Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4699 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4699 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8766/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME RobertoCOGNOME dal quale è rappresentato e difeso unitamente all’avv. COGNOME Giovanna
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 1707/25/2016 depositata il 30 settembre 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 21 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Pistoia dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME un avviso di accertamento relativo
all’anno 2007 con il quale recuperava a tassazione, ai fini dell’IRPEF, la somma di 97.000 euro riconosciuta in suo favore, con scrittura privata «inter partes» del 7 aprile 2008, a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del mandato conferitogli da NOME, NOME ed NOME COGNOME e da NOME COGNOME per la vendita di un terreno di loro proprietà sito nel Comune di Massa e Cozzile (PT); vendita avvenuta il 31 dicembre 2007 al prezzo di 400.000 euro.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, la quale, con sentenza n. 1707/25/2016 del 30 settembre 2016, in accoglimento dell’appello proposto dalla parte privata, annullava l’avviso di accertamento impugnato.
A fondamento della pronuncia resa il collegio regionale osservava che: -l’importo recuperato a tassazione dell’Ufficio rientrava nella categoria dei redditi diversi di cui all’art. 67 del TUIR, i quali sono disponibili al momento della loro percezione; -il presupposto impositivo si era, pertanto, realizzato nel corso dell’anno 2008, durante il quale era stato corrisposto al COGNOME l’importo di 97.000 euro a sèguito della rendicontazione dallo stesso presentata il 7 aprile di quell’anno alle mandanti COGNOME
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il COGNOME ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 7, 67 e 71 del TUIR.
1.1 Si rimprovera alla CTR di aver erroneamente individuato nel 2008 l’anno nel quale sarebbe avvenuto l’incasso della somma di 97.000 euro riconosciuta spettante al COGNOME, con scrittura privata del 7 aprile 2008, a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’adempimento del mandato conferitogli da NOME, NOME ed NOME COGNOME e da NOME COGNOME relativo alla vendita di un loro terreno.
1.2 In proposito, viene posto in evidenza che detta somma, costituente parte del prezzo di 400.000 euro pagato dall’acquirente del terreno in questione, era già stata percepita dal mandatario al momento della stipula dell’atto di compravendita, avvenuta nell’anno 2007, e che con la menzionata scrittura privata del 7 aprile 2008 si era semplicemente inteso regolare, con effetto retroattivo, i rapporti di dare e avere derivanti dall’esecuzione del mandato.
Il ricorso è inammissibile, in quanto, dietro il velo della denuncia del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., si risolve in una critica alla ricostruzione in fatto compiuta dalla CTR e nella richiesta di un non consentito riesame dell’apprezzamento di merito espresso dai giudici di seconde cure, i quali, sulla scorta della valutazione del materiale probatorio acquisito, hanno accertato che il suindicato importo di 97.000 euro, recuperato a tassazione dall’Ufficio, era stato incassato dal COGNOME nell’anno 2008.
2.1 Invero, il ricorrente non indica eventuali errori di diritto commessi dai giudici regionali, riconoscendo, anzi, la correttezza dell’operato inquadramento del reddito in questione nella categoria residuale prevista dall’art. 67 del TUIR e la necessità di avere riguardo, ai fini dell’individuazione del relativo periodo d’imposta, alla data in cui esso fu percepito.
2.2 Egli si limita ad obiettare che l’incasso dell’importo oggetto della ripresa fiscale sarebbe avvenuto in un periodo d’imposta diverso da quello accertato dalla CTR, proponendo una lettura alternativa delle risultanze processuali.
2.3 A fronte di una censura così formulata, deve darsi sèguito al consolidato insegnamento di questa Corte secondo il quale vanno ritenuti inammissibili i motivi di ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta della motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano, in realtà, verso la richiesta di una rivalutazione dei fatti, così travalicando dal modello legale di cui all’art. 360 c.p.c., in quanto presuppongono una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti (cfr. Cass. n. 4247/2023).
2.4 Oltretutto, la circostanza che fin dal 31 dicembre 2007 il contribuente avesse incassato, in nome e per conto delle mandanti, il corrispettivo della vendita del terreno di proprietà delle mandanti non giustifica comunque la soluzione prospettata dalla difesa erariale, ove si consideri che, ai sensi dell’art. 1 del TUIR, presupposto dell’IRPEF è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6.
2.5 Sul tema questa Corte ha precisato che il termine «possesso», nel suo significato minimo comune, evoca la riferibilità a un soggetto di determinati redditi e la titolarità in capo ad esso degli inerenti poteri di disposizione (cfr. Cass. n. 433/2013).
2.6 Alla luce di tale indirizzo interpretativo, non si vede come possa fondatamente sostenersi che il COGNOME fosse in condizione di disporre della somma di 97.000 euro, costituente parte del prezzo di 400.000 euro da lui incassato in nome e per conto delle venditrici RAGIONE_SOCIALE prima ancora che fosse riconosciuto in suo favore il diritto a trattenere detta somma a titolo di rimborso delle spese sopportate.
Per le ragioni esposte, il ricorso non può trovare ingresso.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Non si fa luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, essendo applicabile all’Agenzia fiscale
delle Entrate -in virtù del rinvio contenuto nell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012 -la disposizione recata dall’art. 158, comma 1, lettera a), dello stesso D.P.R., prevedente la prenotazione a debito del contributo unificato in favore delle amministrazioni pubbliche.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , a rifondere al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.800 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione