Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1054 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1054 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6627/2016 R.G. proposto da COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME (domicilio digitale: avvEMAIL)
-ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa «ope legis»
-controricorrente/ricorrente in via incidentaleavverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, SEZIONE STACCATA DI CATANIA, n. 3316/18/15 depositata il 24 luglio 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 18 dicembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Ragusa dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME un avviso di accertamento mediante il quale contestava l’omessa dichiarazione di una plusvalenza da questa asseritamente realizzata nell’anno 2006 per effetto della
cessione a titolo oneroso di un appezzamento di terreno sito nel Comune di Modica, ritenuto suscettibile di utilizzazione edificatoria, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF e irrogando le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge.
La contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva in sèguito parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, la quale, con sentenza n. 3316/18/15 del 24 luglio 2015, accogliendo per quanto di ragione l’appello della parte privata, annullava l’avviso di accertamento limitatamente alle sanzioni irrogate dall’Ufficio.
A fondamento della pronuncia resa, per quanto in questa sede ancora interessa, il collegio di secondo grado osservava che: – non poteva trovare applicazione, nel caso di specie, la norma di cui all’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000, essendosi in presenza di indagini cd. , nel corso delle quali non erano stati effettuati accessi, ispezioni o verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività della contribuente; – in base allo strumento urbanistico del Comune di Modica, il terreno ceduto dalla COGNOME ricadeva nella zona E5, all’interno della quale, «in deroga alle norme di piano, e con gli indici ivi previsti, che (era) no molto al di sotto degli indici delle zone agricole pure, e (ra) consentita la costruzione, seppure limitata a determinate finalizzazioni» ; – ad ogni buon conto, «nel nostro ordinamento può dirsi sussistente una più ampia nozione di edificabilità di fatto, anche a fini impositivi» , la quale «è anch’essa un’edificabilità ‘di diritto’, differenziandosene per il fatto di non essere (ancora) oggetto di pianificazione urbanistica» ; – sussistevano, pertanto, le condizioni richieste dalla legge per la tassabilità della realizzata plusvalenza; – andavano, tuttavia, annullate le sanzioni inflitte con l’atto impositivo,
«appare (ndo) evidente sia la incertezza normativa, ma soprattutto la buona fede e la mancanza di dolo o colpa nel comportamento della contribuente, la quale (avev) a sùbito ritenuto, in buona fede, la non idoneità dell’operato trasferimento alla produzione di plusvalenza» : in tal senso, appariva significativa la circostanza che la medesima disposizione dello strumento urbanistico dalla quale era stato tratto il convincimento giudiziale circa l’idoneità della cessione immobiliare a generare una plusvalenza tassabile fosse stata invocata dalla contribuente a sostegno della propria contraria tesi difensiva.
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, secondo periodo, dello stesso articolo il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto di entrambi i ricorsi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
(A)Ricorso principale
Con il primo motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000.
1.1 Richiamato l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità, ormai consolidato, formatosi a sèguito dell’arresto delle Sezioni Unite n. 24823/2015 -secondo il quale la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale determina la nullità dell’atto impositivo soltanto in tema di tributi cd. , cioè
soggetti alla diretta applicazione del diritto unionale, a condizione che in giudizio il contribuente abbia assolto l’onere di esplicitare le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato e che l’opposizione di dette ragioni non appaia puramente pretestuosa-, si prospetta questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 111 e 117 della Carta fondamentale, nella parte in cui riconosce al contribuente il diritto di ricevere copia del verbale di chiusura delle operazioni e di disporre di un termine di sessanta giorni per eventuali controdeduzioni nelle sole ipotesi di accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuati nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali.
1.2 Il motivo è infondato.
1.3 Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’ art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 , il quale impone l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni fra la data di chiusura delle operazioni e l’emissione dell’atto impositivo, è applicabile ai soli accertamenti che fanno sèguito ad accessi, ispezioni e verifiche nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, ma non anche nei casi di accertamenti cd. svolti presso gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria (cfr. Cass. n. 23209/2024, Cass. n. 22536/2024, Cass. n. 19796/2024, Cass. n. 17652/2024).
1.4 Non essendovi ragione di discostarsi dallo stabile insegnamento nomofilattico al quale si è fatto cenno sopra, deve escludersi la sussistenza del dedotto vizio di violazione e falsa applicazione di legge.
1.5 Appare, inoltre, manifestamente priva di fondamento la sollevata eccezione di illegittimità costituzionale della norma.
1.6 Al riguardo, va notato che con sentenza n. 47/2023 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità
dell’ art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000, prospettata dalla CTR della Toscana in riferimento all’art. 3 Cost..
1.7 In tale decisione la Consulta ha osservato che:
-il procedimento tributario costituisce una species del procedimento amministrativo, ma, a differenza di quest’ultimo, non contiene previsioni generali in ordine alla formazione partecipata dell’atto impositivo che ne costituisce l’eventuale momento conclusivo;
-il contraddittorio endoprocedimentale, quale espressione del principio del «giusto procedimento» (in virtù del quale i soggetti privati dovrebbero poter esporre le proprie ragioni, in particolare prima che vengano adottati provvedimenti limitativi dei loro diritti), ha assunto un ruolo centrale nel nostro ordinamento, anche come criterio di orientamento non solo per l’interprete, ma prima ancora per il legislatore: ciò vale anche in àmbito tributario, dove il contraddittorio endoprocedimentale, da un lato, persegue lo scopo di «ottimizzare» l’azione di controllo fiscale, risultando così strumentale al buon andamento dell’Amministrazione Finanziaria; dall’altro, garantisce i diritti del contribuente, permettendogli di neutralizzare, fin dalla fase amministrativa, eventuali errori a lui pregiudizievoli;
-tuttavia, l’intervento additivo sollecitato dal giudice a quo non è costituzionalmente vincolato, perché non compete alla Corte Costituzionale estendere, in via generale, il contraddittorio endoprocedimentale in un àmbito riservato alla discrezionalità del legislatore, il quale ha introdotto distinti e variegati modelli di partecipazione del contribuente alla formazione dell’atto impositivo; – sebbene nel tempo si sia assistito a progressive e ripetute aperture del legislatore, che hanno imposto l’attivazione del detto contraddittorio in un sempre più consistente numero di ipotesi, ancora difetta nel vigente sistema tributario una disciplina positiva che generalizzi un obbligo siffatto in capo all’Amministrazione
Finanziaria;
poiché la mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale, spetta al legislatore il còmpito di adeguare il diritto vigente, scegliendo fra diverse possibili opzioni che assicurino il bilanciamento dei differenti interessi in gioco.
1.8 Le ampie argomentazioni spese dal giudice delle leggi e il ragionamento sotteso all’adottata declaratoria di inammissibilità della questione esaminata consentono di superare i paventati dubbi di legittimità dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 anche in riferimento agli altri parametri costituzionali invocati dalla ricorrente.
1.9 Per completezza, si segnala che alla richiamata pronuncia della Corte Costituzionale ha fatto sèguito l’intervento del legislatore, il quale, con il D. Lgs. n. 219 del 2023, ha inserito nella legge n. 212 del 2000 l’art. 6 -bis , secondo cui, «salvo quanto previsto dal comma 2, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo ai sensi del presente articolo».
1.10 Tale norma, in vigore dal 18 gennaio 2024, non può, tuttavia, operare nella presente controversia, anteriormente instaurata, in difetto di specifica disciplina transitoria e in applicazione del principio generale di irretroattività della legge sancito dall’art. 11, comma 1, disp. prel. c.c..
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (erroneamente indicato, peraltro solo nella rubrica, come ), dell’art. 7, comma 5, del D. Lgs. n. 546 del
1992 e dell’art. 23 Cost..
2.1 Viene rimproverato alla CTR di aver a torto ritenuto sussistente, nel caso di specie, una plusvalenza tassabile ex art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, tralasciando di considerare che il terreno ceduto a titolo oneroso dalla Di Natale nell’anno 2006 si trovava all’interno della zona agricola E5 del piano regolatore generale del Comune di Modica, nella quale non era consentita l’esecuzione di interventi edilizi all’infuori di quelli ammessi dall’art. 22, comma 1, della L.R. n. 71 del 1978, consistenti nella realizzazione di impianti o manufatti destinati alla lavorazione o trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di ‘risorse naturali locali’ tassativamente individuate nello strumento urbanistico.
