Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 757 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 757 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
Contro
NOME COGNOME
– intimato
–
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania n. 2210/34/14, depositata il 3 luglio 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia notificava avviso conseguente all’accertamento di maggior IRPEF (oltre addizionali e sanzioni) per l’anno 2003 in relazione ad un atto di cessione d’azienda, derivante da una plusvalenza del valore di € 145.552. Il contribuente proponeva ricorso che la CTP accoglieva, e la sentenza di primo grado veniva confermata dalla CTR adìta in sede d’appello dall’Agenzia.
Plusv cessione az
Quest’ultima quindi propone ricorso in cassazione affidato a un solo motivo, mentre il contribuente è rimasto intimato, nonostante la notifica avvenuta il 9 maggio 2015.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 86, TUIR, laddove i giudici d’appello, confermando la sentenza di primo grado, avrebbero erroneamente applicato tale disposizione, in base alla quale la plusvalenza imponibile è pari alla differenza tra il prezzo di vendita pattuito e il costo fiscalmente riconosciuto dell’azienda. Infatti nel caso di specie il valore del ramo d’azienda doveva essere fatto pari, tenendo conto del fatto che il patrimonio netto negativo di € 90.100,00 ma del riconoscimento di un avviamento, nonché di un corrispettivo dichiarato di € 14.900,00 (due versamenti da € 7.450,00 l’uno), del valore effettivamente realizzato, comprensivo dell’avviamento di € 105 mila cui corrispondeva tra l’altro l’accollo del debito derivante dal patrimonio netto negativo.
Il ricorso, sotto il profilo denunciato, è palesemente infondato. L’art. 86, TUIR, stabilisce al comma 2 che la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo e il costo non ammortizzato, cui concorre ovviamente anche il valore d’avviamento.
Pertanto, occorre verificare se il prezzo pattuito sopravanzi il valore dell’azienda, come risultante dalla contabilità fiscalmente rilevante, compreso appunto l’avviamento.
Nella specie l’attivo era pari ad € 403.080 (incluso l’avviamento), mentre il passivo era pari ad € 388.180, per cui il valore dell’azienda era positivo per 14.900 euro, appunto il prezzo risultante dall’atto di trasferimento del ramo d’azienda ed assoggettato a tassazione dal contribuente.
Il fatto che l’acquirente si sia accollato i debiti del ramo d’azienda non sposta minimamente l’importo, perché l’esposizione debitoria è già conteggiata nel passivo sopra indicato.
Né i valori delle poste attive e passive risultano essere stati contestati dall’Agenzia.
Evidentemente la plusvalenza, in base al suo stesso concetto, non può che essere fatta pari alla differenza positiva realizzata una volta ceduta l’universitas facti aziendale, qual esito dell’investimento imprenditoriale stesso.
Il ricorso dev’essere quindi respinto, nulla per le spese non essendosi costituito il contribuente.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2023