LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Plusvalenza: onere della prova del prezzo d’acquisto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 577/2024, ha stabilito che grava sul contribuente l’onere della prova di un maggior prezzo d’acquisto di un immobile per ridurre la plusvalenza tassabile. Una scrittura privata non registrata e assegni non provati non sono sufficienti a dimostrare un prezzo superiore a quello indicato nel rogito notarile, invertendo la decisione di merito che aveva erroneamente addossato l’onere probatorio all’Agenzia delle Entrate.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenza Immobiliare: l’Onere della Prova del Prezzo di Acquisto

L’ordinanza n. 577/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento in materia di onere della prova per la plusvalenza immobiliare. La decisione sottolinea come spetti interamente al contribuente dimostrare, con prove certe e inconfutabili, di aver sostenuto un costo di acquisto superiore a quello risultante dall’atto notarile, al fine di ridurre l’imponibile tassabile. Un caso che evidenzia i rischi di affidarsi a scritture private non dotate di data certa per documentare operazioni finanziarie rilevanti di fronte al Fisco.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una contribuente. L’Amministrazione Finanziaria contestava una plusvalenza, derivante dalla vendita di un immobile avvenuta nel 2004, di gran lunga superiore a quella dichiarata. Secondo il Fisco, il prezzo di rivendita era significativamente più alto, basandosi su assegni per un totale di 1.100.000 euro emessi dall’acquirente a favore della contribuente e di sua figlia.

La contribuente si opponeva, sostenendo che anche il prezzo di acquisto, sostenuto l’anno precedente, era molto più elevato di quello indicato nel rogito e pari a circa 1.110.000 euro. A prova di ciò, produceva una scrittura privata preliminare e una serie di assegni e movimenti bancari che, a suo dire, documentavano il pagamento dell’intero importo ai venditori originari. Tale circostanza avrebbe azzerato la plusvalenza accertata.

I giudici di merito accoglievano solo parzialmente le ragioni della contribuente, riducendo la plusvalenza ma non annullandola, riconoscendo solo in parte il maggior costo di acquisto. Insoddisfatte, sia la contribuente che l’Agenzia delle Entrate proponevano ricorso in Cassazione.

L’Onere della Prova nella Plusvalenza: La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso principale della contribuente e accolto quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando l’esito del giudizio di merito. I giudici di legittimità hanno censurato la sentenza impugnata per aver erroneamente applicato le regole sull’onere della prova della plusvalenza.

La contribuente aveva presentato diversi motivi di ricorso, tra cui la presunta illegittimità del raddoppio dei termini di accertamento e vizi di motivazione della sentenza. La Corte ha rigettato tutte queste censure, ritenendole in parte infondate e in parte inammissibili, in quanto miravano a una nuova valutazione dei fatti.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’accoglimento del ricorso dell’Agenzia. Quest’ultima lamentava la violazione degli articoli 2697 (onere della prova) e 2704 (data della scrittura privata nei confronti dei terzi) del codice civile. La Corte ha concordato con la difesa erariale.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: chi intende far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel contesto tributario, se un contribuente afferma di aver pagato un prezzo di acquisto superiore a quello risultante da un atto pubblico (il rogito), ha il dovere di fornirne prova piena e certa.

La Corte ha specificato che una scrittura privata, per essere opponibile a terzi come l’Agenzia delle Entrate, deve avere una data certa, secondo i requisiti dell’art. 2704 c.c. (ad esempio, tramite registrazione). Nel caso di specie, la prova della data del preliminare era stata desunta dal versamento di un singolo assegno, ma il contenuto dell’accordo e i pagamenti successivi erano supportati da elementi probatori ritenuti deboli e insufficienti.

I giudici di secondo grado avevano errato nell’invertire l’onere della prova, ritenendo che l’Agenzia avrebbe dovuto contestare specificamente o avviare indagini bancarie per smentire le affermazioni della contribuente riguardo agli assegni. La Cassazione ha chiarito che non spetta all’Amministrazione Finanziaria provare la falsità delle allegazioni del contribuente; al contrario, è quest’ultimo che deve fornire una prova “al di là di ogni dubbio” della veridicità dei fatti che porta a suo favore.

La semplice emissione di assegni, peraltro tratti a favore della stessa contribuente e solo asseritamente girati ai venditori, non costituisce una prova presuntiva sufficiente per dimostrare la stipulazione di un contratto preliminare per un importo superiore. Di conseguenza, la decisione di merito, basandosi su tali fragili elementi, è stata cassata.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale per chiunque si trovi a gestire compravendite immobiliari e la relativa tassazione. Quando si stipulano accordi che modificano gli importi risultanti dagli atti pubblici, è essenziale formalizzarli in modo inoppugnabile. Una scrittura privata non registrata o pagamenti non tracciati in modo chiaro espongono a un elevato rischio di contestazione fiscale.

La lezione pratica è chiara: per dimostrare un maggior costo di acquisto e ridurre legittimamente la plusvalenza, il contribuente deve munirsi di prove documentali forti, come un contratto preliminare registrato o mezzi di pagamento che colleghino inequivocabilmente le somme versate alla compravendita immobiliare. Affidarsi a presunzioni o aspettarsi che sia il Fisco a dover smentire le proprie affermazioni è una strategia processuale destinata al fallimento. L’onere della prova della plusvalenza, o meglio, dei suoi elementi costitutivi, grava interamente sulle spalle del contribuente.

A chi spetta l’onere di provare un maggior prezzo di acquisto di un immobile per ridurre la plusvalenza tassabile?
L’onere della prova grava interamente sul contribuente. È lui che deve dimostrare, con prove certe e inconfutabili, di aver sostenuto un costo superiore a quello risultante dall’atto pubblico di compravendita.

Una scrittura privata non registrata è sufficiente per dimostrare al Fisco un prezzo diverso da quello del rogito?
No. Secondo la Corte, una scrittura privata è opponibile a terzi, come l’Agenzia delle Entrate, solo se ha una data certa ai sensi dell’art. 2704 c.c. La prova del contenuto e della data deve essere rigorosa e non può basarsi su semplici presunzioni o elementi probatori deboli come assegni la cui girata non è provata.

Il raddoppio dei termini di accertamento fiscale è legittimo anche se il procedimento penale viene archiviato?
Sì. La Corte ha ribadito che il raddoppio dei termini dipende esclusivamente dalla presenza astratta dei presupposti che fanno sorgere l’obbligo di denuncia penale per il pubblico ufficiale, a prescindere dall’esito del procedimento penale stesso o dalla data di presentazione della denuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati