIALE, che aveva accertato il malfunzionamento e la manomissione del contatore dell’energia elettrica a servizio di uno stabilimento di proprietà della società e la mancata misurazione dei consumi effettivi nel periodo compreso tra il maggio 2009 ed il dicembre 2011.
La Commissione tributaria provinciale di Benevento aveva accolto il ricorso con specifico riguardo alla ricostruzione della misura dei consumi ulteriori non pagati, con riduzione della sanzione applicata nella misura di 1/3 ritenuta « più corrispondente ai consumi non fatturati ed agli oneri fiscali relativi ».
La Commissione tributaria regionale ha accolto parzialmente sia l’appello principale, che l’appello incidentale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rideterminato la sanzione in misura pari al doppio dell’imposta evasa e dovuta sul minore importo di euro 630.498,14.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno affermato che: alla luce degli accertamenti svolti dai tecnici dell’RAGIONE_SOCIALE e di quanto emerso e deciso nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al
Tribunale di Milano (i cui atti erano stati acquisiti in esercizio degli ampi poteri istruttori di cui all’art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992), doveva ritenersi che nel periodo dal maggio 2009 alla data della scoperta la società avesse goduto di maggiori consumi non misurati; dai verbali redatti il 14 ed il 16 dicembre 2011 emergeva l’esistenza di un malfunzionamento del contatore, accertato il 14 dicembre, e l’accertamento di un danneggiamento del cavo di adduzione dell’energia al contatore, constatato il 16 dicembre 2011, idoneo a cagionare la sotto-misurazione dell’energia; i verbali di verifica erano, di per sé soli, idonei a comprovare l’esistenza del malfunzionamento del contatore e, quindi, a dare contezza della sottomisurazione; il consulente tecnico nominato dal Tribunale di Milano, nella sua relazione, aveva concluso che l’anomalia riscontrata il 14 dicembre 2011 dai tecnici di RAGIONE_SOCIALE era stata determinata da uno «shunt» (cioè una resistenza che si disponeva in parallelo ad un circuito elettrico percorso da corrente continua, per ridurre la corrente che circolava nel circuito o in una frazione assegnata del circuito), inserito nei cavi di adduzione al contatore, shunt che aveva ritenuto essere stato rimosso nel corso della notte del 14 dicembre 2011, onde nel successivo controllo del 16 dicembre 2011 le anomalie non erano state riscontrate, sebbene i cavi erano stati rinvenuti danneggiati; il consulente tecnico d’ufficio era pervenuto a queste conclusioni sulla base di una serie di dati fattuali e logici congrui e convergenti (« Il ctu, esaminate le curve quart’orarie acquisite presso RAGIONE_SOCIALE e le fatture di trasporto dell’energia emesse da RAGIONE_SOCIALE a carico di RAGIONE_SOCIALE (fornitore dell’energia elettrica a IMB), rilevato peraltro che le curve quart’orarie esponevano dati di consumo sostanzialmente coincidenti con i dati (aggregati) RAGIONE_SOCIALE fatture di trasporto, per la gran parte dei mesi esaminati, ha rilevato che i diagrammi dei consumi di energia emergenti dalle curve quart’orarie dimostravano un crollo dei consumi a maggio 2009 sino alla sera del 14.12.2011, quando improvvisamente i consumi erano aumentati; portandosi ai valori medi anteriori al maggio 2009 »); il crollo non era, dunque, spiegabile con le normali oscillazioni dei consumi di un impianto industriale, ma solo con
un malfunzionamento del contatore; la manomissione di quest’ultimo era stata ulteriormente confermata dal grafico dei consumi RAGIONE_SOCIALE fatture di trasporto di RAGIONE_SOCIALE, dal momento che l’andamento dei consumi storici, come misurati dall’inizio della fornitura sino al 2012, e rappresentati nei diagrammi rappresentati dal consulente tecnico d’ufficio, aveva comprovato l’esistenza di un malfunzionamento del contatore dal maggio 2009 sino alla data in cui l’anomalia era stata scoperta; gli argomenti difensivi svolti dalla società non convincevano («Non lo è, in particolare, quello con cui si insiste sulla contraddittorietà tra quanto emerso il 14 ed il 16 dicembre alla luce dei sigilli apposti: ha correttamente osservato il Tribunale di Milano che, al di là del limitato ambito del processo (in quel caso civile, qui tributario) e dunque della non necessità di individuare autori di condotte illecite e/o criminose, quel che rileva è la constatazione di un malfunzionamento del contatore, derivante dalla sua manomissione. Non vi è il minimo elemento in grado di supportare l’assunto che terzi avrebbero deliberatamente, e con il fine di danneggiare RAGIONE_SOCIALE, compiuto l’opera. Né il crollo dei consumi di energia da maggio 2009 al dicembre 2011, circostanza obiettivamente emergente dalle fatture di trasporto dell’energia e mai specificamente contestata da RAGIONE_SOCIALE, è stato in altro modo giustificato, poiché RAGIONE_SOCIALE secondo quanto risulta dalla sentenza del Tribunale di Milano – non ha fornito alcuna documentazione in ordine alla potenza, numero e tipo di macchinari presenti nello stabilimento all’epoca dei fatti, né lo ha fatto nel presente processo, allo scopo di dimostrare che i minori consumi fossero stata conseguenza di una ridotta attività produttiva») e, sulla base dei ripercorsi elementi indiziari poteva ricavarsi in via di certezza o comunque di preponderante probabilità che i consumi fossero stati ben superiori a quelli misurati.
La Commissione tributaria regionale, poi, all’esito dell’esame congiunto del secondo motivo dell’appello principale e dell’unico motivo dell’appello incidentale, ha rilevato che: l’accertamento peritale svolto dal Tribunale di Milano aveva quantificato nella ridotta cifra di euro 630.498,14 (rispetto alla fattura per oltre 911.000,00 euro emessa da RAGIONE_SOCIALE sulla base dei calcoli di RAGIONE_SOCIALE) il conguaglio calcolato in base alle fatture di trasporto dell’energia elettrica e che il criterio di stima adoperato da RAGIONE_SOCIALE era un criterio
impreciso, il che aveva indotto l’ausiliario a rideterminare il margine di sottomisurazione, confrontando la media dei consumi del periodo del malfunzionamento con i consumi storici disponibili, segnatamente quelli anteriori al guasto, dall’inizio della fornitura (12 novembre 2008) sino alla data di inizio del malfunzionamento, e quelli successivi all’eliminazione del malfunzionamento (dal 1 febbraio 2012 in poi); dalla relazione peritale emergeva, inoltre, che il calcolo effettuato sulle fatture di trasporto risultava più preciso ed attendibile rispetto a quello fondato sulle curve quart’orarie e che, in entrambi i casi, l’impossibilità di determinare l’errore di misura era stata provocata dalla rimozione RAGIONE_SOCIALE shunt probabilmente avvenuta nella notte del 14 dicembre 2011, che, nell’eliminare le anomalie di misura del contatore, aveva reso impossibile ai tecnici la mattina del 16 dicembre 2011 misurare l’entità della sottomisurazione; correttamente, in base all’art. 22, comma 5, del Testo integrato di trasporto, si era proceduto, essendo impossibile misurare l’entità del malfunzionamento, alla ricostruzione mediante il riferimento ai consumi di analoghi periodi o condizioni; doveva essere necessariamente privilegiato il conteggio fondato sulle fatture di trasporto, sia perché i dati di misura indicati nelle dette fatture non erano mai stati contestati dalla società contribuente, che invece aveva contestato l’attendibilità dei dati contenuti nelle curve quart’orarie, sia perché il consulente tecnico d’ufficio aveva evidenziato come negli ultimi mesi del 2012 il capannone aveva funzionato in misura assai ridotta, con modesti consumi, mancando evidenza che tanto si fosse verificato anche nel periodo del malfunzionamento; l’importo dovuto era, dunque, pari a euro 630.498,14, importo su cui doveva essere ricalcolata l’accisa dovuta e, conseguentemente, la sanzione pari al doppio dell’imposta non versata, così ripristinando il rapporto tra imposta e sanzione che era stato affermato nell’atto d’irrogazione sanzioni e che i giudici di primo grado avevano modificato.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tredici motivi.
RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo deduce la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione dell’art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992, dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La sentenza si fondava su un documento, la consulenza tecnica d’ufficio , illegittimamente acquisito al processo mediante l’utilizzo errato dei poteri ufficiosi previsti dall’art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
Il secondo motivo deduce la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione degli artt. 7, 32 e 61 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. Il potere istruttorio ufficioso doveva comunque essere esercitato nel rispetto del contraddittorio e dei normali tempi istruttori del processo tributario.
Il terzo motivo deduce la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione dell’art. 32 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La consulenza tecnica d’ufficio era stata in ogni caso prodotta oltre il termine perentorio di cui all’art. 32 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
Il quarto motivo deduce la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione dell’art. 7, dell’art. 32 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La sentenza del Tribunale di Milano era da considerarsi un documento, come tale illegittimamente e tardivamente introdotto in giudizio.
Il quinto motivo deduce la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione degli artt. 7, 32 58 e 61 del decreto legislativo n. 546 del
1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione dei poteri istruttori ufficiosi, del contraddittorio e dei tempi istruttori del processo tributario.
Il sesto motivo deduce la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione, una volta accertato che la quantificazione dell’energia elettrica non assoggettata ad imposta adottata dall’RAGIONE_SOCIALE era errata, avrebbe dovuto limitarsi ad annullare l’atto di irrogazione sanzioni.
Il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 59 del decreto legislativo n. 504 del 1995, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La Commissione avrebbe dovuto indagare l’identità del soggetto che aveva determinato l’alterazione, giacché la norma sanzionatoria puniva proprio e soltanto la condotta dell’utente che la commetteva.
L’ottavo motivo deduce la violazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. L’onere della prova dell’individuazione del dies a quo del malfunzionamento spettava all’RAGIONE_SOCIALE. Né il giudice poteva vincolare la prova contraria del contribuente ad una prova tipica, non essendo previsto dalla legge.
Il nono motivo deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., comma 6, 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, 156 cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 della Cost., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. Motivazione apparente in merito alla individuazione del dies a quo da cui far risalire il malfunzionamento del contatore
Il decimo motivo deduce la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione non aveva valutato una prova qualificata come decisiva dalla parte.
L’undicesimo motivo deduce la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La Commissione aveva tratto la presunzione del dies a quo del malfunzionamento del contatore dal solo abbassamento dei consumi, senza valutare la circostanza, provata in atti, dell’aumento dell’autoproduzione di energia.
12 . Il dodicesimo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., comma 6, 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, 156 cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 della Cost., in relazione all’art. 360 comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. Motivazione apparente in merito alla ricostruzione della sottomisurazione.
Il tredicesimo motivo deduce la nullità della sentenza o del procedimento e la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione aveva basato la decisione sulla ricostruzione dei consumi su un documento illegittimamente acquisito in atti.
I primi cinque motivi e il tredicesimo motivo, che devono essere trattati unitariamente, sono infondati.
14.1 Questa Corte, anche di recente, ha statuito il principio secondo cui « Nel processo tributario, retto dal principio misto acquisitivodispositivo, l’art. 7, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, stante l’abrogazione del comma 3 (che consentiva un vero e proprio potere officioso in «supplenza» della parte probatoriamente inerte), attribuisce alle commissioni tributarie, nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, un potere di «soccorso istruttorio» che, motivatamente, può essere esercitato non per supplire a carenze RAGIONE_SOCIALE parti nell’assolvimento del rispettivo onere probatorio, ma solo in funzione integrativa degli elementi di giudizio già in atti o acquisiti in quanto non sufficienti per pronunziare una sentenza ragionevolmente motivata»
(Cass., 15 marzo 2024, n. 7080; Cass., 11 maggio 2021, n. 12383; Cass., 31 luglio 2020, n. 16476; Cass., 22 giugno 2019, n. 14960).
14.2 In particolare, questa Corte ha affermato che « La presenza processuale di una parte pubblica, autrice e custode degli atti principali che disciplinano il rapporto RAGIONE_SOCIALE – contribuente, e di una parte privata (spesso, ma non sempre) meno strutturata, comunque sfornita di poteri autoritativi ed incapace di produrre atti dotati di esecutorietà, è sembrata richiedere una funzione di riequilibrio della parità RAGIONE_SOCIALE parti. Questa funzione rettificatrice a garanzia e presidio del contradditorio, cioè della condizione stessa perché si possa parlare di processo -anche dopo la soppressione del comma 3 dell’art. 7 e quindi in un’ottica di maggior avvicinamento al processo civile ordinario – è logicamente e fisiologicamente affidata al giudice che, proprio in ragione della peculiarità RAGIONE_SOCIALE parti, è chiamato ad adottare provvedimenti per riequilibrare il rapporto processuale, avendo come assi cartesiani in quest’operazione la posizione di partenza di ciascuna parte (pubblica o privata, fisica o giuridica, strutturata o meno) e l’oggetto del giudizio espresso nei limiti della domanda. 