Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21141 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21141 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12841/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO CINDIRIZZOO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA della COMM. TRIB. REG. della CAMPANIA n. 7926/2022 depositata il 16/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
il Comune RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 7926/4/2022 con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, pronunziando nei giudizi riuniti relativi ad avvisi di accertamento per IMU anni 2014, 2015 e 2017 emessi dal Comune RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, in parziale riforma della sentenza di primo grado, fissava il valore imponibile delle aree fabbricabili oggetto di causa in € 12,14 per mq., con consequenziale rideterminazione del dovuto; 2. NOME COGNOME resiste con controricorso con il quale eccepisce, principale, ha
in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso proponendo, a sua volta, ricorso incidentale; da ultimo, depositato memoria difensiva;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso principale l’ente impositore denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso ed insufficiente esame di fatti decisivi risultanti dagli atti del giudizio ed omessa ed erronea valutazione della documentazione prodotta dal Comune di RAGIONE_SOCIALE (avvisi di accertamento e controdeduzioni tecniche);
1.1. lamenta che i giudici di appello avevano, innanzitutto, errato nel valutare il contenuto degli avvisi di accertamento IMU emessi dall’Ufficio per le annualità 2014 -2015-2017, avvisi i quali recavano la compiuta ed esaustiva indicazione dei presupposti legittimanti con il rinvio agli atti prodromici generali (conosciuti e/o conoscibili dal contribuente, in quanto soggetti a pubblicità legale) – quali la
delibera di G.C. n. 240/2007, contenente l’approvazione della Relazione di Stima da cui erano stati desunti i valori delle aree fabbricabili ai fini dell’accertamento dell’imposta – e richiamo ai fini fiscali del principio della ‘perequazione urbanistica’ (che permea tutto il PUC adottato dall’Ente) per effetto del quale tutti i suoli compresi in un Comparto urbanistico (indipendentemente dalla loro formale destinazione) generano sempre diritti edificatori, esercitabili anche in zone diverse del territorio rispetto all’area oggetto dell’accertamento, assumendo che appariva assolutamente corretto il valore attribuito alle aree fabbricabili con la citata delibera, considerata l’effettiva l’edificabilità dei suoli. Assume che la ‘nota tecnica’, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, non era stata affatto richiamata dalla difesa dell’Amministrazione ‘al fine di integrare la motivazione degli avvisi di accertamento’ ma per controdedurre tecnicamente alle perizie di controparte, e che appariva evi dente l’erroneità della decisione del giudice di appello che aveva ritenuto di fondare il proprio potere di rideterminazione della pretesa tributaria sulla stima operata dal consulente di parte del valore delle aree riferita all’anno 2008, epoca in cui sul le aree de quibus esisteva un vincolo idrogeologico poi rimosso nel 2010; 2. con il secondo motivo l’ente ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., illegittima inversione dell’onere della prova. Nel premettere che secondo la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne è onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, assume che, nel caso in esame, i giudici di appello non avevano tenuto conto della circostanza che il Comune aveva dimostrato, pur non gravando uno specifico onere a suo carico, di avere rispettato il
dettato legislativo, applicando tutti i criteri indicati dalle disposizioni di legge vigenti in materia (ivi compreso il criterio dei prezzi medi secondo il valore di esproprio) e che parte contribuente aveva prodotto perizie tecniche contraddette dalle note rese dal Dirigente del Settore Trasformazioni Urbanistiche dell’Amministrazione, non provando in alcun modo che i valori stabiliti dall’Ente, come cristallizzati nella delibera n. 240/2007, fossero da considerarsi inattendibili alla luce degli stessi pa rametri di cui all’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 504/1992, né aveva offerto alcun parametro certo e oggettivo diretto ad individuare ‘prezzi medi’ di mercato, al fine di far ritenere eccessiva e/o non congrua la stima operata dall’Ente; 3. la contribuente, con il proposto ricorso incidentale, denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, d.l. n.201 del 2011, nonché dell’art.9, comma 1, d.lgs. n.23 del 2011, cui fa rinvio l’art. 13, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, ed assume che l’avviso di accertamento impugnato si riferiva ad un ‘ area agricola di cui la contribuente era comproprietaria, che doveva essere acquisita -gratuitamente -dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, a fronte del riconoscimento di diritti edificatori su altre aree di terzi, non ancora individuate, in relazione ai quali doveva ritenersi esclusa la natura reale del diritto correlato al bene oggetto di tassazione, con conseguente erroneità della sentenza per non aver rilevato la nullità dell’avviso di accertamento per difetto del presupposto impositivo, alla luce dei principi fissati da Cassazione a Sezioni Unite n.23902/2020;
4.1. con la memoria NOME COGNOME ha invocato il giudicato formatosi in relazione ad altro comproprietario delle stesse aree oggetto di accertamento (Cassazione, ord. n. 2097/2024,) che, in accoglimento del primo motivo di ricorso proposto in relazione ad identico avviso di accertamento emesso dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, richiamati i principi in materia, ha cassato la sentenza di appello, statuendo che: ‘…..in forza di tali principi la sentenza impugnata,
che ha ritenuto dovuto il pagamento dell’IMU su area, relativa a «suoli destinati ad essere ceduti al Comune», anche se inserita in un programma attributivo di un diritto edificatorio compensativo senza che fosse esistente alcuna convenzione per l’assegnazione definitiva di altra area di atterraggio, è errata in diritto, dovendo essere escluso l’obbligo del pagamento del tributo in capo al proprietario dell’area che, come nel caso in esame, vanta solo un’aspettativa edificatoria destinata a divenire attuale al momento in cui la volumetria dell’area verrà effettivamente compensata con altra area concretamente individuata cd. area di atterraggio’. Ha assunto che, nel caso di specie, trovando piena applicazione i suindicati principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23902/2020, – e, quindi, non essendo tassabili i diritti edificatori per insussistenza del presupposto impositivo -era evidente illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati. Ha richiamato, poi, l’approvazione in data 26/7/2022 della variante di revisione decennale del PUC approvata, implicante inattuabilità del comparto edilizio, osservando che, sulla base di tali sopravvenute circostanze, emergeva in modo inconfutabile la prova dell’inattuabilità del comparto edificatorio, in relazione al quale l’Ente aveva ritenuto sussistente il presupposto impositivo, in riferimento ai contestati diritti edificatori. Per effetto, quindi, della sopravvenuta mutazione della destinazione urbanistica delle aree, come desumibile dal nuovo certificato di destinazione urbanistica dell’area, veniva rilevato che l’area oggetto di causa era stata esclusa dal comparto edificatorio, in precedenza approvato, con conseguente eliminazione dei diritti edificatori precedentemente previsti e sulla base dei quali l’Ente fondava la propria illegittima pretesa impositiva; 5. preliminarmente deve rilevarsi che le circostanze sopravvenute, allegate nella memoria della parte controricorrente, non assumono rilevanza nel presente giudizio. In primo luogo il provvedimento prodotto, con cui è stata cassata la sentenza di appello, con rinvio
alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, non è idoneo a determinare l’effetto del giudicato, dovendosi attendere la decisione all’esito del giudizio di rinvio. A ciò si aggiunga che il provvedimento invocato è stato adottato all’esito di un giu dizio nei confronti di altro contribuente e che dagli atti prodotti non è possibile individuare, con certezza, i terreni a cui esso si riferisce così da verificarne la eventuale coincidenza con quelli oggetto del presente giudizio, dovendosi, infine, rilevare che in relazione ad analoga fattispecie Cass. n. 2070/2024, nel rigettare il ricorso del contribuente COGNOME, ha affermato, peraltro, la sussistenza di una ipotesi di ‘perequazione’ urbanistica. Per quanto poi riguarda le varianti urbanistiche intervenute, va ribadito che esse rilevano per le future annualità di imposta e non per quelle anteriori, oggetto del presente giudizio. Difatti, come già precisato dalle Sezioni Unite, l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ” ius aedificandi ” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Cass., Sez. U., 30 novembre 2006, n. 25506);
per ragioni di ordine logico va esaminato, in primo luogo, il ricorso incidentale riguardante l’ an del tributo;
osserva questa Corte che come dedotto da parte contribuente -e riconosciuto dallo stesso Comune l’atto impositivo rinvia alla deliberazione (n. 240, del 23 febbraio 2007) adottata dall’Ente ai fini della determinazione, per zone omogenee, dei valori correnti in
comune commercio delle aree edificabili ;
7.1. invero, sebbene la contribuente nel giudizio di appello, nel riportarsi nelle proprie controdeduzioni alle risultanze delle perizie tecniche allegate in primo grado, aveva contestato la prova dell’edificabilità dell’area tassata (in quanto agricola) nonché della natura perequativa dell’operazione urbanistica intrapresa dall’Ente ed ancora la sussistenza di plurimi vincoli preclusivi dell’edificabilità, rispetto ai diritti edificatori in corso di attribuzione dall’Ente impositore, in altra zona della città, i giudici di appello non hanno in alcun modo esaminato tale profilo;
7.2. risulta di tutta evidenza che il nucleo centrale della controversia attiene alla verifica delle effettive potenzialità edificatorie (prima che al valore dell’area sulla scorta del PUC, Piano Urbanistico Comunale, vigente) profilo decisamente trascurato dai giudici di merito i quali hanno sostanzialmente ritenuto decisivo il dato relativo alle asserite carenze motivazionali dell’atto impositivo in punto di valore dell’area, procedendo alla sua rideterminazione. Sul punto va premesso che il Comune insist e sulla tassabilità dell’area rilevando che, nel caso in esame, si verte in ipotesi di ‘perequazione urbanistica’ sulla scorta del PUC di RAGIONE_SOCIALE, mentre i contribuenti richiamano i principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23902/2020, assumendo che, nella specie, sarebbero configurabili in concreto diritti edificatori non tassabili per insussistenza del presupposto impositivo. Orbene, giova ricordare che le S.U. di questa Corte, nella citata pronunzia, hanno avuto modo di distinguere i diritti edificatori cd. compensativi (per i quali hanno effettivamente escluso il presupposto impositivo, in quanto non hanno natura reale, non ineriscono al terreno, non costituiscono una sua qualità intrinseca e sono trasferibili separatamente da esso) da quelli perequativi, osservando come per questi ultimi già la pronuncia di questa Corte del 30 ottobre 2018, n. 27575 si era
pronunciata sulla tassabilità ICI dei diritti edificatori rinvenienti dalla perequazione, precisando che: -«’il meccanismo consiste nell’assegnazione all’insieme delle aree, pur con diverse destinazioni, pubbliche e private costituenti un comparto, di un indice perequativo, inferiore all’indice fondiario attribuito alle aree destinate all’edificazione. Nella sostanza il privato non subisce un vincolo e non è gravato dall’obbligo di soggiacere all’esproprio, ma sarà titolare dell’onere previsto dal piano perequativo il cui assolvimento gli permetterà di partecipare ai vantaggi del piano stesso”» (così Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23902). Anche altri precedenti di questa Corte (Cass., Sez. T, 23 giugno 2017 nn. 15693 e 15700) avevano « concluso p er l’effettivo assoggettamento ad ICI dell’area di partenza, in applicazione del principio per cui il presupposto oggettivo di questo tributo può essere individuato anche soltanto nella “mera potenzialità edificatoria” dell’area, secondo quanto già stabilito da Cass.SS.UU.n.25506/06 ed altre conformi» (così Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23902). Successivamente, questa Corte ha ribadito che in tema di ICI, posta la rilevanza della mera potenzialità edificatoria, è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene direttamente attribuito ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque, nell’area interessata dal piano di intervento, un indice perequativo costante di edificabilità, che diviene una qualità intrinseca del terreno; diversamente, non è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della compensazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene attribuito al privato un indice di capacità edificatoria fruibile su un’altra area, che può essere individuata anche successivamente, a fronte della cessione dell’area oggetto di trasformazione urbanistica, ovvero dell’imposizione su di essa di un vincolo di inedificabilità assoluta o preordinato all’esproprio, con la conseguenza che, in tale caso il diritto edificatorio non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità
intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso (cfr. Cass., Sez. V, 5 ottobre 2021, n. 26895). Un simile approccio ermeneutico è stato, anche di recente, confermato da questa Corte, richiamando passaggi argomentativi della pronuncia delle Sezioni Unite e di quella che precede, ricordando che: il diritto edificatorio perequativo è una qualità intrinseca del bene (Sez. 5, n. 26895 del 5.10.2021) assoggettabile a ICI che partecipa fin dall’inizio di un indice di edificabilità suo proprio, così come prestabilito e ‘spalmato’ all’interno di un determinato ambito territoriale di trasformazione urbanistica » e « proprio per tali caratteristiche, le Sezioni unite hanno affermato che solo l’urbanistica perequativa ‘è avulsa da qualsiasi obiettivo restitutorio di una originaria edificabilità, si produce direttamente e preventivamente dal piano urbanistico (e non in contropartita della specifica assegnazione o cessione volontaria dell’area al Comune come nel caso di compensazione) e comporta la generalizzata, preordinata e diffusa attribuzione di un indice perequativo con effetto diretto sul terreno interessato in quanto facente parte del comparto di intervento’», ribadendosi che «solo nella perequazione la fattispecie di edificabilità può dirsi perfetta fin dall’origine, non necessitando di successiva individuazione ed effettiva assegnazione di aree surrogatorie di atterraggio»; – «È su questi presupposti, che la giurisprudenza di legittimità ha affermato la tassabilità dei terreni oggetto di perequazione urbanistica ai fini ICI, stante la rilevanza, dal punto di vista tributario, della mera potenzialità edificatoria. Potenzialità ravvisabile nella attribuzione di un indice perequativo costante di edificabilità ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque nell’area interessata dal piano di intervento» (così Cass., Sez. I, 24 ottobre 2023, n. 29424);
10. risulta evidente che la RAGIONE_SOCIALE.T.RRAGIONE_SOCIALE, nel valutare (supposte) lacune dell’atto impositivo in punto di prova del valore dell’area de qua , non ha esaminato detta decisiva questione relativa alla tipologia di diritti
edificatori sulla scorta del PUC vigente e, per altro verso, ha omesso di verificare l’effettiva permanenza di vincoli e la loro incidenza, se sussistenti, sul valore venale;
10.1. conseguentemente, in accoglimento dell’appello incidentale, assorbito il ricorso principale (con cui risultano formulate censure, tutt’altro che inammissibili, ma che, tuttavia, implicano la preliminare verifica da parte dei giudici di merito della configurabilità di una i potesi di vera e propria ‘perequazione urbanistica’ ovvero di un’ipotesi di compensazione urbanistica -non potendo, pertanto essere delibate in questa sede-), la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Regione Campania, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la vicenda in questione sulla scorta delle considerazioni sopra formulate, procedendo anche alla regolamentazione delle spese di questo giudizio;
P.Q.M.
accoglie il ricorso incidentale; assorbito il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data