Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24610 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
Oggetto: Tributi -Accertamento -Cessione di terreno -Plusvalenza -Valore calcolato in base all’accertamento per l’imposta di registro
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 1660/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso per cassazione (PEC: EMAIL; EMAIL)
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, n. 1027/18/2015, depositata il 15.06.2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Treviso accoglieva il ricorso proposto da COGNOME COGNOME avverso l’ avviso di accertamento, per imposte dirette ed IVA, con il quale era stato rideterminato il suo reddito , in relazione all’anno d’imposta 20 06, a seguito dell’accertamento di una plusvalenza tassabile di euro 684.640,00, pari alla differenza tra il costo di acquisto (euro 333.830,00) del terreno venduto dal predetto contribuente alla società RAGIONE_SOCIALE Treviso e il maggior valore dello stesso, risultante dall’atto di adesione (euro 1.018.440,00), con il quale la società acquirente aveva definito la pretesa richiesta, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, con l’avviso di rettifica e liquidazione, notificato per conoscenza anche al venditore;
-ai fini dell’individuazione del valore di acquisto di detto terreno, l’Agenzia delle entrate prendeva come parametro di riferimento il valore attribuito alla cessione di terreni ubicati nella stessa zona e non il costo del terreno rivalutato ai sensi dell’art. 7 della l. n. 448 del 2001;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto accoglieva parzialmente l’appello dell ‘Agenzia delle entrate osservando, per quanto qui rileva, che:
la questione riguardava la determinazione del valore iniziale e del valore finale dell’immobile compravenduto, alla luce delle presunzioni e dei dati forniti dalla parte e della ricostruzione effettuata dall’Ufficio;
-il valore definitivamente accertato in sede di adesione dell’acquirente dell’immobile costituiva solo un elemento presuntivo che andava valutato, ma non era automaticamente estensibile al coobbligato, data la diversa natura dell’imposta, e non poteva configurare ‘una res iudicata nei confronti del venditore’ , rimasto estraneo al procedimento di adesione riguardante l’acquirente;
il valore finale del bene andava individuato in quello accertato in sede di adesione da parte dell’acquirente, in quanto l’Ufficio poteva procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza, sulla base dell’accertamento di valore , effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro;
-gli elementi offerti dal contribuente, consistiti da due perizie asseverate, non erano idonei a superare detta presunzione, sia perché atti di parte, sia perché l’adesione da parte dell’acquirente al valore accertato non giustificava una difformità così rilevante come quella risultante dal confronto tra le due diverse dichiarazioni; occorreva poi considerare che ‘ l’inerzia da parte del venditore alla notifica nel maggio 2008 all’atto di rettifica trova giustificazione per quanto riguarda la liquidazione dell’imposta di registro, non di sua competenza, ma non nel mancato intervento in ordine al valore per lui finale del bene venduto ‘;
-con riferimento al valore dei terreni, l’Ufficio aveva correttamente fatto riferimento al quinto anno anteriore all’inizio della lottizzazione, ma aveva disatteso quanto era desumibile dalla convenzione con il Comune di Carbonera, approvata dal Consiglio comunale nell’aprile del 2006, che individuava il valore dei terreni nell’impo rto di euro 599.699,79, e non aveva prodotto prove documentali convincenti circa la presunta erroneità della valutazione ad opera del Comune;
pertanto, mentre era fondata la rettifica nella misura determinata dall’Ufficio per il valore del bene venduto, appariva non motivata la rettifica del valore di acquisto rispetto a quella accettata dal Comune, essere rideterminata dall’Ufficio, tenuto conto anche dell’imposta sostitutiva corrisposta, tra il valore iniziale di euro 599.699,79 ed il valore finale
sicchè la plusvalenza a debito del ricorrente doveva di vendita pari ad euro 1.018.440,00.
il contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati con memoria;
l ‘ Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 68 TUIR e 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015, per avere la CTR ritenuto legittima la presunzione di esistenza di un maggior corrispettivo ai fini IRPEF sulla base del solo valore definito, da parte acquirente, ai fini dell’imposta di registro;
con il secondo motivo denuncia motivazione incoerente su un punto della sentenza, controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., laddove la CTR dapprima assume che il valore definito in sede di adesione (dall’acquirente l’immobile) sia solo un elemento di presunzione semplice (non tale dunque da invertire in capo al cedente l’onere di provare il non occultamento di corrispettivo); immediatamente dopo attribuisce a tale definizione l’effetto di inversione dell’onere della prova;
con il terzo motivo denuncia la violazione di diritto di “stare in giudizio provando” (o “diritto alla prova”), ai sensi degli artt. 2697 cod. civ. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., non avendo la CTR considerato i documenti prodotti con l’atto peritale sostenendo che l’elaborato peritale è “atto di parte”, ma tali non erano i documenti;
con il quarto motivo deduce la violazione degli artt. 1, comma 2, e 12 del d.lgs. n. 218 del 1997, 1292 cod. civ. e 46 del d.lgs. n. 546 de 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non avendo la CTR applicato correttamente la disciplina dell’obbligazione solidale tributaria con riferimento all’asserito mancato intervento del contribuente nel procedimento di determinazione del valore ai fini
dell’imposta di registro, non avendo considerato che l’accertamento dell’imposta di registro può essere definito anche da uno solo dei coobbligati;
con il quinto motivo deduce la contraddittorietà ed apoditticità della sentenza impugnata con riferimento al giudizio di non giustificata diversità circa i comportamenti del venditore e del compratore;
con il sesto motivo deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi sull’efficacia nella specie della rivalutazione, che crea un nuovo costo ‘ storico ‘ di acquisto, ai sensi dell’art. 7, comma 6, della l. n. 448/2001;
il primo e il secondo motivo, che vanno esaminati unitariamente per connessione, sono fondati;
come ha condivisibilmente affermato, anche recentemente, questa Corte, in tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria (Cass. n. 12131 del 2019; n. 31372 del 2024);
-l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015, invero, dispone che : «Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5 bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento
di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.»;
– poiché la norma ha efficacia retroattiva, il valore dato al cespite ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente trasposto in sede di accertamento della plusvalenza per la tassazione IRPEF, non potendosi ricondurre a quel solo dato il fondamento dell’accertamento e dovendo l’Ufficio provvedere ad individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente al quale spetterà, solo a quel punto, fornire la prova contraria per contraddire le risultanze probatorie offerte dall’Ufficio;
– la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, avendo, da un lato, affermato che ‘ il valore definitivamente accertato per adesione da parte dell’acquirente costituisce un elemento presuntivo che il Giudice deve opportunamente valutare, ma non è né automaticamente estensibile al coobbligato, data la diversa natura dell’imposta, né può configurare una res iudicata nei confronti del venditore, che nel procedimento di adesione ai fini dell’imposta di registro è rimasto totalmente estraneo’, ma avendo poi sostenuto, in modo palesemente contraddittorio, che ‘ Per quanto riguarda il valore finale del bene, il Collegio ritiene che il punto di partenza, ai fini della corretta sua determinazione, vada individuata nella presunzione derivante dal valore accettato in sede di adesione da parte dell’acquirente del bene’ , richiamando sul punto un orientamento
giurisprudenziale superato, alla luce della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015;
il terzo, il quarto e il quinto motivo rimangono assorbiti a seguito dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso;
anche il sesto motivo è fondato, non essendosi la CTR pronunciata sulla doglianza riguardante il disconoscimento del valore di acquisto risultante dalla rivalutazione effettuata dal contribuente, ai sensi dell’art. 7, comma 6, della l. n. 448/2001, proposta dal contribuente nel ricorso introduttivo (e trascritta alle pp. 30, 31 e 32 del ricorso per cassazione) e riproposta nelle controdeduzioni depositate nel giudizio di appello (trascritta a pp. 32 e ss. del ricorso per cassazione);
sul punto va in ogni caso evidenziato che, in tema di plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. a) e b), del d.P.R. n. 917 del 1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola, l’indicazione, nell’atto di vendita dell’immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base della perizia giurata a norma dell’art. 7 della l. n. 448 del 2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene (Cass. Sez. U. n. 2321 del 2020);
in conclusione, vanno accolti il primo, il secondo e il sesto motivo, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, e va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la decisione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il sesto motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 25 giugno 2025.