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Plusvalenze cessione calciatori: quando si paga l’IRAP

Una società di calcio ha contestato l’imponibilità IRAP delle plusvalenze sulla cessione dei calciatori. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il diritto alla prestazione sportiva dell’atleta è un bene immateriale strumentale, la cui cessione genera una plusvalenza che rientra nella base imponibile IRAP.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenze Cessione Calciatori e IRAP: La Cassazione fa Chiarezza

La gestione fiscale delle società sportive è un terreno complesso, specialmente quando si tratta delle plusvalenze cessione calciatori. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5068/2024) ha messo un punto fermo su una questione a lungo dibattuta: i guadagni derivanti dal trasferimento di un atleta professionista sono soggetti a IRAP? La risposta è affermativa, e la Corte spiega dettagliatamente il perché, qualificando il contratto del giocatore come un vero e proprio bene immateriale d’impresa.

I Fatti del Caso

Una nota società di calcio italiana aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’IRAP versata per gli esercizi fiscali dal 2005 al 2008. Secondo il club, l’imposta era stata indebitamente pagata sulle componenti positive di reddito derivanti dalla cessione dei diritti a contrarre con alcuni dei suoi giocatori. L’Agenzia delle Entrate ha negato il rimborso, dando il via a un contenzioso tributario che è arrivato fino all’ultimo grado di giudizio.

La Tesi della Società Sportiva: Trasferimento o Cessione di Contratto?

La linea difensiva del club si basava su una sottile distinzione giuridica. La società sosteneva che il trasferimento di un calciatore non costituisce una “cessione di contratto” nel senso classico del termine. Secondo questa interpretazione, l’operazione consisterebbe in due atti separati: la risoluzione del contratto tra la società cedente e il giocatore e, successivamente, la stipula di un nuovo contratto tra la società acquirente e l’atleta. Di conseguenza, il corrispettivo ricevuto non sarebbe una plusvalenza derivante dalla vendita di un bene, ma un provento di natura straordinaria, come tale escluso dalla base imponibile IRAP, che si fonda sul valore della produzione netta ordinaria.

Le motivazioni sulle plusvalenze cessione calciatori

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente la tesi della società ricorrente, definendo i motivi del ricorso “totalmente infondati”. I giudici hanno chiarito che l’operazione di trasferimento di un atleta professionista durante la vigenza del suo contratto rientra pienamente nello schema della cessione del contratto previsto dall’articolo 1406 del codice civile e specificamente disciplinato dalla legge sul professionismo sportivo (L. 91/1981).

Il punto centrale della decisione risiede nella qualificazione del “diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta”. Questo diritto, secondo la Corte, non è un mero rapporto obbligatorio, ma un bene immateriale strumentale ammortizzabile. Esso possiede un’autonoma utilità economica, è negoziabile sul mercato e, pertanto, deve essere trattato come qualsiasi altro asset aziendale.

Quando una società cede questo diritto a un’altra, realizza un’operazione assimilabile alla cessione di un bene d’impresa. La differenza positiva tra il corrispettivo incassato e il valore contabile del diritto genera una plusvalenza. Questa plusvalenza non è un provento straordinario, ma un componente che concorre a formare il valore della produzione netta, base imponibile per l’IRAP.

Le conclusioni della Corte di Cassazione

La Corte ha enunciato un principio di diritto molto chiaro: “il trasferimento di un atleta professionista da una società sportiva ad un’altra, laddove disposto dietro corrispettivo prima della scadenza naturale del rapporto contrattuale in corso, è riconducibile allo schema della cessione del contratto (…); esso, pertanto, dal punto di vista fiscale rappresenta un’operazione assimilabile alla cessione di un bene immateriale, suscettibile di generare una plusvalenza e, dunque, rilevante ai fini IRAP.”

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale che considera i “cartellini” dei giocatori come veri e propri asset intangibili. Per le società di calcio e, per estensione, per tutte le società sportive professionistiche, ciò significa che le plusvalenze cessione calciatori devono essere considerate parte integrante dell’attività produttiva ordinaria e, come tali, assoggettate a IRAP. La decisione mette fine a interpretazioni elusive e fornisce un criterio stabile per la corretta determinazione della base imponibile.

La plusvalenza generata dalla cessione del contratto di un calciatore è soggetta a IRAP?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale plusvalenza è rilevante ai fini IRAP, in quanto deriva dalla cessione di un bene immateriale strumentale e concorre a formare il valore della produzione netta, che costituisce la base imponibile del tributo.

Come viene qualificato giuridicamente il trasferimento di un calciatore professionista a fini fiscali?
Per la Corte, il trasferimento a titolo oneroso di un atleta prima della scadenza del contratto è un’operazione riconducibile alla cessione del contratto. Fiscalmente, è assimilabile alla cessione di un bene immateriale d’impresa.

Il diritto alla prestazione sportiva di un atleta è considerato un bene aziendale?
Sì. La sentenza afferma che il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta è un bene immateriale strumentale, dotato di autonoma utilità economica, negoziabile e ammortizzabile, e quindi a tutti gli effetti un asset aziendale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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