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Plusvalenza e imposta di registro: la Cassazione decide

Una società di costruzioni ha contestato un avviso di accertamento Ires relativo a una plusvalenza da cessione di ramo d’azienda. L’Agenzia delle Entrate aveva basato il calcolo unicamente sul valore definito ai fini dell’imposta di registro. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31372/2024, ha stabilito che tale valore non può essere l’unico fondamento per l’accertamento della plusvalenza ai fini delle imposte dirette, annullando la decisione precedente e rinviando il caso per un nuovo esame che tenga conto di ulteriori elementi probatori.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenza e Imposta di Registro: Il Valore Fiscale non è Automatico

La correlazione tra il valore di un bene ai fini dell’imposta di registro e la determinazione della plusvalenza tassabile ai fini delle imposte dirette (come l’Ires) è da tempo un tema dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che l’Amministrazione Finanziaria non può basare un accertamento per maggiore plusvalenza esclusivamente sul valore accertato per la registrazione dell’atto. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Cessione di Ramo d’Azienda e Accertamento Fiscale

Una società a responsabilità limitata operante nel settore delle costruzioni aveva ceduto un ramo della propria azienda. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società un avviso di accertamento, contestando una plusvalenza non dichiarata ai fini Ires per l’anno 2008. L’Amministrazione Finanziaria aveva quantificato tale plusvalenza basandosi sul valore del ramo d’azienda come accertato in sede di liquidazione dell’imposta di registro, un atto che, secondo l’ente, la società non aveva contestato.

Il Percorso Giudiziario: Dalle Commissioni Tributarie alla Cassazione

Il caso è passato attraverso due gradi di giudizio prima di arrivare in Cassazione.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva il ricorso della società, annullando l’accertamento. I giudici ritenevano che l’Agenzia delle Entrate non avesse adeguatamente specificato il criterio di quantificazione della plusvalenza, giudicando insufficiente il mero richiamo al valore determinato per l’imposta di registro.

Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), in appello, ribaltava la decisione. La CTR sosteneva che il valore accertato per l’imposta di registro, a cui la società aveva prestato acquiescenza (cioè non si era opposta), potesse legittimamente fondare la stima della plusvalenza per l’Ires, dato che la contribuente non aveva fornito prove contrarie. Di conseguenza, l’atto impositivo veniva considerato valido ed efficace.

Contro questa sentenza, la società proponeva ricorso per cassazione.

Le Motivazioni: La Distinzione tra Plusvalenza e Imposta di Registro

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso cruciale presentato dalla società, incentrato sulla violazione dell’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015. Questa norma, definita di interpretazione autentica e quindi con efficacia retroattiva, è dirimente.

La Suprema Corte ha ribadito un principio già consolidato nella sua giurisprudenza: il valore di un immobile o di un’azienda, dichiarato o accertato ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, non può costituire, da solo, l’unica base per un accertamento di valore ai fini delle imposte sui redditi.

In altre parole, l’Amministrazione Finanziaria non può procedere in via induttiva e determinare una maggiore plusvalenza basandosi unicamente su quel dato. Per farlo, l’Ufficio ha l’onere di individuare e provare “ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti” che supportino la tesi di un maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.

La Corte ha sottolineato che la legittimità di questa conclusione è esclusa dalla previsione normativa citata, che impedisce un’automatica trasposizione dei valori da un’imposta all’altra. Le due imposte, infatti, hanno presupposti e finalità differenti.

Le Conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della CTR e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo giudizio. Quest’ultima dovrà attenersi al principio di diritto enunciato: per contestare una plusvalenza, non basta il valore definito per l’imposta di registro. L’Agenzia delle Entrate deve fornire elementi di prova aggiuntivi.

Questa decisione rafforza la tutela del contribuente, impedendo accertamenti presuntivi basati su un automatismo tra diverse aree dell’imposizione fiscale. Per le imprese, significa che la non contestazione di un valore ai fini dell’imposta di registro non implica un’ammissione automatica dello stesso valore ai fini del calcolo delle plusvalenze per le imposte dirette. Ogni imposta segue le proprie regole di determinazione della base imponibile e l’onere della prova per un maggior reddito resta a carico dell’Amministrazione Finanziaria.

Il valore di un bene accertato ai fini dell’imposta di registro può essere usato automaticamente per calcolare la plusvalenza per le imposte dirette (Ires)?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il valore accertato o definito ai fini dell’imposta di registro non può essere, da solo, il fondamento per un accertamento di valore ai fini delle imposte sui redditi.

Cosa deve fare l’Amministrazione finanziaria per accertare una plusvalenza superiore a quella dichiarata?
Deve individuare e fornire ulteriori indizi gravi, precisi e concordanti che supportino la determinazione di un maggior corrispettivo rispetto a quello dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria.

La norma che vieta l’utilizzo automatico del valore dell’imposta di registro (art. 5, D.Lgs. 147/2015) è retroattiva?
Sì. La sentenza chiarisce che si tratta di una norma di interpretazione autentica e, pertanto, ha efficacia retroattiva, applicandosi anche a situazioni sorte prima della sua entrata in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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