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Plusvalenza cessione immobili: basta il valore di registro?

Un contribuente ha contestato un avviso di accertamento IRPEF per una plusvalenza da cessione immobiliare. L’Agenzia delle Entrate aveva basato l’accertamento sul maggior valore definito ai fini dell’imposta di registro. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8386/2024, ha accolto il ricorso del contribuente, stabilendo che il valore dichiarato per l’imposta di registro non è di per sé sufficiente a fondare un accertamento induttivo sulla plusvalenza cessione immobili. L’Amministrazione Finanziaria deve fornire ulteriori indizi gravi, precisi e concordanti.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Plusvalenza cessione immobili: il Fisco non può usare il valore di registro come unica prova

La determinazione della plusvalenza cessione immobili ai fini IRPEF è un tema che genera spesso contenzioso tra Fisco e contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8386 del 28 marzo 2024) ha ribadito un principio fondamentale a tutela del cittadino: il valore di un immobile definito ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per accertare un maggior reddito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento relativo all’IRPEF per l’anno 2003. L’Agenzia delle Entrate contestava a un contribuente una maggiore plusvalenza derivante dalla vendita di un immobile. L’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto illegittimo il corrispettivo dichiarato nell’atto di vendita, procedendo a un accertamento induttivo basato sul valore che l’acquirente stesso aveva definito ai fini del pagamento dell’imposta di registro.

Mentre in primo grado i giudici avevano dato ragione al contribuente, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, considerando legittimo l’operato del Fisco. Secondo la corte d’appello, l’utilizzo di tale valore era sufficiente a giustificare la pretesa fiscale, in assenza di una prova contraria fornita dal venditore. Il contribuente, ritenendo errata questa interpretazione, ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

L’analisi della Cassazione sulla plusvalenza cessione immobili

La Corte di Cassazione ha esaminato due motivi di ricorso. Il primo, di natura procedurale, riguardava la presunta tardività dell’appello presentato dall’Agenzia delle Entrate, motivo che è stato respinto dai giudici per effetto di una norma che aveva sospeso i termini processuali per le controversie di modico valore.

Il secondo motivo, invece, è entrato nel cuore della questione. Il contribuente ha lamentato la violazione di legge, sostenendo che il Fisco non potesse determinare la plusvalenza basandosi esclusivamente sul valore utilizzato per un’imposta diversa, come quella di registro. La Corte ha ritenuto questa censura fondata, accogliendo il ricorso.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione si fonda su un principio ormai consolidato e rafforzato da una norma di interpretazione autentica (art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147/2015). Questa disposizione, con efficacia retroattiva, stabilisce chiaramente che l’Amministrazione finanziaria non può determinare la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili basandosi soltanto sul valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale.

In altre parole, il valore utilizzato per calcolare un’imposta di natura patrimoniale (registro) non costituisce una presunzione legale per determinare il reddito (plusvalenza IRPEF). Per poter contestare il prezzo dichiarato nell’atto di compravendita, l’Ufficio ha l’onere di individuare e provare l’esistenza di ulteriori indizi, che devono essere gravi, precisi e concordanti. Questi elementi devono supportare l’accertamento di un maggior corrispettivo effettivamente incassato dal venditore rispetto a quanto dichiarato. Nel caso specifico, l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito alcuna prova aggiuntiva, limitandosi a un automatico richiamo al valore di registro. Questo comportamento è stato ritenuto illegittimo.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma a tutela dei contribuenti. Stabilisce che i valori utilizzati per imposte diverse non sono intercambiabili e che il Fisco non può procedere ad accertamenti automatici e presuntivi. Per contestare il prezzo di una vendita immobiliare e accertare una maggiore plusvalenza cessione immobili, l’Agenzia delle Entrate deve svolgere un’istruttoria approfondita, raccogliendo prove concrete che dimostrino l’incasso di un corrispettivo superiore a quello dichiarato. Spetta all’Amministrazione l’onere di provare la sua pretesa, e non al contribuente dover dimostrare, in prima battuta, la congruità del prezzo pattuito.

L’Agenzia delle Entrate può accertare una maggiore plusvalenza immobiliare basandosi solo sul valore dichiarato per l’imposta di registro?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma di interpretazione autentica (art. 5, c. 3, D.Lgs. n. 147/2015), con efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare in via induttiva la plusvalenza basandosi unicamente sul valore definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale.

Cosa deve fare l’Agenzia delle Entrate per contestare validamente il corrispettivo dichiarato in una compravendita?
L’Ufficio deve individuare e fornire ulteriori indizi gravi, precisi e concordanti che supportino l’accertamento di un maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente. Il semplice riferimento al valore di registro non è sufficiente.

Su chi grava l’onere della prova in caso di accertamento di una maggiore plusvalenza?
L’onere di provare che il corrispettivo incassato sia stato superiore a quello dichiarato grava sull’Amministrazione finanziaria. Successivamente, il contribuente potrà fornire la prova contraria per difendersi dalla pretesa fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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