Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 35075 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 35075 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore ;
-resistente –
avverso
la sentenza n. 1534, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna il 6.7.2015, e pubblicata il 10.7.2015;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
OGGETTO: Irpef 2007 -Cessione di terreno edificabile -Mancata riscossione di un corrispettivo in denaro -Conseguimento di altra utilità -* Principio di diritto.
L’Agenzia delle Entrate notificava a COGNOME NOME ed a COGNOME NOME gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, con i quali contestava la plusvalenza non dichiarata conseguita per effetto della cessione di tre lotti di terreno edificabile, per un’estensione complessiva di mq. 2.491 (sent. CTR, p. 1), in relazione al tributo dell’Irpef. L’Amministrazione finanziaria stimava il valore della cessione in Euro 525.601,00, sul fondamento del valore definito nei confronti della società acquirente, la RAGIONE_SOCIALE in sede di accertamento con adesione.
I contribuenti impugnavano gli atti impositivi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio nell’Emilia contestando che l’importo di cessione dichiarato nell’atto notarile come pari ad Euro 340.079,00 doveva intendersi come un costo sostenuto per conseguire l’ottenimento dell’abilitazione all’utilizzazione edificatoria dell’intera area, per effetto di accordo stipulato con il Comune di Scandiano in pari data.
In ogni caso, nella tesi degli esponenti, il prezzo della cessione sarebbe divenuto imponibile solo a seguito della sua effettiva percezione, in applicazione del principio di cassa. Nel caso di specie non era stato conseguito alcun pagamento del prezzo poiché la cessione dei terreni era avvenuta a titolo gratuito.
2.1. La CTP riuniva i ricorsi e li rigettava, motivando sulla legittimità dell’applicazione del criterio del valore accertato ai fini dell’imposta di registro per quantificare l’ammontare della plusvalenza conseguita.
I contribuenti spiegavano appello avverso la decisione interamente sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, rinnovando le proprie critiche. Evidenziavano, tra l’altro, che il Comune di Scandiano aveva richiesto, al fine di concordare sull’attribuzione della edificabilità all’intera area rimanente ai
cedenti, la cessione in favore dell’Ente territoriale di lotti di terreno di proprietà di una società terza, RAGIONE_SOCIALE, che aveva effettivamente ceduto terreni di sua proprietà al Comune di Scandiano perché fossero destinati a verde pubblico. In contraccambio i contribuenti avevano ceduto i loro tre lotti di terreno alla società RAGIONE_SOCIALE Sostenevano i ricorrenti che, in conseguenza della cessione dei propri terreni, poteva al più sostenersi che fosse rimasta integrata una datio in solutum (sent. CTR, p. 2), ma in ogni caso non avevano conseguito alcun prezzo, e quindi non vi era materia imponibile.
3.1. La CTR rilevava che nell’atto notarile di cessione i contribuenti, odierni ricorrenti, avevano dichiarato di aver già percepito il prezzo. La CTR riteneva decisiva questa dichiarazione, e negava l’utilizzabilità della prova documentale offerta dai cedenti, che avevano depositato copia degli estratti dei loro conti correnti, perché prodotta tardivamente solo nel secondo grado del giudizio, e comunque perché documentazione inidonea ad assumere valore di piena prova. Correttamente, pertanto, nella valutazione del giudice del gravame, l’Amministrazione finanziaria aveva sottoposto a tassazione la plusvalenza conseguita dai contribuenti e non dichiarata, rimanendo ininfluente il motivo che li aveva indotti ad addivenire alla stipula.
3.2. In ordine alla stima del valore della plusvalenza conseguita, la CTR riteneva in generale attendibile il criterio dell’importo definito in sede di accertamento con adesione dalla società acquirente ai fini dell’imposta di registro, tuttavia il giudice dell’appello valutava che nel caso di specie, in luogo del valore normale astratto calcolato dall’Agenzia delle Entrate, dovesse piuttosto ritenersi corretto il minor valore indicato in concreto nell’atto notarile di cessione delle aree. Accoglieva pertanto solo parzialmente il ricorso, riducendo il valore della plusvalenza accertata.
Hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti, affidandosi a tre strumenti di impugnazione. L’Agenzia delle Entrate non si è costituita tempestivamente nel presente giudizio, ma ha depositato istanza di partecipazione all’eventuale udienza di trattazione pubblica del giudizio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., i contribuenti contestano la violazione degli artt. 67 e 68 del Dpr n. 816 del 1992 (Tuir), per avere la CTR errato nell’interpretazione della clausola contrattuale della compravendita immobiliare secondo cui avevano conseguito il versamento del prezzo prima della stipula, affermando perciò il giudice dell’appello la realizzazione di una plusvalenza in realtà mai conseguita, ed esprimendosi con motivazione contraddittoria.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti censurano la violazione degli artt. 67 e 68 del Dpr n. 917 del 1986 per avere il giudice del gravame erroneamente interpretato il contratto di compravendita, in part. l’art. 2, finendo per affermare che risulta provata la corresponsione del prezzo di acquisto del terreno, mentre in realtà nessun corrispettivo è mai stato ricevuto, e trascurando che l’imposizione della plusvalenza è possibile (sol) quando il corrispettivo sia stato effettivamente conseguito mentre, nel caso di specie, in realtà i ricorrenti ‘hanno esclusivamente convenuto che l’immobiliare assumesse l’obbligazione dei ricorrenti con l’Ente pubblico’ (ric., p. 15).
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., i contribuenti criticano la violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., perché la CTR ha errato nel non ritenere che i documenti prodotti in appello, gli estratti dei loro conti correnti bancari, potessero essere utilizzati, perché risultano ‘indispensabili’, al fine di rafforzare la prova che nessuna somma è
stata versata in loro favore in conseguenza della cessione dei lotti di terreno.
Mediante i primi due strumenti di impugnazione i contribuenti lamentano, in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione (primo motivo), nonché ancora della violazione di legge (secondo motivo), che la pronuncia della CTR ha mal interpretato una clausola contrattuale secondo cui in occasione della stipula del contratto di cessione il prezzo era già stato corrisposto. Inoltre, con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti lamentano la svalutazione da parte della CTR di una prova decisiva da loro prodotta, e consistente nella copia degli estratti del loro conto corrente. Gli strumenti di impugnazione presentano elementi di connessione e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di chiarezza e sintesi espositiva.
4.1. Occorre allora ricordare come questa Corte di legittimità abbia già condivisibilmente chiarito che ‘in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo … Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero
utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse’, Cass. sez. I, 23.10.2018, n. 26874 (in senso conforme, amplius , cfr. Cass. sez. I, 23.9.2011, n. 19443).
4.2. Tanto premesso, e nella misura in cui le censure dei ricorrenti possono ritenersi ammissibili, occorre ancora ricordare come la CTR abbia rilevato che nell’atto notarile di cessione i contribuenti avevano dichiarato di aver già percepito per intero il prezzo del trasferimento immobiliare. La CTR riteneva decisiva questa dichiarazione, e negava l’utilizzabilità della prova documentale offerta dai cedenti, che avevano depositato copia degli estratti dei loro conti correnti, perché prodotta tardivamente solo nel secondo grado del giudizio, e comunque perché documentazione inidonea ad assumere valore di piena prova. Correttamente, pertanto, nella valutazione del giudice del gravame, l’Amministrazione finanziaria aveva sottoposto a tassazione la plusvalenza conseguita dai contribuenti e non dichiarata, rimanendo ininfluente il motivo che li aveva indotti ad addivenire alla stipula.
4.3. Gli argomenti proposti dalla CTR esprimendo il giudizio sul merito che le competeva, sono chiari. La critica dei ricorrenti risulta invece generica e parziale. I contribuenti propongono meri argomenti per affermare di non aver conseguito alcun prezzo dalla cessione dei terreni, ma le loro dichiarazioni in atto pubblico attestano il contrario. Affermano che la documentazione bancaria sarebbe stata prodotta tempestivamente, ma trascurano la valutazione della CTR secondo cui la documentazione bancaria non è comunque idonea ad assicurare la piena prova della mancata percezione del prezzo. Questa valutazione, peraltro, appare anche senz’altro condivisibile, perché i ricorrenti neppure illustrano come abbiano fornito la non agevole prova di non aver conseguito il
pagamento del prezzo in altro modo (ad esempio mediante versamento in contanti, oppure su diverso conto corrente).
4.3.1. Non solo, anche a voler seguire i contribuenti nella loro prospettazione, ed a ritenere che essi abbiano stipulato in realtà un negozio complesso trilaterale avente quale effetto, tra l’altro, il trasferimento della proprietà dei terreni quale datio in solutum , questo non escluderebbe affatto la sottoposizione ad imposizione della plusvalenza conseguita. Anche la datio in solutum , infatti, nella misura in cui comporta l’attribuzione di un bene in natura suscettibile di valutazione economica, è una manifestazione di capacità contributiva ed importa ‘un reddito imponibile assoggettabile all’imposta sulle plusvalenze’ Cass. sez. I, 24.7.1980, n. 4808; e non si è mancato di specificare, che non ‘può assumere influenza decisiva la qualificazione civilistica delle operazioni (si pensi alla datio in solutum prospettata in ricorso), perché ciò che rileva ai fini tributari è il ricavo (da riprendere a tassazione) che si realizza trasferendo i beni a saldo di un debito’, Cass. sez. V, 25.2.2010, n. 4600; più di recente, poi, si è ribadito che ‘«in tema di determinazione del reddito d’impresa, per la valutazione a fini fiscali delle varie prestazioni che costituiscono le componenti attive e passive del reddito, va applicato il principio, avente valore generale, stabilito dall’art. 9 del d.P.R. n. 917 del 1986, che non ha soltanto valore contabile, e che impone quale criterio valutativo il riferimento al normale valore di mercato (art. 9, terzo comma, cit.) per i corrispettivi, proventi, spese ed oneri in natura presi in considerazione dal contribuente» (Cass. n. 10802 del 2002, conf. n. 869 del 2009)’, Cass. sez. V, 9.2.2018, n. 3170.
Il ricorso proposto dai contribuenti, pertanto, nella misura in cui può ritenersi ammissibile, risulta comunque infondato, e deve perciò essere respinto.
Tenuto conto dell’originalità della questione proposta, sembra opportuno indicare il principio di diritto secondo cui ‘La
datio in solutum , poiché comporta il trasferimento di un bene in natura in cambio di una utilità economicamente valutabile, si risolve in una manifestazione di capacità contributiva ed importa il conseguimento di un reddito imponibile assoggettabile all’imposta sulle plusvalenze ai sensi dell’art. 67, comma 1, del Dpr n. 917 del 1986′.
Non vi è luogo a provvedere in materia di spese di lite, non avendo la resistente Agenzia delle Entrate svolto difese nel giudizio di legittimità.
6.1. Occorre peraltro dare atto che risultano integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, del c.d. doppio contributo.
La Corte,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME e COGNOME .
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15.11.2024.