Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2052 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2052 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
AGENZIA DELLE ENTRATE,
-intimata – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SARDEGNA, n. 91/2023, depositata il 30/01/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’ Agenzia delle entrate notificava a NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME – nelle rispettive qualità di amministratore
Avviso accertamento operazioni inesistenti -prova contraria -perizia di parte.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7179/2023 R.G. proposto da:
NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, sito in Roma, INDIRIZZO, rappresentati e difesi, dall’avv. NOME COGNOME
-ricorrenti – contro
il primo e soci gli altri due della estinta RAGIONE_SOCIALE cancellata dal registro delle imprese il 16 giugno 2008 – avvisi di accertamento con i quali contestava la deduzione di costi relativi ad operazioni ritenute inesistenti; per l’effetto, per gli anni di imposta dal 2003 al 2006 rettificava il reddito della società ai fini Ires ed accertava un maggior volume di affari ai fini Irap; per gli anni di imposta 2003, 2005 e 2006 riduceva il credito Iva.
1.1. L’Ufficio accertava che la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE -le quali avevano realizzato investimenti per la realizzazione del c.d. Polo Suinicolo di Isili beneficiando di contributi pubblici -nell’ambito di un sodalizio tra due gruppi societari (il gruppo RAGIONE_SOCIALE ed il gruppo RAGIONE_SOCIALE) avevano predisposto un apposito schema volto a documentare operazioni di investimento maggiori rispetto al reale al fine di ottenere maggiori contribuzioni; che tale disegno era stato realizza to anche attraverso l’interposizione della società contribuente, riconducibile al gruppo RAGIONE_SOCIALE; che, in particolare, ad una terza società, la RAGIONE_SOCIALE, facente parte del gruppo RAGIONE_SOCIALE erano state appaltate le opere funzionali alla realizzazione degli investimenti, poi subappaltate alla contribuente . L’Ufficio riteneva, pertanto, che la RAGIONE_SOCIALE (così come la RAGIONE_SOCIALE) avessero agito esclusivamente quali moltiplicatori di costi e che, attraverso operazioni di sovra-fatturazione le società madri avessero beneficiato di maggiori contributi e la RAGIONE_SOCIALE avesse, di contro, creato costi fittizi portati in deduzione del reddito.
Avverso detti atti impositivi proponevano separati ricorsi i contribuenti.
La C.t.p., previa loro riunione, li dichiarava inammissibili.
La C.t.r, con la sentenza n. 13 del 2015, accoglieva l’appello dei contribuenti e annullava gli avvisi di accertamento.
L ‘Agenzia delle entrata spiegava ricorso per Cassazione.
Questa Corte, con l’ordinanza n. 28797 del 2021 , annullava con rinvio la sentenza di appello. In accoglimento del primo motivo di ricorso escludeva, fatta eccezione per l’ Irap, che vi fosse stata decadenza dal potere impositivo trovando applicazione il c.d. raddoppio dei termini; nel merito in accoglimento del secondo motivo, – con il quale l’Agenzia aveva contestato l’omesso esame di fatti decisivi -rilevava che la C.t.r. non aveva preso in esame, neppure implicitamente, le circostanze dedotte dall’Ufficio a sostegno delle sovra-fatturazioni.
Riassunto il giudizio, la C.t.r., pronunciandosi quale giudice del rinvio, rigettava l’appello dei contribuenti e riteneva gli avvisi di accertamento legittimi e ritualmente impugnati; per l’effetto, rigettava il ricorso originario.
La C.t.r., per quanto qui rileva, affermava che la pretesa impositiva era basata su una ricostruzione dell’Agenzia pienamente sorretta da una serie di presunzioni gravi, precise e concordanti, nel rispetto dell’art. 39, comma 1, lettera d) d.P.R. n. 600 de l 1973. In particolare, ricostruiva le vicende societarie della contribuente, evidenziando che la stessa era stata costituita nel 2002 dai tre fratelli COGNOME, con NOME NOME (coniuge di COGNOME NOME) come Presidente del Consiglio di amministrazione, prima, e amministratore unico, poi, nonché responsabile tecnico fino al 2007; che aveva nove dipendenti, di cui solo un amministrativo prestava la propria attività presso il cantiere di Isili e dal 2005 solo due operai manutentori, come riscontrato in base alle lettere di assunzione e alle dichiarazioni acquisite. Aggiungeva che i verificatori avevano trovato contratti palesemente retrodatati, forniture e prestazioni effettuate da altri soggetti e comprese nelle commesse, basandosi anche su dichiarazioni dei diretti interessati; che vi erano evidenti discordanze nella documentazione a supporto di alcune fatture (puntualmente indicate in
sentenza); che l’Amministrazione finanziaria aveva reperito ulteriore documentazione presso gli uffici del gruppo RAGIONE_SOCIALE con espresso riferimento (con annotazioni manoscritte) alla possibilità di sovrafatturazione al 100 per cento netto; che erano stati rinvenuti ulteriori prospetti, relativi a specifiche operazioni, con elenchi di atti chiaramente rivolti alla predisposizione di fondi e all’apporto di mezzi propri, con analitica descrizione dei vari passaggi per ottenere tali risultati; che vi erano significative annotazioni (puntualmente riportate) in relazione agli obiettivi raggiunti che denotavano l’accurata pianificazione dei rapporti con le società beneficiarie, secondo uno schema palesemente fraudolento; che vi era comprovata esistenza di conteggi e prospetti paralleli, contrastanti rispetto alla formale contabilità. A completamento del quadro probatorio, richiamava la fattura emessa da tale COGNOME Roberto (già menzionata nella sentenza di annullamento con rinvio) il quale, tuttavia, aveva dichiarato di non aver mai emesso il documento e di non aver mai svolto attività nel cantiere di Isili. Evidenziava, ancora, l ‘accertamento contenuto nella sentenza (passata in giudicato) della C.t.r. Sardegna n. 612 del 2018, con cui era stata acclarata l’inesistenza di operazioni fatturate dalla RAGIONE_SOCIALE a favore della stessa RAGIONE_SOCIALE La C.t.r., ancora, si faceva carico di esaminare la memoria tecnico-contabile redatta dall’Ing. COGNOME (che certifica va l’effettività dei lavori eseguiti e la operatività della RAGIONE_SOCIALE rilevando che la perizia giurata depositata da una parte non era dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asseriva di aver accertato e ribadiva che la verifica effettuata dalla Guardia di Finanza e posta alla base del successivo accertamento era sufficientemente circostanziata e corroborata da riscontri oggettivi, e che le parti non avevano, in alcuna maniera, dato indicazioni sul perché i valori inizialmente previsti per la concessione dei finanziamenti fossero esattamente il 50 per
cento superiori al valore dei contratti di subappalto stipulati dalle due società beneficiarie del finanziamento pubblico per la realizzazione delle medesime opere e sul perché, una volta inserita quale ulteriore subappaltante la RAGIONE_SOCIALE nei vari passaggi, gli importi utili fossero coincisi perfettamente con la percentuale del margine ricaricato alle beneficiarie, in modo da creare un meccanismo di ripartizione del margine tra i due gruppi.
Avverso della sentenza propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME. L ‘Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ. derivante dall’omesso esame della perizia giurata di stima le cui conclusioni erano state riportate dalla società anche nel giudizio di riassunzione.
Affermano che i giudici della riassunzione, pur affermando un principio di diritto condivisibile (ovvero che la perizia non costituisce prova ma mero indizio, liberamente valutabile in sede di decisione), hanno del tutto omesso di pronunciarsi sulle valutazioni peritali (riportate dai contribuenti nel ricorso in riassunzione), con ciò violando l’art. 112 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo denunciano , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente e la violazione de ll’ art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 132 cod. proc. civ.
Censurano la sentenza impugnata per aver disatteso le risultanze della perizia senza illustrare in alcun modo il percorso logico seguito
per ritenerla irrilevante ai fini della dimostrazione della effettiva esistenza delle operazioni contestate.
Con il terzo motivo denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Censurano la sentenza impugnata per aver omesso di valutare il contenuto della perizia e per aver ritenuto che le operazioni contestate fossero oggettivamente inesistenti.
Con il quarto motivo denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e l’illegittimità della sentenza per violazione del principio di non contestazione in quanto le risultanza della perizia non erano state mai contestate dall’Ufficio nelle proprie controdeduzioni in appello.
I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. Con i medesimi, infatti, i ricorrenti criticano la sentenza impugnata, in riferimento a quanto affermato nella perizia giurata depositata in appello , a firma dell’Ing. COGNOME e prospettano in riferimento alla stessa l’omessa pronuncia, l’omessa motivazione su quanto ivi accertato, l’errata valutazione .
I motivi sono infondati.
5.1. Deve premettersi che nel processo tributario, la perizia depositata dalla parte, sia essa contribuente o Amministrazione finanziaria, prodotta, singolarmente o nel contesto di scritti difensivi, ha il valore di allegazione difensiva a contenuto tecnico (Cass. Sez. U., 03/06/2013 n. 13902, Cass. 27/12/2018, n. 33503, Cass. 29/09/2017, n. 22965; Cass., 11/11/2011, n. 23590; Cass. 01/04/2016, n. 6351; Cass. 19/10/2016, n. 21132;; Cass. 24/0/2017, n. 20347). La stessa non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato. Non essendo prevista dall’ordinamento la pre-costituzione fuori del giudizio di un siffatto
mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto (Cass. 27/12/2018, n. 33503).
Infine, si è chiarito che la relazione di un perito stragiudiziale, dando luogo a dei semplici indizi, comporta che la sua omessa valutazione non possa assurgere al vizio di omesso esame circa un fatto decisivo della controversia (Cass. 09/04/2018, n. 8261).
5.2. Ciò posto, la deduzione di un vizio di omessa pronuncia di cui al primo motivo è inammissibile. Infatti, la violazione dell’art. dell’art. 112 cod. proc. civ. sussiste laddove il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili.
Deve allora ribadirsi che, come questa Corte ha già chiarito, «Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. ex plurimis Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 02/04/2020, n. 7662; Cass. 30/01/2020, n. 2153). Non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto» (Cass. 04/06/2019, n. 1525).
Per altro, la C.t.r., come del resto rilevato dai ricorrenti, ha espressamente preso in considerazione la perizia stragiudiziale sicché non può nemmeno affermarsi che la stessa sia stata completamente ignorata. Si è precisato, infatti, che il vizio di omessa pronuncia differisce dal vizio di omessa motivazione, proposto anch’esso dai ricorrenti. Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificazione (Cass. 05/03/2021, n. 6150).
Non depongono in senso inverso i due precedenti di questa Corte Cass. n. 31805 del 2019 e Cass. n. 1470 del 2018 – invocati dalla ricorrente. Nel primo precedente, infatti, l’omessa pronunc ia rilevata dalla Corte non riguardava la perizia (che aveva attestato la non congruità dei valori venali) ma l’eccezione stessa corroborata dalla perizia. Il secondo, invece, non appare pertinente in quanto riguarda la consulenza tecnica di ufficio ed esclude che l’omesso espresso rigetto dell’istanza di rinnovazione integri un vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ.
5.3. Quanto alla valutazione della perizia, è consolidato il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiede che egli dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per
implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di merito, se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374, Cass. 21/01/2015, n. 961).
5.4. Infine, va escluso anche il vizio di omessa motivazione.
Le Sezioni Unite della Corte hanno precisato che La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella
«motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
La RAGIONE_SOCIALE ha puntualmente ricostruito nei tratti essenziali la complessa operazione di sovrafatturazione posta in essere dalle società facenti capo al medesimo gruppo, tra cui la RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere una ripartizione dei vantaggi tra i due gruppi e tra i soci RAGIONE_SOCIALE ha preso espressamente in considerazione le argomentazioni difensive e tecniche dei ricorrenti che lamentavano la mancanza di prova delle circostanze sottese all’accertamento; ha analizzato sia la documentazione allegata al pvc sia la memoria tecnica-contabile valorizzata dai ricorrenti. Infine, ha ulteriormente precisato -così rendendo motivazione specifica a contrasto della tesi dei contribuenti che «le parti non risultano avere in alcuna maniera dato indicazioni sul perché i valori inizialmente previsti per la concessione dei finanziamenti fossero esattamente il 50% superiori al valore dei contratti di subappalto stipulati dalle due società beneficiarie del finanziamento pubblico per la realizzazione delle medesime opere e sul perché, una volta inserita quale ulteriore subappaltante la RAGIONE_SOCIALE nei vari passaggi, gli importi utili coincidessero perfettamente con la percentuale del margine ricaricato alle beneficiarie, in modo da creare un meccanismo di ripartizione del margine tra i due gruppi».
Piuttosto, deve rilevarsi che la ricorrente pur deducendo, apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass.
13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315).
6. Il quarto motivo è infondato.
6.1. In ragione della natura della perizia stragiudiziale (come argomentato nel precedente par. 5.1.) va ribadito che le conclusioni ivi raggiunte non possono formare oggetto di applicazione del principio di non contestazione ai sensi dell’art.115 cod. proc. civ. perché esse non assurgono a fatto giuridico provato e sono un mero elemento indiziarlo soggetto a doverosa valutazione da parte del giudice» (Cass. 23/11/2022 n. 34450).
Inoltre, con specifico riguardo alla posizione dell’Amministrazione, il principio di non contestazione non implica a carico della stessa, a fronte dei motivi di impugnazione proposti dal contribuente, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato mediante l’atto impositivo, in quanto detto atto costituisce nel suo complesso, nei limiti delle censure del ricorrente, l’oggetto del giudizio, (Cass. 23/07/2019, n. 19806). Pertanto nel processo tributario, qualora l’Amministrazione finanziaria d ifenda l’atto impositivo avverso le critiche proposte dal contribuente, che domanda di rigettare, per ciò solo devono ritenersi contestate le tesi difensive proposte dalla controparte (Cass. 03/09/2024, n. 23599).
7. In conclusione il ricorso va rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese, stante la mancanza di attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024.