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Plusvalenza immobiliare: il prezzo dichiarato fa fede

L’Agenzia delle Entrate ha contestato una plusvalenza immobiliare basandosi sul prezzo dichiarato nell’atto di vendita. La Commissione Tributaria Regionale aveva annullato l’accertamento, ritenendo che l’Ufficio dovesse valutare il valore reale del bene. La Cassazione ha cassato la sentenza, stabilendo che il calcolo della plusvalenza si basa sul corrispettivo dichiarato dalle parti, salvo prova contraria dell’Amministrazione finanziaria.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenza immobiliare: il prezzo dichiarato in atto è il punto di partenza per il Fisco

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di tassazione della plusvalenza immobiliare: ai fini del calcolo dell’imposta, il Fisco deve basarsi sul corrispettivo dichiarato dalle parti nell’atto di compravendita, a meno che non disponga di elementi concreti per dimostrare che tale prezzo non sia veritiero. Questa decisione chiarisce che l’Amministrazione Finanziaria non può procedere a una rettifica basata su una presunta non congruità del valore senza prima contestare la veridicità di quanto dichiarato.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti degli eredi di un contribuente. L’atto impositivo mirava al recupero di una maggiore IRPEF derivante da una plusvalenza immobiliare generata dalla vendita di un terreno e di un’unità abitativa. In primo grado, i giudici avevano dato ragione al Fisco.

Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva ribaltato la decisione, accogliendo le tesi dei contribuenti. Secondo la CTR, l’Ufficio non aveva considerato due aspetti cruciali: in primo luogo, il terreno, sebbene classificato come edificabile, non consentiva alcuna costruzione per motivi geologici, un fattore che ne diminuiva drasticamente il valore. In secondo luogo, il prezzo indicato nell’atto di compravendita era stato inserito ai soli fini dell’imposta di registro e a vantaggio dell’acquirente, senza rispecchiare il valore reale del bene. La CTR, pertanto, censurava l’operato dell’Ufficio per aver accettato acriticamente tale valore dichiarato.

Il ricorso e la tesi dell’Agenzia delle Entrate

L’Amministrazione Finanziaria ha impugnato la sentenza della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un’errata interpretazione delle norme fiscali. Il punto centrale del ricorso era semplice ma decisivo: l’accertamento non si basava su una rettifica del valore dell’immobile, ma sulla plusvalenza immobiliare calcolata come differenza tra il corrispettivo dichiarato dalle parti nell’atto e il costo di acquisto, come previsto dall’art. 68 del TUIR.

L’Agenzia ha sostenuto che la CTR aveva confuso due piani differenti: un conto è accertare un valore di mercato diverso da quello dichiarato (procedimento di rettifica del valore), un altro è calcolare l’imposta sulla base del prezzo che le parti stesse hanno affermato di aver pattuito. Secondo il Fisco, il giudice di appello avrebbe dovuto limitarsi a verificare la correttezza di questo calcolo, basato sui dati forniti dal contribuente stesso.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, in tema di plusvalenza immobiliare, vige il cosiddetto “principio di cassa”. Ciò significa che il momento rilevante per la tassazione è quello in cui il corrispettivo viene effettivamente percepito dal venditore.

Il valore di tale corrispettivo, secondo l’art. 68 del TUIR, è determinato sulla base di quanto dichiarato dal contribuente. L’Amministrazione Finanziaria ha il potere di contestare tale dichiarazione e di accertare un corrispettivo diverso, ma solo se ha elementi concreti per dubitare della veridicità di quanto indicato nell’atto. Nel caso di specie, l’Ufficio si era limitato a prendere atto del prezzo dichiarato e a calcolare la plusvalenza su quella base.

La sentenza impugnata è stata quindi cassata perché ha imposto all’Amministrazione Finanziaria un onere non previsto dalla legge: quello di effettuare una valutazione autonoma del bene anche quando l’accertamento si fonda pacificamente sul prezzo pattuito e dichiarato dalle parti. La CTR, secondo la Suprema Corte, ha erroneamente applicato i principi tipici dei provvedimenti di rettifica del valore a una fattispecie diversa, che riguardava semplicemente il calcolo di una plusvalenza basata su dati contrattuali.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza il principio di auto-responsabilità del contribuente. Il prezzo indicato in un atto di compravendita non è un dato neutro, ma costituisce la base per il calcolo delle imposte dirette, inclusa la tassazione sulla plusvalenza immobiliare. Il Fisco è legittimato a utilizzare tale dato per i propri accertamenti. Qualsiasi valutazione sulla non edificabilità di un terreno o sulla presunta convenienza del prezzo per una delle parti diventa irrilevante se l’accertamento si basa unicamente sul corrispettivo dichiarato. Solo se l’Ufficio intende contestare la veridicità di quel prezzo, ad esempio provando una simulazione o un pagamento “in nero”, dovrà fornire prove adeguate. In assenza di ciò, quanto scritto nel contratto fa piena fede tra le parti e di fronte al Fisco.

Come si calcola la plusvalenza immobiliare ai fini fiscali?
La plusvalenza si calcola come differenza tra il corrispettivo percepito dalla vendita e il prezzo di acquisto del bene, aumentato dei costi inerenti rivalutati. La base di calcolo è, di regola, quanto dichiarato dalle parti nell’atto di compravendita.

L’Agenzia delle Entrate può ignorare il prezzo dichiarato nell’atto di vendita?
No, l’Amministrazione Finanziaria deve basarsi sul prezzo dichiarato nell’atto. Può discostarsene solo se avvia un’indagine specifica e fornisce elementi concreti per dimostrare che il prezzo dichiarato non è veritiero e che quello effettivamente percepito è superiore.

La limitata capacità edificatoria di un terreno influisce sul calcolo della plusvalenza basata sul prezzo dichiarato?
Secondo questa ordinanza, no. Se l’accertamento fiscale si basa sul corrispettivo dichiarato dalle parti nel contratto, le argomentazioni sulla reale capacità edificatoria o sul valore di mercato del bene sono irrilevanti. La base imponibile rimane il prezzo pattuito e incassato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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