Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16695 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16695 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 20752/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
-intimata – avverso la sentenza n. 7/2020 RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, depositata il 10 gennaio 2020;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2025 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
Il 5 aprile 2011 l’RAGIONE_SOCIALE notificò ad RAGIONE_SOCIALE in liquidazione un atto di contestazione di sanzioni per infedele dichiarazione del sostituto d’imposta.
L’avviso traeva origine da precedente atto impositivo notificato alla società il 10 marzo 2011, relativo ad Ires per l’anno d’imposta 2008, scaturente dal rilievo di una plusvalenza di € 1.930.000,00 -pari alla differenza fra il valore RAGIONE_SOCIALE partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE, pari ad € 2.000.000,00, e il corrispettivo di cessione, pari ad € 70.000,00 sulla quale non si applicava il beneficio RAGIONE_SOCIALE participation exemption per carenza del requisito richiesto dall’art. 87, comma 1, lett. d ), del TUIR, poiché la società partecipante non svolgeva attività commerciale.
Da tale circostanza discendeva, peraltro, l’obbligo RAGIONE_SOCIALE società di operare la ritenuta del 12,50% a titolo d’imposta sugli utili corrisposti alle persone fisiche in relazione a partecipazioni non qualificate, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973.
L’atto impositivo fu impugnato dalla società innanzi alla Commissione tributaria provinciale RAGIONE_SOCIALE Spezia, che ne riconobbe parzialmente le ragioni, ritenendo legittima la pretesa erariale, in quanto fondata sulla sussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto, ma non ravvisando, al contempo, elementi sufficienti per formulare tale ipotesi.
La pronunzia di primo grado fu oggetto di appello principale dell’Amministrazione e di appello incidentale RAGIONE_SOCIALE società, entrambi disattesi dalla RAGIONE_SOCIALE.
I giudici regionali richiamarono, al riguardo, la decisione da loro stessi in pari data nel contenzioso concernente l’atto impositivo presupposto.
La sentenza d’appello è stata impugnata dall’RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La società contribuente è rimasta intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, l’Amministrazione denunzia nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992.
Assume, al riguardo, che la sentenza impugnata sarebbe sorretta da motivazione contraddittoria.
I giudici regionali, infatti, per un verso avrebbero dichiarato di condividere nel merito la sentenza di primo grado sottoposta alla loro cognizione (laddove hanno affermato che « la sentenza di primo grado […] è stata correttamente motivata e le considerazioni espresse sono da condividersi ») e, per altro verso, avrebbero escluso di potersi pronunziare sul merito RAGIONE_SOCIALE vicenda, connettendo effetto di giudicato sostanziale alla sentenza da loro stessi resa sull’atto presupposto (laddove hanno affermato che « tale decisione […] comporta la conferma anche RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata con il presente giudizio »).
Con il secondo motivo è dedotta nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per violazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., nonché dell’art. 101 Cost.
La censura, dichiaratamente formulata « per il caso in cui la Corte non ritenesse sussistente un contrasto fra le affermazioni RAGIONE_SOCIALE CTR ma reputasse che la CTR si sia astenuta dal rendere una pronunzia di merito », denunzia un errore in cui sarebbero incorsi i giudici d’appello
nel ritenere sussistente un giudicato sull’infondatezza RAGIONE_SOCIALE pretesa erariale.
Con il terzo motivo, infine, l’Amministrazione denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 27, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 13 del d.lgs. n. 471/1997 .
Secondo l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, i giudici regionali avrebbero errato nel ritenere insussistente la contestata ipotesi di abuso, dalla quale traeva origine l’esercizio RAGIONE_SOCIALE potestà sanzionatoria ; al contrario, la ricostruzione dell’operazione posta in essere dalla società evidenziava la sussistenza di una plusvalenza «non realizzata, in quanto trasferita ai soci e pertanto idonea a concorrere alla formazione del reddito».
I primi due motivi, meritevoli di scrutinio congiunto per la loro connessione, non sono fondati.
La sentenza impugnata ha infatti condiviso, nel merito, il contenuto RAGIONE_SOCIALE decisione n. 8/2020, contestualmente resa dagli stessi giudici, che ha ritenuto infondata la pretesa erariale posta a monte dell’accertamento qui in scrutinio.
Il richiamo a tale decisione, evidentemente ben nota alle parti in ragione RAGIONE_SOCIALE contestualità dei giudizi, soddisfa il requisito di sufficiente motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza, perché non si risolve in un’acritica adesione alla pronunzia richiamata (cfr. Cass. n. 21443/2022); né sussiste il denunziato profilo di contraddittorietà, perché l’affermazione secondo cui la prima decisione avrebbe « comportato la conferma RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata nel presente giudizio », lungi dall’attribuire alla stessa efficacia di giudicato, vale a richiamarne le ragioni come idonee a sostenere anche la statuizione sull’atto impositivo derivato.
È invece fondato il terzo motivo, con il quale, nella sostanza, la ricorrente denunzia l’erroneità nel merito RAGIONE_SOCIALE sentenza -presupposto.
5.1. L’art. 86, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917/1986 prevede che le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono a formare il reddito «se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ».
Il successivo comma 3 specifica poi che in tale ipotesi «la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei beni».
5.2. Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la previsione in oggetto costituisce una norma di chiusura di carattere antielusivo volta ad impedire lo spostamento di massa imponibile dall’area RAGIONE_SOCIALE imposizione naturale ( che è quella RAGIONE_SOCIALE società che possiede i beni) a soggetti terzi (così, fra le altre, Cass. n. 27540/2021; Cass. n. 15753/2020).
Le plusvalenze patrimoniali, in questo caso, si riferiscono ad una componente del reddito di impresa distinta dai ricavi, e costituita, nella maggior parte RAGIONE_SOCIALE ipotesi, da immobilizzazioni materiali (strumentali o meno al l’esercizio dell’impresa ), la cui destinazione assume rilevanza fiscale in ragione di esigenze di cautela fiscale, cioè per la necessità di impedire che, mediante tale destinazione, una parte dei beni venga sottratta alla formazione del reddito di impresa e al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute.
In tal senso, significativamente, la stessa giurisprudenza ha precisato (si veda, ad esempio, la prima RAGIONE_SOCIALE decisioni richiamate), che spetta al contribuente dimostrare che la destinazione impressa al bene assolveva a finalità diverse da tale scopo sottrattivo.
5.3. Il quadro fattuale pacifico, riportato dall’RAGIONE_SOCIALE nel ricorso, appare in sé indicativo del perseguimento di tale finalità.
I fatti contestati alla società, infatti, consistevano nel rilievo RAGIONE_SOCIALE cessione da parte sua, con contestuali atti pubblici del 26 giugno 2008, RAGIONE_SOCIALE quote di partecipazione per l’intero capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE, agli stessi soggetti che ne costituivano la compagine sociale ovvero a soggetti legati a costoro da stretto vincolo parentale.
La cessione RAGIONE_SOCIALE quote si era realizzata per un prezzo complessivo di € 70.000,00, mentre il valore normale attribuibile all’intera partecipazione oggetto di cessione ammontava a 2 milioni di euro per effetto RAGIONE_SOCIALE rivalutazione operata alla fine dell’esercizio 2008; tale importo corrispondeva al valore del patrimonio netto RAGIONE_SOCIALE società partecipata.
In tale quadro di accadimenti, risulta poi che dopo la notifica dell’atto impositivo alla partecipante, avvenuta il 10 marzo 2011, e segnatamente il 27 aprile successivo, l’assemblea dei soci approvò un nuovo bilancio relativo all’anno di imposta oggetto di accertamento, con eliminazione contabile RAGIONE_SOCIALE rivalutazione.
5.4. La sentenza impugnata non ha scrutinato tali circostanze alla luce dei principi ermeneutici ricavabili dalla giurisprudenza di questa Corte.
In particolare, i giudici d’appello hanno apoditticamente ritenuto che la svalutazione contabile successivamente operata fosse giustificata da «previsioni errate di operatività, non realizzatesi neppure a distanza di anni», senza tenere in considerazione il quadro complessivo dei fatti alla luce RAGIONE_SOCIALE finalità antielusiva RAGIONE_SOCIALE disposizione applicata.
Di conseguenza, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo , affinché provveda al riesame RAGIONE_SOCIALE vicenda alla luce degli indicati principi, liquidando, altresì, le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al terzo motivo, respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Corte