Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30214 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30214 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21586/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE (c.f. CODICE_FISCALE), domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
GESTIONI TECNOLOGIE INTEGRATE IN RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, SEZIONE DISTACCATA DI SIRACUSA n. 1895/2022 depositata il 08/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso alla Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ai sensi degli artt. 69, comma 5° e 70 d.lgs. 546/1992, per ottenere l’ottemperanza dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla sentenza n. 2670/2018 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Siracusa contenente la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 20.000 per spese processuali ed € 1.500 per contributo unificato. Con ordinanza del 11/1 – 31/5/2021, la CTR prendeva atto che l’RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto al pagamento in favore dell’Agente RAGIONE_SOCIALE riscossione -creditore pignorante nell’ambito di una procedura ex art. 72 bis d.P.R. 602/1973 dell’importo dovuto alla contribuente, osservava però che tale pagamento era stato eseguito dopo la scadenza del termine di sessanta giorni previsto dalla lett. a) del comma 1 di tale norma e, dunque, era inopponibile alla società ricorrente. Veniva quindi concesso all’RAGIONE_SOCIALE un termine per provvedere al pagamento e fissata una successiva udienza (per il 15/11/2021) per l’adozione dei necessari provvedimenti qualora si fosse protratto l’inadempimento.
Con sentenza n. 1895/2022, la CTR, rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva provveduto all’adempimento, nominava un commissario ad acta perché provvedesse al pagamento di quanto dovuto entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento e condannava l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di ottemperanza. Fissava l’udienza del 14/6/2022 «per la verifica dell’avvenuta ottemperanza» .
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo di impugnazione, sia pure riguardante due aspetti differenti.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancanza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e, comunque, la sua infondatezza nel merito.
Quest’ultima ha depositato altresì memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. con la quale ha insistito nell’eccezione di inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse ad agire, evidenziando che l’RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto al pagamento del dovuto in data 6 aprile 2023.
La Procura Generale ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. con la quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, ritenendo applicabile al procedimento ex art. 72 bis d.P.R. 602/1973 la sospensione dei termini prevista dall’art. 68 d.l. 18/2020.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad impugnare sollevata dalla controricorrente.
Ad avviso di quest’ultima , l’interesse ad impugnare difetterebbe per due motivi; in primo luogo, ha rilevato che, nel verbale di udienza del 20/9/2022, fissata per la verifica dell’avvenuta ottemperanza, secondo quanto disposto con la sentenza qui impugnata, si rappresentava che: « L’RAGIONE_SOCIALE evidenzia di aver richiesto al difensore RAGIONE_SOCIALE società contribuente le coordinate bancarie e l’eventuale delega alla riscossione, e che la liquidazione verrà effettuata, previa verifica RAGIONE_SOCIALE competente Direzione RAGIONE_SOCIALE, dalla Direzione Centrale. Per le superiori circostanze chiede che sia disposta la cessazione RAGIONE_SOCIALE materia del contendere e che sia disposta la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite ». Da tale circostanza emergerebbe quindi la volontà dell’RAGIONE_SOCIALE di non resistere più e di dare esecuzione alla sentenza posta a fondamento del giudizio di ottemperanza.
In secondo luogo, la contribuente ha rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE aveva già impugnato, con ricorso per cassazione fondato sui medesimi motivi, l’ordinanza del 31/5/2021 con la quale era stato assegnato alla stessa un termine per provvedere al pagamento, sicché difetterebbe l’interesse ad impugnare anche la successiva sentenza.
L’eccezione è infondata.
1.1 Con riguardo al primo aspetto è sufficiente osservare che l’udienza del 20/9/2022 si è tenuta dopo che è stata emessa la sentenza qui impugnata (depositata l’8/3/2022) e, dunque, in tale sede l’amministrazione non poteva far altro che provvedere al pagamento, essendo già stata disposta addirittura la nomina del commissario ad acta . Per tale motivo neppure può ritenersi che il pagamento sia stato disposto spontaneamente.
