Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 929 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 929 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5931/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e con quest’ultimo domiciliato ex lege presso la cancelleria della Corte Suprema di Cassazione in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge
-resistente- e contro
Ministero delle Finanze, in persona del Ministro e legale rappresentante pro tempore
-intimato- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 1975/2015, depositata il 2/10/2015.
nonché sul ricorso riunito iscritto al n. 12481/2017 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e con quest’ultimo domiciliato ex lege presso la cancelleria della Corte Suprema di Cassazione in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge
-controricorrente-
e contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro e legale rappresentante pro tempore
-intimato- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 2888/2016, depositata il 10/11/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con rogito di vendita dell’11 luglio 2007, NOME COGNOME cedette alla società RAGIONE_SOCIALE la proprietà della “porzione lato est di un vetusto fabbricato di civile abitazione, da terra a tetto, con annesso un fabbricatello adibito a bassi servizi e area cortilizia di pertinenza”, situato in Montecchio Emilia (RE), al prezzo di complessivi € 270.000,00.
In data 31 agosto 2010, l’Agenzia delle Entrate notificò al predetto contribuente un avviso di accertamento, con li quale disponeva il pagamento della somma di complessivi € 73.434,24, a titolo di Irpef, interessi e sanzioni sull’imponibile accertato, relativo all’anno 2007, derivante dal realizzo della plusvalenza non dichiarata, riveniente dalla vendita de qua .
Infatti, secondo l’Agenzia, il contratto di vendita in questione doveva in realtà qualificarsi come vendita della proprietà dell’area edificabile sulla quale era situato li fabbricato, indicato quale oggetto della cessione della proprietà, sia in quanto, prima della stipula del rogito , l’acquirente (società che ha per oggetto lavori generali di costruzioni di edifici) aveva già domandato al Comune di Montecchio Emilia il rilascio del permesso di costruire per la demolizione del fabbricato oggetto del contratto dell’11 luglio 2007; sia perché il corrispettivo di compravendita, sostenuto per un fabbricato destinato alla pressoché immediata demolizione, non potrebbe che derivare dal valore dell’area fabbricabile. Secondo l’Amministrazione, quindi, la vendita aveva ad oggetto non la cessione della proprietà del fabbricato, bensì l’alienazione della proprietà dell’area edificabile, che costituisce realizzo di una plusvalenza, che il contribuente avrebbe dovuto sottoporre a tassazione separata.
Il ricorso del contribuente avverso l’atto impositivo è stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia.
Il conseguente appello erariale è stato accolto dalla Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna con la sentenza n. 1975/2015.
Il contribuente propone ricorso, che assume il n.r.g. 5931/2016, affidato a tre motivi e supportato da memoria, avverso tale sentenza d’appello.
Il Ministero delle finanze rimane intimato, mentre l’Agenzia delle entrate deposita nota finalizzata esclusivamente alla partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
Avverso la stessa sentenza d’appello il contribuente ha proposto anche ricorso per revocazione, ex artt. 64 d.lgs. n. 546 del 1992 e 395 n. 4) cod. proc. civ., assumendo che la CTR avrebbe supposto erroneamente il deposito delle ricevute a.r. di avvenuta notifica dell’appello, da parte dell’Agenzia delle entrate, e quindi la regolare instaurazione del contraddittorio, che invece sarebbe stata incontrastabilmente esclusa dalla percezione degli atti e documenti di causa, poiché l’ Agenzia si sarebbe limitata a depositare solamente l’esito della consultazione Internet del sito delle Poste Italiane, unitamente ad un elenco di pratiche riferite all’Agenzia delle entrate di Reggio Emilia, privo di qualsiasi timbro postale, ovvero di altra certificazione postale attestante l’avvenuta spedizione dell’atto d’appello. L’impugnazione erariale avrebbe quindi dovuto essere dichiarata
inammissibile, per effetto della mera percezione degli atti e documenti versati in causa, che non ricomprendevano, a detta del contribuente, le ricevute a,r. di notifica dell’appello. Viceversa, la CTR avrebbe erroneamente supposto la regolare instaurazione del rapporto processuale, per effetto dell’omessa percezione degli atti e documenti e dell’eccezione di inammissibilità formulata dal contribuente appellato.
L’adita Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, con la sentenza n. 2888/2016, ha dichiarato inammissibile ii ricorso per revocazione, rilevando che con essa il contribuente denunciasse in realtà il vizio ex art. 112 cod. proc. civ., già fatto valere dal ricorrente con il ricorso promosso dalla stessa parte innanzi questa Corte contro la medesima sentenza.
Il contribuente propone ricorso, che assume il n.r.g. 12481/2017, affidato a due motivi e supportato da memoria, avverso tale sentenza d’appello.
Il Ministero delle finanze rimane intimato, mentre l’Agenzia delle entrate si difende con controricorso.
Sussistono i presupposti, specie sotto il profilo dell’economia processuale, per riunire i due ricorsi, connessi oggettivamente e soggettivamente, ed in parte finanche coincidenti, nell’attingere il preteso vizio in procedendo della sentenza d’appello n. 1975/2015.
Infatti, i ricorsi per cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima vanno riuniti in caso di contemporanea pendenza in sede di legittimità, nonostante si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti, atteso che la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c., potendo risultare determinante sul ricorso per cassazione contro la sentenza di appello l’esito di quello riguardante la sentenza di revocazione (Cass. 06/07/2022, n. 21315).
Tanto premesso, questo Collegio è ben consapevole che ragioni di ordine logico e giuridico imporrebbero la trattazione e decisione del ricorso per cassazione avverso la sentenza resa sulla revocazione prima di quello per la cassazione della stessa sentenza revocanda. Tuttavia rileva che, nel caso di specie, ragioni di evidente economia processuale giustificano invece l’anticipata trattazione d el ricorso avverso la sentenza revocanda, all’interno del quale il contribuente (che è ricorrente in ambedue i ricorsi)
propone due motivi manifestamente fondati ed idonei all’accoglimento delle sue ragioni nel merito, con conseguente sopravvenutala carenza di interesse del medesimo ricorrente ad ottenere la pronuncia anche sul ricorso che ha per oggetto la sentenza che ha dichiarato inammissibile la revocazione (così come rilevato dallo stesso contribuente nella memoria di cui al giudizio n.r.g. 12481/2017).
Ed è del resto palese che, così procedendo, il contribuente perviene, in questa stessa sede, ad un’immediata decisione (a lui favorevole, come si vedrà) che attinge il merito della controversia, ciò che è più idoneo ad attribuirgli l’utilità effettiva cui è finalizzata la tutela processuale .
Venendo quindi al ricorso n.r.g. 5931/2016, per le medesime ragioni di economia sinora esposte, appare opportuno trattare anticipatamente il secondo ed il terzo motivo.
Con il secondo motivo, il contribuente deduce ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 primo comma n. 3) c.p.c. in relazione agli artt. 17 primo comma lett. g-bis) d.p.r. 917/86 e 67 primo comma lett. b) d.p.r. 917/86 e omessa decisione circa fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione in violazione dell’art.360 primo comma n. 5) c.p.c. in relazione agli artt. 1 7 ) primo comma lett. g-bis) d.p.r. 917/86 e 67 primo comma lett. b) d.p.r. 917/86. ‘.
Con il terzo motivo il contribuente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art.360 primo comma n. 3) c.p.c. in relazione agli artt. 17) primo comma lett. g-bis) d.p.r. 917/86 e 67 primo comma lett. b) d.p.r. 917/86 e in relazione agli artt. 38 d.p.r. 600/73 e 2727 c.c. e omessa decisione circa fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione in violazione dell’art. 360 primo comma n. 5) c.p.c. in relazione agli artt. 17) primo comma lett. g-bis) d.p.r. 917/86 e 67 primo comma lett.b)d.p.r. 917/86 e in relazione agli artt. 38 d.p.r.600/73 e 2727 c.c. ‘.
I due motivi, a prescindere dalla loro formale rubricazione, evidenziano la comune censura della violazione di legge, consistita nel ritenere che la compravendita del fabbricato, ove pure da demolire, potesse integrare una vendita di terreno edificabile, ai fini della plusvalenza imputabile al contribuente.
Al riguardo, questa Corte ha invero già rilevato che « In tema di IRPEF, ai fini della tassazione separata, quali “redditi diversi”, delle plusvalenze
realizzate a seguito di cessioni, a titolo oneroso, di terreni dichiarati edificabili in sede di pianificazione urbanistica, l’alternativa fra “edificato” e “non edificato” non ammette un “tertium genus”, con la conseguenza che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni.» (Cass. 21/02/2019, n. 5088).
Come ulteriormente rilevato da questa Corte (Cass. 09/12/2021, n. 39133), con riguardo alle imposte dirette, la disposizione dell’art. 67, comma 1, lett. b, e 68 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, che assoggetta a tassazione, quali «redditi diversi», le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto, non un terreno «suscettibile di utilizzazione edificatoria», ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi gi à̀ edificato; l’entit à̀ sostanziale del fabbricato non pu ò̀ essere mutata in terreno suscettibile di potenzialit à̀ edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso di specie, attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potest à̀ di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale (Cass. 21/02/2014, n. 4150; Cass. 09/07/2014, n. 15629; Cass. 12/11/2016, n. 7853; Cass. 23/01/2018, n. 1674; Cass. 12/04/2019, n. 10393; Cass. 06/09/2019, n. 22409; Cass. 22/10/2020, n. 23077; Cass. 08/02/ 2021, n. 3006; Cass. 16/03/2021, n. 7377; Cass. 19/03/2021, n. 7917; Cass., 12/05/2021, n. 12528; Cass. 10/06/2021, n. 13674).
Tanto vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e la ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura
nominativa dell’istanza, in quanto la ratio ispiratrice della disposizione citata tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attivit à̀ produttiva del proprietario o possessore, ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica (Cass. 09/07/2014, n. 15629; Cass. 23/01/2018, n. 1674; Cass. 12/04/ 2019, n. 10393).
Ci ò̀ che rileva, dunque, ai fini dell’applicabilit à̀ della norma in esame, è la destinazione edificatoria originariamente conferita ad area non edificata, in sede di pianificazione urbanistica, e non quella ripristinata, conseguentemente ad intervento -su area gi à edificata -operata dal cedente o dal cessionario (Cass. 21/02/2019, n. 5088). Non è , quindi, possibile porre a carico del venditore dell’edificio sorto su terreno (gi à̀ ) edificabile una (affermata) plusvalenza anche solo commisurata all’ulteriore capacit à edificatoria non (ancora) sviluppata, perch é́ si tratterebbe di porre su un soggetto diverso (il venditore) una tassazione che il legislatore ha fissato gi à̀ in capo al compratore.
N é si deve pensare che in tal modo il venditore si sottragga ai propri obblighi fiscali: infatti, nel prezzo di cessione dell’edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacit à edificatoria inespressa. Detta in altri termini, la norma in oggetto non intende colpire la capacit à edificatoria residua (c.d. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente), bens ì̀ solo la plusvalenza nella cessione di un terreno a seguito della primigenia edificabilit à̀ prevista in sede di pianificazione urbanistica. edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialit à̀ del lotto su cui insistono, poich é́
Diversamente opinando sarebbero da considerare soggette a plusvalenza da cessioni di terreno edificabile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edificatoria potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall’intenzione delle parti (tra le tante: Cass.21/02/ 2019, n. 5088; Cass. 08/02/2021, n. 3006).
In ragione di tali principi di diritto, la stessa prassi erariale ha rilevato che «In sostanza, secondo l’interpretazione dei giudici di legittimità, se su un’area insiste un qualsivoglia fabbricato, la stessa area deve dirsi già edificata e non può essere ricondotta alla previsione di area «suscettibile
di utilizzazione edificatoria» di cui all’articolo 67 del TUIR, atteso che la potenzialità edificatoria si è già consumata.
I principi espressi dalla Corte di cassazione sono stati resi nell’ambito di contenziosi vertenti su diverse fattispecie, tra cui anche l’ipotesi della cessione di fabbricati ricadenti in un piano di recupero (cfr. sentenza n. 9606 del 5 aprile 2019).
In considerazione dell’indirizzo assunto dalla giurisprudenza di legittimità, da ritenersi consolidato, e tenuto conto dei pareri con cui l’Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto non opportuna la prosecuzione in cassazione dei giudizi in materia, devono considerarsi superate le indicazioni contenute nella risoluzione n. 395/E del 2008 e, più in generale, non ulteriormente sostenibili le pretese dell’Amministrazione in contrasto con i principi espressi dalla giurisprudenza richiamata (circolare n. 23/E del 29 luglio 2020).
Vanno quindi accolti, nei confronti dell’Agenzia, il secondo ed il terzo motivo del ricorso n.r.g. 5931/2016 del contribuente, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, con l’accoglimento , nel merito, del ricorso introduttivo del medesimo ricorrente.
Per effetto dell’accoglimento del secondo e del terzo motivo, è venuto sostanzialmente meno l’interesse del ricorrente rispetto al primo motivo del ricorso n.r.g. 5931/2016, con il quale si deduce ‘Nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello tempestivamente formulata dal Sig. NOME COGNOME ex art. 360 comma primo n. 4) c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c..». Dato atto dell’inammissibilità sopravvenuta del mezzo, se ne rileva peraltro comunque l’in fondatezza, considerato che, decidendo sul merito dell’appello, la CTR non ha omesso la decisione sull’eccezione, come censurato, ma l’ha implicitamente, ma necessariamente sul piano logico, rigettata.
6. Per effetto dell’accoglimento del ricorso n.r.g. 5931/2016, con la cassazione della sentenza impugnata e l’accoglimento nel merito del ricorso introduttivo, stante l’intervenuto soddisfacimento della pretesa fatta valere, è sopravvenuta la carenza d’interesse del contribuente rispetto al ricorso n.r.g. 12481/2017, avente ad oggetto l’impugnazione
della sentenza che ha deciso sulla revocazione, con conseguente inammissibilità di tale impugnazione di legittimità, secondo il criterio del resto già prospettato dal ricorrente nella memoria.
7. Considerato che l’orientamento di legittimità che comporta l’accoglimento del ricorso si è formato e consolidato successivamente alla proposizione del ricorso e dell’atto di ‘costituzione’ dell’Agenzia, che nel relativo procedimento di legittimità non ha peraltro praticato difese attive avverso la tesi del contribuente, si compensano, tra ricorrente ed Agenzia, le spese del merito e quelle di legittimità del giudizio n.r.g. 5931/2016.
Le spese del giudizio di legittimità n.r.g. 12481/2017 si compensano tra ricorrente ed Agenzia, vista l’inammissibilità sopravvenuta del relativo ricorso e le ragioni che l’hanno determinata.
L’inammissibilità sopravvenuta del ricorso n.r.g. 12481 /2017 esclude il presupposto processuale di cui al d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
8. Ambedue i ricorsi vanno dichiarati inammissibili nei confronti del Ministero delle finanze, in quanto «In tema di contenzioso tributario, la legittimazione “ad causam” e ad “processum” spetta esclusivamente all’Agenzia delle entrata con riferimento ai procedimenti introdotti successivamente al 1° gennaio 2001, data in cui è divenuta operativa la sua istituzione, dovendosi invece considerare inammissibile la domanda azionata nei confronti del Ministero.» (Cass. 06/12/2017, n. 29183). Nulla sulle relative spese, essendo rimasto intimato il Ministero.
P.Q.M.
Accoglie , nei confronti dell’Agenzia delle entrate, il secondo ed il terzo motivo del ricorso n.r.g. 5931/2016, dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente, compensando le spese di merito e di legittimità;
dichiara inammissibile il ricorso n.r.g. 5931/2016 nei confronti del Ministero delle finanze;
dichiara inammissibile il ricorso riunito n.r.g. 12481/2017 e compensa le spese di legittimità tra ricorrente ed Agenzia delle entrate.
Così deciso in Roma, il 20/12/2023.