Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8531 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8531 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 14934/2017 R.G. proposti da: COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOME, dal quale sono rappresentati e difesi
-ricorrenti principali –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore -intimata – e con la partecipazione di
COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di erede del predetto COGNOME NOMECOGNOME nelle more deceduto, elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOME, dal quale è rappresentato e difeso
-interveniente volontario – e da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME dal quale è rappresentata e difesa unitamente all’avv. COGNOME Francesco Gaetano
-ricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa «ope legis»
-controricorrente – avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, SEZIONE STACCATA DI BRESCIA, n. 7209/67/16 depositata il 19 dicembre 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Bergamo dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME Graziosi distinti avvisi di accertamento con i quali recuperava a tassazione ai fini dell’IRPEF la plusvalenza da loro asseritamente realizzata nell’anno 2009 a sèguito della vendita di tre appartamenti siti nel Comune di Mozzo (BG), con annesso suolo e sovrastante stalla, ad essi pervenuti per successione ereditaria.
L’Ufficio fondava la ripresa fiscale sulla qualificazione della vendita come cessione a titolo oneroso di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.
I sunnominati COGNOME impugnavano i predetti avvisi di accertamento proponendo cinque separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, la quale, riuniti i procedimenti e ritenute fondate le ragioni addotte dai contribuenti, annullava gli atti impositivi.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che con sentenza n. 7209/67/16 del 19 dicembre 2016 accoglieva l’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria, rigettando gli originari ricorsi delle parti private.
A fondamento della pronuncia resa, per quanto qui di interesse, il collegio regionale osservava che: «Sull’oggetto della cessione risulta molto difficile poter accettare che trattasi di cessione di fabbricati ad una impresa di costruzione, e non (di) cessione di area, per i seguenti fatti: a)l’immobile è incluso in un piano di recupero in convenzione, che naturalmente prevede la demolizione dell’esistente per l’edificazione di un altro fabbricato di dimensioni sia di area di base che dell’altezza diverse da quello precedente, perché viene sfruttata la nuova volumetria concessa con una convenzione (…) L’acquirente non avrebbe mai acquistato tale immobile se non poteva realizzare un edificio che gli permetta di realizzare l’investimento (…) b)l’immobile compravenduto non era l’oggetto principale ed esclusivo; infatti (fra) i contraenti ed il Comune di Mozzo, in data 20/11/2009, a rogito Notaro NOME COGNOME registrato in pari data, viene stipulata la Convenzione Urbanistica Cessione di Aree con la quale si obbligano a realizzare opere di urbanizzazione primaria che andranno a servire le nuove costruzioni che il Comune ha autorizzato. Quindi i venditori, prima di cedere, hanno acquisito il diritto a costruire, secondo disposizioni convenzionali, per sé o per i propri aventi causa (…) Pertanto, quello che si va a vendere non è la costruzione in essere ma l’area con i diritti acquisiti dalla convenzione. Non è di ostacolo a tale conclusione la forma apparente del negozio giuridico, perché si deve avere riguardo alla natura degli atti, così come previsto dal citato art. 20 del T.U. (imposta di registro) del 26/04/1986, n. 131, utilizzabile in questo caso perché l’ordinamento giuridico è unitario. Nella fattispecie concreta, la natura è di una cessione di area fabbricabile (e non di fabbricati), che era il solo scopo per il quale il compratore ha stipulato il contratto di compravendita. Quindi è la situazione ex ante e non ex post che… deve accertarsi per la applicabilità della tassazione della plusvalenza» .
Contro tale sentenza NOME, NOME e NOME COGNOME da un lato, e NOME COGNOME dall’altro, proponevano autonomi ricorsi per cassazione affidati, rispettivamente, a un unico motivo, articolato in due distinti profili di doglianza, e a tre mezzi di gravame.
L’Agenzia delle Entrate rimaneva intimata.
Le cause venivano avviate alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c., per l’udienza del 17 aprile 2024, anteriormente alla quale i ricorrenti depositavano due distinte memorie illustrative.
Prima dell’adunanza interveniva volontariamente NOME COGNOME nell’allegata qualità di erede di NOME COGNOME nelle more deceduto.
Con ordinanza interlocutoria n. 16747/2024 emessa all’esito della detta udienza e depositata il 16 giugno 2024, rilevata la nullità della notificazione del ricorso proposto da NOME COGNOME il Collegio ne disponeva la rinnovazione entro un termine perentorio, rinviando la causa a nuovo ruolo.
Espletato l’incombente, l’Agenzia delle Entrate depositava controricorso per resistere al gravame in questione.
La trattazione del procedimento veniva, quindi, ulteriormente fissata per l’odierna udienza camerale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
(A)Questioni pregiudiziali
1. In via pregiudiziale, va osservato che NOME COGNOME ha regolarmente provveduto a rinnovare la notificazione del ricorso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate entro il termine perentorio di sessanta giorni all’uopo assegnato dalla Corte con ordinanza interlocutoria n. 16747/2024 del 16 giugno 2024, nonché a depositare in cancelleria, nei venti giorni successivi alla scadenza del detto termine, la documentazione comprovante l’espletamento dell’incombente, giusta quanto stabilito dall’art. 371 -bis c.p.c.,
applicabile estensivamente all’ipotesi in esame (cfr. Cass. Sez. Un. n. 19706/2015; id., Cass. n. 1930/2017 e Cass. n. 9097/2019).
1.1 Sempre «in limine litis» deve essere dichiarata l’ammissibilità dell’intervento spiegato da NOME COGNOME nella qualità di erede del ricorrente NOME COGNOME, deceduto nelle more.
1.2 Al riguardo, è stato affermato da questa Corte che l’applicazione della disciplina di cui all’art. 110 c.p.c. non è espressamente esclusa per il giudizio di legittimità, né appare incompatibile con le forme proprie dello stesso; pertanto, il soggetto che intenda proseguire il procedimento di cassazione nella veste di successore a titolo universale di una delle parti già costituite deve allegare e documentare, tramite le produzioni consentite dall’art. 372 c.p.c., tale sua qualità, attraverso un atto che, assumendo la natura sostanziale di un intervento, sia partecipato alla controparte (cfr. Cass. Sez. Un. n. 9692/2013, Cass. n. 8973/2020).
1.3 Nel caso di specie, l’interveniente ha depositato in via telematica la memoria di costituzione, corredandola, entro il termine di cui all’art. 372, comma 2, c.p.c., del certificato di morte del dante causa, della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e del certificato di stato di famiglia comprovante il rapporto di parentela con il defunto.
1.4 Tali atti sono stati in questo modo resi conoscibili alle altre parti, che non hanno sollevato osservazioni in proposito (cfr., per un’analoga fattispecie, Cass. n. 18958/2024).
1.5 Va ancora premesso che il ricorso per cassazione spiegato da NOME, NOME, NOME (cui è succeduto a titolo universale il figlio NOME) e NOME COGNOME è da qualificare come principale, essendo stato notificato anteriormente a quello autonomamente proposto dalla predetta NOME COGNOME, il quale va, conseguentemente, considerato incidentale, pur non
rivestendo la forma del controricorso prevista dall’art. 371, comma 1, c.p.c. (cfr., ex ceteris , Cass. n. 36057/2021, Cass. n. 27680/2021, Cass. n. 448/2020, Cass. n. 5695/2015).
(B)Ricorso principale
Tanto premesso, con l’unico motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., vengono denunciati: (a)la violazione dell’art. 67 del D.P.R. n. 917 del 1986 e dell’art. 20 del D.P.R. n. 131 del 1986; (b)l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti.
2.1 Sotto il primo profilo, si rimprovera alla CTR di non aver considerato che la fattispecie di causa riguardava la vendita di un terreno già edificato, sicchè non sussistevano i presupposti per l’applicabilità della disposizione recata dall’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, in base alla quale sono soggette a tassazione soltanto le plusvalenze realizzate a sèguito di trasferimento a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.
2.2 Viene, inoltre, soggiunto che nemmeno poteva trovare applicazione la norma di cui all’art. 20 del D.P.R. n. 131 del 1986, sia perché riguardante i soli atti assoggettati a imposta di registro, sia perché, in ogni caso, il criterio ivi stabilito, in base al quale l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, (nel caso di specie costituiti dal contratto di compravendita e dalla convenzione urbanistica).
2.3 Sotto il secondo profilo, si sostiene che ai giudici di secondo grado sarebbe sfuggito che nel contratto di compravendita i COGNOME non avevano assunto alcun obbligo di demolizione dei fabbricati insistenti sul terreno alienato, essendosi l’acquirente
stipulata dai cedenti con il Comune di Mozzo.
Tale convenzione prevedeva: .
(C)Ricorso incidentale
Con il primo motivo del ricorso incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2700 c.c., dell’art. 2728 c.c. e dell’art. 27 della L. n. 457 del 1978.
3.1 Gli «errores in iudicando» commessi dalla CTR sarebbero consistiti:
(a)nella violazione del , costituite dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Mozzo e dalla convenzione urbanistica a rogito del notar NOME COGNOME del 15 ottobre 2009, avendo il collegio di secondo grado ;
(b)nell’inosservanza della normativa urbanistica, e in particolare dell’art. 27 della L. n. 457 del 1978, contenente la disciplina dei piani di recupero, dal quale si ricaverebbe che ; di qui la conclusione che, essendo gli immobili ceduti dalla ricorrente inseriti in un piano di recupero urbanistico adottato dal Comune di Mozzo, .
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 917 del 1986.
4.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente respinto la tesi della contribuente secondo cui la vendita di un fabbricato, pur se inserito in un piano di recupero e destinato alla demolizione, non può in alcun modo essere equiparata alla cessione di area fabbricabile ai fini della realizzazione di una plusvalenza tassabile.
Con il terzo mezzo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 del D.P.R. n. 131 del 1986.
5.1 Si contesta alla Commissione Regionale di aver posto a fondamento della decisione la citata norma del D.P.R. n. 131 del 1986, la quale fissa un canone interpretativo, incentrato sulla valorizzazione dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici dell’atto, applicabile soltanto in materia di imposta di registro.
(C)Esame dei motivi
Il primo profilo di censura dell’unico motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale possono essere esaminati congiuntamente, in quanto accomunati dalla denuncia del medesimo vizio.
6.1 Essi appaiono fondati e vanno, pertanto, accolti, nei termini di sèguito illustrati.
6.2 In sede di interpretazione della norma di cui all’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, questa Corte ha già più volte avuto modo di precisare che, ai fini della tassazione separata, quali «redditi diversi», delle plusvalenze realizzate a sèguito di cessioni a
titolo oneroso di terreni dichiarati edificabili in àmbito di pianificazione urbanistica, l’alternativa fra «edificato» e «non edificato» non ammette un «tertium genus» , con la conseguenza che l’alienazione di un edificio, anche ove le parti ne abbiano pattuito la demolizione e la successiva ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione Finanziaria come cessione del sottostante terreno edificabile, neppure se il fabbricato non assorba integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio superare il diverso regime fiscale tassativamente previsto dal legislatore per la cessione degli edifici e per quella dei terreni (cfr. Cass. n. 5088/2019).
6.3 È stato, inoltre, evidenziato che la citata disposizione non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto non già un terreno «suscettibile di utilizzazione edificatoria», bensì un terreno sul quale insorge un fabbricato, e quindi già edificato: ciò in quanto l’entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in quella di un terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni tratte da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, la cui realizzazione è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione) ed eventuale ed è rimessa alla volontà di un soggetto (l’acquirente) diverso da quello interessato dall’imposizione fiscale (cfr. Cass. n. 4150/2014, Cass. n. 7853/2016, Cass. n. 1674/2018, Cass. n. 10393/2019, Cass. n. 23077/2020, Cass. n. 39133/2021).
6.4 Il discorso vale anche nel caso in cui l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e la ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la «ratio» ispiratrice della norma in commento è quella di assoggettare a tassazione la plusvalenza scaturente non da un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di
pianificazione urbanistica (cfr. Cass. n. 15629/2014, Cass. n. 1674/2018, Cass. n. 10393/2019).
6.5 Non è, pertanto, possibile porre a carico del venditore del fabbricato sorto su terreno (già) edificabile un’asserita plusvalenza commisurata anche solo alla residua capacità edificatoria del suolo (cd. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente).
6.6 Né si deve pensare che in questo modo egli si sottragga ai propri obblighi fiscali, dovendo tenersi presente che nel prezzo di cessione dell’edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa (cfr. Cass. n. 929/2024).
6.7 Del resto, diversamente opinando, sarebbero da considerare produttive di plusvalenza imponibile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialità edificatoria del lotto sul quale insistono, poiché questi potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall’intenzione delle parti (cfr. Cass. n. 5088/2019, Cass. n. 3006/2021, Cass. n. 929/2024).
6.8 Ai suenunciati princìpi di diritto non si è attenuta la CTR, la quale, pur avendo accertato che nell’anno 2009 i RAGIONE_SOCIALE avevano venduto tre appartamenti, con annesso terreno e soprastante stalla, acquisiti per successione ereditaria, ha erroneamente sussunto la fattispecie concreta, così come da essa ricostruita, nell’astratta previsione di cui all’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, sul non corretto presupposto che, agli effetti della citata norma, l’operazione negoziale andasse qualificata come cessione a titolo oneroso di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.
6.9 Per quanto precede, i motivi in scrutinio meritano di essere accolti, nei termini precisati, con conseguente assorbimento delle restanti censure svolte dai ricorrenti.
Poiché non risultano necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi degli artt. 384,
comma 2, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, con l’accoglimento degli originari ricorsi delle parti private e il conseguente annullamento degli atti impositivi impugnati.
Stante l’intervenuta definizione della controversia nel merito, si rende necessario provvedere alla regolamentazione delle spese dell’intero processo.
8.1 In proposito, sulla scorta di una valutazione unitaria e globale dell’esito della lite, la Corte reputa che:
-con riguardo al ricorso principale, possa disporsi la compensazione integrale delle spese del doppio grado di merito ed escludersi la ripetibilità di quelle sostenute dai ricorrenti per il giudizio di legittimità, considerato che l’indirizzo nomofilattico che ha condotto all’accoglimento dell’impugnazione si è formato e consolidato successivamente alla proposizione della stessa e che l’Agenzia delle Entrate, restando intimata, si è astenuta in questa sede dal contrastare la tesi dei contribuenti (per un analogo precedente cfr. Cass. n. 929/2024);
con riferimento al ricorso incidentale, ferma la compensazione integrale delle spese del doppio grado di merito, debbano porsi quelle relative al procedimento di cassazione a carico della parte pubblica, la quale ha infondatamente resistito al gravame.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’unico mezzo del ricorso principale, nei termini di cui in motivazione, nonché il secondo mezzo del ricorso incidentale, assorbite le restanti censure; cassa la sentenza gravata e, decidendo la causa nel merito, in accoglimento degli originari ricorsi dei contribuenti, annulla gli avvisi di accertamento impugnati; compensa interamente fra le parti le spese del doppio grado di merito; dichiara non ripetibili le spese del giudizio di legittimità sostenute dai ricorrenti NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e
dall’interveniente volontario NOME COGNOME condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , a rifondere alla ricorrente NOME COGNOME le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 2.500 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione