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Pericolo riscossione: legittimo il controllo anticipato

L’Agenzia Fiscale emette una cartella di pagamento a una società fallita basandosi su un controllo anticipato per pericolo per la riscossione. Le commissioni tributarie annullano l’atto, ma la Cassazione ribalta la decisione, affermando che il fallimento giustifica tale procedura accelerata, rendendo legittimo l’uso dell’art. 36-bis, comma 2-bis, del d.P.R. 600/1973.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Riscossione Fiscale: quando il fallimento giustifica il controllo anticipato

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto tributario: la legittimità delle procedure accelerate di accertamento e riscossione in presenza di un pericolo per la riscossione. In particolare, la Corte di Cassazione chiarisce che la dichiarazione di fallimento di una società costituisce, di per sé, una condizione sufficiente per l’Amministrazione Finanziaria per attivare controlli anticipati e procedere con l’iscrizione a ruolo senza attendere la dichiarazione dei redditi. Analizziamo la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata, successivamente dichiarata fallita, riceveva una comunicazione di irregolarità e una successiva cartella di pagamento per ritenute operate e omesse relative a un’annualità d’imposta. La cartella era stata emessa a seguito di un controllo formale anticipato, basato sull’art. 36-bis, comma 2-bis, del d.P.R. n. 600/1973, che permette all’Ufficio di agire prima della presentazione della dichiarazione annuale se sussiste un pericolo per la riscossione.

Il fallimento impugnava la cartella, sostenendo che l’Agenzia avesse svolto una vera e propria attività di indagine, che avrebbe richiesto l’emissione di un avviso di accertamento e non di una semplice cartella. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le ragioni del fallimento, annullando l’atto impositivo. Secondo i giudici di merito, l’Ufficio aveva superato i limiti del controllo formale e non poteva avvalersi della procedura accelerata.

L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione, lamentando, tra l’altro, la violazione della norma che consente il controllo anticipato, poiché i giudici di merito non avevano considerato la circostanza dirimente della procedura concorsuale in corso.

La Decisione della Corte e il pericolo per la riscossione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione del concetto di pericolo per la riscossione.

La Suprema Corte ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel non considerare la procedura fallimentare come presupposto legittimante del controllo anticipato. Il secondo motivo del ricorso dell’Agenzia è stato ritenuto fondato, in quanto la CTR aveva di fatto negato l’utilizzabilità di uno strumento normativo (il comma 2-bis dell’art. 36-bis) specificamente previsto per situazioni di crisi.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si articola su due punti principali. In primo luogo, viene definito l’ambito di applicazione del controllo anticipato. Questa facoltà, introdotta per rendere più efficace l’azione di accertamento, è subordinata a un presupposto sostanziale: la ricorrenza di un pericolo concreto per la riscossione. Tale pericolo sussiste ogni volta che il credito erariale rischi di non trovare capienza nel patrimonio del contribuente.

In secondo luogo, e in modo decisivo, la Corte afferma che il “fallimento” rientra pienamente in questa casistica. La situazione patrimoniale di una società fallita è tale da comportare un evidente rischio di impossibilità di recupero del credito, anche a causa del concorso con altri creditori. Pertanto, la dichiarazione di fallimento è una circostanza che, da sola, integra il presupposto del pericolo per la riscossione.

Citando un proprio precedente (Cass. n. 26898 del 2024), la Corte ricorda che la notificazione della cartella di pagamento al curatore fallimentare è non solo valida, ma anche necessaria. Essa costituisce il primo atto con cui l’ente impositore esercita la pretesa tributaria e svolge la funzione di accertamento del tributo, indispensabile per la successiva insinuazione al passivo del credito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per i rapporti tra Fisco e imprese in crisi. La dichiarazione di fallimento attiva una “corsia preferenziale” per l’Amministrazione Finanziaria, che può legittimamente accelerare i tempi della riscossione attraverso il controllo anticipato previsto dall’art. 36-bis. Per le procedure concorsuali, ciò significa che la notifica di una cartella di pagamento basata su tale presupposto è un atto legittimo e funzionale all’inserimento del debito tributario nella massa passiva. Di conseguenza, l’argomento secondo cui l’Ufficio avrebbe dovuto attendere i tempi ordinari o utilizzare strumenti più complessi come l’avviso di accertamento viene superato dalla presenza conclamata del rischio per le casse dello Stato.

Il fallimento di una società costituisce ‘pericolo per la riscossione’?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la dichiarazione di fallimento integra di per sé il presupposto del ‘pericolo per la riscossione’, poiché la situazione patrimoniale del contribuente mette a rischio il soddisfacimento del credito erariale.

In caso di pericolo per la riscossione, l’Agenzia delle Entrate può emettere direttamente una cartella di pagamento?
Sì, la legge (art. 36-bis, comma 2-bis, d.P.R. 600/1973) consente all’Ufficio di provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare i versamenti e ad emettere la relativa cartella, proprio per salvaguardare il credito in situazioni di rischio.

È valida una cartella di pagamento notificata al curatore dopo la dichiarazione di fallimento?
Sì, la Corte ha confermato che la notifica al curatore è valida e necessaria. L’atto svolge una duplice funzione: accerta la pretesa tributaria e costituisce il titolo indispensabile per l’ente impositore per insinuarsi al passivo del fallimento e partecipare alla ripartizione dell’attivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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