Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22244 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22244 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
AVVISO ACCERTAMENTO IRAP 2010
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliate presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dalla quale è rappresentata e difesa unitamente al AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende, -controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’RAGIONE_SOCIALE -Romagna n. 1832/12/2019, depositata il 7 ottobre 2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO; rilevato che il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. proc. AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO, ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
A seguito di processo verbale di constatazione del 17 giugno 2015, in data 17 novembre 2015, l’RAGIONE_SOCIALE notificava alla società RAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale accertava , per l’anno di imposta 2012, una maggiore IRAP per € 941.751,00, oltre sanzioni per € 941.751,00 e interessi per € 98.767,75.
In particolare, nel 2012, in occasione di un progetto di risanamento della posizione debitoria della società ricorrente, holding di un gruppo operante nel settore del trasporto merci e della logistica, la RAGIONE_SOCIALE cedeva alla RAGIONE_SOCIALE 10 contratti di leasing immobiliare, così determinando una sopravvenienza attiva che, data la sua natura straordinaria, la capogruppo riteneva di non includere nella base imponibile IRAP.
Avverso tale avviso di accertamento, la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la quale, con sentenza n. 311/01/2016, pronunciata il 14 novembre 2016 e depositata il 22 novembre 2016, lo accoglieva parzialmente, determinando il maggiore valore della produzione accertabile in misura
corrispondente all’ammontare dei componenti positivi di importo uguale ai correlati componenti negativi dedotti in precedenti esercizi, e disapplicando le sanzioni per obiettiva incertezza.
Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale del l’RAGIONE_SOCIALE -Romagna, con sentenza n. 1832/12/2019, pronunciata il 30 settembre 2019 e depositata in segreteria il 7 ottobre 2019, accoglieva l’appello, confermando l’avviso di accertamento anche in punto di sanzioni.
In particolare, secondo il giudice di seconde cure la plusvalenza oggetto di tassazione derivava dalla cessione di 10 contratti di leasing che vedevano la società contribuente come utilizzatrice dei beni immobili dedotti in contratto, come tale non riconducibile, anche in forza di interpretazione estensiva, alla nozione di cessione di azienda o di un suo ramo, unica ipotesi prevista , quest’ultima, che escluderebbe la rilevanza ai fini IRAP RAGIONE_SOCIALE citate plusvalenze.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, sulla base di tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per la pubblica udienza del 19 aprile 2024.
All’udienza suddetta i procuratori RAGIONE_SOCIALE parti hanno rassegnato le conclusioni di cui al verbale in atti.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. procAVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, e dell’art. 11 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, dell’art. 13 -bis , comma 3, del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19 , e dell’art. 2425 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che la C.T.R. avrebbe erroneamente applicato in via retroattiva l’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997, come modificato dall’art. 13 -bis , comma 3, del d.l. n. 244/2016, che sarebbe invece entrato in vigore solo a partire dal 1° marzo 2017. Nella successiva formulazione, infatti, si sarebbe dato luogo a un maggior ampliamento, rispetto al passato, della base imponibile IRAP, dato il venir meno della distinzione nel conto economico tra proventi ordinari e proventi straordinari.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, la contribuente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), dello stesso codice.
Nello specifico, il giudice di seconde cure avrebbe erroneamente interpretato il principio di correlazione previsto dal previgente art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 446/1997, dato che la rilevanza impositiva non deriverebbe dalla natura ordinaria o straordinaria del provento, ma dalla funzione modificativa o rettificativa dello stesso. Ciò ritenuto, data la natura non modificativa, né dal punto di vista contabile né dal punto di vista fiscale, della cessione dei contratti di leasing in
oggetto, ne sarebbe dovuto conseguire il riconoscimento dell’assenza di rilevanza fiscale ai fini IRAP RAGIONE_SOCIALE relative plusvalenze.
1.3. Con il terzo e ultimo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5), dello stesso codice; violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e dell’art. 10, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 , in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), dello stesso codice.
In merito al riconoscimento della legittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni previste nell’avviso impugnato, la contribuente AVV_NOTAIOiene, da un lato, che fin dal primo grado avrebbe adeguatamente provato l’esistenza di una equivocità del dato normativo tale da esimere dalla comminazione di sanzioni e, dall’altro, che comunque l’obiettiva incertezza normativa emergerebbe chiaramente dalle disposizioni applicabili al caso di specie.
2 . Procedendo quindi all’esame de i motivi di ricorso, osserva la Corte quanto segue.
2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Con riguardo alla doglianza sull’applicazione in via retroattiva della disciplina prevista dall’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 446/1997 per come modificata dall’art. 13 -bis , comma 3, del d.l. n. 244/2016 (conv. dalla legge n. 19/2017), occorre rilevare che il giudice di secondo grado non è incorso in un siffatto errore, dato che, nonostante in un primo momento abbia ripercorso l’evoluzione normativa della disciplina in
questione, ha poi ritenuto non straordinari i proventi derivanti dalla cessione di n. 10 contratti di leasing .
Rispetto a tale cessione, infatti, la CRAGIONE_SOCIALE ha sottolineato come fosse la stessa società contribuente ad utilizzare i beni immobili dedotti in contratto, non trattandosi pertanto di una operazione straordinaria che poteva, in ipotesi, integrare gli estremi di una cessione di azienda o di un suo ramo. Invero, riguardando, tale cessione, una società con codice ATECO ‘acquisto, gestione e vendita di beni immobili in conto proprio ‘ , e derivando dalla cessione dei contratti di leasing di dieci immobili, la plusvalenza in questione costituiva senz’altro un componente positivo di reddito attinente alla gestione operative dell’impresa, rientrante quindi nella voca A5) del conto economico ex art. 2425 cod. civ. (sul punto, v. Cass. 26 maggio 2023, n. 14777).
Il giudice di secondo grado, pertanto, ha avuto ben presente la disciplina prevista dall’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 446/1997 ante-riforma -tant’è che in via preliminare l’ha raffrontata con quella oggi vigente e l’ha poi applicata, ritenendo così di ricomprendere nella base imponibile IRAP i controversi 10 contratti di leasing .
2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Sulla base di quanto già chiarito nel punto precedente, anche tale doglianza non merita accoglimento, in quanto formulata sull’erroneo presupposto che i proventi di cui trattasi non siano ricompresi tra quelli indicati nel citato art. 5, comma 1, d.lgs. n. 446/1997.
L’art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 446/1997 prevede -e prevedeva -che «i componenti positivi e negativi classificabili
in voci del conto economico diverse da quelle indicate al comma 1 concorrono alla formazione della base imponibile se correlati a componenti rilevanti della base imponibile di periodi d’imposta precedenti o successivi».
Tale disposizione si riferisce, come sottolineato dalla stessa società ricorrente, a proventi che, nonostante siano di per sé irrilevanti ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, assumono rilevanza in quanto modificativi di componenti invece rilevanti per periodi di imposta precedenti o successivi.
Nel caso in esame, il giudice a quo non si è interrogato sull’esistenza di una siffatta correlazione, data l’esclusione, a monte, del fatto che i proventi derivanti dalla cessione di 10 contratti di leasing potessero essere ignorati nel calcolo della base imponibile IRAP.
In altri termini, la C.T.R. ha ritenuto di ricomprendere i contestati proventi nel calcolo della base imponibile IRAP già sulla base del primo comma dell’art. 5 del d.lgs. n. 446/1997, senza che pertanto fosse necessaria un’ulteriore indagine sulla sussistenza dei presupposti previsti dal successivo quarto comma.
2.3. Il terzo motivo di ricorso è pure infondato.
In merito, in ultimo, alla legittima applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, il giudice di secondo grado, con una motivazione che rende intellegibile l’iter logico -giuridico dallo stesso seguito, ha ritenuto, sulla base della valutazione degli elementi presentati, di escludere la sussistenza dell’esimente dell’obiettiva incertezza normativa, dato che la parte non era riuscita a provarne l’esistenza, adducendo ragioni di erronea interpretazione della norma.
Per costante orientamento di questa Corte, infatti, «in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua del d.lgs. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3 e del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 8, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere – dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (così, da ultimo Cass. n. 10662 del 04/05/2018: Cass. n. 23845 del 23/11/2016; conf. Cass. n. 4522 del 22/02/2013; Cass. n. 3245 del 11/02/2013; Cass. n. 18434 del 26/10/2012)» (cfr. Cass. 1° febbraio 2019, n. 3108).
La condizione di obiettiva incertezza normativa, pertanto, consiste in un’oggettiva impossibilità, accertabile esclusivamente dal giudice, d’individuare la norma giuridica in cui sussumere un caso di specie, mentre resta irrilevante l’incertezza soggettiva, derivante dall’ignoranza incolpevole del diritto o dall’erronea interpretazione della normativa o dei fatti di causa (si v. Cass. 24 giugno 2015, n. 13076).
Come correttamente ritenuto dalla C.T.R., pertanto, l’obiettiva incertezza normativa è qualcosa di più della mera erronea interpretazione della norma, considerando anche che la normativa di specie, anche nella formulazione previgente,
non risulta assolutamente incerta e indefinita rispetto alla sua portata e al proprio ambito di applicazione.
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la ricorrente tenuta al pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 13.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Così deciso in Roma, il 19 aprile 2024.