Inoltre, non potrebbe affermarsi che l’esecuzione del pagamento a seguito RAGIONE_SOCIALE sentenza con la quale è stato accolto il ricorso in ottemperanza determini il venir meno dell’interesse ad impugnare la sentenza, per le stesse ragioni per le quali la fine RAGIONE_SOCIALE procedura esecutiva non determina il venir meno dell’interesse a proseguire quanto meno i giudizi di opposizione che abbiano ad oggetto il diritto di procedere ad esecuzione forzata (Cass. n. 4498/2011; Cass. n. 15761/2014; Cass. n. 20924/2017) e, secondo le pronunce più recenti, anche quelli di opposizione agli atti esecutivi e, più in generale, tutte le parentesi di cognizione che si inseriscono nelle procedure esecutive (Cass. n. 1042/2025; Cass. n. 31085/2023, non massimata).
Del resto, con riferimento al processo tributario, è stato osservato che «in sede di giudizio di ottemperanza, il versamento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di quanto ordinato dal giudice tributario in favore del contribuente non costituisce pura e semplice acquiescenza tacita alla sentenza, che preclude il diritto di impugnazione, ma rappresenta un adempimento non spontaneo,
posto in essere in osservanza di un ordine di giustizia ed ispirato, potenzialmente, anche ad altre finalità, tra cui quella di evitare l’esecuzione forzata ed ulteriori spese giudiziali» (Cass. n. 26305/2023; nello stesso senso, Cass. n. 18526/2005).
Per le medesime considerazioni è irrilevante l’esecuzione del pagamento di cui la controricorrente ha dato atto con la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
1.2 Irrilevante è altresì il fatto che pende ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 31/5/2021. A prescindere da ogni altra considerazione, è sufficiente evidenziare che solo la sentenza che conclude il giudizio di ottemperanza è ricorribile per cassazione, come previsto dall’art. 70, comma 10, d.lgs . n. 546/1992 e non, evidentemente, i provvedimenti interlocutori emessi prima RAGIONE_SOCIALE stessa, come l’ordinanza in questione.
Appare opportuno riportare la disciplina contenuta nei commi 7 -10 dell’art. 70 cit.: «7. Il collegio, sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge, attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo RAGIONE_SOCIALE sentenza e tenuto conto RAGIONE_SOCIALE relativa motivazione. Il collegio, se lo ritiene opportuno, può delegare un proprio componente o nominare un commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi e determina il compenso a lui spettante secondo le disposizioni del Titolo VII del Capo IV del Testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia approvato con decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
8. Il collegio, eseguiti i provvedimenti di cui al comma precedente e preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario nominato, dichiara chiuso il procedimento con ordinanza.
Tutti i provvedimenti di cui al presente articolo sono immediatamente esecutivi.
Contro la sentenza di cui al comma 7 è ammesso soltanto ricorso in cassazione per inosservanza RAGIONE_SOCIALE norme sul procedimento» .
Orbene, questa Corte, in ordine alle impugnazioni che possono essere proposte avverso i provvedimenti emessi nell’ambito del giudizio di ottemperanza, ha osservato che «l’art. 70 cit. individua dunque nella sentenza, pronunciata ai sensi del comma 7 all’esito del procedimento celebrato nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, il solo provvedimento impugnabile con ricorso per cassazione “per inosservanza RAGIONE_SOCIALE norme sul procedimento”.
Quanto al contenuto dell’ordinanza che dichiara chiuso il procedimento, cui fa riferimento il comma 8 dell’art. 70 cit., trattasi di provvedimento che, non riconoscendosene generalmente un contenuto decisorio, si ritiene non impugnabile. A tal fine la giurisprudenza di legittimità ha rimarcato il suo contenuto meramente ordinatorio, che si limita a dichiarare chiuso il procedimento ed a prendere atto dell’avvenuta esecuzione, sicché la stessa non è impugnabile, come si desume dall’art. 70, comma 10, del d.lgs. n. 546 del 1992, che limita l’esperibilità del ricorso per cassazione (per inosservanza RAGIONE_SOCIALE norme sul procedimento) alla sola sentenza emessa ai sensi del comma 7 del medesimo articolo (Cass., 16 febbraio 2018, n. 3804). Tuttavia, a fronte di ipotesi in cui, nel dichiarare chiuso il procedimento di ottemperanza, il contenuto RAGIONE_SOCIALE statuizioni adottate con esso abbiano esulato dalla natura ordinatoria per assumere contenuto decisorio, si è affermato che il provvedimento sia suscettibile di ricorso straordinario per cassazione, per violazione di legge, ex art. 111 Cost. La Corte di legittimità ha infatti ritenuto che qualora, senza limitarsi alla mera presa d’atto dell’avvenuta esecuzione dei provvedimenti emessi con la sentenza che ha precedentemente
pronunciato sulla richiesta di ottemperanza, l’ordinanza abbia sindacato sulla correttezza dell’operato del commissario “ad acta” nell’interpretazione e nell’attuazione del decisum, essa sia impugnabile dinanzi alla Corte di Cassazione in applicazione del principio secondo cui ogni provvedimento giudiziario, ancorché emesso in forma di ordinanza o di decreto, che abbia carattere decisorio e definitivo, può essere oggetto di ricorso alla stregua RAGIONE_SOCIALE citata disposizione costituzionale (Cass., 29 settembre 2017, n. 22877; 28 giugno 2017, n. 16086; 14 novembre 2018, n. 29300, quest’ultima in materia di regolazione RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio, su cui già aveva provveduto la sentenza pronunciata ai sensi del comma 7 dell’art. 70, ritenendolo provvedimento abnorme)» (Cass. n. 28059/2022).
Dai principi appena riportati può dedursi che tutte le doglianze riguardanti le ordinanze interlocutorie emesse prima RAGIONE_SOCIALE sentenza di cui al comma 7 dell’art. 70 d.lgs. 546/1992 possono essere fatte valere con l’impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenza, che costituisce l’unico provvedimento impugnabile; le ordinanze emesse successivamente, ai sensi del comma 8, non possono essere impugnate, in quanto sostanzialmente prive di contenuto decisorio, salva la possibilità, qualora esulino dai limiti stabiliti dalla legge di mera presa d’atto dell’attuazione del decisum , di impugnarle con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. per violazione di legge.
Nel caso di specie, non è certo inammissibile il ricorso, in esame in questa sede, proposto contro la sentenza emessa all’esito del giudizio di ottemperanza.
1.3 Difficilmente comprensibile è poi l’eccezione nella parte in cui la controricorrente lamenta che «l’RAGIONE_SOCIALE, con il ricorso per cassazione indicato in oggetto, non ha rivolto alcuna specifica censura con riguardo alla nomina del commissario ad acta. Infatti, le argomentazioni ivi svolte si riferiscono, invero, a un diverso provvedimento giurisdizionale (i.e. l’ordinanza RAGIONE_SOCIALE C.t.r. n.
3555/04/2021) avverso il quale l’RAGIONE_SOCIALE ha già proposto separato ricorso per cassazione» .
In realtà l’RAGIONE_SOCIALE, mediante l’impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenza in oggetto, sostiene che il pagamento eseguito all’esito RAGIONE_SOCIALE procedura ex art. 72 bis d.P.R. 602/1973 è corretto, sicché il giudizio di ottemperanza non poteva avere esito favorevole alla contribuente perché il debito nei suoi confronti era estinto in considerazione di quanto avvenuto nell’ambito RAGIONE_SOCIALE predetta procedura esecutiva.
Dunque, il ricorso, si ribadisce, è ammissibile.
Venendo quindi all’esame dell’unico motivo di ricorso -articolato, tuttavia, in due sub motivi, ciascuno dei quali può essere autonomamente esaminato -va osservato che l’RAGIONE_SOCIALE ha denunciato il vizio di cui all’art. 360, comma 1° , n. 3) c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 72 bis d.P.R. 602/1973 e degli artt. 67, 68 e 83 d.l. 18/2020 conv. con l. 27/2020 , nonché il vizio di cui all’art. 360, comma 1° , n. 4) c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 70 comma 10 d.lgs. 546/1992.
L’Amministrazione ha evidenziato innanzi tutto che il pagamento era stato prima sospeso ai sensi dell’art. 48 bis d.P.R. 602/1973 e che, successivamente, l’Agente RAGIONE_SOCIALE riscossione aveva eseguito il pignoramento presso terzi con le modalità di cui all’art 72 bis d.P.R. 602/1973, notificando il relativo atto il 7 febbraio 2020; il pagamento in favore dell’Agente RAGIONE_SOCIALE riscossione era stato quindi eseguito il 7 agosto 2020. Tale procedura, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente, costituiva una forma particolare dell’espropriazione presso terzi disciplinata dagli artt. 543 e ss. c.p.c. giunta regolarmente al termine mediante il pagamento RAGIONE_SOCIALE somme vincolate, senza che il debitore proponesse alcuna forma di opposizione idonea a porre fine al vincolo nascente dal pignoramento.
La ricorrente ha inoltre evidenziato che la CTR, nel valutare la tardività del pagamento, non aveva tenuto conto RAGIONE_SOCIALE disciplina contenuta negli artt. 67, 68 e 83 d.l. 18/2020 conv. in l. 27/2020: in particolare l’art. 83 aveva sospeso le attività ed i termini processuali fino all’11 maggio 2020; l’art. 68 aveva sospeso i termini dei versamenti con scadenza nel periodo 8 marzo – 31 agosto 2020 derivanti da cartelle di pagamento ed avvisi di accertamento ex articoli 29 e 30 d.l. 78/2010 conv. in l. 122/2010, tra i quali rientrerebbe anche il pagamento che doveva essere eseguito ai sensi dell’art. 72 bis d.P.R. 602/1973.
2.1 Occorre premettere che, sebbene con l’unico motivo si denuncino diversi vizi tra quelli contenuti nell’art. 360 c.p.c., il ricorso è comunque ammissibile, essendo possibile individuare -come si evince dall’esposizione che precede – le diverse doglianze relative ad ognuno di essi. Questa Corte, infatti, ha chiarito che «Il ricorso per cassazione articolato attraverso la proposizione di motivi “misti” – che riconducono, cioè, il vizio RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata a più d’uno fra i parametri elencati dall’art. 360 c.p.c. è ammissibile se la formulazione RAGIONE_SOCIALE censura permette di isolare le doglianze prospettate onde consentirne l’esame separato, esattamente come se fossero state distinte in motivi diversi, numerati singolarmente» (Cass. n. 11152/2025).
2.2 Va osservato, sotto un diverso profilo, che entrambi i motivi (o sub motivi) sono ammissibili, sebbene la sentenza possa essere impugnata , in base all’art. 70 comma 10 d.lgs . n. 546/92 soltanto per ‘ inosservanza RAGIONE_SOCIALE norme sul procedimento’ ; con tale espressione, infatti, deve intendersi «non soltanto la violazione RAGIONE_SOCIALE norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro “error in procedendo” nel quale sia incorso il giudice dell’ottemperanza e, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di interpretare ed eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia
adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede» (Cass. n. 14962/2025; in senso conforme, Cass. 23487/2018).
2.3 Va logicamente esaminato prima il secondo motivo (o sub motivo), giacché ove lo stesso risultasse fondato, il pagamento eseguito dall’RAGIONE_SOCIALE in esecuzione dell’ordine ex art. 72 bis d.P.R. 602/1973 sarebbe tempestivo e resterebbe dunque assorbito il primo motivo che riguarda le conseguenze RAGIONE_SOCIALE scadenza del termine previsto dall’art. 72 bis d.P.R. 602/1973.
Il motivo è infondato.
Ed infatti l’art. 67 d.l. 17 marzo 2020 n. 18 convertito con l. 24 aprile 2020 n. 27 stabilisce, al primo comma, che «Sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori. Sono, altresì, sospesi, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, i termini per fornire risposta alle istanze di interpello, ivi comprese quelle da rendere a seguito RAGIONE_SOCIALE presentazione RAGIONE_SOCIALE documentazione integrativa, di cui all’articolo 11 RAGIONE_SOCIALE legge 27 luglio 2000, n. 212, all’articolo 6 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 » .
Il successivo art. 68, nella formulazione ratione temporis vigente al momento del pagamento, prevedeva che «Con riferimento alle RAGIONE_SOCIALE tributarie e non tributarie, sono sospesi i termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo al 31 agosto 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti RAGIONE_SOCIALE riscossione, nonché dagli avvisi previsti dagli articoli 29 e 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. I versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati in unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione. Non si procede al rimborso di quanto già versato. Si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159» .
Orbene, al procedimento ex art. 72 bis d.P.R. 602/1973 può trovare applicazione l’art. 67 cit., potendo lo stesso rientrare nell’attività di riscossione lato sensu intesa.
Non può invece trovare applicazione la sospensione di cui al successivo articolo 68 d.l. 18/2020, alla luce di considerazioni sia logiche che testuali. Ed infatti, pur dovendosi riconoscere l’impiego di un’espressione non chiarissima dal punto di vista lessicale, probabilmente dettata anche dall’urgenza, per versamenti «derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti RAGIONE_SOCIALE riscossione» devono intendersi -contrariamente a quanto sostengono la ricorrente e la Procura Generale – i pagamenti di debiti che trovano la loro fonte nelle cartelle emesse dagli agenti RAGIONE_SOCIALE riscossione, cioè quelli che deve eseguire il debitore in favore dell’Amministrazione e non il terzo pignorato , il quale è collaboratore, od ausiliario, del giudice dell’esecuzione, e parte di un rapporto sostanziale esistente col proprio creditore (quale debitor debitoris ), non già col creditore procedente (in termini, Cass. n. 16576/2024). A tale conclusione si giunge anche in considerazione RAGIONE_SOCIALE finalità per le quali venne emanata la disciplina in esame, cd. ‘decreto cura Italia’, contenente «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19». Si trattava di un provvedimento volto a dare ausilio, sotto il profilo economico, ai cittadini ed agli imprenditori nel periodo dell’epidemia di Covid 19, durante il quale molte attività economiche furono del tutto interrotte o comunque subirono una fortissima riduzione. Per tale ragione, onde evitare di colpire ancora più duramente i soggetti in difficoltà, il decreto in questione sospese i termini per i pagamenti fino al 31 agosto 2020 -termine poi prorogato, per effetto di
interventi successivi, fino al 31 agosto 2021 – da parte dei debitori dell’Amministrazione, così dovendo intendersi l’espressione impiegata dall’art. 68 cit. (coerentemente, Cass. n. 5210/2025 ha stabilito che l’art. 68 fissa una temporanea inesigibilità dei crediti erariali).
Dalla sospensione del pagamento da parte del terzo pignorato, invece, non trarrebbe beneficio il debitore dell’Amministrazione, che comunque non potrebbe ricevere il pagamento da parte del terzo pignorato, e neppure quest’ultimo che vedrebbe soltanto prolungato il periodo di tempo nel quale è custode del credito pignorato.
Infine, appare significativa l’ultima parte dell’art. 68 cit. che dispone che « Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159».
Orbene, tale norma prevede, al comma 1, che «Le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse RAGIONE_SOCIALE, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti RAGIONE_SOCIALE riscossione, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, RAGIONE_SOCIALE legge 27 luglio 2000, n. 212. Salvo diverse disposizioni, i versamenti sospesi sono effettuati entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione» .
Il fatto che essa faccia riferimento al versamento di tributi e contributi previdenziali e assistenziali nonché ai soggetti interessati da eventi eccezionali e che, per effetto del rinvio a tale norma,
restino sospesi i relativi termini di prescrizione costituisce ulteriore elemento per ritenere che la sospensione di cui all’art. 68 cit. riguardi il pagamento dei tributi da parte dei contribuenti e non anche quello del terzo pignorato (che, paradossalmente, nel caso di specie è l’Amministrazione stessa).
Pertanto, pur tenendo conto RAGIONE_SOCIALE sospensione di cui all’art. 67 applicabile, diversamente da quella prevista dal successivo art. 68, a tutta l’attività di riscossione, nell’ambito RAGIONE_SOCIALE quale rientra certamente anche la procedura ex art. 72 bis d.P.R. 602/1973 – il pagamento eseguito dall’RAGIONE_SOCIALE il 7 agosto 2020 non può comunque ritenersi tempestivo, in quanto intervenuto oltre il termine di 60 giorni sinanche dal 31 maggio 2020.
2.4 Occorre quindi esaminare il primo motivo (o sub motivo).
Anch’esso è infondato.
L’art. 72 bis d.P.R. 602/1973 stabilisce che l’Agente per la riscossione, quando procede al pignoramento presso terzi di crediti diversi da quelli pensionistici, con la notifica del relativo atto, anziché procedere alla citazione innanzi al Giudice dell’Esecuzione, ‘può’ ordinare (si tratta dunque di una facoltà, che non esclude la possibilità di notificare l’atto di pignoramento nelle forme previste dall’art. 543 c.p.c.) il pagamento entro sessanta giorni RAGIONE_SOCIALE somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di notifica; se il pagamento non viene eseguito, si applicano le disposizioni di cui all’art. 72, comma 2, d.P.R. 602/1973 e dunque «si procede, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del codice di procedura civile» .
L’atto con il quale si dà inizio al procedimento ex art. 72 bis d.P.R. 602/1973 viene considerato un pignoramento presso terzi in forma speciale e per questo si ritiene che lo stesso vada notificato anche al debitore esecutato (così, sia pure incidenter tantum , Corte Cost., 393/2008; Cass. n. 2857/2015; Cass. n. 20294/2011, in motivazione; vedi anche Cass., Sez. Un., n. 23355/2025).
Sennonché «l’esito fisiologico del procedimento di espropriazione, con la soddisfazione RAGIONE_SOCIALE pretese tributarie (o RAGIONE_SOCIALE altre per le quali il procedimento speciale è consentito), è subordinato alla collaborazione del terzo pignorato, tanto è vero che, se questi non ottemperi (per qualsivoglia ragione, fondata o meno) all’ordine di pagamento, il concessionario, oggi agente RAGIONE_SOCIALE riscossione, non può che ricorrere al pignoramento nella forma ordinaria dell’art. 543 cod. proc. civ. ed il procedimento si svolge secondo le norme del codice di procedura civile» (Cass. n. 2857/2015, in motivazione).
La norma non indica quale sia la sorte del vincolo apposto sul credito pignorato, qualora il terzo non provveda al pagamento nel termine di sessanta giorni, ma, considerato che l’agente RAGIONE_SOCIALE riscossione, in tal caso, deve procedere al pignoramento ordinario nelle forme previste dal codice di procedura civile, deve concludersi che il vincolo perde efficacia.
Occorre tuttavia domandarsi se tale effetto si produca automaticamente oppure se sia necessaria la proposizione di un’opposizione da parte del debitore, come sostenuto dall’RAGIONE_SOCIALE.
Al riguardo occorre osservare che, nell’esecuzione ordinaria, disciplinata dal codice di procedura civile, quando il pignoramento diventa inefficace, perché non è seguito dall’istanza di vendita o assegnazione nel termine di cui all’art. 497 c.p.c. – ipotesi affine a quella in esame, ma applicabile solo all’espropriazione mobiliare o immobiliare presso il debitore, giacché nell’esecuzione presso terzi il pignoramento contiene già la citazione a comparire innanzi al giudice per l’assegnazione del credito – la giurisprudenza ritiene necessario l’intervento del giudice che dichiari l’estinzione del procedimento ai sensi dell’art. 630 c.p.c. (a seguito RAGIONE_SOCIALE riforma intervenuta con l. 69/2009 il G.E. può anche provvedervi d’ufficio, ma non oltre la prima udienza successiva), ma comunque non
richiede la proposizione di un’opposizione (cfr. Cass. n. 9624/2003; Cass n. 18366/2010; Cass n. 35365/2023, che hanno superato l’orientamento più risalente espresso da Cass. n. 783/1977, Cass. n. 1078/1974, Cass. n. 14821/2000, secondo il quale era necessario proporre l’opposizione ex art. 617 c.p.c.).
È evidente, però, che in un procedimento, quale è quello disciplinato dall’art. 72 bis d.P.R. 602/1973, che si svolge normalmente senza l’intervento del G.E., non solo non può ritenersi che l’inefficacia del pignoramento debba essere fatta valere con opposizione, ipotesi che non si verifica neppure nella procedura esecutiva disciplinata dal codice di procedura civile, ma neppure può ritenersi necessario che il G.E. dichiari l’estinzione ai sensi dell’art. 630 c.p.c., dal momento che il predetto procedimento non è diretto dal giudice, che neppure dispone di un fascicolo dell’esecuzione (artt. 484, 488 c.p.c.).
Ove si ritenesse necessaria , come sostiene l’RAGIONE_SOCIALE, la proposizione dell’opposizione per far dichiarare l’inefficacia del pignoramento, si perverrebbe alla conclusione che il credito pignorato potrebbe rimanere sottoposto a vincolo sine die .
Peraltro, la soluzione dell’automatica perdita di efficacia del pignoramento per effetto del decorso del termine previsto dall’art. 72 bis , comma 1, lett. a) d.P.R. 602/1972 senza che intervenga il pagamento, è l’unica che appare compatibile con il richiamo al precedente art. 72 che prevede, in tal caso, la necessità per l’agente RAGIONE_SOCIALE riscossione di procedere al pignoramento presso terzi nelle forme ordinarie. Se il vincolo permanesse fino alla dichiarazione da parte del G.E., con la conseguenza che il pagamento del terzo pignorato, anche se eseguito in ritardo, potrebbe estinguere sia l’obbligazione del terzo verso il debitore esecutato che quella di quest’ultimo verso il creditore procedente, l’agente per la riscossione non avrebbe alcuna necessità di procedere ad un nuovo pignoramento nelle forme previste dall’art.
543 c.p.c. In realtà, il modello procedimentale può ricostruirsi come una fase preliminare o prodromica di un ordinario procedimento di espropriazione presso terzi, caratterizzata dal fatto che l’inottemperanza del termine per il pagamento comporta la chiusura RAGIONE_SOCIALE fase parentetica e l’apertura dello svolgimento dell’ordinario procedimento espropriativo, senza necessità di alcuna impugnazione (arg. da Cass. n. 20294/2011, cit.).
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
La ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, da liquidarsi, in base ai parametri indicati nella tabella 13 allegata al d.m. Giustizia 55/2014 (come modificato dal d.m. 147/2022) per le controversie di valore compreso tra € 5.200,01 ed € 26.000,00, in complessivi € 2.500.
Non occorre dichiarare la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 d.P.R. 115/2002, in quanto la ricorrente è un soggetto istituzionalmente esonerato dal versamento dello stesso (Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 5955/2014).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 2.500,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, al 15% a titolo di rimborso forfetario ed accessori, se dovuti, nella misura stabilita dalla legge.
Così deciso in Roma, il 15/10/2025.
La Presidente NOME COGNOME