Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22857 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22857 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16962/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in NAPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
(
)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 10185/2017 depositata il 04/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza n. 10185/2017 depositata in data 04/12/2017, nel giudizio di rinvio introdotto a seguito della pronuncia dell’ordinanza n. 17349 emessa da questa Corte in data 25/08/2016, ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 572/2012, con cui la Commissione tributaria provinciale di Caserta aveva rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente contro l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006.
La CTR ha ritenuto che nel caso in esame non potesse essere qualificata come permuta l’operazione che , nel 2006, vedeva, da un lato, i fratelli COGNOME trasferire alla società contribuente la proprietà di un terreno edificabile (con determinazione di un corrispettivo pari a Euro 318.000) e, dall’altro lato, la medesima contribuente stipulare, nella stessa data, un preliminare di vendita con l’impegno a trasferire la proprietà di cinque abitazioni (per un corrispettivo di Euro 775.000).
Il giudice d’appello ha ritenuto che si trattasse di atti distinti, stipulati in epoche differenti e tra soggetti diversi, per i quali erano stabiliti corrispettivi di diversa entità. Era stata, inoltre, prevista una fideiussione e le spese risultavano a carico della parte acquirente.
2.1. Per il giudice di seconde cure, ai fini dell’IVA , veniva, quindi, in rilievo l’art. 11 d.P.R. n. 633 del 1972, secondo il quale le cessioni di beni effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate.
2.2. È stato, tuttavia, ritenuto errato l’operato dell’amministrazione finanziaria che, ai fini IVA, rettificava gli importi dei righi VE20 e VE21 dell’Unico S.C. 2997 , duplicando, in tal modo gli importi delle fatture emesse nel 2008. Le parti avevano, infatti, assolto agli obblighi tributari del l’anno 2006 nel 2008, quando la società contribuente aveva emesso fatture regolari a fronte degli acquirenti degli immobili.
2.3. La CTR richiama, infine, una pronuncia dello stesso giudice d’appello, che per gli anni 2007 e 2008 aveva annullato il recupero degli acconti relativi ai medesimi presupposti per l’anno 2006.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
La Procura Generale della Corte di cassazione ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1472 cod. civ. e 6 d.P.R. n. 633 del 1972.
1.1. La ricorrente rilevato un contrasto tra l’affermazione secondo cui « nel caso di specie l’operazione non si ritiene debba essere qualificata come permuta» e quella che: « il contratto con cui due parti convengono il trasferimento della proprietà di un terreno a fronte di unità immobiliare da costruire sul medesimo terreno può essere qualificata come permuta di bene presente con bene futuro» -ha evidenziato che, se la CTR avesse interpretato correttamente l’art. 1472 c.c. , avrebbe dovuto qualificare come permuta il contratto stipulato dalla società contribuente. Difatti, nella permuta di cosa presente con cosa futura sono irrilevanti le epoche differenti (trattandosi dello scambio di un bene presente con una cosa futura),
i corrispettivi non omogenei, la fideiussione prevista, anche dalla legge, a garanzia della seconda cessione e l’apposizione delle spese a carico di una sola parte.
1.2. La ricorrente rileva che la cessione di un terreno edificabile di proprietà di una persona fisica (non soggetto passivo di IVA) in cambio della cessione di appartamenti costruendi su quel terreno da parte del cessionario imprenditore determina l’applicazione dell’imposta di registro alla cessione non soggetta ad IVA ( i.e. quella del terreno) e l’applicazione dell’IVA alla cessione degli appartamenti. Il momento di esigibilità deve essere, pertanto, individuato nel momento della stipulazione dell’atto d i acquisizione del terreno che ne costituisce il corrispettivo.
1.3. Ad avviso della ricorrente non è, poi, condivisibile quanto affermato dalla CTR in ordine al fatto che l’azione impositiva avrebbe determinato una duplicazione di imposta, dal momento che gli adempimenti tributari richiesti per l’anno 2006 sarebbero s tati assolti nel 2008. La tardiva fatturazione di operazioni imponibili integra, infatti, una violazione di natura sostanziale. A tal fine richiama la distinzione tra violazioni sostanziali e violazioni meramente formali.
