Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11786 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11786 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28736/2021 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (domicilio digitale: vEMAIL -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE STACCATA DI SALERNO, n. 5160/2021 depositata il 18 giugno 2021
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 20 marzo 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Avellino dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti dell’avv. NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione ai fini dell’IRPEF la plusvalenza da questi asseritamente realizzata nel 2009 a
sèguito della cessione a titolo oneroso di un bene immobile sito in Napoli alla INDIRIZZO acquistato l’anno precedente a un prezzo notevolmente inferiore.
A fondamento della pretesa tributaria l’Ufficio rilevava che l’immobile in questione non era stato adibito ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, onde doveva escludersi che la plusvalenza da lui conseguita fosse esente da imposizione ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
Il contribuente impugnava vittoriosamente tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Avellino, la quale annullava l’atto impositivo, reputando sussistente la prova che il COGNOME avesse utilizzato l’immobile come propria abituale dimora nel lasso di tempo intercorso fra l’acquisto e la successiva cessione.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, che dichiarava inammissibile l’esperito gravame per mancato deposito della «copia della ricevuta della raccomandata relativa alla notifica dell’atto di impugnazione» , oltre che per difetto di specificità dei motivi.
La pronuncia era, però, in sèguito annullata da questa Corte, che con ordinanza n. 23807/2018 del 1° ottobre 2018, in accoglimento del ricorso per cassazione proposto dalla stessa agenzia fiscale, disponeva il rinvio della causa alla stessa CTR in diversa composizione.
Il processo veniva quindi riassunto dinanzi al giudice del rinvio, il quale, con sentenza n. 5160/2021 del 18 giugno 2021, rigettava l’originario ricorso del contribuente, ritenendo che l’Ufficio avesse dimostrato, mediante presunzioni gravi, precise e concordanti, che l’immobile ceduto non era stato adibito dal contribuente a propria abitazione principale.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, va dichiarato inammissibile, perché tardivo, il controricorso depositato dall’Agenzia delle Entrate il 17 gennaio 2024.
1.1 Per essere considerato tempestivo l’atto in questione avrebbe dovuto essere notificato nel termine di complessivi quaranta giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione, avvenuta il 10 novembre 2021, in base al combinato disposto degli artt. 369, comma 1, e 370, comma 1, primo periodo, c.p.c., nel testo, applicabile «ratione temporis» , vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D. Lgs. n. 149 del 2022, l’atto in questione 1.2 In forza di quanto statuito dal secondo periodo del menzionato art. 370, comma 1, c.p.c., deve ritenersi inammissibile anche la memoria illustrativa depositata dalla predetta agenzia fiscale il 10 marzo 2025, non potendo, nel caso di specie, trovare applicazione il seguente principio di diritto enunciato da questa Corte con riguardo ai soli ricorsi per cassazione depositati entro il 30 ottobre 2016: «In tema di rito camerale di legittimità ex art. 380-bis.1 c.p.c., relativamente ai ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 e per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, la parte intimata che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, per sopperire al venir meno di
siffatta facoltà può presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente, trovando in tali casi applicazione l’art. 1 del Protocollo di intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le Sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio Nazionale Forense, l’Avvocatura generale dello Stato e la Corte di cassazione» (cfr. Cass. n. 6592/2021).
1.3 Sempre «in limine» va osservato che l’intervenuta definizione agevolata, ex art. 1, commi da 186 a 202, della L. n. 197 del 2022, della controversia relativa al preavviso di fermo amministrativo n. NUMERO_CARTA e al presupposto avviso di intimazione n. TFKIPRN001972021 notificati al COGNOME dall’ADER per conto della Direzione Provinciale di Avellino dell’Agenzia delle Entrate -di cui il ricorrente ha fornito idonea documentazione entro il termine fissato dall’art. 372, comma 2, c.p.c. – non determina la cessazione della materia del contendere del presente giudizio, in difetto di elementi obiettivi che consentano di ricollegare la lite tributaria in tal modo definita all’avviso di accertamento oggetto dell’odierna vertenza; anzi, nella nota apposta in calce al provvedimento di sgravio emesso dall’Ufficio il 15 dicembre 2023 viene espressamente rimarcato che .
1.4 Deve, pertanto, procedersi all’esame dei motivi di ricorso.
1.5 Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 2728 c.c. e dell’art.
2, comma 2, del D.P.R. n. 597 del 1973.
