Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3736 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3736 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19204/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in MODENA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. EMILIA-ROMAGNA n. 63/2021 depositata il 18/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate, a seguito di controllo formale ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, in data 20 settembre 2017, notificava a mezzo PEC, comunicazione di irregolarità protocollo n. 53926 (doc.
4), per parte delle ritenute operate ed omesse relative all’anno 2016.
In data 1° dicembre 2017, veniva notificata al fallimento RAGIONE_SOCIALE la cartella di pagamento n. 070 2017 00302536 36 000, correlata a tre distinti ruoli.
Il fallimento ha impugnato la cartella di pagamento « limitatamente al ruolo n. 2017/900237, reso esecutivo il 05/10/2017, Partita CODICE_FISCALE, pagg. 12-14 cartella, n. dal 242 al 376, totale complessivo impugnazione € 13.964.228,583 ».
La Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, con la sentenza n. 220/04/19, ha accolto il ricorso del fallimento, annullando l’iscrizione a ruolo e la connessa cartella di pagamento. Nella specie, il giudice di primo grado ha osservato che la pretesa tributaria era stata avanzata a seguito di una vera e propria attività di indagine da parte dell’Ufficio, che, non essendosi limitato alla verifica dei dati emersi dalla dichiarazione dei redditi, avrebbe dovuto portare a conoscenza della contribuente l’esito dell’accertamento con apposito avviso e senza emettere la cartella di pagamento, tenuto conto che nel caso concreto non era applicabile l’art. 36 -bis, comma 2-bis, d.p.r. n. 600 del 1973, previsto in materia di pericolo di riscossione.
La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, con la sentenza n. 63/2021, ha rigettato il ricorso in appello dell’Ufficio, parimenti rilevando che nel caso di specie era stata svolta
un’attività d’indagine che avrebbe dovuto essere portata a conoscenza della società appellata.
L’Agenzia affida il proprio ricorso per cassazione a due motivi , cui resiste con controricorso il Fallimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del D.lgs. 31.12.1992 n. 546 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., in quanto la CTR ‘ non ha in alcun modo esplicitato … le norme sulle quali si basa l’iscrizione a ruolo in contestazione ‘ e ‘ pur essendo pacifico che la società intimata era sottoposta a procedura concorsuale, la CTR non ha illustrato le ragioni per le quali non ha preso in considerazione tale circostanza ‘.
Con il secondo motivo di ricorso si adombra la violazione dell’art. 36-bis del d.p.r. 29.9.1973 n. 600, anche in combinato disposto con l’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., avendo la CTR obliterato la circostanza per la quale l’Ufficio ha provveduto ad un c.d. controllo anticipato ex comma 2bis dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 in virtù della procedura concorsuale apertasi a carico della società.
Il primo motivo non coglie nel segno e va disatteso, non constando l’obbligo della CTR di rispondere punto su punto ai rilievi di parte ricorrente, potendo ben reputare irrilevante o ininfluente una circostanza nell’economia della decisione. Al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione, così da doversi ritenere implicitamente rigettate le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. n. 3126 del 2021). In altri termini, è sufficiente e necessario che il giudice
esponga in maniera concisa gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione (Cass. n. 25059 del 2014).
Il secondo motivo è fondato e va accolto.
La CTR ha di fatto negato l’utilizzabilità dello strumento di cui al comma 2bis dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, su cui pure s’imperniava il recupero fiscale.
L’Ufficio, in ossequio al parametro dell’autosufficienza, ha documentato come sia nella comunicazione di irregolarità, sia nella cartella di pagamento, si facesse riferimento al comma 2 bis dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973.
Emerge come pacifico che il recupero fiscale sia avvenuto in base a detta norma.
Il comma 2-bis prevede che « Se vi è pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta ».
La disposizione è stata introdotta dal D.L. n. 203 del 30 settembre 2005, anticipando la soglia di esperibilità dei controlli verso il contribuente a una fase anteriore a quella squisitamente dichiarativa, in guisa da rendere maggiormente incisivi i poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
In tal senso, l’Agenzia può procedere al controllo nei confronti del contribuente ancor prima della presentazione della dichiarazione annuale, per accertare che abbia tempestivamente effettuato il versamento dell’imposta.
L’esercizio di tale potere si collega all’esigenza di rendere più efficace l’azione di accertamento dell’Amministrazione finanziaria in ipotesi in cui può essere compromesso il soddisfacimento del credito erariale ed è subordinato al presupposto sostanziale della ricorrenza di un pericolo concreto per la riscossione.
Il concreto pericolo sussiste ogni qualvolta il credito erariale possa non trovare capienza nel patrimonio del contribuente, in quanto un’eventuale esecuzione coattiva su di esso non consentirebbe il suo soddisfacimento.
La perimetrazione oggettiva della nozione di ” pericolo per la riscossione ” rimanda alle ipotesi in cui il contribuente si trovi in una situazione patrimoniale tale per cui un rinvio della riscossione dell’imposta sarebbe suscettibile di comportare l’impossibilità del recupero totale del credito per il concorso di altri creditori privilegiati.
In tal senso, la nozione di pericolo per la riscossione non accorpa soltanto le ipotesi in cui il contribuente abbia alterato la consistenza del proprio patrimonio riducendo la garanzia patrimoniale per l’erario, ma anche intercetta tutte le altre ipotesi in cui il patrimonio presenti un rischio di insufficienza a garantire il soddisfacimento del credito erariale, a prescindere da atti di disposizione preordinati alla suddetta deminutio .
Il ‘fallimento’ senz’altro rientra in questa evenienza.
Ha, del resto, affermato condivisibilmente questa Corte che ‘ In tema di crediti tributari concorsuali, cioè quelli i cui presupposti si sono verificati prima della dichiarazione di fallimento, la notificazione della cartella di pagamento, conseguente all’iscrizione a ruolo ex art. 36-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, è valida anche se effettuata al curatore, poiché essa, costituendo il primo atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, svolge anche la funzione di accertamento del tributo ed è, altresì, necessaria ove si voglia procedere alla successiva insinuazione al passivo del credito, che in sua mancanza risulterebbe inopponibile alla procedura concorsuale ‘ (Cass. n. 26898 del 2024).
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto con riferimento al secondo motivo, rigettato il primo motivo. La sentenza d’appello va cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alle Corte di Giustizia
Tributaria di Secondo Grado dell’Emilia -Romagna anche per la regolazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo del ricorso, ne accoglie il secondo. Cassa la sentenza d’appello e rinvia la causa per un nuovo esame alle Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Emilia -Romagna anche per la regolazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.