Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20675 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18317/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), GRUOSSO CARMINE (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME INDIRIZZO, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 10765/2017 depositata il 19/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
il Comune di Salerno propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 10765/4/2017 con cui la Commissione tributaria regionale della Campania, in accoglimento dell’appello proposto dai contribuenti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza n. 3358/15/2016 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Salerno, annullava gli avvisi di accertamento ICI 2011 e IMU 2012, emessi dal Comune RAGIONE_SOCIALE Salerno;
i contribuenti resistono con controricorso e, da ultimo, hanno depositato memoria difensiva;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo l’ente ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 212/2000, dell’art. 1, comma 162, della legge 296/2006 nonché dell’art. 2 d.lgs. 546/199 2 ed, in generale, delle disposizioni in materia di ICI e lamenta che la Commissione tributaria regionale, erroneamente, aveva fondato la propria decisione su altra sentenza (la n. 1944/4/2016 della medesima C.T.R.) passata in autorità di giudicato riguardante altra annualità, pronunzia che non poteva avere carattere vincolante, tenuto conto che la questione oggetto di causa atteneva ad un dato (il valore imponibile dell’area) variabile nel corso del tempo;
con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, e 2 del d.lgs. 504/92 e lamenta che i giudici di appello,
nel valorizzare detto precedente, avevano fatto riferimento ad un dato oggettivo, la sussistenza di un vincolo idrogeologico, vincolo che non implicava una inedificabilità assoluta e che era stato rimosso allorquando l’RAGIONE_SOCIALE aveva adottato il c.d. ‘piano di stralcio per l’ assetto idrogeologico’, piano immediatamente efficace di cui il Comune di Salerno aveva preso atto con delibera comunale n. 198/2012;
3. con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’ art.115 cod. proc. civ. , e lamenta che la Commissione tributaria regionale aveva erroneamente ritenuto ‘criptico’ l’avviso di accertamento senza considerare che lo stesso faceva riferimento alla delibera della Giunta Comunale n. 240/2007 la quale conteneva le indicazioni essenziali relative alla zona ed alla tariffa applicabile; 4. con il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 112 cod. proc. civ. nonché dei principi generali in tema di processo tributario, per avere la Commissione tributaria regionale annullato, tout court, gli atti impositivi senza considerare che il giudizio tributario si connota quale giudizio di impugnazione-merito sicchè andava, in ogni caso, eventualmente riquantificato il valore dell’ area;
4.1. con memoria in data 8 aprile 2024 i contribuenti hanno invocato il giudicato formatosi in relazione ad altro comproprietario delle stesse aree oggetto di accertamento (Cassazione, ord. n.2097/2024,) che, in accoglimento del primo motivo di ricorso proposto in relazione ad identico avviso di accertamento emesso dal Comune di Salerno, richiamati i principi in materia, ha cassato la sentenza di appello, statuendo che: ‘…..in forza di tali principi la sentenza impugnata, che ha ritenuto dovuto il pagamento dell’IMU su area, relativa a «suoli destinati ad essere ceduti al Comune», anche se inserita in un programma attributivo di un diritto
edificatorio compensativo senza che fosse esistente alcuna convenzione per l’assegnazione definitiva di altra area di atterraggio, è errata in diritto, dovendo essere escluso l’obbligo del pagamento del tributo in capo al proprietario dell’area che, come n el caso in esame, vanta solo un’aspettativa edificatoria destinata a divenire attuale al momento in cui la volumetria dell’area verrà effettivamente compensata con altra area concretamente individuata cd. area di atterraggio’. Hanno assunto che, nel caso di specie, trovando piena applicazione i suindicati principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23902/2020, – e, quindi, non essendo tassabili i diritti edificatori per insussistenza del presupposto impositivo era evidente illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati. Hanno richiamato, poi, l’approvazione in data 26/7/2022 della variante di revisione decennale del PUC approvata, implicante inattuabilità del comparto edilizio, osservando che, sulla base di tali sopravvenute circostanze, emergeva in modo inconfutabile la prova dell’inattuabilità del comparto edificatorio, in relazione al quale l’Ente aveva ritenuto sussistente il presupposto impositivo, in riferimento ai contestati diritti edificatori. Per effetto, quindi, della sopravvenuta mutazione della destinazione urbanistica delle aree, come desumibile dal nuovo certificato di destinazione urbanistica dell’area, veniva rilevato che l’area oggetto di causa era stata esclusa dal comparto edificatorio, in precedenza approvato, con conseguente eliminazione dei diritti edificatori precedentemente previsti e sulla base dei quali l’Ente fondava la propria illegittima pretesa impositiva; 5. preliminarmente deve rilevarsi che le circostanze sopravvenute, allegate nella memoria dei controricorrenti, non assumono rilevanza nel presente giudizio. In primo luogo il provvedimento prodotto, con cui è stata cassata la sentenza di appello, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, non è idoneo a determinare l’effetto del giudicato, dovendosi attendere la decisione all’esito del
giudizio di rinvio. A ciò si aggiunga che il provvedimento invocato è stato adottato all’esito di un giudizio nei confronti di altro contribuente e che dagli atti prodotti non è possibile individuare, con certezza, i terreni a cui esso si riferisce così da verificarne la eventuale coincidenza con quelli oggetto del presente giudizio, dovendosi, infine, rilevare che in relazione ad analoga fattispecie Cass. n. 2070/2024, nel rigettare il ricorso del contribuente COGNOME NOME, ha affermato, peraltro, la sussistenza di una ipotesi di ‘perequazione’ urbanistica. Per quanto riguarda le varianti urbanistiche intervenute, va ribadito che esse rilevano per le future annualità di imposta e non per quelle anteriori, oggetto del presente giudizio. Difatti, come già precisato dalle Sezioni Unite, l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ” ius aedificandi ” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Cass., Sez. U., 30 novembre 2006, n. 25506);
6. vanno, quindi, disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso, nel suo complesso, formulate dalla parte controricorrente in quanto il Comune di Salerno ha dedotto delle specifiche censure in diritto e, sotto altro profilo, non vi sono dubbi di autosufficienza in quanto il predetto ente ha indicato in maniera adeguata tutti gli elementi fattuali dei quali ha chiesto una determinata valutazione giuridica; 7. osserva, quindi, questa Corte che il primo motivo è infondato. Secondo quanto è dato evincere chiaramente dal tenore della sentenza impugnata, i giudici di appello non hanno fondato la propria
decisione su di un ‘giudicato’ intercorrente fra altre parti ma si sono limitati a richiamare l’iter logico -giuridico posto a base di altra decisione riguardante analoga fattispecie sicchè, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla correttezza in diritto delle formulate argomentazioni, non sussiste il vizio sì come prospettato; 8. anche il secondo motivo è privo di fondamento, atteso la C.T.R. non è incorsa in alcuna violazione di legge in quanto i giudici di appello hanno preso le mosse dal disposto di cui agli artt. 1, 2 e 5 del d.lvo. 504/1992, sia pure erroneamente affermando, per come appresso chiarito, che l’ente nell’avviso non aveva dato conto delle ‘particolari condizioni giuridiche dell’area’, impedendo di verificare la correttezza dell’iter logico -argomentativo posto a base del provvedimento impugnato;
il terzo motivo è, per contro, fondato;
9.1. come dedotto dal Comune RAGIONE_SOCIALE Salerno -e riconosciuto dai medesimi controricorrenti -l’atto impositivo rinviava alla deliberazione (n. 240, del 23 febbraio 2007) adottata dall’Ente ai fini della determinazione, per zone omogenee, dei valori correnti in comune commercio delle aree edificabili ;
9.2. risulta, altresì, che detta deliberazione era stata assunta sulla base di una relazione di stima alla stessa allegata. Orbene, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI) -ma in termini che, per omogeneità delle discipline applicabili, senz’altro possono estendersi alla fattispecie impositiva in esame la Corte ha rilevato che l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria dedotta soltanto l’ indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che
consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571). Secondo, poi, un consolidato principio di diritto espresso dalla Corte, l’obbligo di allegazione all’avviso d’accertamento, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 7, cit., degli atti oggetto di rinvio per relationem riguarda gli atti non conosciuti, e non altrimenti conoscibili, da parte del contribuente, laddove le delibere di consiglio comunale, che costituiscono atti generali per i quali è prevista una pubblicità legale, non sono soggette all’obbligo di allegazione perché la loro conoscibilità è presunta (cfr., ex plurimis , Cass., 21 gennaio 2021, n. 1177; Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755). Per di più, con riferimento alle delibere adottate ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 59, cit., la Corte, con consolidato orientamento interpretativo, ha rimarcato che dette delibere – con le quali il Comune predetermina periodicamente per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili – svolgono una funzione analoga a quella dei cosiddetti studi di settore, costituenti una diretta derivazione dei “redditometri” o “coefficienti di reddito e di ricavi” previsti dal d.l. n. 69 del 1989, convertito in L. n. 154 del 1989, ed atteggiantisi come mera fonte di presunzioni hominis , vale a dire supporti razionali offerti dall’amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti (Cass., 4 agosto 2022, n. 24297; Cass., 3 maggio 2019, n. 11643; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27572; Cass., 12 giugno 2018, n. 15312; Cass., 13 marzo 2015, n. 5068;
Cass., 24 gennaio 2013, n. 1661; Cass., 30 giugno 2010, n. 15555; Cass., 27 luglio 2007, n. 16702; Cass., 3 maggio 2005, n. 9137);
8.3. non sussistendo il lamentato vizio formale dell’atto, il nucleo centrale della controversia attiene, piuttosto, alla verifica delle effettive potenzialità edificatorie ed al valore dell’area sulla scorta del PUC (Piano Urbanistico Comunale) vigente, profilo decisamente trascurato dai giudici di merito i quali hanno sostanzialmente ritenuto decisivo il dato relativo alle asserite carenze motivazionali dell’atto impositivo. Sul punto va premesso che il Comune insiste sulla tassabilità dell’area rilevando che, nel caso in esame, si verte in ipotesi di ‘perequazione urbanistica’ sulla scorta del PUC di Salerno mentre i contribuenti richiamano i principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23902/2020, assumendo che, nella specie, sarebbero configurabili in concreto diritti edificatori non tassabili per insussistenza del presupposto impositivo. Orbene giova ricordare che le S.U. di questa Corte, nella citata pronunzia, hanno avuto modo di distinguere i diritti edificatori cd. compensativi (per i quali hanno effettivamente escluso il presupposto impositivo, in quanto non hanno natura reale, non ineriscono al terreno, non costituiscono una sua qualità intrinseca e sono trasferibili separatamente da esso) da quelli perequativi, osservando come per questi ultimi già la pronuncia di questa Corte del 30 ottobre 2018, n. 27575 si era pronunciata sulla tassabilità ICI dei diritti edificatori rinvenienti dalla perequazione, precisando che: «’il meccanismo consiste nell ‘assegnazione all’insieme delle aree, pur con diverse destinazioni, pubbliche e private costituenti un comparto, di un indice perequativo, inferiore all’indice fondiario attribuito alle aree destinate all’edificazione. Nella sostanza il privato non subisce un vincolo e non è gravato dall’obbligo di soggiacere all’esproprio, ma sarà titolare dell’onere previsto dal piano perequativo il cui assolvimento gli permetterà di partecipare ai vantaggi del piano stesso”» (così Cass., Sez. U., 28
ottobre 2020, n. 23902). Anche altri precedenti di questa Corte (Cass., Sez. T, 23 giugno 2017 nn. 15693 e 15700) avevano « concluso per l’effettivo assoggettamento ad ICI dell’area di partenza, in applicazione del principio per cui il presupposto oggettivo di questo tributo può essere individuato anche soltanto nella “mera potenzialità edificatoria” dell’area, secondo quanto già stabilito da Cass.SS.UU.n.25506/06 ed altre conformi» (così Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23902). Successivamente, questa Corte ha ribadito che in tema di ICI, posta la rilevanza della mera potenzialità edificatoria, è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene direttamente attribuito ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque, nell’area interessata dal piano di intervento, un indice perequativo costante di edificabilità, che diviene una qualità intrinseca del terreno; diversamente, non è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della compensazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene attribuito al privato un indice di capacità edificatoria fruibile su un’altra area, che può essere individuata anche successivamente, a fronte della cessione dell’area oggetto di trasformazione urbanistica, ovvero dell’imposizione su di essa di un vincolo di inedificabilità assoluta o preordinato all’esproprio, con la conseguenza che, in tale caso il diritto edificatorio non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso (cfr. Cass., Sez. V, 5 ottobre 2021, n. 26895). Un simile approccio ermeneutico è stato, anche di recente, confermato da questa Corte, richiamando passaggi argomentativi della pronuncia delle Sezioni Unite e di quella che precede, ricordando che: il diritto edificatorio perequativo è una qualità intrinseca del bene (Sez. 5, n. 26895 del 5.10.2021) assoggettabile a ICI che partecipa fin dall’inizio di un indice di edificabilità suo proprio, così come prestabilito e ‘spalmato’ all’interno di un determinato ambito territoriale di trasformazione
urbanistica » e « proprio per tali caratteristiche, le Sezioni unite hanno affermato che solo l’urbanistica perequativa ‘è avulsa da qualsiasi obiettivo restitutorio di una originaria edificabilità, si produce direttamente e preventivamente dal piano urbanistico (e non in contropartita della specifica assegnazione o cessione volontaria dell’area al Comune come nel caso di compensazione) e comporta la generalizzata, preordinata e diffusa attribuzione di un indice perequativo con effetto diretto sul terreno interessato in quanto facente parte del comparto di intervento’», ribadendo che «solo nella perequazione la fattispecie di edificabilità può dirsi perfetta fin dall’origine, non necessitando di successiva individuazione ed effettiva assegnazione di aree surrogatorie di atterraggio»; – «È su questi presupposti, che la giurisprudenza di legittimità ha affermato la tassabilità dei terreni oggetto di perequazione urbanistica ai fini ICI, stante la rilevanza, dal punto di vista tributario, della mera potenzialità edificatoria. Potenzialità ravvisabile nella attribuzione di un indice perequativo costante di edificabilità ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque nell’area interessata dal piano di intervento» (così Cass., Sez. I, 24 ottobre 2023, n. 29424);
10. risulta evidente che la C.T.R., nel valutare supposti vizi formali dell’atto impositivo, non ha esaminato detta decisiva questione relativa alla tipologia di diritti edificatori sulla scorta del PUC vigente e, per altro verso, ha omesso di verificare l’effettiva permanenza di vincoli idrogeologici (che il comune assume essere venuti meno dal 2010) e loro incidenza, se sussistenti, sul valore venale;
10.1. conseguentemente, in accoglimento di detto motivo, assorbito il quarto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Regione Campania, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la vicenda in questione sulla scorta delle considerazioni sopra
formulate, procedendo anche alla regolamentazione delle spese di questo giudizio;
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso; rigettati il primo ed il secondo; assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data