Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34517 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 34517 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27802/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa unitamente all’avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA n. 268/2016 depositata il 20 settembre 2016
udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 13 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito per la controricorrente l’avvocato dello Stato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Sulla scorta delle risultanze dell’attività di verifica fiscale condotta dalla Tenenza della Guardia di Finanza di Tolmezzo (UD), la Direzione Provinciale di Udine dell’Agenzia delle Entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento relativo all’anno 2008 con il quale recuperava a tassazione, ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA, ricavi non contabilizzati per un importo di 260.502,31 euro riconducibili a lavori edili eseguiti dalla prefata società in favore dell’RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE
La tesi sostenuta dall’Ufficio era la seguente:
-nel 2007 la RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato con il Comune di Verzegnis (UD) un contratto di appalto pubblico;
-in violazione del disposto dell’art. 118, comma 2, del D. Lgs. n. 163 del 2006, essa aveva subappaltato all’RAGIONE_SOCIALE la totalità delle opere formanti oggetto di tale contratto;
-per la misura eccedente rispetto alla quota parte subappaltabile, pari al 30%, la subcommittente si era prestata in cambio ad eseguire lavori presso il cantiere sito in Malborghetto-Valbruna (UD), denominato , inerenti ad altro appalto aggiudicato dalla Regione FriuliVenezia Giulia alle due società riunite in associazione temporanea di imprese;
-in tale contesto, sia la RAGIONE_SOCIALE che l’RAGIONE_SOCIALE avevano omesso di fatturare le prestazioni vicendevolmente rese, essendosi accordate per la compensazione dei reciproci crediti e debiti.
La contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Udine, la quale rigettava il
suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Friuli-Venezia Giulia, che con sentenza n. 268/2016 del 20 settembre 2016 respingeva l’appello della parte privata.
A fondamento della pronuncia resa, per quanto qui ancora interessa, il collegio regionale osservava che: – doveva considerarsi inammissibile, e comunque infondato, il motivo di appello volto a contestare la legittimità dell’operata estensione della verifica fiscale al triennio 2007-2009 in assenza di specifica autorizzazione, essendosi la contribuente limitata a riproporre le medesime argomentazioni già spese in primo grado e non accolte dalla CTP; l’avviso di accertamento era stato validamente sottoscritto dal capo team area medie dimensioni in virtù di delega di firma rilasciatagli dal Direttore Provinciale di Udine dell’Agenzia delle Entrate con disposizione di servizio prodotta in atti; – non sussistevano i presupposti per la compensazione fra i costi derivanti dalle prestazioni svolte dall’RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE presso il cantiere e i ricavi relativi ai lavori eseguiti dalla RAGIONE_SOCIALE. per conto dell’RAGIONE_SOCIALE presso il cantiere ; – i redditi ripresi a tassazione erano stati correttamente imputati dall’Ufficio all’esercizio 2008; – il motivo di gravame in materia di IVA era stato solo «enunciato» nell’atto di appello, ma «sostanzialmente abbandonato» dall’impugnante.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata chiamata per la discussione all’odierna pubblica udienza.
Nel termine di cui all’art. 378, comma 1, c.p.c. il Pubblico Ministero ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
Nel successivo termine di cui al comma 2 del medesimo articolo la
ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso sono lamentati:
(a)ai sensi del numero 5) del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti;
(b)a mente del numero 3) del medesimo comma, la violazione dell’art. 342 c.p.c.
1.1 Si rimprovera alla CTR di aver erroneamente dichiarato inammissibilità dell’estensione al triennio in ragione dell’asserita mancanza di una specifica censura sul punto, il secondo motivo di appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE con il quale era stata ribadita l’illegittimità dell’estensione al triennio 2007 -2009 della verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza presso la sede della società in forza di un’autorizzazione riferita agli anni 2011, 2012 e 2013.
1.2 La lagnanza è inammissibile.
1.3 Va anzitutto notato che un motivo di impugnazione non può mai costituire un ai sensi del numero 5) del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., per tale dovendo intendersi un preciso accadimento o una specifica circostanza in senso storiconaturalistico, non assimilabile in alcun modo a «questioni», «punti» o «argomentazioni» (cfr. Cass. n. 1704/2024, Cass. n. 5616/2023, Cass. n. 2268/2022, Cass. n. 17596/2021).
1.4 D’altro canto, essendosi, nel caso di specie, in presenza di una duplice conforme pronuncia di merito (cd. «doppia conforme») e non avendo l’impugnante assolto l’onere di dimostrare la diversità delle ragioni di fatto poste a sostegno, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello (cfr. Cass. n. 26934/2023, Cass. n. 5947/2023, Cass. n. 26774/2016), la proponibilità della censura di omesso esame è comunque preclusa dal combinato disposto dei commi 4 e 5
dell’art. 348 -ter del codice di rito, vigente «ratione temporis» (cfr. Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
1.5 Per quanto, invece, attiene all’asserita violazione dell’art. 342 c.p.c. recte : dell’art 53, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, norma speciale del processo tributario-, si rileva che essa è stata formulata ai sensi del numero 3) del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., sebbene quello prospettato dalla ricorrente non sia un «error in iudicando de modo procedendi» , bensì un «error in procedendo» riconducibile all’ipotesi di cui al numero 4).
Conseguentemente, onde poterne recuperare l’ammissibilità, non era sufficiente discutere della mera violazione di legge, ma occorreva, altresì, l’inequivoca denuncia della nullità della sentenza determinata dal vizio lamentato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 17931/2013, Cass. n. 9576/2023, Cass. n. 12301/2024); denuncia che, nel motivo in esame, manca completamente.
Con il secondo motivo, anch’esso formulato a norma dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 42, commi 1 e 3, del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si sostiene che avrebbe errato la Commissione di seconde cure nell’escludere l’illegittimità dell’impugnato avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione da parte di un impiegato della carriera direttiva validamente delegato dal capo dell’Ufficio.
2.2 In particolare, i giudici regionali non avrebbero verificato se da parte dell’Amministrazione Finanziaria, sulla quale incombeva il relativo onere, fosse stata offerta la prova dell’appartenenza del firmatario alla terza area funzionale, corrispondente alla vecchia carriera direttiva, né tantomeno se la disposizione di servizio prevedente la delega di firma fosse dotata dei prescritti requisiti di formacontenuto, ossia: (1)l’indicazione delle ragioni che avevano reso necessario il conferimento della delega; (2)il termine di validità della stessa; (3)il nominativo del funzionario delegato.
2.3 Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
2.4 È inammissibile, per le ragioni esposte nel sottoparagrafo 1.4, laddove denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo.
2.5 Lo è anche nella parte in cui introduce la questione -della quale non si rinviene traccia nella qui impugnata sentenza- attinente alla pretesa illegittimità dell’ordine di servizio contenente la delega di firma, sotto il profilo dell’omessa indicazione del termine di validità della stessa e delle ragioni giustificative del suo rilascio.
2.6 Sovviene, al riguardo, il consolidato orientamento di questa Corte a tenore del quale il ricorrente per cassazione ha l’onere di indicare specificamente, in osservanza del principio di autosufficienza, gli atti del giudizio di merito in cui siano state sollevate le questioni giuridiche proposte, onde evitare di incorrere in una dichiarazione di inammissibilità per novità della censura (cfr., ex ceteris , Cass. n. 34422/2023, Cass. n. 17658/2022, Cass. n. 11066/2022).
2.7 Fermo quanto precede, la RAGIONE_SOCIALE non ha comunque provveduto a trascrivere l’ordine di servizio di cui trattasi, o quantomeno a riprodurne il contenuto, al fine di consentire alla Corte di verificare dalla sola lettura del ricorso -senza bisogno di accedere a fonti ad esso esternese effettivamente l’atto richiamato fosse privo dei requisiti di cui si lamenta la mancanza.
2.8 Per il resto, va osservato che, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, l’Agenzia delle Entrate aveva prodotto in prime cure «la disposizione di servizio n. 38/2011 del 30 giugno 2011, con allegata la tabella vigente all’epoca dell’emanazione dell’atto impositivo» : da questi documenti «si evince (va) che la dott. COGNOMEsottoscrivente l’avviso quale Capo Team area medie dimensioni -firma su delega del Direttore provinciale NOME COGNOME) era munita dei necessari poteri per la sottoscrizione dell’avviso impugnato» .
2.9 Ciò posto, occorre tener presente che, per giurisprudenza
ormai consolidata di questa Corte, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma -e non di funzioni-, poiché realizza un mero decentramento burocratico privo di rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante (cfr. Cass. n. 21839/2024, Cass. n. 34775/2023, Cass. n. 9625/2021).
2.10 È stato, inoltre, precisato che, nell’àmbito dell’organizzazione interna dell’Ufficio, l’attuazione di detta delega può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa dell’impiegato delegato, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica da questi rivestita, la quale consente la verifica «ex post» della corrispondenza fra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (cfr. Cass. n. 2221/2021, Cass. 18675/2020, Cass. n. 19190/2019, Cass. n. 11013/2019).
2.11 Deve, pertanto, ritenersi legittima la disposizione di servizio corredata delle tabelle contenente l’identificazione della tipologia dell’atto impositivo e l’indicazione dei funzionari delegati con le rispettive qualifiche (cfr. Cass. n. 111/2024), onde «in parte qua» il motivo si appalesa infondato.
2.12 Il motivo, infine, si presenta nuovamente inammissibile, per difetto di autosufficienza, laddove prospetta la mancanza di prova del fatto che il soggetto delegato appartenesse alla carriera direttiva, corrispondente alla terza area terza funzionale dell’attuale sistema classificatorio del personale delle agenzie fiscali.
2.13 La sua lacunosa formulazione non consente, infatti, di appurare se il summenzionato ordine di servizio -di cui, come si è visto, non risulta riprodotto il contenuto- fosse privo di elementi dai quali poter evincere l’inquadramento nella predetta area funzionale del firmatario dell’atto impositivo, individuato nella persona del «capo team area medie dimensioni» (si vedano sul tema Cass. n.
10587/2024, Cass. n. 8351/2022, Cass. n. 34940/2021).
2.14 Una simile verifica appare tanto più necessaria ove si consideri che la CTR ha respinto la doglianza della contribuente in applicazione della «regula iuris» enunciata da questa Corte con sentenza n. 22810/2015, secondo la quale «sono impiegati della carriera direttiva, ai sensi della norma appena evocata ( id est l’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 -n.d.r.) , i ‘funzionari di area terza’ di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005» , con un implicito accertamento dell’inclusione in tale area del funzionario firmatario dell’atto impositivo impugnato.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata la violazione dell’art. 67 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 127 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
3.1 Si assume che l’impugnata decisione avrebbe a torto reputato indeducibili, in quanto non imputati al conto economico e non risultanti da elementi certi e sicuri, i costi derivanti dai lavori eseguiti dall’RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE presso il cantiere e quelli relativi alle prestazioni svolte dalla RAGIONE_SOCIALE in favore dell’RAGIONE_SOCIALE presso il cantiere , gli uni e gli altri ammontanti a 260.502,31 euro.
3.2 In proposito, viene obiettato che: – fra le due società era intercorsa un’operazione di permuta di servizi, comportante, per definizione, una compensazione fra costi e ricavi e l’imponibilità del solo ; -volendo seguire il ragionamento della CTR, si finirebbe per determinare a carico di entrambe le società un imponibile fiscale di 260.502,31 euro, sulla base del non corretto presupposto che l’importo non fatturato dall’una nei confronti dell’altra non costituisca un costo; – in tal modo si concretizzerebbe la violazione del divieto di doppia imposizione sancito dall’art. 67 del TUIR.
3.3 Il motivo è inammissibile.
3.4 La Commissione regionale ha osservato che, «al di là della non
imputazione a conto economico dei costi derivanti dalle prestazioni di servizi rese dalla RAGIONE_SOCIALE alla ICOS per il cantiere di Verzegnis, non e (ra) risultato sussistente alcuna fattura o documento attestante il sostenimento e la quantificazione dei detti costi» , soggiungendo che «la mancata afferenza di detti costi (afferenti in realtà ai ricavi nei confronti del Comune di Verzegnis) ai ricavi non fatturati per prestazioni rese dalla ICOS nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per il cantiere di Malborghetto-Valbruna deriva (va) dall’assenza completa di un qualsivoglia nesso strumentale tra i due diversi appalti, cadauno dei quali doveva legittimamente seguire regole sue proprie in termini di documentazione, fatturazione e contabilizzazione» .
3.5 Essa ha, quindi, escluso la sussistenza dei presupposti per l’operatività della dedotta compensazione fra i costi derivanti dalle prestazioni svolte dall’RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE presso il cantiere , non imputati al conto economico e comunque non documentati, e i ricavi non fatturati relativi ai lavori eseguiti dalla RAGIONE_SOCIALE per conto dell’RAGIONE_SOCIALE presso il cantiere di Malborghetto-Valbruna.
3.6 Lungi dall’evidenziare in quale modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici del caso controverso o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., sull’argomento, Cass. n. 3572/2024, Cass. n. 19822/2023, Cass. n. 37257/2022, Cass. n. 41722/2021), la censura in esame si risolve in una mera critica alla motivazione sorreggente il «decisum» e nella non consentita richiesta di una diversa valutazione dei fatti rispetto a quella espressa dai giudici «a quibus» all’esito di un apprezzamento di merito insindacabile in questa sede.
Con il quarto motivo, parimenti ricondotto al paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 109, comma 2, lettera b), del TUIR.
4.1 Si contesta la gravata sentenza per aver giudicato legittima l’imputazione all’anno 2008 del maggior reddito d’impresa oggetto dei rilievi fiscali, trascurando di considerare che a tal fine doveva farsi riferimento alla data di ultimazione dei lavori commessi in appalto alla RAGIONE_SOCIALE i quali erano stati portati a termine nell’anno 2009, come da relativo certificato.
4.2 Avrebbe, altresì, errato la CTR nell’affermare che l’accordo di compensazione fra le due società era stato concluso nel 2008, a tal fine valorizzando: (a)il testo di una mail scambiata in quell’anno fra soggetti riconducibili esclusivamente all’RAGIONE_SOCIALE e finalizzata a un ; (b)l’asserita delle prestazioni svolte in detto periodo dalla RAGIONE_SOCIALE presso il cantiere .
Tutt’al più, avuto riguardo agli stati di avanzamento dei lavori, i ricavi accertati avrebbero dovuto essere nel triennio 2007-2009 secondo le seguenti percentuali: 36% nel 2007, 56% nel 2008, 8% nel 2009.
4.3 Il motivo è infondato.
4.4 La CTR ha così giustificato la pronuncia resa sul tema in rassegna: «L’imputazione al 2008 è stata eseguita sulla base di due ragioni, la prima per la prevalenza dei lavori eseguiti (a carico di RAGIONE_SOCIALE) rispetto agli anni antecedente e successivo nel quadro del cantiere Malborghetto-Valbruna, la seconda in relazione al contenuto della documentazione in atti (all. 30/1-30/7 al PVC ‘contabilità accordi ATI ICOS’ in allegato a mail interna RAGIONE_SOCIALE dd. 5.11.2008 da direttore produzione a presidente ed a responsabile contabile), dalla quale si era evinto l’accordo di compensazione reddituale. La seconda ragione assume rilevanza in relazione ai contenuti dell’allegato 34 PVC, contratto di appalto RAGIONE_SOCIALEMalborghetto -Valbruna’, dal quale si è rilevato che
RAGIONE_SOCIALE è nell’àmbito dell’A.T.I. l’impresa mandante, dal che il ritratto convincimento del ruolo eminente della stessa nell’àmbito dei rapporti, anche economico-finanziari, tra le due imprese. Ed è dal prospetto contabile ‘Rio Solari -Situazione al 30.10.2008’ che l’imputazione al 2008 degli omessi ricavi appare avere pieno fondamento, dappoichè: a)i lavori ‘Verzegnis’, consegnati alla ICOS con verbale dd. 15.01.2007, erano ultimati a fine 2007 (dal che cognizione piena da parte delle due imprese delle risultanze contabili vere e reali dei lavori da ciascuna ivi effettivamente eseguiti e, pertanto, dell’entità precisa dei rispettivi rapporti di debito/credito riferiti a tale cantiere); b)i lavori ‘Malborghetto -Valbruna’, consegnati alla A.T.I. in data 16.05.2007, hanno avuto termine ultimo per l’esecuzione il 24.06.2009 a sèguito di sei sospensioni dei lavori e di due perizie di variante. Considerato che nell’àmbito dell’A.T.I. le due imprese assumevano, anche ai fini dell’esecuzione dei lavori, un ruolo sostanzialmente paritario (ICOS 51%; RAGIONE_SOCIALE 49%) su un complessivo importo di contratto di 2.145.483,45 ( scilicet : euro -n.d.r.) e che alcun rilievo era stato mosso alla ICOS per l’anno 2007 per ricavi non fatturati, deve dedursi che i ‘maggiori lavori’ ICOS per RAGIONE_SOCIALE , per cui la compensazione era stata concordata, erano relativi all’anno 2008, stante inoltre che nel 2009 i giorni utili ai lavori (generanti costi) a sèguito ripresa dopo sospensione dal 19.11.2008 al 3.06.2009, erano stati in numero di 21 (ex all. 41 PVC ‘Relazione sul conto finale e certificato di regolare esecuzione)» .
4.5 Ora, va sùbito rimarcato che nel caso di specie non si discute del reddito d’impresa derivante dal contratto d’appalto intercorso fra la Regione FriuliVenezia Giulia e l’A.T.I. aggiudicataria dei lavori da eseguire presso il cantiere di MalborghettoValbruna, bensì delle prestazioni non fatturate rese dalla RAGIONE_SOCIALE in favore dell’RAGIONE_SOCIALE a compensazione del credito vantato dalla
seconda nei confronti della prima per i lavori svolti presso il cantiere in misura eccedente rispetto alla quota parte legittimamente subappaltabile.
4.6 Tanto precisato, si osserva che, in base a quanto ricostruito dalla CTR, i ricavi riferibili a tali prestazioni andavano imputati al periodo d’imposta 2008, non solo perché nel corso di quell’anno era stata eseguita da RAGIONE_SOCIALE la maggior parte dei lavori di cui trattasi, ma soprattutto perché -ed è questa la fondamentale «ratio decidendi» -sempre in quell’anno le due società avevano raggiunto un accordo di compensazione implicante il riconoscimento dell’esistenza di un credito di RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE ammontante a 260.502,31 euro.
4.7 Ad avviso dei giudici regionali, era dunque il 2008 l’esercizio di competenza, cioè quello in cui era venuto ad esistenza il titolo giuridico costituente la fonte dei ricavi concorrenti alla formazione del reddito d’impresa ripreso a tassazione (cfr. Cass. n. 8589/2022, Cass. n. 8002/2021, Cass. n. 31798/2019, Cass. n. 7032/2018).
4.8 La ricorrente tenta di rimettere in discussione la correttezza delle conclusioni alle quali è pervenuta la Commissione di seconde cure, contestando che la documentazione acquisita al processo fosse idonea a dimostrare l’avvenuta conclusione del cennato accordo di compensazione.
4.9 Una simile censura non può, tuttavia, trovare ingresso, in quanto, dietro il velo della denuncia del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., si risolve, in realtà, in una sostanziale richiesta di rivalutazione del merito della controversia.
Con il quinto motivo, inquadrato nello schema dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso.
5.1 Viene imputato al collegio di secondo grado di aver inspiegabilmente ritenuto abbandonata la questione relativa all’errata applicazione dell’IVA, che invece era stata specificamente
riproposta in appello dalla RAGIONE_SOCIALE
5.2 Si deduce, inoltre, la violazione da parte della Commissione regionale degli artt. 6 e 11 del D.P.R. n. 633 del 1972, in forza dei quali il momento di esigibilità delle prestazioni oggetto del contratto di permuta di servizi intercorso fra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE andava collocato all’interno del periodo d’imposta 2007. 5.3 Il motivo è inammissibile: sia nella parte in cui prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo, per le ragioni evidenziate nei denuncia la violazione degli artt. 6 e 11 del D.P.R. n. 633 del 1972 -profilo di doglianza propriamente riconducibile nell’alveo del n. 3) dell’art.
sottoparagrafi 1.3 e 1.4; sia nella parte in cui 360, comma 1, c.p.c.-, per i motivi indicati nel sottoparagrafo 2.6.
A tale ultimo proposito si osserva che la questione veicolata dalla lagnanza in disamina non è stata trattata nell’impugnata sentenza e che dalla lettura del ricorso non è possibile stabilire se essa fosse stata specificamente proposta fin dal primo grado di giudizio.
Per le ragioni esposte, sulle conformi conclusioni del Pubblico Ministero, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione