Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13783 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13783 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/05/2025
Comune di Marsico Nuovo;
-intimato – avverso la sentenza n. 489/1/15, depositata il 5 ottobre 2015, della Commissione tributaria regionale della Basilicata;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Tarsu Tia Tares Riscossione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9227/2016 R.G. proposto da COGNOME NOME (DGRGPP49T12E976A), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente – contro
Rilevato che:
-con sentenza n. 489/1/15, depositata il 5 ottobre 2015, la Commissione tributaria regionale della Basilicata ha rigettato l’appello proposto da COGNOME Giuseppe, così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dal Comune di Marsico Nuovo per il recupero a tassazione della TARSU dovuta dal contribuente per l’anno 2007;
1.1 -a fondamento del decisum , il giudice del gravame -condividendo le conclusioni cui era pervenuta la sentenza impugnata («L ‘ appello è infondato per le stesse ragioni esposte dal giudice di primo grado») – ha rilevato che:
-la lite contestata non poteva essere definita con l’estensione alla fattispecie in cognizione del «giudicato incartato nelle sentenze n. 280/01/2009 e n. 294/01/2011» in quanto si trattava «di pronunce che davano ragione al ricorrente per motivi meramente procedimentali non entrando nel merito della debenza del tributo»;
del pari andava condivisa la rilevata ritualità della notifica dell’avviso di accertamento in quanto eseguita «nel domicilio fiscale del ricorrente ed a mani del coniuge convivente tenuto al pagamento in solido, peraltro, trattandosi di tarsu, ai sensi del l’ art. 63 del D. Lgs. n. 507/93.»;
ne conseguiva, pertanto, la tempestività di detta notifica che, datata al 29 dicembre 2012, si era perfezionata nel quinquennio previsto dalla l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 161, con riferimento alla Tarsu dovuta dal contribuente per l’anno 2007;
posto che il d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 73 «non prescrive procedure tassative in ordine all ‘ acquisizione dei dati per l ‘ accertamento della Tarsu», doveva escludersi la fondatezza della denunciata violazione del contraddittorio per la «mancata
partecipazione del contribuente alla fase di rilevazione della superficie tassabile»; rilevazione, questa, che era conseguita da un sopralluogo eseguito dalla polizia locale come poteva desumersi dalla «nota del 12.02.2015, prot. n. 1330, acquisita agli atti»;
non sussisteva, nemmeno, il dedotto difetto di motivazione dell’atto impositivo che esponeva « tutti gli elementi necessari a garantire un corretto esercizio del diritto di difesa del contribuente.»;
– COGNOME NOME ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di sei motivi;
il Comune di Marsico Nuovo non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
-col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2909 cod. civ., ed all’art. 324 cod. proc. civ., deducendo, in sintesi, che illegittimamente -e con motivazione insufficiente -il giudice del gravame aveva escluso l’efficacia ultrattiva dei pregressi giudicati atteso che «gli avvisi di accertamento in rettifica, annullati … avevano lo stesso contenu to quanto ai presupposti di fatto e di diritto e alle modalità di accertamento», che (in particolare la sentenza n. 280/01/2009) aveva accolto il ricorso «in quanto l’Ente comunale non era riuscito a fornire alcuna prova circa l’accertamento effettuato», che al giudicato (così) formatosi aveva riconosciuto efficacia ultrattiva la successiva sentenza n. 294/01/2011; così che il giudicato in questione non poteva che estendersi (anche) al giudizio in contestazione ove rilevava «la medesima attività di accertamento che l’ente asserisce di aver effettuato ma in ordine alla quale non è riuscita a fornire prova alcuna»;
1.1 -il motivo -che pur prospetta profili di inammissibilità -non può trovare accoglimento;
-quanto alla specificità dell’eccezione di giudicato esterno, la Corte ha ripetutamente rilevato la necessità della trascrizione della sentenza (in tesi passata in giudicato) in quanto una censura fondata su di una riproduzione parziale della sentenza può risultare generica a fronte del dictum del giudice della gravata sentenza (che, ai fini dell’interpretazione del giudicato, ha esaminato l’intera sentenza ; cfr., ex plurimis , Cass., 25 settembre 2024, n. 25700; Cass., 19 agosto 2020, n. 17310; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34590; Cass., 31 maggio 2018, n. 13988; Cass., 8 marzo 2018, n. 5508; Cass., 23 giugno 2017, n. 15737; Cass., 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass., 16 luglio 2014, n. 16227; Cass., 30 aprile 2010, n. 10537; Cass., 13 marzo 2009, n. 6184; Cass., 13 dicembre 2006, n. 26627; Cass. Sez. U., 27 gennaio 2004, n. 1416);
nella fattispecie, il motivo di ricorso non offre alcuna specifica indicazione sul contenuto del giudicato a fronte della gravata pronuncia che -nel confermare l’accertamento svolto in prime cure secondo il quale le evocate sentenze si erano limitate «ad evidenziare vizi procedurali inerenti l’ attività di accertamento dell ‘ Ente, vizi procedurali che non si ravvisano nel caso che ci occupa» ha, per l’appunto, ribadito l’inestensibilità del giudicato formatosi su « pronunce che davano ragione al ricorrente per motivi meramente procedimentali non entrando nel merito della debenza del tributo»;
e la conclusione in discorso risulta conforme a diritto in quanto -una volta accertata l’illegittimità dell’atto impositivo in relazione a vizi dell’attività accertativa una siffatta pronuncia non è idonea a pregiudicare il giudizio nel quale la reiterazione del potere impositivo risulti immune da detti vizi, venendo (così) in considerazione il difetto di ogni statuizione nel merito del rapporto impositivo in quanto tale suscettibile di estendersi al medesimo rapporto (ed oltre lo specifico periodo di imposta) in ragione della sua incidenza sugli elementi
costitutivi della fattispecie che assumono carattere tendenzialmente permanente (Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916);
-il secondo motivo, non meglio rubricato, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 73, sull’assunto che il giudice del gravame erroneamente aveva escluso la necessità di un contraddittorio preventivo col contribuente, contraddittorio (inversamente) affermato dalla giurisprudenza di legittimità e riconducibile (anche) a plurime disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (artt. 41, 47 e 48);
2.1 -il motivo è manifestamente destituito di fondamento;
-in tema di contraddittorio endoprocedimentale, difatti, le Sezioni Unite della Corte hanno statuito che «l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”.» (Cass., Sez. U., 9 dicembre 2015, n. 24823);
e il principio di diritto in questione è stato, poi, più volte ribadito dalla Corte (v., ex plurimis , Cass., 27 gennaio 2023, n. 2585; Cass., 23 febbraio 2021, n. 4752; v., altresì, Corte Cost., 21 marzo 2023, n. 47), anche con riferimento ai tributi locali (v. Cass., 5 maggio 2022, n. 14357; Cass., 15 aprile 2021, n. 9978);
né, nella fattispecie, potevano trovare applicazione le disposizioni introdotte ( ex novo ) dal d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219;
2.2 – per di più, come statuito dalla stessa Corte di Giustizia (v., altresì, Cass., Sez. U., 9 dicembre 2015, n. 24823), le disposizioni della
Carta dei diritti fondamentali «si rivolgono agli Stati membri esclusivamente qualora essi attuino il diritto dell’Unione », così che non trovano applicazione al di fuori del diritto dell’Unione in quanto la Carta «non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati (art. 51, par. 2; v., ex plurimis , CGUE, 10 novembre 2016, C -321/16, Pardue, punti 18 e 19; CGUE, 14 aprile 2016, causa C328/15, Târș ia, punti 22 e 23; CGUE, 8 maggio 2014, causa C -483/12, COGNOME NV, punti 17 ss.; CGUE, 12 luglio 2012, causa C -466/11, Currà e a., punto 25; CGUE, 15 novembre 2011, causa C -256/11, Dereci e a., punto 71; CGUE, 5 ottobre 2010, C -400/10 PPU, McB., punto 51);
-il terzo ed il quarto motivo – che vanno congiuntamente esaminati in quanto connessi -ed anch’ess i non meglio rubricati, espongono la denuncia di:
violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 7 e 58, agli artt. 210, 211 e 213 cod. proc. civ. , all’art. 2697 cod. civ., all’art. 111 Cost., e (ancora) agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., assumendo, in sintesi, il ricorrente che illegittimamente il giudice del gravame aveva disposto l’acquisizione di ufficio di documentazione non prodotta dall’Ente impositore («documentazione del progetto di ricostruzione ex lege 219/81 completo di planimetria»), così provvedendo: in violazione dell’onere probatorio gravante sull’Ente stesso; – al di fuori dei limiti del giudizio di appello fondato sugli spiegati motivi; – attribuendo valore probatorio ad un documento di parte; – in violazione delle emergenze delle sentenze passate in giudicato; – sulla base di una sorta di «fotocopia delle tesi di una delle parti» (terzo motivo);
nullità della gravata sentenza, per violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, agli artt. 132 e 276 cod. proc. civ. , all’art. 118 d.a. cod. proc. civ. e all’art. 111, sesto comma, Cost., sull’assunto che la motivazione della pronuncia recava un «apodittico rinvio alla sentenza del primo giudice» (quarto motivo);
-il terzo motivo è fondato, e va accolto per quanto di ragione, mentre destituito di fondamento rimane il quarto motivo;
4.1 -la Corte ha ripetutamente statuito che il potere del giudice di disporre d’ufficio l’acquisizione di mezzi di prova (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 1) non può intendersi quale sostitutivo del potere di allegazione, e dell’onere probatorio, l’uno e l’altro ricon ducibili all’iniziativa processuale della parte, così che detto potere può essere esercitato in situazioni di oggettiva incertezza, ed in funzione integrativa degli elementi istruttori già acquisiti in atti, ad ogni modo nei limiti delle specifiche allegazioni in fatto delle parti (v., ex plurimis , Cass., 12 febbraio 2024, n. 3885; Cass., 11 maggio 2021, n. 12383; Cass., 31 luglio 2020, n. 16476; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33506; Cass., 19 giugno 2018, n. 16171; Cass., 21 febbraio 2014, n. 4161);
in particolare si è (così) rimarcato -sulla scia del Giudice delle leggi (Corte Cost., 29 marzo 2007, n. 109) – che presupposto imprescindibile per l’applicazione dell’art. 210 cod. proc. civ. è l’istanza di parte e che la richiesta di informazioni ex art. 213 cod. proc. civ. presuppone che il destinatario dell’ordine sia una Pubblica Amministrazione estranea al giudizio (Cass., 30 aprile 2019, n. 11432);
la Corte di merito, pertanto, non avrebbe potuto disporre l’acquisizione , presso il comune di Marsico Nuovo, della «documentazione del progetto di ricostruzione ex lege 219/81 completo di planimetria», in funzione sostitutiva dell’onere della prova gravante sullo stesso Ente impositore;
-e detta acquisizione riveste, nella fattispecie, concludenza decisiva in quanto la gravata sentenza ha fondato il riscontro probatorio (proprio) sulla nota di sopralluogo (così) versata al giudizio quando il primo giudice aveva pronunciato sulla base di planimetrie ( che, nell’appello, si assumevano come non prodotte );
4.2 -nel resto, la gravata pronuncia, come sopra ripercorsa, dà pienamente conto tanto del decisum di primo grado quanto dei motivi di appello proposti, così che il rinvio per relationem (alla pronuncia di prime cure) consente di ricostruire pienamente l’ iter logico posto a fondamento della decisione alla quale non può ascriversi alcun difetto motivazionale (Cass., 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., 5 novembre 2018, n. 28139; Cass., 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass., 21 settembre 2017, n. 22022; Cass. Sez. U., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232);
-vanno ora congiuntamente esaminati i residui motivi di ricorso con i quali il ricorrente denuncia:
violazione del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. b-bis ), sull’assunto che illegittimamente il giudice del gravame aveva ritenuto ritualmente notificato l’atto impositivo presso il domicilio fiscale del contribuente quando detto dato non emergeva dalla relata di notifica né risultava inviata ad esso esponente la raccomandata informativa prescritta dall’art. 60, comma 1, b-bis ), cit. (quinto motivo);
violazione di legge in relazione al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 71, alla l. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 ed alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, sull’assunto che diversamente da quanto rilevato dal giudice del gravame -l’atto impositivo difettava di una compiuta motivazione siccome non esponeva alcuno «degli elementi insopprimibili richiamati dalle citate norme che consentano di affermare la legittimità della pretesa azionata» (sesto motivo);
6. -i due motivi sono inammissibili;
difatti, a fronte degli specifici accertamenti condotti dal giudice del gravame -che ha confermato, sul punto, le conclusioni cui era pervenuta la sentenza (allora) impugnata -i motivi in questione si risolvono nella mera riproposizione di argomenti, e deduzioni, difensive che non danno alcun conto -nemmeno in sintesi descrittiva -del contenuto degli atti rilevanti con riferimento:
-alle modalità di notifica dell’atto impositivo, atteso che l’evocata disposizione presuppone la notifica dell’atto a mezzo ufficiale giudiziario o messo comunale e che, secondo il costante orientamento della Corte, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato, ai sensi della l. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14, l’avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, con la conseguenza che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcu na relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione d i conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilità senza sua colpa di prenderne cognizione (v., ex plurimis, Cass., 15 luglio 2016, n. 14501; Cass., 4 luglio 2014, n. 15315; Cass., 6 giugno 2012, n. 9111; v., altresì, Cass., 2 febbraio 2016, n. 2047 cui adde Cass., 19 aprile 2022, n. 12494; Cass., 19 dicembre 2019, n. 34007);
-al contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento, avendo la Corte ripetutamente rimarcato che la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiede
che il ricorso per cassazione riporti i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde , ex plurimis , Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786);
come, poi, la stessa Corte EDU ha già avuto modo di rilevare con la sentenza del 28 ottobre 2021 (COGNOME ed altri c. Italia), le condizioni imposte per la redazione del ricorso per cassazione – e in particolare l’applicazione del principio di autosufficienza – perseguono uno scopo legittimo, segnatamente quello di «agevolare la comprensione della causa e delle questioni sollevate nel ricorso e permettere alla Corte di Cassazione di decidere senza doversi basare su altri documenti, affinché quest’ultima possa mantenere il suo ruolo e la sua funzione, che consistono nel garantire in ultimo grado l’applicazione uniforme e l’interpretazione corretta del diritto interno (nomofilachia)» e dunque, in ultima analisi, «la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia» (v., altresì, Cass., 19 aprile 2022, n. 12481; Cass. Sez. U., 18 marzo 2022, n. 8950);
-l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi al principio di diritto sopra esposto (sub 4.1).
P.Q.M.
La Corte
-accoglie, per quanto di ragione, il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, il secondo ed il quarto motivo, inammissibili il quinto ed il sesto;
-cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025.