Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32274 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32274 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15011/2020 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, SCARCELLA ATTILIO (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIASEZ.DIST. BRESCIA n. 3529/2019 depositata il 17/09/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si apprende quanto segue:
Il sig. COGNOME NOME impugnava 2 avvisi di accertamento emessi dall’AdE di Mantova in materia di IVA per gli anni 2008-2009.
L’ufficio, quale presupposto accertativo degli avvisi, riteneva che la ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Alfredo avesse, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, assunto il ruolo di interposto e di interponente, quale mera impresa cartiera.
L’amministrazione finanziaria a seguito dei controlli, imputava alla ditta RAGIONE_SOCIALE di aver indebitamente dedotto costi ed altrettanto indebitamente detratto l’IVA nel corso degli anni 2008-2009, in quanto derivanti dalla annotazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
Il COGNOME presentava istanza di accertamento per adesione degli avvisi di accertamento, che non veniva ritenuta idonea dall’ufficio. La ditta RAGIONE_SOCIALE non aderiva alla proposta di adesione formulata dall’ufficio. Il contribuente ricorreva avverso l’accertamento . Con altro ricorso il contribuente impugnava 3 atti di irrogazione sanzioni.
L’Ufficio emetteva avviso di irrogazione sanzione, disattendendo le difese del contribuente, che produceva ulteriori memorie illustrative.
La Commissione riuniva i ricorsi per connessione soggettiva, che respingeva e condannava il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquidava in € 10.000,00 complessivi.
L’appello del contribuente veniva respinto dalla CTR della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
È da premettere che i giudici ritengono che al centro della vicenda vi sia stata una frode strutturata in modo complesso, sfociata poi nel procedimento penale 18799/10 RGNR della Procura della Repubblica del Tribunale di Brescia che ha evidenziato il sistema che la RAGIONE_SOCIALE ha messo in piedi. Grazie a numerose società cartiere, attraverso le
quali, ceduto cartolarmente il materiale, questo veniva rivenduto in modo da detrarre l’iva non pagata dagli intermediari.
La frode, portata avanti anche dall’odierna appellante, ha portato, grazie all’utilizzo di diversi schemi, all’abbattimento, durante i vari passaggi commerciali, del prezzo del materiale di circa 20% (pari all’Iva non pagata).
Tra le società interposte e interponenti vi era quella del sig. COGNOME ma anche quella della sua compagna, sig.ra COGNOME come anche tante altre (RAGIONE_SOCIALE, Mary Plast ect) che insieme nel corso degli anni 20082009 hanno partecipato alla suddetta frode carosello.
In quanto al termine di prescrizione per l’accertamento delle imposte si osserva che il primo sintomatico atto di irrogazione delle sanzione è stato notificato nell’anno 2014, ma si vuole inoltre specificare che nel caso di specie i termini sono raddoppiati a norma dell’articolo 37 commi 24-26 D.L. 223/2006 poi convertito in L. 248/2006 che si applica in caso di violazione che comporti l’obbligo di denuncia da parte di pubblici ufficiali e di incaricati di un pubblico servizio per i reati di occultamento o distruzione di documenti contabili. Nella vertenza in esame tale obbligo è stato adempiuto.
Con riguardo all’art 8 comma 2 del D.lgs 16/2012 è stata irrogata la sanzione prevista dalla norma nel caso di mancato recupero a reddito dei componenti positivi relativi a costi non effettivamente sostenuti.
Inoltre queste sanzioni sono giustificate dai precedenti atti di contestazione che si rifanno ai relativi avvisi di accertamento, tutti notificati secondo legge.
Tutte le altre eccezione reclamate sono poi superate dalla posizione riscontrata e penalmente rilevante che risulta essere assorbente rispetto al resto.
Propone ricorso per cassazione il contribuente con tre motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212 e dell’art. 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241 in relazione all’art. 360 primo comma lett. c) c.p.c.’.