2.2 In particolare, gli errori di diritto commessi dai giudici di seconde cure sarebbero consistiti: (a)nell’aver fatto esclusivo riferimento alle previsioni contenute nelle norme tecniche di attuazione del menzionato p.r.g., contrastanti con la sopra citata disposizione della legge urbanistica regionale, prevalente su atti normativi di rango inferiore o di pari grado; (b)nel non avere, all’occorrenza, disapplicato le predette norme tecniche di attuazione, ai sensi dell’art. 7, comma 5, del D. Lgs. n. 546 del 1992, in ragione della loro illegittimità; (c)nell’aver riconosciuto la rilevanza fiscale di una nozione di edificabilità di fatto che non trova alcun appiglio nella disciplina normativa regolante la materia, per giunta senza nemmeno indicare gli elementi dai quali sarebbe stato possibile evincere la concreta utilizzabilità a fini edificatori del terreno di cui trattasi.
2.3 Il motivo è infondato.
2.4 L’art. 67, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), per quanto qui di rilievo, stabilisce che sono redditi diversi -se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese
commerciali o da società in nome collettivo o in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente- le plusvalenze realizzate a sèguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.
2.5 L’art. 36, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006, con norma di interpretazione autentica, ha chiarito che, «ai fini dell’applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 , un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo».
2.6 Nel delineato quadro legislativo, questa Corte ha costantemente affermato che, ai sensi dell’ art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, vanno assoggettate a tassazione le plusvalenze rivenienti dall’utilizzazione del suolo a qualsiasi titolo e in qualunque modo, non rilevando, pertanto, cosa e a qual fine si costruisca; ne discende che assume rilievo pure l’utilizzazione edificatoria meramente strumentale alla destinazione agricola dei terreni, così qualificati dagli strumenti urbanistici, in quanto anche in questo caso si ha la possibilità di costruire, sebbene con l’osservanza dei relativi vincoli e limitazioni (cfr. Cass. n. 6172/2024, Cass. n. 29387/2019, Cass. n. 23845/2016, Cass. n. 23316/2013).
2.7 Ciò posto, va osservato che, alla stregua di quanto dedotto dalla stessa ricorrente, l’area in cui ricade il terreno da lei ceduto a
titolo oneroso nell’anno 2006 era classificata nel piano regolatore generale del Comune di Modica come zona agricola E5, nella quale l’art. 22, comma 1, della L.R. n. 71 del 1978 ammetteva la realizzazione di «impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di ‘risorse naturali locali’ tassativamente individuate nello strumento urbanistico».
2.8 Essendo, quindi, incontestatamente prevista la possibilità di costruire sul suolo in parola, sia pure entro determinati limiti compatibili con la sua vocazione agricola, va escluso, alla luce della surriferita «regula iuris» , che l’impugnata sentenza sia affetta dall’ «error in iudicando» che le viene addebitato.
(B)Ricorso incidentale
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è contestata la violazione dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472 del 1997 e dell’art. 8 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
3.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver a torto riconosciuto operante in favore della contribuente la causa di non punibilità prevista dalle norme predette, e conseguentemente annullato le sanzioni amministrative comminate dall’Ufficio, sebbene nella fattispecie concreta non fossero ravvisabili condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’àmbito applicativo delle disposizioni tributarie violate.
3.2 Il motivo è fondato.
3.3 L’ art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472 del 1997 stabilisce che . Il comma 4 dello stesso articolo prevede, inoltre, che .
3.4 Sull’argomento in discussione questa Corte ha spiegato che, nel campo delle sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva deve essere tenuta distinta dall’ignoranza incolpevole del diritto -come si evince dal tenore testuale del citato art. 6 del D. Lgs. n. 472 del 1997ed è caratterizzata dall’impossibilità di individuare con sicurezza e in modo univoco la norma giuridica in cui va sussunto il caso di specie.
3.5 Essa è desumibile da alcuni «indici», quali, ad esempio: (1)la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; (2)la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; (3)la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; (4)la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; (5)l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; (6)la mancanza di precedenti giurisprudenziali; (7)l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; (8)il contrasto fra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; (9)il contrasto fra opinioni dottrinali; (10)l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente (cfr. Cass. n. 4411/2022, Cass. n. 9531/2021, Cass. n. 12798/2020, Cass. n. 4047/2019).
3.6 E stato pure sottolineato che l’incertezza normativa oggettiva assurge a causa di esenzione dalle sanzioni laddove sussista una condizione di insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione della legge, riferibile non a un generico contribuente, o a quelli che per la loro perizia siano capaci di una qualificata attività ermeneutica (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, bensì al giudice,
unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere -dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata opzione esegetica.
3.7 Tale verifica è censurabile in cassazione per violazione di legge, non implicando un apprezzamento di fatto, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a circostanze già accertate e categorizzate nel giudizio di merito (cfr. Cass. n. 6872/2020, Cass. n. 4394/2014, Cass. n. 24670/2007).
3.8 Tanto premesso, si osserva che la CTR ha annullato le sanzioni amministrative irrogate dall’Ufficio alla Di Natale sulla scorta dei seguenti rilievi: «Nella specie appare evidente sia la incertezza normativa, ma soprattutto la buona fede e la mancanza di dolo o colpa nel comportamento della contribuente, la quale ha sùbito ritenuto, in buona fede, la non idoneità dell’operato trasferimento alla produzione di plusvalenza. A riprova, basti considerare che la disposizione dello strumento urbanistico, dal (la) quale sia il Giudice di 1° grado che questo Giudice d’appello hanno tratto il convincimento della capacità del trasferimento di produrre la plusvalenza tassata, è stat (a) invocat (a) a supporto della tesi inversa, sostenuta dalla venditrice» .
3.9 I giudici «a quibus» hanno, dunque, attribuito rilievo non già alla sussistenza di obiettive condizioni di incertezza circa la portata e l’àmbito di applicazione della norma di cui all’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, alla quale si riferiva la violazione contestata alla contribuente, ma a pretese difficoltà di interpretazione del significato delle previsioni dello strumento urbanistico del Comune di Modica disciplinanti l’esercizio dell’attività edificatoria nell’area ove ricade il suolo dalla stessa ceduto a titolo oneroso nell’anno 2006.
3.10 Il collegio regionale avrebbe, invece, dovuto concentrare la sua attenzione sul testo della disposizione dianzi richiamata, valutando se al momento della stipula dell’atto di compravendita
del terreno di cui trattasi l’esito dell’attività ermeneutica svolta dal giudice apparisse incerto o equivoco.
3.11 Sotto questo aspetto, occorreva considerare che a quel tempo era già entrato in vigore l’art. 36, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006, il quale aveva fornito l’interpretazione autentica della nozione di «area fabbricabile», anche ai fini dell’applicazione delle norme del TUIR.
3.12 Nel contempo, andava verificato se ricorresse alcuna delle situazioni indicate ai numeri da 4) a 9) del sottoparagrafo 3.5, e in particolare se e in quale misura potesse dare luogo a persistenti incertezze esegetiche la mancanza di specifici precedenti giurisprudenziali in materia o l’eventuale assenza di una prassi amministrativa consolidata.
(C)Statuizioni conclusive
Tirando le fila del discorso fin qui condotto, sulle conclusioni parzialmente conformi del Pubblico Ministero, va respinto il ricorso principale e accolto quello incidentale.
Va, pertanto, disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione parziale della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della sola questione attinente alle sanzioni, uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi e tenendo anche conto dello «ius superveniens» agli effetti di cui all’art. 3, comma 3, del D. Lgs. n. 472 del 1997 (cfr., sull’argomento, Cass. n. 8716/2021, Cass. n. 32552/2019, Cass. n. 26385/2018).
Visto l’esito dell’impugnazione principale, deve essere resa nei confronti della Di Natale l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e accoglie quello incidentale; cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione