Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14814 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14814 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10657/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO -ricorrente- contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, sede di CATANZARO n. 3350/2021 depositata il 19/10/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate notificava ai coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME l’avviso di rettifica e liquidazione con il quale l’Ufficio provvedeva a rettificare il valore dichiarato nell’atto di compravendita del 25.6.2009, con cui i ricorrenti acquistavano un appezzamento di terreno edificabile, ubicato nel Comune di Sellia Marina, ai fini della imposta di registro, ipotecaria e catastale, ingiungendo il pagamento di maggior somma e sanzioni per un totale di euro 40.818,64. Uguale avviso di accertamento veniva notificato il 6.7.2011 al venditore COGNOME NOMECOGNOME
Avverso l’atto predetto, tutti i contribuenti ingiunti proponevano separati ricorsi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro.
Con sentenza n. 190/2019 del 27.5.2015 la Commissione Tributaria Provinciale, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva ed annullava l’avviso di accertamento in rettifica, condannando alle spese
Avverso la sentenza predetta proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale l’Agenzia delle Entrate, e con sentenza n. 3350/21 depositata il 19.10.2021, la CTR della Calabria respingeva l’appello, ritenendo non sufficientemente motivato l’atto di rettifica e liquidazione, alla luce dei rilievi specifici dei ricorrenti circa la non assimilabilità dell’immobile con quelli presi a paragone sia per ubicazione che per caratteristiche urbanistiche.
Avverso la suddetta sentenza di gravame l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui hanno resistito i contribuenti con unico controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione artt. 132 c.p.c. in disposto con l’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., in relazione alla motivazione apparente. In particolare, la difesa erariale contesta che la CTR non abbia fornito
alcuna indicazione sulla natura e la valenza probatoria della documentazione esaminata, né sulle ragioni per cui non condivideva le argomentazioni dell’Agenzia, limitandosi ad un’affermazione generica sulla mancata allegazione dell’atto richiamato e senza nemmeno considerare l’omogeneità delle destinazioni urbanistiche dei due terreni (quello oggetto di accertamento e quello di comparazione), pur in presenza di allegazione dei certificati di destinazione urbanistica prodotti a tale specifico fine.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c. c. 1 n. 4, invocando il vizio di omessa pronuncia. Dal vizio denunciato con il primo motivo deriverebbe anche il vizio di omessa pronuncia sulle specifiche censure formulate con l’appello. In particolare la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi su specifiche prove prodotte in atti ed astrattamente idonee a superare le argomentazioni avverse.
Con il terzo motivo di ricorso (rubricato anch ‘ esso nel ricorso come n. 2, ma graficamente proposto come distinto), si lamenta la violazione dell’art. 52 T .U. Registro, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., per non avere la CTR considerato che l’atto di comparazione era un atto pubblico, come tale suscettivo di agevole individuazione da parte dei contribuenti ancorché citato per relationem.
I motivi possono essere trattati congiuntamente.
Nessuna delle censure impinge l ‘ altra ratio decidendi su cui la decisione si fonda, determinando così l’inammissibilità del ricorso .
5.1. La motivazione della CTR fa difatti leva anche sulla riconosciuta prova della non assimilabilità degli immobili in comparazione, laddove afferma che ‘i contribuenti hanno, peraltro, dimostrato, a mezzo di pertinente produzione documentale, l’insussistenza delle caratteristiche che avrebbero determinato la similitudine tra gli immobili. E ‘ stata provata la diversa ubicazione dei terreni: quello oggetto di comparazione inserito nel foglio 23 del
comune di Sellia Marina, frazione INDIRIZZO, compresa in un territorio noto per la vocazione turistica ed alberghiera, quello dei contribuenti invece ricadente nel foglio 5, frazione INDIRIZZO, località prevalentemente agricola, ed il terreno stesso adibito ad uliveto. È altresì emersa la differente zona urbanistica dei due immobili, il primo inserito nel TUC, territorio urbanistico consolidato, il secondo rientrante, invece, nel TPUI, territorio periurbano relitti integri. E’ stata, infine, prodotta la perizia giura ta di stima dell’area oggetto di compravendita, che ha attestato le effettive differenze tra gli immobili e l ‘esistenza di vincoli e serviti a carico di quello oggetto di giudizio. Per quanto sin qui esposto, consegue che l’atto impugnato non può ritenersi legittimamente adottato’.
5.2. E’ orientamento consolidato che o ve la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. 18/04/2017, n. 9752 (Rv. 643802 – 01)). L’ulteriore ratio come sopra individuabile in sentenza (significativamente introdotta con ‘ peraltro’ …) è dunque definitiva ed intangibile, con conseguente passaggio in giudicato della statuizione che su di essa -autonomamente -si fonda.
Ne consegue che il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non concerne le Amministrazioni dello Stato istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4,000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025 .