1.1. ‘L’Agenzia delle Entrate di Mantova in data 19/12/2014 notificava alla ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Vincenzo gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo all’anno di imposta 2008,
e n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno 2009, ponendo a fondamento della maggiore pretesa impositiva i riscontri ed i rilievi acquisiti dalla Guardia di Finanza di Mantova e di Brescia in merito ad una vasta frode carosello. Gli atti istruttori della Guardia di Finanza ed il processo verbale di constatazione non erano allegati agli avvisi di accertamento’. Il contribuente formulava specifica doglianza nel ricorso in primo grado, trascritto ‘in parte qua’. ‘La Commissione Tributaria Provinciale di Mantova, tuttavia nulla evidenziava sull’omessa allegazione e notifica al contribuente del processo verbale di constatazione. Il contribuente riproponeva la doglianza dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale ed ancora una volta la doglianza non era esaminata. La sentenza impugnata pertanto merita di essere censurata nella parte in cui ha espressamente violato il disposto dell’art. artt. 7, comma I legge 27/07/2000 nr. 212 e 3 legge 7/08/1990 nr. 241, ritenendo legittimi gli avvisi di accertamento notificati al contribuente senza la preventiva notifica del processo verbale di constatazione e senza la successiva allegazione agli avvisi di accertamento notificati. Gli atti istruttori della Guardia di Finanza di Brescia e della Guardia di Finanza di Mantova (peraltro inerenti alla ditta Mary RAGIONE_SOCIALE di NOME) non sono mai stati messi a disposizione del sig. COGNOME NOME e soprattutto allo stesso non era preventivamente notificato il processo verbale di constatazione sulla scorta del quale l’Agenzia delle Entrate emetteva successivamente gli avvisi di accertamento. In altri termini, non solo la Guardia di Finanza non ha mai operato alcun accertamento diretto nei confronti della Ditta CTE di COGNOME Vincenzo, ma soprattutto le eventuali risultanze non sono mai state comunicate al contribuente attraverso l’atto tipico del processo verbale di constatazione che deve essere anche sottoscritto dal contribuente ‘.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Esso, in violazione dei principi di precisione ed autosufficienza, non riproduce la motivazione dell’avviso di accertamento, specificando gli atti e documenti eventualmente ad esso allegati e per differenza quelli mancanti (cfr. Sez. 5, n. 2928 del 13/02/2015, Rv. 634343 -01: ‘In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, il ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avverso la sentenza che abbia ritenuto correttamente motivato l’atto impositivo, qualora non sia trascritta la motivazione di quest’ultimo, precludendo, pertanto, al giudice di legittimità ogni valutazione’; Sez. 5, n. 16147 del 28/06/2017, Rv. 644703 -01: ‘In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso’).
Il motivo è comunque infondato.
Esso pretermette il costante insegnamento di questa S.C. a termini del quale ‘l’art. 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000, che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche “per relationem”, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di
eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento’ (così, ‘ex multis’, Sez. 6 -5, n. 9323 del 11/04/2017, Rv. 643954 -01).
Sotto altro profilo, costituisce principio da tempo invalso in tema di IVA, ma, per vero, nulla osta ad una generalizzazione, quello a termini del quale ‘l’uso di elementi acquisiti nell’ambito i procedure riguardanti altri soggetti non viola disposizioni che regolano l’accertamento o il principio del contraddittorio, atteso che l’art. 63, comma primo, del d.P.R. n. 633/72 dispone espressamente che, nell’ambito dei doveri di cooperazione con gli uffici, la Guardia di Finanza trasmette agli uffici stessi tutte le notizie acquisite, anche indirettamente, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e che l’art. 54, comma secondo, del citato d.P.R. dispone che gli Uffici, a loro volta, possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di ‘verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti’ (art. 54, comma quarto, d.P.R. n. 633/72)’ (Sez. 5, n. 24967 del 25/11/2005, Rv. 585428 -01; Sez. 5, n. 9100 del 05/07/2001, Rv. 547930 -01).
Talché – esplicitandosi e generalizzandosi pertanto un principio di per sé permeante la giurisprudenza di legittimità – l ‘esercizio del potere accertativo (a differenza di quanto opinato nel motivo) non è condizionato dall’esercizio di dirette attività di verifica nei confronti del soggetto successivamente attinto dall’avviso, la legittimità del quale, per l’effetto, non è parimenti condizionata dalla previa redazione di un processo verbale di constatazione in contraddittorio del medesimo .
2. Secondo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del Decreto del Presidente della Repubblica del 26/10/1972 n. 633
e dell’art. 1 comma 132 del Legge n. 208/2015 in relazione all’art. 360 primo comma lett. c) c.p.c.’.
2.1. ‘La sentenza impugnata merita di essere censurata nella parte in cui afferma che quanto al termine di prescrizione per l’accertamento la notificazione del primo sintomatico atto di irrogazione risaliva al 2014 (attesa la mancata notifica precedente di qualsiasi altro atto compreso il PVC), sicché ai sensi dell’art. 37 commi 24-26 d.l. 223/2006 poi convertito in l. 248/2006, i termini erano raddoppiati . l comma 132 dellart. 1 della legge n. 208 del 2015 ha previsto un regime transitorio secondo il quale la nuova disciplina dei due precedenti commi (130 e 131) si applica agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 ed ai periodi successivi, mentre, per i periodi d’imposta precedenti, i termini del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione o del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata sono raddoppiati in caso di violazioni che comportano obbligo di denuncia penale per i reati di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall’amministrazione finanziaria entro il termine di scadenza del 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione o del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. n altri termini, sulla scorta della normativa sopravvenuta, per i periodi d’imposta precedenti all’anno 2016, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei
reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo . Sulla scorta di tale normativa risulta evidente come sia decorso il termine di decadenza perché l’Agenzia delle Entrate potesse procedere all’emissione degli avvisi di accertamento n. , relativo all’anno di imposta 2008, e n. , relativo all’anno di imposta 2009, notificati al contribuente soltanto alla data del 19/04/2014. Tanto più che in seno agli atti del giudizio non vi è alcuna evidenza della proposizione della denuncia a carico del sig. COGNOME NOME ed in ogni caso la stessa non è stata presentata entro il termine perentorio del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione ‘.
2.2. Il motivo è manifestamente infondato.
Giurisprudenza costante insegna che, ‘in tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile ‘ratione temporis’, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati’ (Sez. 5, n. 26037 del 16/12/2016, Rv. 641949 -01; Sez. 5, n. 16728 del 09/08/2016, Rv. 640966 -01).
È lo stesso motivo ad affermare che gli avvisi sono stati ‘notificati al contribuente soltanto alla data del 19/04/2014’.
Ne consegue che la censura deve essere disattesa.
Terzo motivo: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del D.Lgs. 471197, dell’art. 32 del D.Lgs. 446/97 e dall’art. 8 commi 1 e 2 del d.l. 02/03/2012 nr. 16 convertito con modificazioni con la legge 26/04/2012 nr. 44 in relazione all’art. 360 primo comma lett. c) c.p.c.’.
3.1. ‘ L’odierno ricorrente intende censurare la sentenza impugnata nella parte in cui ritiene illegittima e violativa di legge la contestuale applicazione al contribuente delle sanzioni previste dall’art. 1 del D.Lgs. 471197, dall’art. 32 del D.Lgs. 446/97 e dall’art. 8 decreto-legge n. 16/2012. L’Agenzia Entrate riscossione, in vero, negli avvisi di accertamento applicava le sanzioni previste dall’art. 1 del D.Lgs. 471197, nonché dall’art. 32 del D.Lgs. 446/97 previste dal legislatore per violazioni inerenti le imposte dirette (Irpef ed Irap). Le stesse sanzioni applicate, poi, venivano prese in considerazione ai fini del cumulo formale della sanzione applicabile. L’applicazione delle norme sopra richiamate appare illegittima è superata dall’introduzione dell’art. 8 commi 1 e 2 del d. l. 02/03/2012 nr. 16 convertito con modificazioni con la legge 26/04/2012 nr. 44, che quale norma speciale deroga all’applicabilità della normativa generale di cui agli art. 1 del D.Lgs. 471197 e art. 32 del D.Lgs. 446/97, che oltre ad introdurre una sanzione speciale per la indeducibilità dei costi trova applicazione nelle ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti. Sempre l’Agenzia delle Entrate con autonomi atti di irrogazione sanzioni applicava le sanzioni previste dall’art. 8 commi 1 e 2 del d. l. 02/03/2012 nr. 16 convertito con modificazioni con la legge 26/04/2012 nr. 44. Orbene, l’odierno ricorrente contesta la legittimità dell’applicazione in seno agli avvisi di accertamento della sanzione per violazioni inerenti le imposte dirette (Irpef ed Irap), in
presenza del mero disconoscimento dei costi di produzione sostenuti dal contribuente. La giurisprudenza consolidata ha sempre ritenuto che l’Amministrazione Finanziaria non possa disconoscere i costi e gli oneri sostenuti dal contribuente per lo svolgimento dell’attività di impresa qualora le operazioni commerciali sia considerate come soggettivamente inesistenti, tenuto conto che l’operazione commerciale è stata realmente posta in essere sebbene con operatori economici differenti . Sotto altro profilo anche l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 8 commi 1 e 2 del d.l. 02/03/2012 nr. 16 convertito con modificazioni con la legge 26/04/2012 nr. 44, con gli atti di irrogazione sanzioni pare illegittima per l’assenza dei presupposti di legge per l’irrogazione della sanzione . Orbene, nella fattispecie in esame non risulta alla data di comunicazione degli atti di contestazione, nonché alla data di notifica degli atti di irrogazione delle sanzioni, che il Pubblico Ministero abbia esercitato l’azione penale nei confronti del sig. COGNOME VincenzoCOGNOME Ne discende che l’Amministrazione Finanziaria non avrebbe potuto procedere all’amissione prima degli atti di contestazione e soprattutto degli atti di irrogazione di sanzioni qui impugnati per carenza di uno dei presupposti essenziali previsti dalla nuova normativa introdotta ‘.
3.2. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
Esso sconta la mancata riproduzione, in violazione dei principi di precisione ed autosufficienza, degli avvisi e degli atti di irrogazione delle sanzioni, impedendo di apprezzare portata e merito della censura.
Ad ogni buon conto, con conseguente infondatezza comunque del motivo, l’art. 8 d.l. n. 16 del 2012, conv. dalla l. n. 44 del 2012, avendo ad oggetto la disciplina della deducibilità di costi e spese, non introduce profili sanzionatori incrocianti, e men che meno
assorbenti, le previsioni degli artt. 1 D.Lgs. n. 471/97 e 32 D.Lgs. n. 446 del 1997.
In riferimento, poi, all’art. 8 d.l. n. 16 del 2012, vale che, ‘ai sensi dell’art. 14, comma 4 -bis, della l. n. 537 del 1993 -nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012 -l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, anche nell’ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, salvi i limiti derivanti, in virtù del d.P .R. n. 917 del 1986, dai principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, mentre è esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente inesistenti’ (cfr., tra le innumerevoli, Sez. 5, n. 8480 del 15/03/2022, Rv. 664150 -01). Donde, con riferimento alla contestazione di costi per operazioni soggettivamente inesistenti, la loro deducibilità non è automatica, incombendo al contribuente – per regola generale – di dimostrare effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (Sez. 5, n. 13300 del 26/05/2017, Rv. 644248 -01: ‘in caso di accertamento delle imposte sui redditi, ‘spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa’).
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di lite, liquidate in euro 5.800, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 24 ottobre 2024.