Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5068 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5   Num. 5068  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
NOME RIMBORSO -IRAP 2005-2006
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18811/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in Udine, INDIRIZZO,  elettivamente  domiciliato  in  Roma,  INDIRIZZO, presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO  dal  quale  è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore  protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 30/01/2016, depositata il 28 gennaio 2016; udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO; l’AVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo il rigetto dato atto che il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del del ricorso;
FATTI DI CAUSA
In data 31 maggio 2016 la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE presentava all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Direzione provinciale di Udine istanza diretta ad ottenere il rimborso dell’IRAP ritenuta asseritamente indebitamente corrisposta sulle componenti positive straordinarie derivanti dal trasferimento del diritto a contrarre con giocatori, per gli esercizi 1° luglio 2005/30 giugno 2006, 1° luglio 2006/30 giugno 2007 e 1° luglio 2007/30 giugno 2008, per un importo complessivo di € 29.463,00, oltre interessi.
Formatosi il silenziorifiuto da parte dell’Amministrazione finanziaria, la RAGIONE_SOCIALE contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Udine la quale, con sentenza n. 544/01/2014, pronunciata in data 18 novembre 2014  e  depositata  in  segreteria  il  9  dicembre  2014,  lo rigettava,  condannando  la  stessa  RAGIONE_SOCIALE  alla  rifusione  RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
 Interposto  gravame dall’ interessata,  la  Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia, con sentenza n. 30/01/2016, pronunciata il 1° dicembre 2015 e depositata in segreteria il 28 gennaio 2016, rigettava l’appello, compensando integralmente le spese di quel grado di giudizio.
Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La ricorrente ha depositato memoria.
 All’udienza  pubblica  del 14 novembre 2023 il consigliere relatore ha svolto la propria relazione, ed i procuratori RAGIONE_SOCIALE parti hanno rassegnato le conclusioni di cui al verbale in atti.
Il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Il  ricorso  in  oggetto,  come  si  è  detto,  è  affidato  a  due motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE eccepisce violazione degli artt. 1322 e 1362 cod. civ., nonché violazione  e  falsa  applicazione  dell’art.  1406  cod.  civ.,  e conseguentemente degli artt. 4, 5 e 11 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, la ricorrente che, nel caso di trasferimento di calciatori, non si realizza una cessione di contratto, in quanto l’oggetto del trasferimento riguarda il diritto (che la RAGIONE_SOCIALE cessionaria riceve) ad ottenere dalla RAGIONE_SOCIALE cedente la risoluzione del precedente contratto (stipulato con il calciatore) ed il conseguente diritto della RAGIONE_SOCIALE acquirente a stipu lare un nuovo contratto con l’atleta. Conseguentemente, ad avviso della ricorrente, non sussistendo un’ipotesi di trasferimento di un bene (costituito dal giocatore o, meglio, dal diritto alla prestazione sportiva dello stesso), non potrebbe mai generarsi la plusvalenza rilevante ai fini della determinazione imponibile ai fini IRAP, trattandosi, peraltro, di un provento straordinario, che non
R.G. N. 18811/2016
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