3.2. Questa funzione di riequilibrio e garanzia del contraddittorio si esplica principalmente intervenendo nella fase istruttoria, dove alla parte privata può essere chiesta non la produzione della prova, allorquando esuli dalla propria disponibilità, ma solo il principio di prova, cioè l’indicazione del mezzo, la cui acquisizione resta rimessa alla valutazione del giudice, secondo un sistema che è detto, appunto, misto dispositivo – acquisitivo. Nell’esercitare questo potere il giudice è tenuto a prendere in considerazione, per prima cosa la natura del processo tributario, mista oggettiva e soggettiva. La cognizione, infatti, riguarda l’atto impositivo (e gli atti a questo presupposti), nonché gli altri atti comunque immediatamente lesivi, considerati sia per vizi procedimentali, sia per violazioni di norma o per travisamento dei fatti che integrano la falsa rappresentazione della realtà; ma riguarda altresì il rapporto fra contribuente ed amministrazione finanziaria, in un legame di diritto/dovere, secondo posizioni giuridiche soggettive piene e non affievolite. Sicché, in ragione di quanto viene chiesto al giudice, di chi lo chiede e del perché lo chiede, la commissione tributaria è tenuta a svolgere una delibazione sull’esercizio del potere acquisitivo in deroga al principio dispositivo, all’intervento in soccorso istruttorio a garanzia del contraddittorio. Proprio perché si tratta di un potere del giudice (talvolta definito impropriamente facoltà), che incide – come detto sull’elemento essenziale del processo qual è il contraddittorio, il suo esercizio vuole -s pecie quando espressamente richiesto- una motivazione che rappresenti la ponderazione RAGIONE_SOCIALE diverse ragioni che hanno condotto a disporre o a non disporre l’acquisizione
documentale, tenendo presente che in ogni caso il potere officioso è sempre deroga al principio generale dispositivo, sicché vanno individuate le circostanze di squilibrio del contraddittorio cui si è voluto porre rimedio, valutando anche la congruità del rimedio approntato in ragione dell’esigenza individuata. 3.4. La giurisprudenza di questa Corte si è già espressa in passato in questi termini, ricordando specificamente come in tema di contenzioso tributario l’acquisizione d’ufficio dei documenti necessari per la decisione costituisce una facoltà discrezionale, attribuita alle commissioni tributarie ex art. 7 d.lgs. n. 546/1992 precitato, il cui esercizio peraltro non può sopperire al mancato assolvimento dell’onere della prova, che grava sull’amministrazione finanziaria quale attrice in senso sostanziale, trasferendosi a carico del contribuente soltanto quando l’Ufficio abbia fornito indizi sufficienti per affermare la sussistenza dell’obbligazione tributaria. Tuttavia, quando la situazione probatoria sia tale da impedire la pronuncia ragionevolmente motivata senza l’acquisizione d’ufficio di un documento, l’esercizio di tale potere si configura come un dovere, il cui mancato assolvimento dev’essere compiutamente motivato (cfr. Cass., 23 dicembre 2019, n. 34393, in motivazione).
14.3 Anche i giudici RAGIONE_SOCIALE leggi hanno affermato che il giudice tributario deve far uso dei poteri istruttori riconosciutigli dal comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta), in un contesto processuale di pienezza del contradditorio e di parità RAGIONE_SOCIALE armi, quale proiezione del canone del giusto processo di cui all’art. 111, primo e secondo comma, Cost. e che « Del resto la specificità del processo tributario, quanto al regime RAGIONE_SOCIALE prove, comporta solo la non ammissibilità del giuramento (art. 7, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante «Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413»), mentre la prova testimoniale è ora ammessa, ove necessaria ai fini del decidere (art. 4 della legge 31 agosto 2022, n. 130, recante «Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari»). Comunque il giudice tributario potrà e dovrà far uso dei poteri riconosciutigli dal comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo n. 546 del
1992 (sentenza n. 18 del 2000), in un contesto processuale di pienezza del contradditorio (sentenza n. 73 del 2022) e di parità RAGIONE_SOCIALE armi, quale proiezione del canone del giusto processo (art. 111, primo e secondo comma, Cost.) » (Corte Costituzionale, 31 gennaio 2023, n. 10).
