Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21111 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21111 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15180/2018 R.G. proposto da: COMUNE DI NOVA MILANESE, rappresentato e difeso dall’avvocato
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME
-intimati-
avverso la sentenza n. 4597/2017 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia -Milano -Sez. 1, depositata il 14.11.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
Il Comune ricorrente ha proposto un unico articolato motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c., avverso la sentenza in epigrafe riportata che, riformando la
pronuncia di primo grado, ha accolto l’appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso proposto avverso gli avvisi di accertamento emessi dal Comune in relazione all’IMU richiesta per gli anni 2012, 2013 e 2014.
2. La CTR, dopo aver rilevato che il terreno di proprietà dei contribuenti aveva natura agricola con valore paesaggistico ambientale, come area di futuro ampliamento del parco sovracomunale Grugnotorto Villoresi e che, a seguito dell’approvazione del nuovo PGT del 2011 era stato assegnato ai terreni agricoli un indice di edificabilità dello 0,11 per il residenziale e dello 0,44 per quelli produttivi, in applicazione del principio di perequazione di cui alla legge regionale n. 12 del 2005, ha escluso la sussistenza del presupposto impositivo ai fini IMU.
I contribuenti sono rimasti intimati.
Ragioni della decisione
1.Con il primo ed unico motivo di ricorso, rubricato ‘Art. 360, comma 1, n. 3, Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e 2 del d.lgs. n. 504 del 1992; violazione e falsa applicazione della l. reg. Lombardia 12/2005; violazione e falsa applicazione del comma 2bis dell’art. 2643 c.c., nonché dell’art. 5 del d.l. n. 70/2011; violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della l. 1150/1952; violazione e falsa applicazione delle norme di attuazione del Documento di piano, art. 3.3.; violazione e falsa applicazione delle norme di attuazione del Piano dei Servizi del Comune di Nova Milanese, nonché del Piano delle Regole -Art. 360, comma 1, n. 5, Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, il Comune ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver correttamente interpretato l’operato dell’ente locale che, nell’applicare la compensazione, aveva attribuito ai privati diritti edificatori, annotati nel Registro dei
crediti edificatori, da poter sia spendere immediatamente su altre aree che cedere a terzi.
Va premesso che il motivo risulta ammissibile, anche se formulato sulla base dei due distinti parametri censori di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c., con riferimento al parametro di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Nella specie, infatti, la censura non mescola i due argomenti di critica in un’inestricabile commistione tra temi di natura fattuale e giuridica, ma consente una specifica individuazione della ragione di impugnazione relativa alla deduzione della violazione di legge, segnatamente dell’art. 2 d.lgs. n. 504 del 1992 (nella parte in cui ha confutato la decisione della Commissione regionale laddove essa ha ritenuto non edificabile l’area in esame ai fini IMU), dell’art. 2643.2-bis c.c. (con riferimento al fatto che i diritti edificatori sarebbero assimilabili a diritti reali atipici, in quanto tali soggetti a trascrizione) e delle disposizioni della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 (nella parte il giudice regionale avrebbe confuso gli istituti della compensazione e della perequazione urbanistica).
In tale prospettiva, va allora dato seguito all’orientamento di questa Corte che ritiene ammissibile il ricorso, benchè articolato attraverso la proposizione di motivi cd. misti e cioè qualificati dal fatto che le censure sono articolate riconducendo il vizio della sentenza impugnata sotto molteplici paradigmi previsti dall’art. 360 c.p.c., in quanto la sua formulazione permette di cogliere, di isolare le doglianze prospettate onde consentirne l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (cfr., sul principio, Cass., Sez. Un., n. 9100/2015; Cass. n. 7009/2017; Cass. n. 26790/2018 e Cass. n. 39169/2021 e, più di recente, Sez. 5 – , Ordinanza n. 11152 del 28/04/2025).
In merito al parametro di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la censura deve, invece, essere dichiarata inammissibile, atteso che nell’esposizione del motivo non si riesce ad isolare una doglianza indipendente, autonoma, che censuri un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti (fatti decisivo che, peraltro, non viene neanche individuato).
2.1. Tanto premesso, il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
La questione prospettata dal ricorrente attiene alla qualificabilità delle aree delle contribuenti come edificabili o meno ai fini della applicazione dell’IMU.
2.2. Nel caso della compensazione urbanistica (ovvero, come talvolta anche si legge, della «perequazione compensativa») la PA attribuisce al proprietario un indice di capacità edificatoria (credito edilizio o volumetrico) fruibile su altra area di proprietà pubblica o privata, non necessariamente contigua e di anche successiva individuazione, e ciò a fronte della cessione gratuita dell’area oggetto di trasformazione pubblica, ovvero di imposizione su di essa di un vincolo assoluto di inedificabilità o preordinato all’esproprio. La compensazione urbanistica – che può prevedere anche diverse forme attuative, ad esempio di permuta tra aree, ovvero di mantenimento in capo al privato della proprietà dell’area destinata alla realizzazione di servizi pubblici, dati al medesimo in gestione convenzionata – può fungere anche da strumento della pianificazione generale tradizionale (compensazione infrastrutturale), ovvero dipendere dall’esigenza di tenere indenne un proprietario al quale venga imposto un vincolo di facere o non facere per ragioni ambientali paesaggistiche (compensazione ambientale). Da tali premesse deriva il principio consolidato per cui il diritto edificatorio compensativo non è assoggettabile ad imposta, in quanto non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituendo una sua qualità intrinseca ed è trasferibile
separatamente da esso (cfr. Cass. S.U., n. 23902/2020, Cass. n. 26895/2021).
2.3. Diversa è l’ipotesi del terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene direttamente attribuito ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque, nell’area interessata dal piano di intervento, un indice perequativo costante di edificabilità, che diviene una qualità intrinseca del terreno, e la presenza di tale indice di edificabilità comporta l’assoggettamento di tale terreno ad imposizione. Nel caso dell’urbanistica perequativa si ha, infatti, una distribuzione paritetica e proporzionale – tra tutti i proprietari di un determinato ambito territoriale o lotto – tanto del vantaggio costituito dalla edificabilità, quanto dell’onere di contribuzione ai costi di riqualificazione, urbanizzazione e realizzazione di aree a servizi di pubblica utilità o verde. In questo modo, a tutti i suoli dell’ambito territoriale di intervento viene riconosciuto un valore edificatorio costante, indipendentemente dall’effettiva e specifica collocazione, all’interno di esso, dei fabbricati assentiti, collocazione che, stante appunto l’effetto distributivo-perequativo, risulta in definitiva indifferente per i singoli proprietari, i cui terreni saranno comunque destinatari di una quota uguale di edificabilità (nello stesso senso Cass. n. 27575 del 2018, posizione ripresa da Sez. U, n. 23902/2020, cit.).
2.4. Questa Corte ha poi precisato che, mentre, pertanto, il diritto edificatorio di origine perequativa viene riconosciuto al proprietario del fondo come una qualità intrinseca del suolo (che partecipa fin dall’inizio di un indice di edificabilità suo proprio, così come prestabilito e «spalmato» all’interno di un determinato ambito territoriale di trasformazione), il diritto edificatorio di origine compensativa deriva dall’adempimento di un rapporto sinallagmatico in senso lato, avente ad oggetto un terreno urbanisticamente non edificabile, ristorato con l’assegnazione al
proprietario di un quid volumetrico da spendere su altra area. Nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, particolarmente evidente è la progressività dell’iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest’ultima si articola in una fase, o area, cd. di decollo, costituita dall’assegnazione del titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subito il vincolo; di una fase, o area cd. di atterraggio, data dalla individuazione ed assegnazione del terreno sul quale il diritto edificatorio può essere concretamente esercitato; di una fase cd. di volo rappresentata dall’arco temporale intermedio durante il quale l’area di atterraggio ancora non è stata individuata, e pur tuttavia il diritto edificatorio è suscettibile di circolare da sé. La tecnica perequativa è, al contrario, principalmente volta a creare per quanto possibile un’indifferenza dei proprietari rispetto alle scelte di pianificazione, per determinate parti del territorio, in quanto sostanzialmente il meccanismo perequativo comporta che ciascun proprietario di un’area edificabile, sia pure titolare del diritto di costruire, non può sfruttare in concreto il proprio diritto all’edificazione, in quanto l’area soggetta a perequazione non raggiunge il limite minimo dell’indice di edificabilità previsto (Cass. n. 26318 del 26.10.2024). 2.5. Tanto premesso, nella sentenza impugnata la CTR, dopo aver dato atto, nella parte relativa allo svolgimento del processo, che il Comune ricorrente aveva provveduto ad una richiesta di integrazione di IMU, per gli anni 2012, 2013 e 2014, relativamente ad un terreno di proprietà dei contribuenti, a seguito dell’entrata in vigore del PGT che aveva assegnato ai terreni agricoli un indice di edificabilità dell’ 0,11 per i residenziale e dello 0,44, per i terreni produttivi, in applicazione del principio di perequazione , introdotto dalla l.r. 12/2005, ha osservato che ‘il presupposto impositivo è quindi la concreta possibilità di edificare e non la possibilità di negoziare ‘diritti edificatori’ che, come tali, sussistono anche nell’ipotesi di aree a verde pubblico attrezzato, normalmente
cedute dall’ente pubblico in compensazione di oneri di urbanizzazione o traslazione di volumetrie’ (pag. 5).
2.6. Il giudice regionale ha fatto malgoverno dei principi enunciati non avendo individuato elementi che consentono di accertare se le aree di proprietà dei contribuenti fossero sottoposte dal PGT del Comune a vincolo preordinato all’esproprio e dunque oggetto di compensazione urbanistica, come tali non imponibili ai fini IMU, o, invece, fossero oggetto di perequazione urbanistica.
2.7. La sentenza impugnata deve essere altresì cassata nella parte in cui ha affermato che la destinazione a verde pubblico esime di per sé dal tributo.
2.8. Infatti, come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 16467/2022) con riguardo alla questione relativa al se il vincolo di destinazione urbanistica a «verde pubblico» sottragga l’area al regime fiscale dei suoli edificabili, ai fini dell’ICI/IMU, trovano applicazione i principi, già enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte e a cui il Collegio intende dare in questa sede continuità, secondo cui, in tema d’imposta comunale sugli immobili la nozione di edificabilità non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa (cfr. Cass. n. 19161/2004), cosicché l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale ad attrezzature e impianti di interesse generale, o a servizi pubblici o di interesse pubblico, non esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione, che condizionano, in concreto, l’edificabilità del suolo, ma non sottraggono l’area su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili e considerato che la destinazione prevista dal vincolo posto dal piano regolatore è realizzabile non necessariamente mediante interventi (o successive espropriazioni) di carattere pubblico, ma anche ad iniziativa privata o promiscua
pubblico-privata (non importa se direttamente ovvero in seguito ad accordi di natura complessa) (cfr. Cass. nn. 21351/2021, 17764/2018, 23814/2016, 14763/2015, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2010, 19161/2004).
2.9. Va dunque disatteso il diverso orientamento (cfr. Cass. nn. 27121/2019, 5992/2015, 25672/2008), secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d. lgs 1992/504 e restano sottratte al regime fiscale dei suoli fabbricabili, non tenendo conto, tali pronunce, che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), prevedendo che un terreno è considerato edificatorio sia quando l’edificabilità risulti dagli strumenti urbanistici generali o attuativi, sia quando, per lo stesso terreno, esistano possibilità effettive di costruzione, delinea una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria.
2.10. Detta potenzialità edificatoria, pertanto, non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria.
2.11. Con riguardo, alle aree destinate a servizi pubblici o di interesse pubblico, è stato ritenuto, infatti, che «in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992,
atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile» (cfr. n. 23814/2016; conforme Cass. nn. 9529/2023, 5604/2022, 653/2022, 17764/2018).
2.12. Ne discende che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile (cfr. Cass. nn. 24308/2016, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2008).
In conclusione, il primo motivo di ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di