Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33048 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33048 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29455/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA LARGO DELLA GANCIA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO n. 2422/2017 depositata il 03/05/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ( hinc: CTR), con sentenza n. 2422/2017 depositata in data 03/05/2017, ha accolto l’appello proposto da Equitalia Sud s.p.a. contro la sentenza n. 15128/2015 con la quale la Commissione Provinciale di Roma, che aveva, a sua volta, accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro l’atto di pignoramento presso terzi in relazione a un’ intimazione di pagamento e a due cartelle esattoriali.
La CTR ha premesso che gli atti prodromici al pignoramento presso terzi sono stati regolarmente notificati, come risulta dalla documentazione prodotta agli atti di causa e ha rilevato, a tal proposito, che l’art. 58 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 cod. proc. civ.
2.1. Ha poi osservato che gli atti di pignoramento non sono impugnabili, evidenziando come ogni momento di emersione della funzione impositiva abbia una propria autonomia processuale non surrogabile a iniziativa del ricorrente, che non può, quindi, scegliere di rinviare la tutela al momento in cui riceverà l’atto successivo.
2.2. Ha poi evidenziato che la tutela esattoriale non si estende agli atti di esecuzione forzata successivi alle cartelle esattoriali: il legislatore, in conformità alla direttiva della legge delega (art. 30, lett. c), legge n. 413 del 1991) ha indicato, nell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, gli atti impugnabili davanti al giudice tributario, tra i quali
non è compreso il pignoramento. La tutela giurisdizionale in questi casi viene, quindi, spostata in sede civile, dove, trattandosi di espropriazione esattoriale, si applicano le disposizioni del d.P.R. n. 612 del 1973.
Di conseguenza, i rimedi processuali, tramite i quali il contribuente potrebbe contestare il diritto di procedere a esecuzione forzata, sulla base dell’asserita omessa notifica della cartella di pagamento, sono le opposizioni all’esecuzione ex art. 615 ss. c.p.c. e non altri.
2.3. La ricorrente ha, infine, rilevato che l’art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992 esclude espressamente dalla giurisdizione del giudice tributario le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento.
Contro la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con sette motivi.
L’Agenzia delle Entrate riscossione ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata contestata , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 19 d.lgs. n. 546 del 1992 in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile l’impugnazione del pignoramento emesso ex art. 74 bis d.P.R. n. 602 del 1973 davanti alla CTR, ritenendo, al contrario, che sussistesse la giurisdizione del giudice ordinario.
1.1. La sentenza della CTR, ad avviso della ricorrente, si pone in contrasto con il consolidato orientamento di legittimità che distingue a seconda che l’impugnazione investa unicamente l’atto di pignoramento ex se oppure riguardi l’omessa notifica degli a tti prodromici, ammettendo, in quest’ultima ipotesi l’impugnazione del pignoramento davanti alle commissioni tributarie. Rileva, quindi,
come una diversa soluzione imporrebbe al contribuente di rivolgersi a due diversi giudici: una prima volta davanti al giudice ordinario per ottenere l’annullamento della nullità del pignoramento per omessa notificazione degli atti prodromici e una seconda volta davanti alle commissioni tributarie per ottenere l’accertamento dell’interve nuta decadenza dell’ente dal potere di riscossione.
Il pignoramento, inoltre, se non è preceduto dalla notifica dell’atto presupposto costituisce il primo atto con cui il contribuente viene reso edotto dell’esistenza di debiti tributari a proprio carico. L’impugnazione, ai sensi della tutela recuperatoria, rientra, quindi, nell’ambito di applicazione dell’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il secondo motivo è stata contestata la nullità della sentenza nella parte in cui sono state ritenute ammissibili le eccezioni formulate dall’agente della riscossione in grado d’appello e il relativo corredo probatorio. È stata contestata la violazione e la falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 57 e 58 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 345 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
2.1. La parte ricorrente rileva che l’omessa partecipazione al giudizio di primo grado, sebbene non escluda la possibilità di impugnazione della sentenza ad opera della parte che non si è validamente costituita (come tale assibilabile alla parte rimasta contumace), incontra un limite nel divieto di nova previsto nell’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992 e 345 cod. proc. civ., in base ai quali, nel giudizio d’appello, è preclusa la proposizione di nuove domande (da dichiarare inammissibili), di nuove eccezioni (no n rilevabili d’ufficio) e di nuovi mezzi di prova o documenti che la parte non dimostri di non aver potuto proporre o produrre nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
Non ricorrendo tali condizioni rispetto alla parte contumace/non validamente costituita, la facoltà di impugnazione è circoscritta allo svolgimento di eccezioni in senso lato (rilevabili d’ufficio), restando, invece, preclusa la possibilità di proporre eccezioni in senso stretto, pena un’impropria rimessione in termini della parte ormai decad uta. Rileva, inoltre, come l’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 induca a ritenere che la facoltà di produrre nuovi documenti in appello sia riservata alla parte e, dunque, ai soggetti ritualmente e validamente costituiti nel primo grado di giudizio.
Con il terzo motivo è stata contestata l’illegittimità della sentenza nella parte in cui il collegio d’appello ha ritenuto provata la notifica delle cartelle prodromiche, con la conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 49 d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art . 543 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
3.1. La ricorrente ha contestato l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale il pignoramento era legittimo, in quanto gli atti prodromici erano stati tutti regolarmente notificati al contribuente, come risultava dalla documentazione prodotta agli atti di causa. Considerato che le produzioni documentali avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili, l’accertamento della CTR è illegittimo e infondato: il collegio, pur declinando la propria giurisdizione, si è pronunciato sul merito, ritenendo corretta la notifica delle cartelle, sebbene la parte ricorrente ne avesse chiesto la produzione dei relativi originali ai sensi dell’art. 26, comma 5, d.P.R. n. 602 del 1973. Evidenzia, quindi, come l’agente della riscossione abbia prodotto solamente le fotocopie degli estratti di ruolo e di alcuni avvisi di ricevimento, sebbene in sede di controdeduzioni la contribuente avesse rilevato come non potesse essere attribuito valore di prova legale a tali documenti, in base a
quanto previsto nell’art. 2712 cod. civ. Di conseguenza, oltre alla violazione dell’art. 26, comma 5, d.P.R. n. 602 del 1973 viene contestato altresì come dalla mancata produzione delle cartelle prodromiche discenda l’impossibilità di individuare la fonte e la specifica natura del debito tributario su cui si fonda il pignoramento. Richiama quindi la pronuncia resa da Cass. 09/11/2017, n. 26159, secondo la quale il pignoramento presso terzi deve contenere, a pena di nullità, ai sensi dell’art. 72 bis d.P.R. n. 602 del 1973, non solo l’indicazione delle cartelle sottese al pignorament o stesso, ma anche l’indicazione specifica della fonte e della natura del credito per cui si procede. Richiama sul punto anche l’art. 543 cod. proc. civ.
Infine, ha richiamato Cass., Sez. U, 05/06/2017, n. 13913 e 13916, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice tributario qualora sia dedotta contestualmente l’invalidità del pignoramento per difetto di notifica degli atti prodromici e i medesimi siano, per tale motivo, impugnati unitamente al pignoramento stesso.
Con il quarto motivo è stata contestata la nullità della sentenza nella parte in cui la CTR, pur dichiarando il proprio difetto di giurisdizione ha definito il merito della controversia, con la violazione dell’art. 3 d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
4.1. La ricorrente rileva che, sussistendo la giurisdizione del giudice tributario, emerge, nel caso di specie, l’ incompatibilità logica tra la declinatoria della propria giurisdizione e la decisione nel merito da parte del collegio.
Con il quinto motivo è stato contestato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
5.1. Il fatto decisivo viene individuato in relazione al sopravvenuto annullamento ex lege delle pretese tributarie sottese
al pignoramento de quo in relazione all’intervenuta formazione del silenzio-assenso ex art. 1, comma 540, legge n. 228 del 2012 sull’istanza di sospensione presentata dalla contribuente in data 13/01/2015 (già presente nel fascicolo di primo grado, poiché depositata con nota del 20/05/2015).
Una volta spirato il termine previsto nell’art. 1, comma 540, legge n. 228 del 2012 la ricorrente ha rappresentato, con il primo atto processuale utile (controdeduzioni del 23/11/2016) l’intervenuto annullamento ex lege dei crediti sottesi al pignoramento de quo, che la CTR ha, tuttavia, omesso di prendere in considerazione. In tal modo non è stata esaminata una circostanza che avrebbe reso superfluo qualunque altro accertamento in ambito giudiziale. Si tratta, peraltro, di circostanza oggetto di discussione nella pubblica udienza.
Con il sesto motivo è stata contestata la violazione dell’art. 1, comma 540, d.lgs. n. 228 del 2018 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
6.1. La ricorrente rileva che l’annullamento ex lege dei crediti presupposti costituisce conseguenza automatica dell’infruttuoso decorso del termine perentorio fissato dall’art. 1, comma 540, legge n. 228 del 2012, risultando indipendente rispetto alla fondatezza e alla legittimità della pretesa.
6.2. Ad avviso della ricorrente l’art. 1, comma 537, legge n. 228 del 2012 consente al soggetto raggiunto dalla notifica di un atto esattivo o di un atto della procedura cautelare o esecutiva di chiedere la sospensione automatica delle procedure di riscossione a Equitalia Sud s.p.a. o agli enti e società incaricate della riscossione. Tale richiesta, da inoltrare entro un termine inizialmente pari a novanta giorni (successivamente ridotto a sessanta giorni per effetto delle modifiche ex art. 1 d.lgs. n. 159 del 2015), deve essere
accompagnata da una dichiarazione con cui sia documentato che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo o della successiva cartella di pagamento o l’avviso per cui si procede sono stati interessati: a) da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è stato reso esecutivo; b) da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore; c) da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore; d) da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte; e) da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data anteriore alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore; f) da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso.
All’atto della ricezione l’agente della riscossione è tenuto a sospendere immediatamente la procedura e a inoltrare l’istanza, nei dieci giorni successivi, all’ente creditore, su cui grava l’onere del riscontro. Decorso il termine di ulteriori sessanta gio rni l’ente creditore è tenuto a confermare al contribuente la correttezza dell’apparato probatorio prodotto o ad avvertirlo della sua inidoneità, trasmettendo contestualmente all’agente della riscossione il provvedimento di sospensione (o sgravio) o di inidoneità della documentazione presentata. Nell’ipotesi in cui l’ente impositore ometta l’invio di tali comunicazioni, in base all’art. 1, comma 540, legge n. 228 del 2012, decorsi duecentoventi giorni dalla presentazione della dichiarazione del debitore al concessionario, le partite sono annullate, con l’automatico discarico dei relativi ruoli. Nel caso in esame l’istanza di sospensione inviata il 13/01/2015 non è stata riscontrata e il silenzio-assenso si è quindi formato alla data
del 23/08/2015. Il meccanismo appena descritto integra, ad avviso della ricorrente, una vera e propria sanzione a carico dell’ente creditore.
Con il settimo motivo è stata contestata la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
7.1. La ricorrente evidenzia come la controparte non abbia replicato per iscritto all’eccezione sollevata dalla società, con la conseguenza che, anche sotto tale profilo, la CTR avrebbe dovuto prendere atto dell’intervenuto annullamento ex lege dei crediti sottesi al pignoramento.
L’Agenzia delle Entrate riscossione ( hinc: ADER) nel controricorso ha rilevato, con riferimento al primo e al quarto motivo, che la CTR ha correttamente declinato la propria giurisdizione una volta riscontrata la corretta notificazione delle cartelle.
8.1. L’ADER ha evidenziato che, finché l’esecuzione tributaria non è iniziata, opera il potere impositivo esercitato attraverso gli atti autonomamente impugnabili, contro i quali chi ne è destinatario è titolare di una situazione di interesse legittimo davanti ai giudici tributari (ai quali è demandato il controllo sull’esercizio de l potere impositivo stesso). Successivamente, con il pignoramento cessa l’ambito di esercizio di tale potere vincolato e vengono in rilievo i diritti soggettivi dello stesso debi tore d’imposta e/o di altri. Viene in rilievo la garanzia patrimoniale non circoscritta al binomio potere/interesse legittimo, ma investe la più ampia cerchia dei soggetti coinvolti (compresi eventuali terzi). Da qui deriva l’assetto delineato da Cass., Sez. U., n. 13913 del 2017:
-di fronte a un atto di pignoramento non preceduto dalla notificazione del titolo esecutivo l’unico mezzo di tutela è costituito da una sorta di opposizione agli atti esecutivi davanti al giudice
tributario, diversa sia dall’impugnazione dell’atto finanziario (ruolo riprodotto nella cartella da proporre ex art. 18 d.lgs. n. 546 del 1992, sia dall’opposizione agli atti esecutivi avente per oggetto il pignoramento tout court ;
negli altri casi resta il riparto di giurisdizione ex art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992.
8.2. È infondata anche la contestazione della controparte che lamenta una pronuncia di merito nonostante la declinatoria della giurisdizione, trattandosi di declinatoria parziale e non totale della giurisdizione.
8.3. La controricorrente contesta anche l’infondatezza delle contestazioni avanzate con il secondo e il terzo motivo di ricorso, dal momento che il divieto ex art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992 riguarda solamente le eccezioni in senso stretto ed è ammissibile la produzione dei documenti preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado, nonostante la mancata ottemperanza all’ordine di produzione del giudice.
8.4. Il motivo è poi inammissibile in relazione alla contestata valutazione delle prove da parte della CTR, in quanto chiede una nuova valutazione delle prove, che compete, invece, al giudice di merito.
Inoltre, nelle notificazioni a mezzo posta l’avviso di ricevimento possiede la stessa natura certificatoria della relata di notificazione e, poiché dotato di fede privilegiata, il suo disconoscimento può essere operato solo attraverso la querela di falso.
8.5. In merito all’onere di allegazione della copia della cartella di pagamento evidenzia come, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, nei giudizi in cui è in contestazione la notifica della cartella non sussiste alcun onere in capo all’agen te di produrre anche la copia integrale della cartella oltre all’avviso di
ricevimento. La cartella di pagamento viene, infatti, notificata in un unico esemplare consegnato al debitore.
8.6. Il quinto e il sesto motivo di ricorso, con il quale viene lamentata la falsa applicazione della legge n. 228 del 2012, integra una domanda nuova, con la conseguente inammissibilità delle doglianze ex art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992. I motivi sono, comunque, infondati.
Passando all’esame dei motivi di ricorso, i n via preliminare, occorre richiamare la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (05/06/2017, n. 13913), dove, con riferimento al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario -individuato il quadro normativo di riferimento negli artt. 2 e 19 d.lgs. n. 546 del 1992, 49 e 57 d.P.R. n. 602 del 1973 e 9 cod. proc. civ. – è stato affermato, in continuità a Cass., Sez. U, n. 18505 del 2013, che: « 1) le cause concernenti il titolo esecutivo, in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata tributaria, si propongono davanti al giudice tributario (art. 2, secondo periodo del comma 1 del d.lgs. n. 546 del 1992; art. 9, secondo comma, cod. proc. civ.); 2) le opposizioni all’esecuzione di cui all’art. 615 cod. proc. civ. concernenti la pignorabilità dei beni si propongono davanti al giudice ordinario (art. 9, secondo comma, cod. proc. civ.); 3) le opposizioni agli atti esecutivi di cui all’art. 617 cod. proc. civ., ove siano diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, si propongono al giudice ordinario (art. 9, secondo comma, cod. proc. civ.); 4) le opposizioni di terzo all’esecuzione di cui all’art. 619 cod. proc. civ. si propongono al giudice ordinario (art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992; art. 9, secondo comma, cod. proc. civ.). »
Nell’ipotesi in cui il contribuente deduca, di fronte al primo atto dell’esecuzione forzata, di non aver ricevuto la notificazione del titolo
esecutivo le S.U. cit. hanno precisato che deve essere: « riaffermato il principio di diritto secondo cui «in materia di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta -ai sensi degli artt. 2, comma 1, secondo periodo, 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, 57 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 617 cod. proc. civ. -davanti al giudice tributario».
9.1. Ciò premesso, il primo e il quarto motivo di ricorso sono infondati: nella specie la CTR, una volta esaminata la notifica degli atti prodromici al pignoramento, li ha ritenuti regolarmente notificati. In tal modo si è attenuta ai principi della giurisprudenza delle Sezioni Uniti appena richiamati, declinando, per il resto -e quindi parzialmente – la giurisdizione in favore del giudice ordinario.
L’esame delle notifiche degli atti presupposti all’atto di pignoramento rimesso alla giurisdizione del giudice tributario è confermato, del resto, non solo dalla lettura della prima parte della motivazione, ma anche dal secondo e dal terzo motivo di ricorso proposti dalla contribuente (v. infra ).
Come risulta dalla lettura della sentenza impugnata, le contestazioni avverso l’impugnazione dell’atto di pignoramento riguardavano: 1) la mancata notifica delle cartelle di pagamento e degli avvisi di accertamento prodromici; 2) la carenza di motivazione dell’atto di pignoramento presso terzi; 3) l’omessa sottoscrizione e l’omessa indicazione del responsabile del procedimento.
Mentre il motivo sub 1) riguardava la notificazione degli atti presupposti (ed è stato esaminato dalla CTR ritenendo valide tali notifiche) i punti sub 2) e 3) riguardavano l’atto di pignoramento ed erano conoscibili, quindi, solamente davanti al giudice ordinario.
9.2. Anche il secondo motivo è infondato. In via preliminare, occorre evidenziare che non è condivisibile quanto affermato dalla ricorrente a pag. 22 del ricorso e cioè che: « Nell’ambito del primo grado di giudizio, dunque, l’Agente della Riscossione non si validamente costituito non assumendo, conseguentemente la qualifica di ‘parte’ processuale. Conseguentemente, nel secondo grado di giudizio, l’odierna resistente versava in una situazione sostanzialmente assimilabile a quella del convenuto contumace.»
La parte ricorrente sovrappone, infatti, l’istituto della contumacia (mancata costituzione della parte) con quello delle preclusioni processuali.
Di contumacia si parla, in primo luogo, in caso di omessa costituzione e non nell’ipotesi in cui quest’ultima sia tardiva. In secondo luogo, la disciplina delle preclusioni -da esaminare, nella presente sede, limitatamente all’aspetto oggetto del motivo di ricorso e cioè agli artt. 57 e 58 d.lgs. n. 546 del 1992 e 345 cod. proc. civ. -non impediva alla parte appellante ( i.e. l’amministrazione finanziaria) di produrre la documentazione relativa agli atti presupposti (cartella e atti di intimazione) nel giudizio di secondo grado. In primo luogo, non viene in rilievo alcuna questione qualificabile come eccezione in senso stretto ai sensi e per gli e ffetti dell’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992. In secondo luogo, in base alla formulazione dell’art. 58 d.lgs. n. 546 del 1992, applicabile ratione temporis , è fatta salva la facoltà delle parti di produrre documenti. In ordine alla diversa disciplina rispetto all’art. 345 cod. proc. civ. la Corte costituzionale (sent. 14/07/2017, n. 199) ha precisato che: « questa Corte ha più volte chiarito che non esiste un principio costituzionale di necessaria uniformità tra i diversi tipi di processo (ex plurimis sentenze n. 165 e n. 18 del 2000, n. 82 del 1996; ordinanza n. 217 del 2000), e, più specificatamente, un principio di uniformità del processo tributario e
di quello civile (tra le altre, ordinanze n. 316 del 2008, n. 303 del 2002, n. 330 e n. 329 del 2000, n. 8 del 1999). »
In ordine all’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 ha, poi, evidenziato che: « La previsione che un’attività probatoria, rimasta preclusa nel giudizio di primo grado, possa essere esperita in appello non è di per sé irragionevole, poiché «il regime delle preclusioni in tema di attività probatoria (come la produzione di un documento) mira a scongiurare che i tempi della sua effettuazione siano procrastinati per prolungare il giudizio, mentre la previsione della producibilità in secondo grado costituisce un temperamento disposto dal legislatore sulla base di una scelta discrezionale, come tale insindacabile» (ordinanza n. 401 del 2000). »
9.3. Il terzo motivo è infondato. Con tale motivo la ricorrente contesta l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale « gli atti prodromici al pignoramento presso terzi sono stati tutti ritualmente notificati, come risulta dalla documentazione prodotta e allegata agli atti di causa». Contesta, quindi, come nel caso di specie siano state prodotte le fotocopie degli estratti di ruolo e di alcuni avvisi di ricevimento e che, già in sede di controdeduzioni, era stato contestato il valore di prova legale di tali documenti in relazione a quanto previsto nell’art. 2712 cod. civ. Rileva, poi, che l’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973 preveda espressamente l’obbligo per il concessionario di conservare l’originale della matrice e di esibirla su richiesta del contribuente e che, non essendo stati prodotti tali originali, la notifica delle cartelle non poteva considerarsi validamente eseguita. Inoltre, rileva come la mancata produzione delle cartelle prodromiche impedisca di individuare la fonte e la specifica natura del debito tributario su cui si fonda il pignoramento.
Con riferimento alle produzioni documentali a pag. 26 del ricorso si legge che: « L’odierna resistente ha prodotto le sole fotocopie degli estratti di ruolo e di alcuni avvisi di ricevimento.»
Rileva, poi, di aver evidenziato « come non potesse essere riferito valore di prova legale a tali documenti, anche alla luce del principio posto dall’art. 2712 c.c. …» .
Partendo dalla norma appena evocata il motivo difetta di specificità, dal momento che la ricorrente -oltre a non indicare quali fossero gli avvisi di ricevimento prodotti e quelli non prodotti, limitandosi ad affermare che ne erano stati depositati solo alcuni -non dice quali fossero gli elementi che portavano a disconoscere la conformità delle copie prodotte agli originali. Sul punto questa Corte ha precisato che: « In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c., il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere non solo tempestivo, soggiacendo a precise preclusioni processuali, ma anche chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta. » (Cass., 13/05/2021, n. 12794). Inoltre, essendo stato indicato che gli estratti di ruolo erano stati prodotti (v. pag. 26) occorre richiamare quanto già precisato da questa Corte e cioè che: « L’estratto di ruolo è l’equipollente della matrice: la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale. Contiene tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria. In merito a quanto precede vale richiamare, a sostegno, il costante orientamento di questa Corte (tra altre, Cass. 16121/2019; Cass. 3356372018; Cass. 23902/2017). » (Cass., 21/07/2021, n. 20769).
9.4. Il quinto e il sesto motivo sono infondati.
L ‘art. 1, comma 538, legge n. 228 del 2012 prevede, infatti, che: « Ai fini di quanto stabilito al comma 537, entro novanta giorni dalla notifica, da parte del concessionario per la riscossione, del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa dal concessionario il contribuente presenta al concessionario per la riscossione una dichiarazione anche con modalità telematiche, con la quale venga documentato che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l’avviso per i quali si procede, sono stati interessati:
da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo;
da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore;
da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore;
da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte;
da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell’ente creditore;
da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso. »
Per quanto la formulazione della norma si nutra di un’elencazione casistica che si chiude con una clausola generale ( i.e. quella relativa alla causa di non esigibilità del credito sotteso), l’effetto di annullamento di diritto delle partite -così come la loro eliminazione
dai ruoli affidati all’agente della riscossione ex art. 1, comma 540, legge n. 228 del 2012 (quale conseguenza del mancato riscontro dell’ente creditore all’istanza del contribuente) – è legato alle ipotesi espressamente tipizzate nell’art. 1, comma 538, legge n. 228 del 2012 e non a ogni e qualsivoglia istanza presentata dal contribuente, trattandosi, peraltro, di un’interpretazione confliggente non solo con il principio di ragionevolezza, ma anche con gli interessi pubblicistici sottesi all’imposizione e alla riscossione delle imposte. Le disposizioni contenute nell’art. 1, commi 537 -544, legge n. 228 del 2012, corrispondono a un intento semplificatorio e acceleratorio più che sanzionatorio nei confronti dell’agente della riscossione .
La parte ricorrente, nell’illustrazione del quinto e del sesto motivo di ricorso non ha specificato quale, tra le ipotesi indicate nell’art. 1, comma 538, legge n. 228 del 2012 ricorresse nel caso concreto e non ha neppure indicato espressamente a quali partite si riferisse l’istanza presentata ex art. 1, comma 537, legge n. 228 del 2012.
9.5. È infondato anche il settimo motivo: la produzione dell’effetto invocato dalla ricorrente ai sensi dell’art. 1, comma 540, legge n. 228 del 2012 presuppone, infatti, l’allegazione di una delle ipotesi specifiche indicate nel comma 538 della norma appena richiamata non riscontrabile nel caso di specie. Non è, quindi, sufficiente ogni e qualsivoglia dichiarazione che si riporti all’art. 1, comma 537, legge n. 228 del 2012, per farne discendere l’effetto di annullamento previsto dal comma 540 della medesima norma. Tanto più che la fattispecie prevista nell’art. 1, commi 537 ss., legge n. 228 del 2012 attiene a un (sopravvenuto) fatto estintivo di una pretesa tributaria quanto meno in un titolo esecutivo (anche provvisorio) come dimostrato dall’espresso rif erimento alle partite affidate all’agente della riscossione.
Nel caso di specie, infatti, la stessa ricorrente a pag. 31 afferma che:
-ha dato atto dell’intervenuta presentazione dell’istanza sin dal primo grado di giudizio « versando in atti l’istanza medesima con la nota di deposito documenti del 20/05/2015» ;
spirato il termine ex art. 1, comma 540, legge n. 228 del 2012, ha rappresentato con il primo atto processuale utile (le controdeduzioni del 23 novembre 2016) l’intervenuto annullamento ex lege dei crediti sottesi al pignoramento.
Non può, tuttavia, evocarsi la violazione del principio di non contestazione a fronte delle carenti allegazioni della parte ricorrente in merito a quale tra le ipotesi indicate nell’art. 1, comma 538, legge n. 228 del 2012 rientrasse l’istanza ex art. 1, c omma 537, legge n. 228 del 2012.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo uni ficato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 09/10/2024.