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Plusvalenza cessione terreno: Cassazione chiarisce

Una contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo a una plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno. L’Agenzia delle Entrate aveva calcolato l’imposta basandosi esclusivamente sul valore del bene accertato ai fini dell’imposta di registro. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4865/2024, ha accolto il ricorso della contribuente, affermando che il valore accertato per l’imposta di registro non è di per sé sufficiente a determinare la plusvalenza ai fini IRPEF. L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di fornire ulteriori prove, gravi, precise e concordanti, per dimostrare un corrispettivo superiore a quello dichiarato.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenza Cessione Terreno: il Valore di Registro Non Basta per l’Accertamento

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4865/2024) ribadisce un principio fondamentale in materia di accertamento della plusvalenza da cessione di terreno: il valore determinato ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente utilizzato per rettificare il reddito del contribuente ai fini IRPEF. L’Amministrazione finanziaria deve fornire prove ulteriori e concrete per poter contestare il prezzo dichiarato nell’atto di vendita.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una contribuente per l’anno d’imposta 2006. L’Agenzia delle Entrate contestava una maggiore IRPEF dovuta, derivante da una presunta plusvalenza superiore a quella dichiarata in seguito alla vendita di alcuni terreni. La particolarità della vicenda risiede nel metodo utilizzato dall’Ufficio: la plusvalenza era stata ricalcolata basandosi unicamente sul valore che era stato accertato per l’applicazione dell’imposta di registro su quella stessa compravendita.

La contribuente si opponeva a tale automatismo, ottenendo una prima vittoria. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate e confermando la validità dell’accertamento. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sulla Plusvalenza Cessione Terreno

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della contribuente, cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito a favore di quest’ultima. Il fulcro della decisione si basa sull’applicazione di una norma di interpretazione autentica, precisamente l’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147/2015.

Questo intervento legislativo, avente efficacia retroattiva, ha chiarito in modo inequivocabile la portata dell’art. 68 del TUIR (d.P.R. n. 917/1986). La Corte ha riaffermato un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza: l’autonomia tra le diverse imposte. Il valore di un immobile definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale non costituisce, da solo, prova sufficiente per un accertamento induttivo ai fini delle imposte sui redditi.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. La norma di interpretazione autentica del 2015 ha lo scopo preciso di impedire che l’Amministrazione finanziaria possa determinare la plusvalenza realizzata da cessioni immobiliari basandosi esclusivamente su un valore definito in un altro contesto fiscale, come quello dell’imposta di registro.

L’onere della prova di un maggior corrispettivo incassato dal venditore rispetto a quanto dichiarato grava interamente sull’Ufficio. Per superare il dato dichiarato nell’atto, l’Agenzia delle Entrate deve supportare la propria pretesa con ‘ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti’. Non è sufficiente un semplice rinvio al valore di registro; è necessario un impianto probatorio più solido che dimostri l’effettivo incasso di un prezzo superiore. La sentenza impugnata è stata cassata proprio perché si era discostata da questo principio, ritenendo erroneamente sufficiente il valore accertato per il registro.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza la tutela del contribuente contro accertamenti fiscali basati su automatismi presuntivi. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Onere della Prova: Viene confermato che l’onere di provare un maggior corrispettivo rispetto a quello dichiarato spetta all’Amministrazione Finanziaria.
2. Divieto di Automatismi: L’Agenzia delle Entrate non può limitarsi a ‘trasferire’ il valore da un’imposta all’altra, ma deve svolgere un’istruttoria autonoma e approfondita per l’accertamento della plusvalenza ai fini IRPEF.
3. Tutela del Contribuente: I cittadini sono maggiormente tutelati da rettifiche fiscali che non siano supportate da un quadro probatorio concreto e circostanziato, andando oltre la semplice valutazione patrimoniale utilizzata per altre imposte.

L’Agenzia delle Entrate può accertare una plusvalenza basandosi solo sul valore definito per l’imposta di registro?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma di interpretazione autentica (art. 5, c. 3, D.Lgs. 147/2015) esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare la plusvalenza basandosi unicamente sul valore accertato ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale.

Cosa deve fare l’Agenzia delle Entrate per contestare il corrispettivo dichiarato in una cessione di terreno?
L’Ufficio deve individuare e provare ‘ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti’ che dimostrino un maggior corrispettivo rispetto a quello dichiarato dal contribuente. Il solo valore di registro non è sufficiente.

La norma di interpretazione autentica citata nella sentenza ha efficacia solo per il futuro?
No, la sentenza chiarisce che la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015 ha efficacia retroattiva, applicandosi quindi anche a situazioni e controversie sorte prima della sua entrata in vigore, come nel caso di specie relativo all’anno d’imposta 2006.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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