1.4. Il motivo di ricorso è fondato.
Nella specie la contestazione dell’amministrazione finanziaria parte da una complessa operazione immobiliare, iniziata nel 2004, con una scrittura privata relativa alla cessione di un terreno, avvenuta concretamente nel 2006, in favore della società contribuente, che con separati atti aveva, poi, promesso la consegna di alcuni appartamenti, effettivamente consegnati nel 2008.
La CTR in fatto si è limitata a riferire che: « L’appellante evidenzia che i germani Tescione trasferivano, dando seguito ad un preliminare del 2004, la proprietà di un terreno edificabile alla società RAGIONE_SOCIALE con determinazione del corrispettivo calcolato in €
318.000,00. Nella stessa data veniva stipulato un preliminare di vendita con l’ impegno a trasferire la proprietà di n. cinque abitazioni. A garanzia di tale trasferimento veniva prestata fideiussione a favore dei RAGIONE_SOCIALE. » e, dato atto che il contratto con cui due parti convengono il trasferimento della proprietà di un terreno a fronte di unità immobiliari da costruire sul medesimo terreno può essere qualificato come permuta di bene presente con bene futuro, ha ritenuto che, nel caso di specie, si fosse in presenza di atti distinti, stipulati in epoche differenti e soggetti diversi, con la previsione di corrispettivi distinti e di diversa entità, oltre al rilascio di una fideiussione. Inoltre, le spese sono risultate a carico della parte acquirente.
Diversamente da quanto sostenuto dalla società contribuente (a pag. 6 del controricorso) rappresenta, invece, un mero obiter dictum (e non un’autonoma ratio decidendi ) la considerazione della CTR in ordine al fatto che nella specie ci si trovi davanti ad atti pubblici notarili che fanno piena prova fino a querela di falso. Neppure l’affermazione che: « la funzione valutativa ed estimativa della qualificazione giuridica dei soggetti, atti e documenti, è preclusa dall’assenza in giudizio dalla copia del p.v.c. » integra un’autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata, al punto da ritenere che la mancanza di censure da parte dell’Agenzia delle Entrate comporti l’inammissibilità del primo motivo di ricorso per carenza di interesse , come sostenuto dalla parte controricorrente. Si tratta, infatti, di un’eccezione infondata: il giudice di seconde cure -seppure in negativo -ha operato una qualificazione giuridica, escludendo che la fattispecie fosse riconducibile a una permuta ed è tale aspetto a costituire la ratio decidendi correttamente impugnata con il primo motivo di ricorso.
1.5. Gli elementi cui ha dato rilievo la sentenza impugnata non sono, tuttavia, dirimenti al fine di escludere la riconducibilità alla permuta dell’articolata fattispecie negoziale in esame , già nella prospettiva del diritto civile. La qualificazione del contratto richiede, infatti, la preliminare individuazione della causa concreta, intesa come scopo pratico del negozio, cioè come sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato (Cass., 16/05/2017, n. 12069; Cass., 04/05/2018, n. 10612; Cass. 08/05/2006, n. 10490; Cass. 12/11/2009, n. 23941). La sentenza impugnata si incentra, invece, sulla separatezza formale degli atti, senza verificare se l’operazione economica sottostante a tali negozi fosse unitaria, in quanto connotata da una «causa del collegamento», dotata di autonomia e destinata a sovrapporsi a quella propria dei singoli contratti collegati (Cass., 13/11/2024, n. 29288; v., in particolare, Cass., 10/10/2023, n. 28324, che ha cassato la sentenza d’appello che si era arrestata ad un’analisi formalistica e unidirezionale dei contratti oggetto di causa, rappresentati da un preliminare di permuta di un’area edificabile con appartamento da costruire a cui erano seguiti la compravendita dell’area e la stipula di un ulteriore preliminare di compravendita dell’unità immobiliare da edificare e, infine, una polizza assicurativa).
1.6. Peraltro, nel caso di specie la qualificazione della complessa sequenza negoziale posta in essere dalle parti viene in rilievo con riferimento agli aspetti fiscali.
