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Plusvalenza terreno: valore registro non fa prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24610/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di plusvalenza da cessione di terreno. Il valore di un immobile definito ai fini dell’imposta di registro, anche se concordato con l’acquirente, non può essere automaticamente utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per presumere un maggior corrispettivo e calcolare la plusvalenza tassabile ai fini IRPEF a carico del venditore. La Corte ha specificato che l’Amministrazione finanziaria deve fornire ulteriori indizi gravi, precisi e concordanti per supportare la sua pretesa, non potendo invertire l’onere della prova sul contribuente. La sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stata cassata e il caso rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenza Terreno: il Valore per l’Imposta di Registro non è Prova Assoluta

La determinazione della plusvalenza da cessione di terreno rappresenta un momento cruciale per ogni venditore, poiché da essa dipende l’entità delle imposte da versare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 24610/2025) ha ribadito un principio fondamentale a tutela del contribuente: il valore di un immobile accertato ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente utilizzato per presumere un maggior corrispettivo ai fini delle imposte dirette (IRPEF). Analizziamo la decisione e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso

Un contribuente vendeva un terreno e dichiarava un certo corrispettivo. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate gli notificava un avviso di accertamento, contestando una maggiore plusvalenza. La pretesa del Fisco si basava interamente sul valore più alto che la società acquirente del terreno aveva concordato con l’Agenzia stessa in sede di accertamento con adesione per l’imposta di registro. In pratica, l’Ufficio sosteneva: se l’acquirente ha accettato di pagare l’imposta di registro su un valore X, significa che il prezzo reale della vendita era X, e non il valore inferiore dichiarato dal venditore.

La Questione Giuridica e il Valore della Plusvalenza da Cessione di Terreno

La questione centrale ruotava attorno a un interrogativo: il valore definito per un’imposta indiretta (registro) può costituire prova sufficiente per un’imposta diretta (IRPEF sulla plusvalenza)? La Commissione Tributaria Regionale aveva risposto in modo contraddittorio: pur ammettendo che tale valore fosse solo un ‘elemento presuntivo’, lo aveva poi posto a fondamento della sua decisione, di fatto invertendo l’onere della prova e chiedendo al venditore di dimostrare di non aver incassato un prezzo superiore. Il contribuente, inoltre, si doleva del fatto che i giudici di secondo grado non avessero considerato la rivalutazione del costo storico del terreno, da lui effettuata ai sensi della Legge n. 448/2001.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto le ragioni del contribuente, cassando la sentenza impugnata. Il ragionamento dei giudici supremi si fonda su un punto normativo chiaro e con efficacia retroattiva: l’articolo 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015. Questa norma di interpretazione autentica stabilisce che, per le imposte sui redditi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato o accertato per l’imposta di registro.

Questo significa che l’Agenzia delle Entrate, per rettificare il reddito del venditore, non può limitarsi a richiamare l’accordo raggiunto con l’acquirente per un’altra imposta. Deve, invece, individuare e provare ulteriori indizi, che siano gravi, precisi e concordanti, per dimostrare che il prezzo effettivamente incassato è stato superiore a quello dichiarato. Solo a fronte di un quadro probatorio così solido da parte del Fisco, l’onere di fornire la prova contraria passerà in capo al contribuente.

La Corte ha inoltre censurato la sentenza regionale per non essersi pronunciata sulla questione, sollevata dal contribuente, del disconoscimento del valore di acquisto risultante dalla rivalutazione. Questo elemento è cruciale, poiché la rivalutazione permette di aggiornare il costo ‘storico’ del bene, riducendo così la base imponibile della plusvalenza.

Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza le garanzie per il contribuente in caso di accertamento sulla plusvalenza da cessione di terreno. Viene sancito che l’Amministrazione finanziaria ha un onere probatorio aggravato: non può costruire un accertamento su un unico elemento presuntivo derivante da un procedimento (quello per l’imposta di registro) a cui il venditore è spesso estraneo. Per i venditori, ciò significa che un avviso di accertamento fondato unicamente sul valore definito ai fini del registro è illegittimo e può essere efficacemente impugnato. La sentenza sottolinea anche l’importanza di far valere sempre in giudizio l’avvenuta rivalutazione del costo del bene, in quanto elemento determinante per il corretto calcolo del tributo dovuto.

Il valore definito per l’imposta di registro può essere usato per calcolare la plusvalenza ai fini IRPEF?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il valore accertato o definito ai fini dell’imposta di registro non è di per sé sufficiente a presumere un maggior corrispettivo per la tassazione della plusvalenza ai fini delle imposte dirette.

Cosa deve dimostrare l’Agenzia delle Entrate per accertare una plusvalenza maggiore?
L’Agenzia delle Entrate deve individuare e provare ulteriori indizi gravi, precisi e concordanti che supportino l’esistenza di un maggior corrispettivo rispetto a quello dichiarato dal contribuente. Non può basare l’accertamento solo sul valore definito per l’imposta di registro.

Se nell’atto di vendita si indica un prezzo inferiore al valore rivalutato del terreno, si perde il beneficio della rivalutazione?
No. La Corte ha richiamato un principio secondo cui l’indicazione nell’atto di vendita di un corrispettivo inferiore al valore precedentemente rideterminato con perizia giurata non comporta la decadenza dal beneficio della rivalutazione (e del relativo versamento dell’imposta sostitutiva).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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