1.6 Si censura la gravata decisione per aver a torto ritenuto che la prodotta certificazione anagrafica prodotta dal contribuente, attestante la sua residenza nel Comune di Napoli nel periodo dal 16 gennaio 2008 al 28 aprile 2009, fosse superabile da presunzioni di segno contrario.
Con il secondo motivo, introdotto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. e subordinato al primo, è lamentata la violazione dell’art. 2729 c.c..
2.1 Si sostiene che la Commissione regionale avrebbe erroneamente posto a fondamento della decisione presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dalla legge.
Con il terzo mezzo, ugualmente subordinato al primo, sono prospettate: (a)ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) (per evidente «lapsus calami» indicato come n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR; (b)a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 132 c.p.c.
3.1 Si rimprovera al collegio di secondo grado di aver a torto reputato rilevante, ai fini della tassabilità della contestata plusvalenza, il fine speculativo asseritamente perseguito dal contribuente.
3.2 Viene, in ogni caso, lamentato che l’impugnata sentenza risulterebbe corredata, sul punto, di una motivazione solo apparente.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. e subordinato ai primi due, è dedotta la violazione dell’art. 7 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
4.1 Si assume che avrebbe errato la CTR nel ritenere inutilizzabili le dichiarazioni provenienti da terzi prodotte in giudizio dal contribuente, mediante le quali questi intendeva dimostrare di aver effettivamente destinato l’immobile per cui è causa a propria
abitazione principale.
4.2 A tali dichiarazioni andava, infatti, riconosciuto valore indiziario e i giudici di secondo grado avrebbero dovuto tenerne conto nell’àmbito del complessivo apprezzamento istruttorio.
Il primo motivo è infondato.
5.1 Ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, sono assoggettate a tassazione come redditi diversi -se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguite nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente- le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
5.2 Come si ricava dal chiaro tenore letterale della norma, la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di un’unità immobiliare urbana acquisita da meno di cinque anni in base a un titolo diverso dalla successione non costituisce reddito tassabile soltanto ove il cedente abbia effettivamente adibito l’immobile a propria abitazione principale.
5.3 Ai fini dell’esenzione da imposizione il legislatore ha, quindi, inteso attribuire esclusivo rilievo alla situazione di fatto consistente nella dimora abituale in un determinato immobile (cfr. Cass. n. 17528/2024), a prescindere dalle risultanze anagrafiche.
5.4 Ne consegue che, così come deve riconoscersi al soggetto anagraficamente residente in un Comune la possibilità di provare che un immobile sito in altro luogo è stato effettivamente destinato a propria abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso prima della vendita (cfr. Cass. n. 30180/2021), allo
stesso modo, e specularmente, va consentito all’Amministrazione Finanziaria di fornire elementi presuntivi atti a vincere le contrarie risultanze anagrafiche, onde dimostrare che un immobile ceduto a titolo oneroso a meno di cinque anni di distanza dal suo acquisto non abbia costituito la dimora abituale del cedente nel periodo anteriore all’alienazione.
5.5 Sotto questo aspetto, appare inconferente il richiamo operato dal COGNOME all’art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 597 del 1973 -secondo cui «si considerano residenti, oltre alle persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, coloro che hanno nel territorio dello Stato la sede principale dei loro affari ed interessi o vi dimorano per più di sei mesi dell’anno, nonché i cittadini residenti all’estero per ragioni di servizio nell’interesse dello Stato o di altri enti pubblici»-, trattandosi di disposizione volta a precisare la nozione di persona residente ai fini dell’assoggettabilità all’IRPEF, laddove, nel caso in esame, si discute della ricorrenza della condizione eccezionale richiesta dalla legge affinchè possa andare esente da imposizione fiscale una plusvalenza altrimenti tassabile; condizione che, per quanto detto, è rappresentata dall’effettivo utilizzo dell’immobile come abitazione principale del soggetto che quella plusvalenza ha realizzato.
Il terzo motivo, da esaminare con priorità rispetto al secondo, è ugualmente infondato.
6.1 Per giurisprudenza di questa Corte, il menzionato art. 67, comma 1, lettera b), del T.U.I.R., considera speculativa, sulla base di una presunzione assoluta, la vendita infraquinquennale di un immobile non adibito ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso fra l’acquisto e la cessione (cfr. Cass. n. 4757/2021).
È stato, inoltre, statuito che, ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo, non ha alcun rilievo l’eventuale assenza di volontà speculativa in capo al cedente, in quanto gli elementi che
determinano l’esclusione della fattispecie normativa sono, da un lato, il mancato superamento di un certo intervallo temporale fra l’acquisto e la vendita (cinque anni), dall’altro, la destinazione dell’immobile all’uso personale dell’acquirente e dei suoi familiari, da valutare secondo criteri oggettivi (cfr. Cass. n. 14270/2016).
6.2 Deve, pertanto, escludersi che la CTR sia incorsa in errore di diritto laddove ha evidenziato che «le stesse modalità temporali ed il breve lasso di tempo intercorso tra l’acquisto e la stipula del preliminare di vendita, con corresponsione di una somma non irrilevante, induce a ritenere che l’acquisto dell’immobile sia intervenuto con finalità speculative e che pertanto non sussistano i requisiti per non assoggettare a tassazione la plusvalenza quale reddito diverso ai sensi dell’art. 67 Tuir» .
6.3 D’altro canto, essendo presunta «ex lege» la finalità speculativa perseguita dall’alienante in caso di cessione onerosa di unità immobiliari urbane acquisite da meno di cinque anni a titolo diverso dalla successione, non può ritenersi che la sentenza sia «in parte qua» sostenuta da una motivazione solo apparente, in quanto l’affermazione del collegio regionale non necessitava di essere corroborata dal riferimento a specifiche risultanze processuali.
Va, a questo punto, scrutinato il quarto motivo, benchè proposto subordinatamente non solo al primo ma anche al secondo.
7.1 Esso, infatti, pone una questione che, attenendo al tema della mancata ammissione di elementi probatori potenzialmente idonei a determinare una diversa soluzione della controversia, precede logicamente quella veicolata dal secondo mezzo, con il quale viene sottoposta a critica la valutazione compiuta dai giudici d’appello con riguardo al più limitato materiale istruttorio ritenuto utilizzabile ai fini della decisione.
7.2 Chiarito ciò, la censura è fondata.
7.3 La Commissione regionale ha reputato inutilizzabili le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rilasciate da terzi e
prodotte in giudizio dal COGNOME, mediante le quali egli mirava a dimostrare che l’immobile di INDIRIZZO in Napoli avesse effettivamente costituito la sua dimora abituale nel periodo compreso fra il gennaio 2008 e il marzo 2009.
Hanno osservato, sul punto, i giudici di seconde cure che «alcun rilievo può essere attribuito nel giudizio innanzi alle Commissioni Tributarie alle dichiarazioni sostitutive di notorietà da parte di soggetti terzi, stante l’inammissibilità in tali giudizi della prova testimoniale» .
7.4 L’enunciato si appalesa giuridicamente erroneo, in quanto contrastante con l’insegnamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui al contribuente, così come all’Amministrazione Finanziaria, va riconosciuta -in virtù del principio del giusto processo sancito dall’art. 6 della CEDU e a garanzia della parità delle armi e dell’attuazione del diritto di difesa – la possibilità di introdurre, nel giudizio dinanzi alle Commissioni Tributarie (ora Corti di giustizia tributaria), dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, aventi il valore probatorio proprio degli elementi indiziari (cfr. Cass. n. 30180/2021, resa in controversia analoga a quella che qui ci occupa; nello stesso senso, ex ceteris , Cass. n. 9903/2020, Cass. n. 18065/2016, Cass. n. 8987/2013, Cass. n. 20028/2011).
7.5 Alla stregua della surriferita «regula iuris» , alla quale va data ulteriore continuità, la Commissione regionale non avrebbe dovuto aprioristicamente negare qualsiasi valenza alle dichiarazioni provenienti da terzi depositate in atti dal COGNOME, poiché esse costituivano indizi suscettibili di condurre, nel contesto di una valutazione complessiva dei contrastanti elementi di prova addotti dalle parti, a una decisione diversa da quella adottata.
Il secondo motivo rimane assorbito dall’accoglimento del quarto.
Tirando le fila del discorso fin qui condotto, va accolto il quarto motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, mentre il primo e
il terzo devono essere respinti.
9.1 Ne consegue la cassazione dell’impugnata sentenza, nei limiti dianzi precisati, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi (artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992).
9.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità (artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit.).
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbito il secondo, respinti il primo e il terzo; cassa la sentenza impugnata, nei limiti di cui in motivazione, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione