Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2920 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2920 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31490/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persone del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 1210/2019 depositata il 14/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’A genzia delle entrate ricorre avverso la sentenza n. 1210/2019 resa dalla CTR di Milano e con cui il Collegio di secondo grado, rigettando l’appello promosso dall’Ufficio soccombente, ha confermato la decisione della CTP laddove aveva disposto l’annullamento di un atto imposit ivo emesso in materia di accertamento di plusvalenza derivante da cessione immobiliare di terreni edificabili.
In sintesi, l’Ufficio operava la ripresa a tassazione ai fini Irpef per l’anno di imposta 2010 accertando un maggior reddito ex art. 67, lett. b), TUIR.
In particolare, sulla base della documentazione pervenuta a seguito di invio di questionario, l’Ufficio accertava che il contribuente aveva acquistato e rivalutato un immobile ex art. 7 L. n. 448/2001 sulla base di una perizia giurata di stima, che ne aveva determinato il valore in euro 2.835.135,00, non indicato nell’atto di compravendita, e poi invece lo aveva venduto ad un prezzo di molto inferiore e pari a 2.480.000,00 euro. Accertava inoltre l’Ufficio che il contribuente non aveva incluso la plusvalenza realizzata nella dichiarazione dei redditi, avendo versato a titolo di imposta sostitutiva la minor somma di euro 113.406,00 euro, pari al 4% del valore di perizia.
Il contribuente impugnava pertanto l’avviso di accertamento deducendone l’illegittimità, non essendo consentito all’Amministrazione finanziaria di disconoscere in capo al venditore gli effetti dell’affrancamento del terreno effettuato ex art. 7 L. n. 448/2 001. Costituitosi l’Ufficio, la CTP di Milano accoglieva il ricorso annullando l’atto impositivo. La CTR, su ricorso in appello promosso dall’Ufficio soccombente, confermava la decisione di primo grado. Riteneva infatti la CTR che la vendita dell’immobile ad un prezzo inferiore rispetto a quello stimato non producesse alcun effetto caducante sulla precedente rivalutazione operata, non essendo tale effetto previsto da alcuna norma.
Il ricorso dell’Avvocatura generale dello Stato è affidato ad un unico motivo. Rimane intimato il contribuente.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denunzia la falsa applicazione dell’art. 7 L. n. 448/2001 e degli artt. 67 e 68 TUIR in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
In sintesi, dopo aver ricordato di ben conoscere l’orientamento di questo Giudice di Legittimità secondo cui la redazione di una perizia di stima non esplica alcun vincolo in capo al venditore di alienare l’immobile al prezzo di stima, riconosce il sorgere di un contrasto giurisprudenziale in materia, rimesso al superiore scrutinio delle Sezioni Unite di questa Corte.
Afferma poi che l’art. 7 della L. n. 488/2001 costituisce una norma speciale, come tale applicabile solo in caso di sussistenza di tutti i presupposti di legge. Soggiunge che laddove il contribuente opti per la rivalutazione dell’immobile ai fini fiscali, egli potrà disattenderlo quale mero prezzo di vendita ma dando comunque atto che quest’ultimo non coincide con il valore periziato, parimenti indicato. Detto in altri termini sostiene che, ove il contribuente non intenda avvalersi del valore rideterminato, dovrà necessariamente indicarlo nell’atto di compravendita e, quindi anche laddove il prezzo di cessione sia inferiore, giacché in caso di sua omissione il valore determinato in perizia non potrà rilevare nemmeno ai fini delle imposte sui redditi.
Il motivo è infondato e va respinto.
Il contrasto giurisprudenziale richiamato dal patrono erariale è invero stato risolto dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 2321/2020 con la quale è stato pronunciato il seguente principio di diritto: « In tema di plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. a) e b) del d.P.R. n. 917 del 1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola l’indicazione nell’atto di vendita
dell’immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base di perizia giurata a norma dell’art. 7 della legge n. 448 del 2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene».
La CTR ha dunque fatto buon governo della disciplina di riferimento, non avendo dato rilievo dirimente all’omessa indicazione del valore normale minimo di riferimento contenuto in perizia, ancor prima della soluzione del contrasto formatosi sul punto.
Il ricorso dev’essere quindi rigettato, senza pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22/01/2025.