14.4 Sicché, la Commissione tributaria regionale, laddove ha disposto l’acquisizione degli atti relativi al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo svoltosi davanti il Tribunale di Milano, ha fatto corretta applicazione della norma espressamente richiamata a pag. 8 della sentenza impugnata, nel rispetto peraltro del contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, in quanto come risulta alle pagine 8 e 9 della sentenza impugnata, la società appellante ha ampiamente interloquito, contestandole, sulle risultanze della consulenz a tecnica d’ufficio acquisita nel processo tributario; né rileva una violazione dell’art. 32 del decreto legislativo n. 546 del 1996, norma che, all’evidenza, disciplina i termini di deposito dei documenti a carico RAGIONE_SOCIALE parti (e non già dell’organo giudicante) . I giudici di secondo grado, in particolare, disponendo l’acquisizione della consulenza tecnica d’ufficio , che, sulla base di una serie di datti fattuali e logici, ritenuti congrui e convergenti, ha compiuto un accertamento avente ad oggetto l’anomal ia riscontrata il 14 dicembre 2011, che aveva riverberato i suoi effetti sulla sottomisurazione dell’energia, hanno esercitato correttamente la facoltà di acquisire d’ufficio i documenti necessari per la decisione in funzione integrativa degli elementi di giudizio già acquisiti, ritenuti non sufficienti per pronunziare una sentenza ragionevolmente motivata, con ciò non sopperendo, proprio in ragione della valutazione tecnica operata dal consulente nominato e della sussistenza di un’obiettiva situazione di incertezza, al mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sull’amministrazione finanziaria, nel rispetto, dunque, sia degli oneri probatori incombenti sulle parti, sia del principio misto acquisitivo-dispositivo che connota il processo tributario.
14.5 Va, in ultimo, osservato che anche nel processo tributario, la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio, e non una prova vera e propria, sottratto alla disponibilità RAGIONE_SOCIALE parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, nel cui potere discrezionale rientra la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario (Cass., 9 ottobre 2019, n. 25253).
15. Il sesto motivo è infondato.
15.1 Ed invero, anche di recente, questa Corte ha ribadito che « Il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia, eventualmente, dell’avviso di accertamento o di rettifica dell’ufficio, sicché il giudice, ove ritenga in tutto o in parte invalido l’atto per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad accertare genericamente la debenza dell’imposta demandandone la sua successiva quantificazione ad una parte del giudizio, sia pure sulla base di alcuni criteri, atteso che l’art. 35, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, come interpretato alla luce degli artt. 111 Cost., 6 CEDU e 47 CDFUE, esclude la pronuncia di condanna indeterminata, rendendo necessario l’esame nel merito della pretesa, entro i limiti posti dalle domande di parte » (Cass., 25 novembre 2022, n. 34723; Cass., 10 settembre 2020, n. 18777).
15.2 Inoltre, il processo tributario ha ad oggetto il rapporto e non la mera illegittimità dell’atto, di talché quest’ultima non comporta sempre ed automaticamente l’accoglimento integrale del ricorso del contribuente, dovendo il giudice esercitare i propri poteri estimativi e anche sostitutivi, provvedendo se del caso a rettificare gli importi richiesti (Cass., 20 luglio 2022, n. 22770).
I restanti motivi (settimo, ottavo, nono, decimo, undicesimo e dodicesimo) devono essere trattati unitariamente perchè inammissibili per la stessa ragione, in quanto si tratta di doglianze dirette, con evidenza, a censurare una erronea ricognizione della fattispecie
concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie di causa (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
16.1 In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., 4 aprile2017, n. 8758; Cass., 2 agosto 2016, n. 16056; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987) e che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
16.2 Non sussiste nemmeno la violazione dell’art. 2697 cod. civ., che si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l ‘onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di ripartizione basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769), evenienza che, nel caso in esame, per quanto diffusamente rilevato, non si è verificata.
16.3 Né vi è stata la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., che ricorre solo quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass., 13 febbraio 2020, n. 3541), circostanza che non è stata nemmeno dedotta dalla società ricorrente.
16.4 E resta, pure, inammissibilmente invocato l’art. 115 cod. proc. civ., poiché il principio di non contestazione di cui alla norma richiamata ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare documenti, né le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti (cfr. Cass., 5 marzo 2020, n. 6172; Cass., 15 novembre 2021, n. 35037; Cass., 21 dicembre 2017, n. 30744; Cass., 21 giugno 2016, n. 12748).
17. Da ultimo, con riferimento a quanto evidenziato dalla società contribuente, sul nuovo comma 5bis dell’art. 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992, introdotto dall’ art. 6 della legge n. 130 del 2022, secondo il quale «L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati» , va affermato che la norma richiamata ha natura sostanziale, in quanto disciplina una regola di giudizio e di valutazione della prova, a cui deve attenersi il giudice tributario, stabilendo che se la prova, anche presuntiva, che deve fornire l’Amministrazione finanziaria (quando ne
è onerata), manca o è contraddittoria o insufficiente, il giudice deve annullare l’atto impositivo (cfr. Cass., 17 luglio 2018, n. 18912), con la conseguenza che, poiché l’art. 8 della legge n. 130 del 2022 , rubricato « Disposizioni transitorie e finali », non ha previsto una diversa decorrenza della disposizione in esame, la stessa si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022 (data di entrata in vigore della legge n. 130 del 2022.
18. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2024.