concorre ad integrare la base imponibile IRAP, data dal valore della  produzione  netta,  determinata  (ex  art.  5  d.lgs.  n. 446/1997)  dalla  differenza  tra  il  valore  della  produzione -costituito dai componenti attivi di cui alla voce A) dell’art. 2425 cod. civ. -ed i costi della produzione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE contribuente eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 1, 5, comma 1 e 11, comma 3, del d.lgs. n. 446/1997 (nel testo  vigente ratione  temporis ),  nonché  dell’art.  2425  cod. civ.,  in  relazione  all’art.  360,  primo  comma,  num.  3),  cod. proc. civ. ed all’art. 62 del d.lgs. n. 546/1992.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che la C.T.R. avrebbe erroneamente qualificato come imponibili ai fini IRAP i proventi positivi, derivanti dalle negoziazioni di calciatori, benché gli stessi (non solo per la loro natura ‘straordinaria’, ma anche in quanto non dipendenti da trasferimento di beni, e comunque non connessi a beni qualificabili come strumentali) non potessero essere ricondotti nell’àmbito della norma impositiva (di natura eccezionale, in quanto derogatoria alla regola di cui agli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 446/1997 ) stabilita dall’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 446/1997, norma applicabile unicamente alle plusvalenze relative a beni propriamente strumentali.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
Sostiene  la  ricorrente  che,  nel  caso  di  trasferimento  di calciatori, la relativa operazione non potrebbe essere qualificata come cessione di contratto ex art. 1406 cod. civ., in  quanto  le  RAGIONE_SOCIALE  acquirenti  non  subentrerebbero  nei contratti  già  in  essere  con  i  calciatori,  ma  acquisirebbero
unicamente il diritto ad ottenere la risoluzione dei rapporti esistenti (nella specie, tra l’RAGIONE_SOCIALE e gli atleti), e di stipulare nuovi contratti con gli stessi atleti, con la conseguenza che, non sussistendo il trasferimento di un ‘bene’, non potrebbe mai generarsi una plusvalenza rilevante ai fini della determinazione della base imponibile IRAP; la RAGIONE_SOCIALE, al contrario, realizzerebbe un provento straordinario, da evidenziare alla voce E) del conto economico ex art. 2425 cod. civ., del quale non potrebbe tenersi conto ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, in base agli artt. 5 e 11, comma 3, del d.lgs. n. 446/1997.
In  questo  senso,  dunque,  secondo  l’impostazione  della ricorrente, le somme pagate alla RAGIONE_SOCIALE titolare del contratto sportivo rappresenterebbero un corrispettivo per acconsentire all’anticipata  cessazione  del  contratto,  a  cui  seguirebbe  un nuovo contratto d’ingaggio tra il calciatore e la nuova RAGIONE_SOCIALE, che nulla avrebbe a che vedere con il precedente rapporto.
I motivi in esame sono totalmente infondati.
E’ noto che, con la legge 23 marzo 1981, n. 91, è stato abolito il c.d. ‘vincolo sportivo’, che si configurava, per la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quale diritto esclusivo all’utilizzo dell’atleta, alienabile a terzi, distinto e separato rispetto al rapporto di lavoro formalizzato con l’ingaggio. Il vincolo sportivo rappresentava, quindi,  il  bene  ceduto  in  occasione  del  trasferimento  di  un giocatore da una RAGIONE_SOCIALE ad un’altra, e quindi era considerato bene strumentale autonomo a fini tributari.
Con l’emanazione della legge 18 novembre 1996, n. 586, che ha recepito in Italia gli effetti della famosa sentenza Bosman (Corte di Giustizia UE, sent. 15 ottobre 1995, causa C-415/93), i  club  di  appartenenza dei calciatori professionisti giunti  alla
scadenza  del  contratto  non  avevano  più  diritto  a  percepire somme  da  parte  della  RAGIONE_SOCIALE  che  procedeva  ad ingaggiare l’atleta.
Nel caso invece di cessioni di calciatori nel corso del rapporto (e quindi prima della scadenza del contratto), viene seguita la seguente procedura di trasferimento: a ) calciatore, RAGIONE_SOCIALE di provenienza e RAGIONE_SOCIALE di destinazione devono redigere per iscritto, a pena di nullità, un accordo di cessione di contratto, denominato ‘variazione di tesseramento per calciatori professionisti’; b ) RAGIONE_SOCIALE di provenienza e RAGIONE_SOCIALE di destinazione redigono e allegano un documento in bollo, nel quale evidenziano importo e modalità del prezzo di cessione dovuto dalla secondo alla prima; c ) RAGIONE_SOCIALE di destinazione e calciatore redigono, infine, un altro modulo federale, con il quale concordano la misura del compenso al calciatore, quello da questo dovuto al suo procuratore, la scadenza del rapporto contrattuale, ed altre clausole accessorie.
Trattasi, all’evidenza, di una operazione economica rientrante nello schema della cessione del contratto, in quanto la RAGIONE_SOCIALE di  provenienza  cede  alla  nuova  RAGIONE_SOCIALE,  con  il  consenso  del giocatore, la propria posizione contrattuale (e, in particolare, il diritto alle prestazioni sportive dell’atleta), secondo lo schema tipico di cui all’art. 1406 cod. civ.
Non appare condivisibile la tesi della ricorrente, secondo la quale oggetto della cessione è il diritto di risoluzione anticipata del  contratto,  e  l’operazione  di  trasferimento  di  calciatori sarebbe composta da atti tra loro distinti, e cioè, da un lato l’ accordo  per  la  risoluzione  del  contratto  tra  la  RAGIONE_SOCIALE  di provenienza ed il calciatore, e, dall’altro, l’accordo tra le due
RAGIONE_SOCIALE per il trasferimento dell’atleta, ed infine l’accordo tra l’atleta e la nuova RAGIONE_SOCIALE.
In  realtà,  l’oggetto  del  contratto  tra  le  RAGIONE_SOCIALE  sportiva  e l’atleta  è  il  diritto  alla  prestazione  sportiva  esclusiva,  per  la durata del contratto stesso.
Con la cessione del giocatore la RAGIONE_SOCIALE cessionaria acquista, con il consenso dell’atleta ceduto, proprio il diritto oggetto del contratto, e succede in tutti gli obblighi ed i diritti connessi, fermo restando che la RAGIONE_SOCIALE acquirente potrà, in base agli accordi  con  l’atleta,  continuare  il  rapporto  contrattuale  alle medesime condizioni, ovvero regolarlo diversamente.
Questa  interpretazione,  peraltro,  è  confermata  anche  dal tenore letterale  dell’art.  5  della  l.  n.  91/1981,  che  definisce proprio ‘cessione del contratto’ il trasferimento di un atleta da una RAGIONE_SOCIALE ad un’altra.
Ne consegue che oggetto della cessione è il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta, che è senz’altro un bene da inquadrarsi tra i beni immateriali strumentali ammortizzabili ai sensi dell’art. 68, comma 2, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi), suscettibili, come tali, di produrre plusvalenze o minusvalenze, rilevanti ai fini IRES ed IRAP, ai sensi degli artt. 56 del d.P.R. n. 917/1986 e 5, comma 1, e 11, comma 3, del d.lgs. n. 446/1997. Non è privo di rilievo, invero, il fatto che il diritto all’utilizzo esclusivo RAGIONE_SOCIALE prestazioni di un atleta sia un bene dotato di una autonoma utilità economica, come tale suscettibile di negoziazione diretta tra RAGIONE_SOCIALE e qualificabile come bene immateriale strumentale (in senso analogo, di recente, si vedano Cass. 25 gennaio 2023, n. 2376; Cass. 12 gennaio 2023, n. 661; Cass. 25 gennaio 2019, n. 2144).
Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: «il trasferimento di un atleta professionista da una RAGIONE_SOCIALE sportiva ad un’altra, laddove disposto dietro corrispettivo prima della scadenza naturale del rapporto contrattuale in corso, è riconducibile allo schema della cessione del contratto, nei termini previsti dall’art. 5, comma 2, della legge n. 91/1981; esso, pertanto, dal punto di vista fiscale rappresenta un’operazione assimilabile alla cessione di un bene immateriale, suscettibile di generare una plusvalenza e, dunque, rilevante ai fini IRAP».
3. Il ricorso deve quindi essere rigettato
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la ricorrente tenuta al pagamento  di una somma  pari  al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater ,  d.P.R.  30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna  la ricorrente  alla  rifusione,  in  favore  dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto  per  la  presente  impugnazione,  se  dovuto,  ai  sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023.