Quel che conta, difatti, ai fini dell’art. 11 del d.P.R. n. 633/72, è il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione dell’utilità derivante dalla futura prestazione di servizi o dalla futura cessione di beni, coincidente con il bene futuro, assunto come termine di scambio con la cessione o con la prestazione di servizi già eseguita,
corrispondente al bene presente (in termini, Cass. 22/12/2005 n. 28479 e 25/10/2003 n. 24172, richiamate da Cass. 21/03/2019, n. 7947; Cass. 30/01/2020, n. 2146). Da tali principi ne deriva che la permuta rilevante ai fini Iva, e quindi rilevante a norma dell’art. 11 d.P.R. cit., non va considerata come un’unica operazione ma come più operazioni tra loro indipendenti, anche se assistite dal vincolo di corrispettività, alle quali va applicata atomisticamente l’Iva, e sono da ritenere imponibili al momento della loro esecuzione. In tal senso, il ricevimento da parte di uno dei due contraenti della cessione o del servizio, equivale, in parte qua , al pagamento del corrispettivo (pagamento che, in tal caso, avviene in natura), sicché a tale momento l’operazione si considera effettuata e sorge l’obbligo di emissione della fatturazione (così, Cass. n. 7947 del 2019).
Occorre, quindi, verificare se la cessione del terreno fosse o meno remunerativa della cessione differita a soggetti terzi rispetto al cedente. Si è difatti chiarito al riguardo (Cass., 11/10/2018, n. 25254) che, in tema di IVA, ai fini della individuazione del momento impositivo, il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull’area stessa, a cura e con mezzi del cessionario, può qualificarsi come permuta di un bene esistente con uno futuro solo ove il sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco con effetto immediato della proprietà dell’area e differito della cosa futura, e l’assunzione dell’obbligo di erigere l’edificio sia rimasta su di un piano accessorio e strumentale.
1.7. Tali verifiche devono essere fatte, in base ai criteri enunciati dalla giurisprudenza unionale. Secondo la CGUE la qualificazione di un’ operazione a titolo oneroso in materia di IVA presuppone unicamente la sussistenza di un nesso diretto fra la cessione di beni o la prestazione di servizi e un corrispettivo effettivamente percepito
dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste qualora tra il prestatore e il beneficiario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio sinallagmatico di prestazioni e il corrispettivo percepito dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio fornito al beneficiario (CGUE, 16/09/2020, RAGIONE_SOCIALE v. Finanzamt Y, causa C-528/19, § 43; CGUE 03/07/2019 , UniCredit Leasing , causa C-242/18, § 69).
È stato, inoltre, precisato che i contratti di permuta, nei quali il corrispettivo è per definizione in natura, e le operazioni per le quali il corrispettivo è in denaro sono, dal punto di vista economico e commerciale, due situazioni identiche (CGUE, 16/09/2020, RAGIONE_SOCIALE v. RAGIONE_SOCIALE, causa C528/19, § 45; CGUE, 26/09/2013, RAGIONE_SOCIALE , causa C283/12, § 39).
La giurisprudenza unionale è, quindi, incentrata non tanto sulla distinzione formale tra singoli schemi contrattuali, quanto sul significato concreto dell’operazione, ritenendo irrilevante che la cessione abbia quale corrispettivo una somma di denaro rispetto a quella in cui il controvalore sia in natura. Il punto centrale è, infatti, costituito dal nesso diretto fra la cessione di beni (o la prestazione di servizi) e il corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste al cospetto di un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di prestazioni , di cui l’una rappresenta il controvalore dell’altra . E il relativo accertamento, va svolto con pienezza di strumenti e con piena rilevanza di tutti gli elementi, comprese la finalità economica e le altre circostanze di fatto pertinenti alla specifica vicenda (CGUE, 19/12/2018, Mailat, in causa C-17/18; 4/3/2021, Frenetikexito, in C-581/19, nonché, nella giurisprudenza interna, Cass. 7/5/2024, n. 12450, punto 6.1.).
