Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32255 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32255 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Cessione di edificio – possibilità di soprelevazione – ulteriore cubatura plusvalenza – art. 67 lett. b) t.u.i.r. applicabilità -esclusione -* principio di diritto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23076/2016 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, n. 1307/67/2016, depositata in data 7 marzo 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate notificava ad NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. T9H05C103913, attinente all’IRPEF per l’anno 2007, contestando la mancata dichiarazione della plusvalenza realizzata mediante la cessione di un appartamento sito in Padenghe sul Garda, richiedendo il versamento del tributo eluso, nella misura di poco più di 26.000,00 euro.
Il contribuente impugnava l’atto innanzi alla CTP di Brescia deducendo la non imponibilità della pretesa plusvalenza, perché realizzata mediante la vendita di parte di un edificio, in relazione al quale era stata autorizzata una sopraelevazione.
La CTP accoglieva il ricorso.
L’Ufficio spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado di giudizio, innanzi alla CTR della Lombardia, Sezione Staccata di Brescia.
La CTR riteneva sussistere i presupposti per l’imposizione della plusvalenza, ed in conseguenza riformava la decisione dei primi giudici, riaffermando la piena validità ed efficacia dell’atto impositivo.
Per la cassazione della citata sentenza il contribuente ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto con cui ha chiesto di partecipare all’ eventuale udienza di discussione.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘adunanza camerale del 16/10/2024.
Considerato che:
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4) cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso qualsiasi pronuncia sull’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973, eccezione rimasta
assorbita in primo grado e ritualmente riproposta dal contribuente in sede di gravame.
Con il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., il contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 67 comma 1 lett. b) del D.P.R. 22/12/1986, n. 917». Sostiene l’infondatezza della pretesa impositiva, in quanto la cessione ha avuto ad oggetto un fabbricato, avente possibilità di sopraelevazione.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4) cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso qualsiasi pronuncia sull’eccezione di nu llità dell’avviso di accertamento per violazione de gli artt. 67 lett. a) e b) e 68 t.u.i.r., in particolare per aver l’Agenzia assoggettato a tassazione l’intero corrispettivo, non già solo quanto corrisposto per la sopraelevazione.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4) cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso qualsiasi pronu ncia sull’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 5 comma 1 d.lgs. n 472/1997, stante l’assenza dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente.
In considerazione della natura della contestazione proposta, risulta opportuno esaminare innanzitutto la critica introdotta dal ricorrente con il secondo motivo di impugnazione.
5.1. La ricorrente ricorda di aver acquistato l’immobile oltre 5 prima della cessione , con l’atto da cui deriva il presente contenzioso, il 22 febbraio 2007. Poco prima della cessione, il 26 gennaio 2007, la COGNOME aveva stipulato con il Comune di Padenghe sul Garda una convenzione con piano di recupero avente ad oggetto l’immobile successivamente ceduto; in particolare, nel piano di recupero era
prevista la possibilità di sviluppare le cubature esistenti. L’Ufficio finanziario aveva invece ricondotta l’intera compravendita non alla cessione dell’appartamento, ma alla cessione di un’area suscettibile di utilizzazione edificatoria.
5.2. La CTP aveva accolto il ricorso della contribuente rilevando, da un lato, che l’appartamento ceduto era pervenuto alla ricorrente da oltre cinque anni, e, dall’altro, che nella specie non vi era un’area di risulta per effetto della demolizione di fabbricati privi di valore, ma solo l’autorizz azione ad una maggiore cubatura di un immobile già esistente.
5.3. L’Amministrazione finanziaria, in sede di appello, aveva sostenuto che la convenzione stipulata con il Comune aveva dato la possibilità di incrementare le cubature esistenti; in tal modo il fabbricato già esistente veniva a perdere, almeno parzialmente, il suo effettivo valore economico a favore del maggior valore che deve riconoscersi all’area sul quale insiste.
5.4. La CTR ha condiviso l’impostazione dell’Ufficio, affermando che nella specie, in virtù della citata convenzione con il Comune, si trattò di una cessione di area edificabile, atteso che la volumetria maggiore necessariamente proveniva da un’area edificabile.
5.5. Questa Corte regolatrice ha già avuto modo di esaminare la questione controversa in questo giudizio, e ha affermato che «in materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore degli artt. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, del d.P.R. n. 917/1986, sono soggette a tassazione separata, quali ‘redditi diversi’, le ‘plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigent i al momento della cessione’, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e, quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente
abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la ‘ratio’ ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica» (Cass. 23/01/2018, n. 1674; conf. Cass. 09/07/2014, n. 15629); e, in materia affine, non si è mancato di specificare che «in tema di imposta di registro, va escluso che la compravendita di un fabbricato possa riqualificarsi, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 131 del 1986, come vendita di area edificabile, non potendosi dare rilievo all’intenzione delle parti di demolirlo per costruirne, successivamente, uno nuovo, dovendo l’ente imposito re limitare la propria valutazione al contenuto testuale dell’atto tassato» (Cass. 30/12/2021, n. 37416). Inoltre, ancora di recente, si è pure chiarito che «in materia di imposte ipotecarie e catastali, secondo una ricostruzione uniforme sia ai fini delle imposte dirette che indirette, va escluso che la compravendita di un fabbricato da demolire possa riqualificarsi come vendita di area edificabile quando tale operazione sia economicamente indipendente, anche se l’intenzione delle parti sia di procedere alla totale o parziale demolizione dell’immobile e, quindi, alla sua ricostruzione o alla costruzione di un nuovo fabbricato» (Cass. 09/12/2021, n. 39133).
5.5.1. Inoltre, con riferimento alla vendita di un terreno edificato, che presenti però un’ulteriore potenzialità edificatoria, non si è mancato di statuire che «in tema di IRPEF, ai fini della tassazione separata, quali ‘redditi diversi’, delle plusvalenz e realizzate a seguito di cessioni, a titolo oneroso, di terreni dichiarati edificabili in sede di pianificazione urbanistica, l’alternativa tra ‘edificato’ e ‘non edificato’ non ammette un ‘tertium genus’, con la conseguenza che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe
integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni» (Cass. 21/02/2019, n. 5088).
5.5.2. I principi sopra richiamati sono stati confermati recentemente da questa Corte con l’ord. n. 30346/2023, depositata il 31 ottobre 2023.
Può, quindi, essere affermato il seguente principio di diritto: ‘in materia di imposte ipotecarie e catastali, ai sensi dell’art. 67 comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 917 del 1986, secondo una ricostruzione uniforme sia ai fini delle imposte dirette che indirette, deve escluso che la compravendita di un fabbricato in relazione al quale sia stata stipulata tra il Comune ed il proprietario una convenzione per la sua sopraelevazione possa in conseguenza riqualificarsi come vendita di un’ area edificabile, anziché di un fabbricato ‘.
Il secondo strumento di impugnazione introdotto dalla COGNOME risulta, quindi, fondato e deve, perciò, essere accolto, con assorbimento degli altri motivi.
In conseguenza la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte di legittimità può decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. , annullando l’atto impositivo.
Le spese di lite dei gradi di merito del giudizio possono essere compensate tra le parti, mentre le spese processuali del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della controversia.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e , decidendo nel merito, annulla l’avviso di accertamento n. T9H05C103913.
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.600,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, Euro 200.00 per esborsi, ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.