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Permuta di servizi: la Cassazione sul Fisco

Una società edile ha ricevuto un avviso di accertamento per ricavi non dichiarati derivanti da una permuta di servizi con un’altra impresa. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’accertamento, rigettando tutti i motivi di ricorso della contribuente. La sentenza chiarisce il corretto anno di imputazione dei ricavi, la validità della firma delegata sull’atto e l’indeducibilità dei costi non documentati in operazioni di scambio.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Permuta di servizi e Fisco: la Cassazione fa chiarezza sulla tassazione

In un contesto economico dove le aziende cercano forme alternative di scambio, la permuta di servizi rappresenta una pratica diffusa. Tuttavia, le implicazioni fiscali di tali operazioni sono complesse e spesso oggetto di contenzioso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34517/2024, offre importanti chiarimenti su come l’Agenzia delle Entrate debba trattare i ricavi derivanti da questi scambi, in particolare per quanto riguarda il principio di competenza e la deducibilità dei costi.

I fatti di causa: lo scambio di lavori edili

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata operante nel settore edile. L’Agenzia delle Entrate contestava la mancata contabilizzazione di ricavi per oltre 260.000 euro, relativi a lavori eseguiti in favore di un’altra società. Secondo la ricostruzione del Fisco, le due imprese avevano stretto un accordo di compensazione. La prima società aveva subappaltato integralmente un appalto pubblico alla seconda, violando il limite legale del 30%. Per “sdebitarsi”, la seconda società aveva eseguito gratuitamente dei lavori edili per la prima in un altro cantiere. Entrambe le società avevano omesso di fatturare le reciproche prestazioni, realizzando di fatto una permuta di servizi per compensare i rispettivi crediti e debiti, sottraendo così materia imponibile a IRES, IRAP e IVA.

La permuta di servizi nel giudizio di Cassazione

La società contribuente ha impugnato l’atto impositivo, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno confermato la pretesa del Fisco. Giunto in Cassazione, il ricorso della società è stato rigettato in toto. Vediamo i punti salienti analizzati dalla Suprema Corte.

La validità della firma sull’avviso di accertamento

Uno dei motivi di ricorso riguardava la presunta illegittimità dell’avviso di accertamento perché firmato da un funzionario, “capo team”, ritenuto privo dei necessari poteri. La Corte ha respinto la doglianza, ribadendo il suo orientamento consolidato: la delega di firma a un funzionario, anche se non dirigente, è legittima se avviene tramite ordini di servizio interni che ne individuano la qualifica. Si tratta di una delega di firma e non di funzioni, un mero atto di decentramento burocratico che non inficia la validità dell’atto.

L’indeducibilità dei costi non documentati

La ricorrente sosteneva che, a fronte dei ricavi accertati, le dovevano essere riconosciuti in deduzione i costi relativi ai lavori ricevuti dalla controparte. La Cassazione ha ritenuto inammissibile questa censura, confermando la decisione dei giudici di merito. Questi ultimi avevano escluso la deducibilità poiché non era stata fornita alcuna prova documentale (fatture o altri atti certi) che attestasse l’effettivo sostenimento e la quantificazione di tali costi. Senza documentazione, i costi non possono essere imputati al conto economico.

Il principio di competenza fiscale nella permuta di servizi

Il punto cruciale della controversia era l’individuazione del corretto periodo d’imposta a cui imputare i ricavi. La società sosteneva che i lavori erano terminati nel 2009, mentre l’accertamento riguardava il 2008. La Corte ha dato ragione al Fisco, basandosi sulla ricostruzione dei giudici di merito. Sebbene i lavori si fossero protratti, era nel corso del 2008 che le due società avevano raggiunto l’accordo per la compensazione, riconoscendo l’esistenza di un credito certo e definito in capo alla ricorrente. Secondo la Cassazione, è proprio il momento in cui sorge il titolo giuridico che costituisce la fonte del ricavo a determinare la competenza fiscale, rendendo il 2008 l’anno corretto per la tassazione.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su una serie di principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha dichiarato inammissibili molte censure perché tendevano a una rivalutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte ha sottolineato che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito della controversia, ma di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. In merito alla tassazione della permuta di servizi, la motivazione centrale si fonda sull’articolo 109 del TUIR. La Corte ha stabilito che la competenza economica non è legata alla data di completamento materiale della prestazione, ma al momento in cui il diritto al corrispettivo diventa giuridicamente certo. Nel caso di specie, l’accordo di compensazione raggiunto nel 2008 ha reso il ricavo certo e determinato in quell’anno, giustificando l’imputazione a tale periodo d’imposta.

Le conclusioni

La sentenza n. 34517/2024 consolida principi importanti in materia fiscale. Per le imprese, emerge la necessità assoluta di documentare ogni operazione, anche quelle di scambio o permuta, attraverso fatturazione e corretta contabilizzazione. L’assenza di documentazione formale non solo rende indeducibili i costi, ma non impedisce al Fisco di accertare i ricavi sulla base di elementi presuntivi. Inoltre, la pronuncia ribadisce che, ai fini della competenza fiscale, il momento rilevante è quello in cui si forma l’accordo che rende il ricavo certo nell’esistenza e nell’ammontare, un principio fondamentale per la corretta redazione del bilancio e delle dichiarazioni fiscali.

In una permuta di servizi, quando diventano tassabili i ricavi?
I ricavi diventano tassabili e devono essere imputati al periodo d’imposta in cui viene raggiunto l’accordo che ne costituisce il titolo giuridico, rendendoli certi nell’esistenza e determinati nell’ammontare, a prescindere dalla data di ultimazione materiale dei lavori.

È possibile dedurre i costi di una prestazione ricevuta in permuta se non è stata fatturata?
No, la sentenza conferma che, in assenza di idonea documentazione (come fatture o altri documenti probanti) che attesti l’esistenza, l’inerenza e la quantificazione dei costi, questi non possono essere dedotti dal reddito imponibile.

La firma di un “capo team” dell’Agenzia delle Entrate su un avviso di accertamento è valida?
Sì, la Corte di Cassazione ha ribadito che la delega di firma a un funzionario, anche se non dirigente, è pienamente legittima se prevista da un ordine di servizio interno, poiché si tratta di un mero decentramento burocratico che non incide sulla validità dell’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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