1.8. Alla luce di quanto sin qui evidenziato gli elementi posti dalla CTR a fondamento della decisione non sono dirimenti, posto che:
la circostanza che i rogiti concernenti le abitazioni siano intervenuti successivamente è di per sé ininfluente, proprio in considerazione della morfologia della permuta di bene presente con bene futuro, che , nella prospettazione dell’Agenzia, è consistita nello scambio tra cessione attuale del terreno e cessione differita degli appartamenti; il che è compatibile con la stipulazione di rogiti successivi che diano, come si sostiene in ricorso, veste formale all’effetto traslativo prodottosi con la venuta a d esistenza degli appartamenti;
irrilevante è la diversità dei corrispettivi, considerato che il trasferimento reciproco della proprietà attuale e della cosa futura si verifica anche se sia previsto un conguaglio in danaro, non incidendo tale clausola sulla causa tipica del contratto di permuta (Cass. 24/01/1992, n. 811); e ciò perché, ai fini della qualificazione del contratto di permuta, criterio preminente è quello soggettivo, fondato sulla maggiore importanza della prestazione in natura in rapporto all’interesse della parte (Cass. 2 3/6/2006, n. 14455, punto 3.3.);
neanche dirimente è la circostanza che i rogiti concernenti gli appartamenti riguardino terzi. Non è difatti contestato il principio che è legittimo l’accordo tra le parti contraenti di realizzare il contenuto di una permuta (con conguagli in danaro) tramite la stipulazione di atti negoziali asincroni collegati e quindi con due atti di compravendita; e per l’esistenza di tale coordinamento non è indispensabile che le parti siano le stesse, essendo sufficiente che tutte abbiano avuto presente il fine ulteriore perseguito (Cass. 2/06/1994, n. 5337).
È piuttosto, necessario verificare se vi sia stato lo scambio sinallagmatico tra cessione del terreno e cessione degli appartamenti erigendi.
In caso di riscontro positivo, la cessione del terreno segna il momento di effettuazione dell’operazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 d.P.R. n. 633 del 1972.
1.9. Di conseguenza il motivo di ricorso è fondato, rendendosi necessaria una nuova valutazione da parte del giudice di merito, in sede di rinvio, alla luce dei principi ricavabili dalla giurisprudenza unionale appena richiamata.
Con il secondo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 111 Cost, 1, 2 e 36 d.lgs. n. 546 del 1992, 132 e 274 cod. proc. civ. e 118 d. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
2.1. Con tale motivo di ricorso la sentenza impugnata viene censurata nella parte in cui richiama un precedente del medesimo giudice d’appello che per gli anni 2007 e 2008 ha annullato il recupero degli acconti basati sui medesimi presupposti relativi agli anni 2006. Tale affermazione, ad avviso della parte ricorrente, integra un’ipotesi di motivazione apparente, rilevando che il richiamo per relationem ad altra pronuncia impone, pur sempre, un’autonoma motivazione da cui risulti una valutazione sul merito della controversia.
2.2. Il motivo è fondato: secondo questa Corte la motivazione della sentenza per relationem è ammissibile, purché il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio (Cass., 11/05/2012, n. 7347; Cass., 11/09/2018, n. 21978). Nel caso di
specie la sentenza impugnata si è, tuttavia, limitata a rilevare che « per gli anni 2007 e 2998 il collegio ha annullato il recupero degli acconti basati sui medesimi presupposti relativi agli anni 2006», senza il benché minimo riscontro delle questioni trattate nel giudizio concluso con la sentenza richiamata, non rendendo, quindi, possibile verificare le similitudini che potevano caratterizzare la ratio decidendi della decisione cui è stato fatto rinvio.
Tale lacuna motivazionale della sentenza impugnata non è, peraltro, arginata neppure dall’eccezione di inammissibilità del secondo motivo di ricorso per carenza di interesse sollevata dalla società contribuente (v. pag. 11-12 del controricorso), considerata anche l’estrema genericità di quella individuata dalla controricorrente come ulteriore e autonoma ratio decidendi (« il recupero sugli acconti effettuato dall’Ufficio è illegittimo perché non vi è prova della pretesa tributaria» ) a pag. 12 del controricorso.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è fondato e deve essere accolto nei termini di cui in motivazione.
3.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 12/06/2025.