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Plusvalenza immobiliare: quando si paga l’imposta?

Un contribuente ha contestato la tassazione di una plusvalenza immobiliare sostenendo che il momento rilevante fosse il contratto preliminare, stipulato quando il terreno era agricolo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2906/2024, ha respinto il ricorso, stabilendo che il presupposto impositivo sorge con l’atto definitivo di compravendita. È in quel momento, infatti, che si trasferisce la proprietà e si deve valutare la natura edificabile del terreno, rendendo la plusvalenza imponibile.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenza Immobiliare: Il Momento Decisivo è l’Atto Definitivo, non il Preliminare

Nel complesso mondo delle transazioni immobiliari, comprendere il momento esatto in cui scattano gli obblighi fiscali è fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cardine in materia di plusvalenza immobiliare, chiarendo che il presupposto per la tassazione si realizza solo con la stipula dell’atto definitivo di compravendita, e non con il precedente contratto preliminare. Questa decisione offre importanti spunti per venditori e acquirenti, delineando con precisione i confini temporali dell’imposizione fiscale.

I Fatti del Caso: Dal Vigneto al Terreno Edificabile

Il caso esaminato riguardava un contribuente che aveva ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per una plusvalenza generata dalla vendita di un terreno. La vicenda ha origine nel 2004, quando il contribuente stipula un contratto preliminare per la vendita di un fondo rustico, all’epoca classificato come vigneto non edificabile. L’anno successivo, nel 2005, le parti procedono con l’atto definitivo di compravendita. A quel punto, però, la destinazione urbanistica del terreno era mutata, rendendolo edificabile.

Il contribuente ha impugnato l’accertamento fiscale sostenendo due tesi principali: in primo luogo, che l’atto definitivo fosse una mera esecuzione del preliminare e che quindi la natura del bene (e il suo valore) dovesse essere considerata quella del 2004, ossia di terreno agricolo; in secondo luogo, che parte del prezzo fosse stata incassata già nel 2004 a titolo di acconto, e non nel 2005 come contestato dal Fisco.

La Decisione della Corte sulla Plusvalenza Immobiliare

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente, confermando le decisioni dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno stabilito in modo inequivocabile che, ai fini della tassazione della plusvalenza immobiliare, il momento giuridicamente rilevante è quello in cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà.

Questo effetto si produce esclusivamente con la stipula del contratto definitivo di compravendita davanti al notaio, e non con il contratto preliminare. Quest’ultimo, infatti, genera solo un obbligo tra le parti a concludere il contratto futuro, ma non trasferisce ancora il diritto di proprietà sul bene.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su consolidati principi giurisprudenziali. I giudici hanno spiegato che l’obbligazione tributaria sorge con la cessione effettiva del bene, cioè con il trasferimento della proprietà. Di conseguenza, è al momento dell’atto definitivo che bisogna valutare tutti i presupposti dell’imposizione, inclusa la natura edificabile del terreno che determina la plusvalenza tassabile.

Nel caso specifico, sebbene il preliminare avesse ad oggetto un terreno agricolo, al momento della vendita definitiva nel 2005 il terreno era diventato edificabile. Questa modifica sostanziale ha generato un incremento di valore (la plusvalenza) che è stato correttamente assoggettato a tassazione nell’anno 2005. Irrilevante, secondo la Corte, che l’accordo iniziale fosse stato preso quando il terreno aveva una diversa qualificazione urbanistica.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibili diversi motivi di ricorso del contribuente per vizi procedurali, come la commistione di censure di diritto e di fatto e la violazione del principio della “doppia conformità”, che limita il riesame dei fatti in Cassazione quando le due sentenze di merito sono concordi.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un punto fermo in materia di tassazione delle compravendite immobiliari: il contratto preliminare, pur essendo un passo cruciale nella trattativa, non ha rilevanza ai fini del sorgere dell’obbligo fiscale sulla plusvalenza. L’imposta diventa dovuta solo quando la proprietà passa di mano con l’atto notarile. Pertanto, è la situazione di fatto e di diritto esistente in quel preciso momento (inclusa la qualifica urbanistica del bene) a determinare se e come la plusvalenza debba essere tassata. Questa chiarezza è essenziale per una corretta pianificazione fiscale e per evitare spiacevoli sorprese con l’Agenzia delle Entrate.

Quando sorge l’obbligo di pagare le imposte sulla plusvalenza immobiliare?
L’obbligo sorge al momento della stipula del contratto definitivo di compravendita, poiché è in quel momento che si realizza il trasferimento della proprietà del bene, e non con il contratto preliminare.

Ai fini fiscali, la natura del terreno (agricolo o edificabile) si valuta al momento del preliminare o del rogito definitivo?
La natura del terreno e la sussistenza di tutti i requisiti per la tassazione della plusvalenza, compresa l’edificabilità, devono essere valutate al momento della stipula del contratto definitivo, quando avviene il trasferimento di proprietà.

Per interrompere la decadenza di un accertamento fiscale, quale data è rilevante per l’Agenzia delle Entrate?
Per rispettare i termini di decadenza, assume rilevanza la data in cui l’ente impositore spedisce l’atto di accertamento, e non la data successiva in cui il contribuente lo riceve, in applicazione del principio della scissione degli effetti della notificazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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